Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento: La Decisione della Cassazione
L’impugnazione del patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande delicatezza. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire i confini invalicabili posti dal legislatore del 2017, confermando l’inammissibilità di un ricorso basato su motivi non espressamente previsti dalla legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero (il cosiddetto patteggiamento), ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari. Il motivo del ricorso era molto specifico: a suo dire, il giudice di merito avrebbe omesso di effettuare il controllo preliminare sulla possibile esistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In pratica, il ricorrente lamentava che, prima di ratificare l’accordo, il giudice non avesse verificato se vi fossero elementi per un’assoluzione immediata.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha sottolineato come la questione sollevata dal ricorrente non rientri più tra i motivi per i quali è possibile contestare una sentenza di patteggiamento. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: I Rigidi Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando). La Corte ha ricordato che questa norma ha deliberatamente limitato la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento a un elenco tassativo di motivi. Questi sono:
1. Vizi della volontà: problemi relativi all’espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: una sentenza che non corrisponde a quanto richiesto dalle parti.
3. Erronea qualificazione giuridica: se il fatto è stato inquadrato in una norma penale sbagliata.
4. Illegalità della pena: quando la sanzione applicata è contraria alla legge o non rientra nei limiti edittali.
Il legislatore, con la riforma del 2017, ha espressamente voluto escludere la possibilità di contestare la sentenza di patteggiamento per la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. L’obiettivo era quello di deflazionare il carico giudiziario e di rendere la scelta del rito alternativo una decisione più ponderata e definitiva. Invocare, come ha fatto il ricorrente, “l’effettivo espletamento della verifica in ordine alla eventuale sussistenza di elementi assolutori” è un’ipotesi che, secondo la Cassazione, è stata “espressamente espunta” dai motivi di ricorso validi.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per chi si accinge a scegliere il rito del patteggiamento, le implicazioni sono chiare e significative. La decisione di accordarsi sulla pena è una scelta quasi irreversibile, i cui margini di ripensamento in sede di impugnazione sono estremamente ridotti. È fondamentale che l’imputato e il suo difensore valutino con la massima attenzione tutti gli elementi a disposizione prima di formalizzare la richiesta, poiché dopo la sentenza del giudice sarà quasi impossibile rimettere in discussione il merito della vicenda processuale. La legge pone l’accento sulla correttezza formale e legale dell’accordo e della pena, non sulla rivalutazione della colpevolezza in fase di impugnazione.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento se si ritiene che il giudice non abbia verificato la possibile innocenza dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito della riforma del 2017, la mancata verifica preliminare sull’insussistenza di cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) non è più un motivo valido per l’impugnazione del patteggiamento.
Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici indicati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: vizi nella manifestazione di volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile senza formalità di procedura. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34235 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34235 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Milano il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 09/04/2025 del Gip del Tribunale di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che il ricorso attinge la sentenza di applicazione della pena richiesta dalle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, nei confronti diNOME COGNOME, nella parte in cui sarebbe stato omesso il preliminare vaglio sull’insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;
considerato che il motivo Ł manifestamente infondato;
ricordato che la novella di cui all’art. 1, comma 50, legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017, nell’introdurre il comma 2bis all’art. 448, cod. proc. pen., ha limitato la proponibilità dell’impugnazione della sentenza di applicazione della pena ai motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed all’illegalità della pena o della misura di sicurezza (art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.);
ritenuto che, nel caso di specie, il ricorrente si limita a invocare «l’effettivo espletamento della verifica in ordine alla eventuale sussistenza di elementi assolutori pur portati alla sua attenzione», ipotesi che il legislatore del 2017 ha voluto espressamente espungere dai motivi di ricorso;
ritenuto che, quindi, il ricorso Ł affetto da inammissibilità che può essere dichiarata senza formalità di procedura, a norma dell’art. 610, comma 5bis, cod. proc. pen., cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 25/09/2025
– Relatore –
Ord. n. sez. 13237/2025
CC – 25/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO