Impugnazione Patteggiamento: Quando è Inammissibile il Ricorso in Cassazione?
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale. Tuttavia, quali sono le conseguenze di questa scelta in termini di possibilità di appello? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi limiti che regolano l’impugnazione del patteggiamento, confermando che non tutte le doglianze possono essere portate all’attenzione dei giudici di legittimità.
I Fatti del Caso: un Ricorso contro la Pena Concordata
Il caso in esame ha origine da una sentenza del Tribunale di Milano, che aveva applicato a un imputato una pena di nove mesi di reclusione a seguito di patteggiamento per un reato previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione (art. 13, d.lgs. n. 286/1998).
Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa e ratificato dal giudice, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, ritenendo che il giudice di merito avesse commesso un errore di diritto.
L’Impugnazione del Patteggiamento e i Motivi del Ricorso
Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha sollevato un unico motivo di ricorso. Sosteneva un’erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata valutazione dei presupposti per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
In particolare, la difesa riteneva che il giudice avrebbe dovuto considerare l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale, che avrebbe potuto portare a un esito più favorevole rispetto alla pena concordata.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione, presa de plano (senza udienza pubblica), ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Suprema Corte ha chiarito i seguenti punti fondamentali:
1. Rinuncia alla Contestazione: Scegliendo il rito del patteggiamento, l’imputato accetta le premesse storiche dell’accusa e rinuncia a contestare la propria responsabilità penale. Di conseguenza, non può, in una fase successiva, sollevare questioni che mettano in discussione il fondamento stesso dell’accusa.
2. Esclusione di Vizi sulla Responsabilità: Le censure relative alla responsabilità penale, come la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p. o la non applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), non rientrano tra le ipotesi di ricorso consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
3. Tassatività dei Motivi di Ricorso: I motivi per un’impugnazione del patteggiamento sono circoscritti e non possono essere estesi per analogia. Questioni come la corretta qualificazione giuridica del fatto potrebbero essere, in astratto, ammissibili, ma nel caso di specie non erano state proposte con la specificità richiesta dalla legge.
Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la scelta del patteggiamento è una decisione processuale con conseguenze irreversibili sul diritto di impugnazione. Accettando di concordare la pena, l’imputato ottiene uno sconto significativo ma, al contempo, limita drasticamente le sue possibilità di contestare la sentenza. La decisione della Cassazione serve come monito: le valutazioni sulla sussistenza del reato, sulla colpevolezza e sull’eventuale applicazione di cause di non punibilità devono essere fatte prima di accedere al rito speciale, poiché dopo la ratifica del giudice quello spazio di discussione si chiude quasi completamente.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento sostenendo che non si è colpevoli?
No. Secondo l’ordinanza, l’accesso al patteggiamento comporta la rinuncia a contestare le premesse dell’accusa e la propria responsabilità penale. Pertanto, non è possibile presentare un ricorso basato su tali motivi.
Si può fare ricorso contro un patteggiamento per chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che anche questa censura è inammissibile, in quanto rientra tra le questioni relative alla responsabilità penale che non possono essere sollevate dopo aver scelto il rito speciale, come previsto dai limiti tassativi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, stabilita discrezionalmente dalla Corte, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1366 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 01/01/1969
avverso la sentenza del 11/06/2024 del TRIBUNALE di MILANO
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
X
RILEVATO
che NOME COGNOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, gli h applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi nove di reclusione in relazi al reato di cui all’art. 13, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, commesso in Milano il 3 maggio 2024
che, con l’unico motivo di ricorso, deduce erronea applicazione di legge in relazione alla mancata valutazione della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen., per proscioglimento, anche in ragione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen;
CONSIDERATO
che le censure di cui sopra non sono consentite, in quanto l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., limita l’impugnabilità della sentenza di applicazione della pena su richiesta alle s ipotesi in esso tassativamente indicate (Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, COGNOME, Rv. 278337; Sez. 2, n. 4727 dell’11/1/2018, COGNOME, Rv. 272014), tra le quali non rientra la denunzia di vizi in tema di penale responsabilità, avendo l’imputato, con l’accesso al rito speciale, rinunciato a contestare premesse storiche dell’accusa mossa nei suoi confronti (in termini, Sez. 2, n. 41785 del 6/10/2015, COGNOME, Rv. 264595);
che. per le medesime ragioni, detta limitazione opera anche per le censure relative all’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., mentre quelle afferenti alla erronea qualificazi giuridica del fatto, in astratto ammissibili, non risultano proposte con la dovuta specificità;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, della somma di euro tremila, stimata equa, in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024
Il Consigliere estensore