Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30185 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nata a Valderice il 06/07/1968 avverso la sentenza del 12/11/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito l’Avvocato NOME COGNOME che, in difesa di COGNOME NOMECOGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso e la condanna della parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato per effetto dell’azione civile ex art. 541, comma 2, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo che, in parziale riforma di quella del Tribunale di Trapani del 14 ottobre 2022 – che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata per “mancanza di querela tempestiva” – su appello della sola parte civile, ha condannato la COGNOME al risarcimento del danno
in favore della parte civile, liquidato in euro 5.000, per il delitto di cui all’art. primo comma, cod. pen.
Secondo l’accusa NOME COGNOME si sarebbe resa responsabile, quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, al fine di sottrarsi all’adempimento di un debito contratto nei confronti della società “RAGIONE_SOCIALE, dopo avere ricevuto un atto di precetto notificato in data 11 ottobre 2017 afferente alla somma di euro 13.547,34, di aver compiuto atti fraudolenti consistiti nel dichiarare falsamente all’ufficiale giudiziario, ch intendeva effettuare il pignoramento mobiliare presso la sede legale della società debitrice, di non essere più legale rappresentante della stessa, rappresentando al pubblico ufficiale che la sede legale si sarebbe trasferita in altro luogo (querela presentata il 6 aprile 2018).
La ricorrente deduce quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., violazione degli artt. 568 e 576 cod. proc. pen.
La Corte di appello – si assume – ha errato nel ritenere che la parte civile mantenesse un concreto ed attuale interesse ad impugnare la sentenza di non doversi procedere per tardività della querela; la decisione, avendo natura meramente processuale, non era idonea a ledere alcun diritto privatistico dell’appellante, che avrebbe potuto tutelare le sue pretese dinanzi al giudice civile.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge con riferimento alla ritenuta tempestività della querela ex artt. 120 e 124 cod. pen.
Erronea – si sostiene – risulta la ricostruzione operata da parte della Corte di appello che ha giudicato tempestiva la querela sul presupposto che il termine decorresse, non dal momento in cui l’ufficiale giudiziario aveva tentato di sottoporre a pignoramento i beni da individuarsi presso la sede della società creditrice, momento che si reputa determinante ai fini della conoscenza dell’inottemperanza da parte del creditore-persona offesa – come invece evidenziato dal Tribunale -, ma in un momento successivo, allorché NOME COGNOME aveva ormai dismesso la carica di amministratrice della “RAGIONE_SOCIALE
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge processuale ex art. 606, comma 1, lett. c), dell’art. 521 cod. proc. pen.
A fronte di una contestazione che prende in esame la condotta realizzatasi all’atto del pignoramento mobiliare (2 novembre 2018), la Corte di appello ha effettuato una non consentita modifica della stessa, spostando sia il tempo che il luogo della condotta.
2.4. Con il quarto motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in ordine all’art. 388 cod. pen.
La Corte di appello ha errato nel ritenere integrata l’ipotesi di reato di cui all’art. 388, primo comma, cod. pen., che invece richiede l’esistenza di un obbligo promanante da un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria che nel caso di specie non era tale.
Poiché la notifica del pignoramento era avvenuta nei confronti di persona che non ricopriva più il ruolo di rappresentante legale della società, l’atto non poteva ritenersi validamente sussistente, né la condotta apprezzarsi quale fraudolenta, tenuto conto che la società si era effettivamente trasferita in altro luogo ed era stato nominato un altro legale rappresentante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, con la conseguente necessità, tenuto conto del carattere assorbente dello stesso, di annullare senza rinvio la sentenza impugnata per le ragioni di seguito esposte.
Questa Corte, nel suo più prestigioso consesso, ha ormai da tempo statuito come non sussista in capo alla parte civile un concreto interesse all’impugnazione della sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, tenuto conto che detta pronuncia ha carattere meramente processuale e non arreca alcun vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica (Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012, COGNOME, Rv. 253242 01).
La citata sentenza ha messo in luce come la decisione in rito, in detti termini emessa, non comporta per la parte civile alcun effetto preclusivo di un accertamento in sede civile (art. 652 cod. proc. pen.), né risulta alla medesima parte pregiudizievole. Si è precisato che la parte civile, in assenza di una impugnazione ad opera del pubblico ministero, non potrebbe con il gravame conseguire, anche solo agli effetti civili, alcuna dichiarazione di responsabilità dell’imputato o un accertamento in ordine al fatto storico contestato, essendosi la cognizione penale esaurita all’atto del riconoscimento della sussistenza della pregiudiziale in rito.
