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Impugnazione inammissibile: quando l’appello è errato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un appello proposto contro una sentenza di primo grado per reati ambientali. Il caso verteva sullo smaltimento illecito di reflui zootecnici. La Corte ha stabilito che, avendo la parte proposto un appello anziché il corretto ricorso, e date le motivazioni tipiche di un giudizio di merito, l’impugnazione inammissibile non può essere convertita. Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato, impedendo la declaratoria di prescrizione e condannando la ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Inammissibile: Cosa Succede se si Sbaglia il Mezzo di Gravame?

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un’importante lezione sulla procedura penale, chiarendo le conseguenze di una impugnazione inammissibile. Il caso riguarda la titolare di un’azienda zootecnica condannata per smaltimento illecito di reflui, la quale ha proposto appello contro una sentenza per cui era ammesso solo il ricorso per cassazione. Questa decisione sottolinea il rigore formale del processo e il principio della corretta qualificazione del mezzo di impugnazione.

I Fatti del Processo e la Condanna Iniziale

La vicenda ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale alla titolare di un’azienda zootecnica per reati ambientali. In particolare, le veniva contestato lo smaltimento illecito e il deposito incontrollato di reflui, costituiti da deiezioni animali, che confluivano in un canale di scolo esterno all’azienda. Inoltre, era accusata di aver utilizzato agronomicamente gli affluenti dell’allevamento senza la necessaria autorizzazione.

La difesa aveva presentato tre motivi di impugnazione:
1. Assoluzione per non aver commesso il fatto, sostenendo che il vero gestore fosse il figlio e che lei fosse all’oscuro dell’attività illecita.
2. Applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Richiesta di una pena contenuta nei minimi edittali.

Contro questa sentenza, la difesa ha proposto un atto qualificato come ‘appello’, che la Corte d’Appello ha correttamente trasmesso alla Corte di Cassazione, riconoscendola come giudice competente.

L’Impugnazione Inammissibile e la Conversione del Mezzo di Gravame

Il fulcro della decisione della Cassazione ruota attorno all’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione data dalla parte (il cosiddetto nomen iuris). Il giudice ha il dovere di qualificare correttamente l’atto, interpretando la reale volontà della parte (voluntas impugnationis).

La Corte ripercorre due orientamenti giurisprudenziali:
* L’orientamento più ‘garantista’ (sentenze Bonaventura-Di Palma): il giudice deve sempre verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento e l’intento della parte di sottoporlo a un controllo giurisdizionale, procedendo alla conversione del mezzo errato in quello corretto.
* L’orientamento più ‘rigoroso’ (sentenza Nexhi): la conversione non è possibile quando la parte ha ‘effettivamente voluto ed esattamente denominato’ il mezzo di gravame non consentito. In questo caso, non si tratta di un errore di etichetta, ma di una pretesa infondata da sanzionare con l’inammissibilità.

La Cassazione, aderendo al secondo orientamento, ha ritenuto che nel caso di specie l’atto fosse inequivocabilmente un appello, sia nel nome che nella sostanza, contenendo richieste di riesame del merito dei fatti, tipiche del giudizio di secondo grado e non consentite in sede di legittimità.

L’Analisi dei Motivi e il Principio di Autosufficienza

La Corte ha poi esaminato i singoli motivi, dichiarandoli comunque inammissibili anche se l’atto fosse stato qualificato come ricorso.

* Primo motivo (travisamento della prova): La ricorrente chiedeva un riesame delle prove dibattimentali per dimostrare la sua estraneità ai fatti. Questo tipo di richiesta è preclusa in Cassazione, che può giudicare solo sulla legittimità e sulla coerenza logica della motivazione, non sul merito dei fatti. Inoltre, il ricorso violava il principio di autosufficienza, poiché non trascriveva né allegava le prove che si assumevano travisate, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza della censura.
* Secondo motivo (particolare tenuità del fatto): Anche questa doglianza è stata respinta perché si basava su considerazioni di fatto (come l’entità dell’offesa) che sono di esclusiva competenza del giudice di merito. Il Tribunale aveva adeguatamente motivato il diniego in base all’ampiezza dell’azienda e alla quantità di reflui smaltiti.
* Terzo motivo (entità della pena): La richiesta di riduzione della pena è stata giudicata postulatoria, poiché la determinazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in Cassazione se correttamente motivata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione di dichiarare l’impugnazione inammissibile sulla base del fatto che i motivi proposti erano del tutto estranei al petitum e alla causa petendi tipici del ricorso per cassazione. La difesa non ha commesso un semplice errore formale nel nominare l’atto, ma ha deliberatamente scelto di presentare un appello con argomentazioni volte a un riesame completo del merito della vicenda. Tale scelta processuale, non consentita dalla legge per quel tipo di sentenza, non può essere ‘salvata’ attraverso la conversione dell’atto. La Corte ribadisce che il principio di conversione serve a correggere un errore, non a modificare la volontà reale dell’interessato. Poiché la volontà era chiaramente quella di proporre un appello, e non un ricorso, l’atto è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni: conseguenze della dichiarazione di inammissibilità

La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per la ricorrente. In primo luogo, ha precluso la possibilità di far valere l’eventuale prescrizione del reato maturata dopo la sentenza impugnata. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha specificato di aver aumentato l’importo della sanzione, come consentito dalla legge, proprio in ragione delle chiare motivazioni dell’inammissibilità. Questa sentenza funge da monito sull’importanza di scegliere correttamente lo strumento processuale per contestare una decisione giudiziaria.

Cosa succede se si presenta un appello invece del ricorso per cassazione previsto dalla legge?
L’impugnazione viene dichiarata inammissibile. Sebbene il giudice debba tentare di convertire l’atto nel mezzo corretto (art. 568 c.p.p.), ciò non è possibile se dall’atto emerge la chiara e inequivocabile volontà della parte di proporre proprio quel mezzo errato, con richieste non ammesse nel giudizio di legittimità, come un riesame del merito dei fatti.

Perché il motivo basato sul travisamento della prova è stato ritenuto inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile per due ragioni: in primo luogo, perché sollecitava la Corte di Cassazione a un riesame del merito, cosa non consentita in sede di legittimità. In secondo luogo, violava il principio di autosufficienza del ricorso, in quanto la ricorrente non ha trascritto né allegato le prove che assumeva essere state travisate dal giudice di primo grado, impedendo così alla Corte di effettuare qualsiasi verifica.

Quali sono le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della declaratoria di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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