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Impugnazione patteggiamento: i limiti del ricorso

Due imputati hanno presentato ricorso contro una sentenza di patteggiamento per ricettazione, lamentando una motivazione insufficiente riguardo l’assenza di cause di proscioglimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ribadendo che l’impugnazione del patteggiamento è consentita solo nei casi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientra la censura sulla valutazione del giudice ex art. 129 c.p.p. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione patteggiamento: quando è possibile e quando no

L’impugnazione patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande interesse pratico, poiché definisce i confini entro cui una sentenza emessa a seguito di un accordo tra le parti può essere contestata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per fare chiarezza su questo punto, specificando quali motivi di ricorso sono ammessi e quali, invece, sono destinati a essere dichiarati inammissibili.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Genova, che, su richiesta concorde delle parti, aveva applicato a due imputati una pena per il reato di ricettazione continuata in concorso. La pena concordata era di 2 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre a una multa. Nonostante l’accordo raggiunto con il Pubblico Ministero e ratificato dal giudice, il difensore degli imputati decideva di presentare ricorso per Cassazione.

L’impugnazione del patteggiamento e i motivi del ricorso

Il difensore ha basato l’impugnazione patteggiamento su un presunto vizio di motivazione e violazione di legge processuale. In particolare, si lamentava il fatto che il giudice di primo grado avesse fornito una motivazione di mero stile, e quindi apparente, riguardo all’insussistenza dei presupposti per un proscioglimento immediato degli imputati, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il giudice non avrebbe adeguatamente verificato la possibilità di una sentenza assolutoria prima di ratificare l’accordo sulla pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una motivazione netta e basata su un preciso riferimento normativo: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita espressamente la possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento a una serie di casi tassativi.

I Supremi Giudici hanno chiarito che, tra le ipotesi consentite, non rientra la doglianza relativa alla mancata verifica da parte del giudice circa l’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento. Il controllo del giudice ex art. 129 c.p.p. è un presupposto della sentenza di patteggiamento, ma la sua presunta inadeguatezza non può costituire un motivo valido di ricorso in Cassazione. La scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento implica una parziale rinuncia a far valere determinate eccezioni e difese, in cambio di uno sconto di pena. Permettere un’impugnazione su questi basi svuoterebbe di significato l’istituto stesso.

La Corte ha inoltre richiamato la propria giurisprudenza consolidata in materia, confermando un orientamento ormai granitico che mira a impedire ricorsi meramente dilatori o esplorativi contro sentenze che nascono da un accordo tra le parti.

Le Conclusioni: La Decisione Finale

In conclusione, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi. Tale decisione ha comportato due conseguenze dirette per i ricorrenti: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione inammissibile.

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’impugnazione patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione il merito della vicenda o la valutazione del giudice circa l’opportunità di assolvere. È un rimedio eccezionale, limitato a specifici vizi come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena applicata. Chi sceglie la via del patteggiamento deve essere consapevole di questi stretti limiti.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato bene l’assenza di cause di proscioglimento?
No. La Corte di Cassazione, basandosi sull’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, ha stabilito che non è consentito ricorrere contro una sentenza di patteggiamento per lamentare la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Per quale reato era stata emessa la sentenza di patteggiamento in questo caso?
La sentenza di patteggiamento era stata emessa per il reato di ricettazione continuata in concorso, per il quale era stata applicata una pena di 2 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre a una multa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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