Per sgomberare il campo da ipotesi apparentemente assimilabile, la stessa sentenza ha evidenziato come diversa consistenza caratterizzi la posizione della parte civile che impugna la sentenza di assoluzione dell’imputato con la formula “il fatto non costituisce reato”, in ordine alla quale la parte civile impugnante conserva l’interesse ad ottenere nel giudizio di appello una statuizione che incida
sulla sussistenza del fatto reato, riformando l’accertamento assolutorio del primo giudice.
Ed infatti, altra decisione di questa Corte a Sezioni Unite aveva statuito l’inammissibilità per difetto di interesse concreto del ricorso immediato per cassazione della parte civile teso alla sostituzione della sola formula “perché il fatto non sussiste” con quella, corretta, “perché il fatto non costituisce reato” nella sentenza di assoluzione che abbia comunque accertato l’esistenza della causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto, ciò sul presupposto che l’accertamento svolto, quale che sia la formula del dispositivo, ha efficacia di giudicato nell’eventuale giudizio civile (o amministrativo) di danno (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815 – 01).
Di recente questa Corte, nell’analizzare una differente ipotesi, comunque declinata attraverso il principio di diritto sopra espresso (secondo cui sussiste carenza di interesse ad impugnare, ad opera della parte civile, la sentenza che ha statuito in maniera assorbente sul motivo di natura processuale), ha escluso la sussistenza dell’interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che abbia prosciolto l’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, a seguito della riqualificazione giuridica del fatto operata dal giudice di primo grado, che non abbia rilevato la conseguente improcedibilità del reato, nel caso in cui non sia formulata specifica censura relativa alla diversa qualificazione (Sez. 3, n. 20574 del 22/03/2024, D., Rv. 286437 – 01).
Per nulla sovrapponibile risulta, invece, l’ipotesi presa in esame da altra sentenza di questa Corte (Sez. 6, n. 39537 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282121 – 01), secondo cui si ritiene sussistente l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza della corte di appello che, ribaltando la sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela” osservando come il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite COGNOME va circoscritto alle ipotesi in cui, essendo mancato un precedente accertamento sul fatto, la parte civile non potrebbe trarre alcun vantaggio dall’impugnazione.
Una ulteriore specificazione del principio di diritto in esame è stata fornita dalle Sezioni Unite Massaria in cui la Corte (Sez. U n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953) ha statuito come la legittimazione della parte civile ad impugnare la decisione in questione derivi dal richiamo alle sentenze di proscioglimento – fra cui devono essere ricomprese quelle ex artt. 529 e 531 cod. proc. pen. – contenuto nell’art. 576, comma 1, cod. proc. pen., rinvio che deve essere riferito alle sentenze di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, in ragione del vantaggio originato dal ribaltamento della prima pronuncia e olall’affermazione di responsabilità dell’imputato ai soli fini delle statuizioni civil
3. Circoscritta in detti termini la concretezza dell’interesse che deve sussistere in capo alla parte civile impugnante, risulta indubbio che la sentenza con cui il
Tribunale di Marsala aveva definito il giudizio di primo grado sul presupposto della tardività della querela (irrilevante che la decisione sia corretta o meno) non aveva
in alcun modo valutato il merito del processo, fermandosi la decisione al profilo ritenuto assorbente e di carattere meramente processuale, della tardività della
proposta condizione di procedibilità, senza che vi fosse stato un precedente accertamento sul fatto storico, substrato sostanziale, questo generativo del
vantaggio che la parte civile potrebbe invece conseguire per mezzo dell’impugnazione: vantaggio, questo, perseguibile nella più idonea sede
rappresentata, se del caso, dal giudizio civile.
4. All’annullamento senza rinvio della decisione impugnata consegue la revoca delle statuizioni civili disposte dalla Corte di appello in favore della parte civ
costituita.
Non deve disporsi la condanna nei confronti della parte civile alla rifusione delle spese processuali che la difesa della Visco ha richiesto in udienza ex art. 541, comma 2, cod. proc. pen. La citata disposizione fa espresso riferimento all’ipotesi in cui la sentenza abbia natura assolutoria, evenienza eccentrica rispetto al presente giudizio, che si è concluso con l’annullamento della sentenza impugnata e la revoca delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 26/06/2025.