Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18652 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18652 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 263/2025
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 13/02/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 34455/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a GRAZZANISE il 29/08/1968
avverso la sentenza del 07/10/2020 del TRIBUNALE di Santa Maria Capua Vetere
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona dellÕAvvocato Generale NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME sostituto processuale dellÕAvv. NOME COGNOME cha ha concluso chiedendo lÕaccoglimento del ricorso e comunque lÕannullamento senza rinvio della sentenza impugnata per sopravvenuta prescrizione.
1.NOME COGNOME impugna, con atto di appello, la sentenza del 7 ottobre 2020 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che lÕha dichiarata colpevole dei
reati di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 256 d.lgs. n. 152 del 2006 (capo A) e 137, comma 14, stesso decreto (capo B) e lÕha condanna alla pena complessiva, condizionalmente sospesa, di euro 10.000 di ammenda perchŽ, quale titolare dellÕazienda zootecnica sita in localitˆ Pellegrino del Comune di Santa Maria La Fossa, effettuava lo smaltimento illecito ed un deposito incontrollato dei reflui zootecnici, costituiti da deiezioni solide e liquide degli animali presenti in azienda, che confluivano dalle pareti laterali dei recinti presenti in azienda, tramite dei fori circolari, in un canale di scolo, esterno all’azienda, nonchŽ dalla sala latte e dalla sala mungitura, per il tramite di un tubo di colore arancione che immetteva le acque di lavaggio direttamente nell’anzidetto canale di scolo (capo A), nonchŽ per aver effettuato, in assenza di autorizzazione, l’utilizzazione agronomica di affluenti di allevamento derivanti da centodiciotto capi bufalini e tre capi bovini presenti in azienda. I fatti sono contestati come commessi il 27 marzo 2017.
1.1.Con il primo motivo invoca lÕassoluzione per non aver commesso il fatto e il travisamento delle risultanze dibattimentali dalle quali emerge che il vero gestore dellÕazienda era il proprio figlio, NOME COGNOME non essendovi prova alcuna che ella conoscesse lÕattivitˆ illecita del figlio.
1.2.Con il secondo motivo sostiene la particolare tenuitˆ del fatto ed invoca lÕapplicazione della causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131bis cod. pen., ingiustamente negata in primo grado.
1.3.Con il terzo motivo lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto contenere la pena nei minimi edittali.
2.La Corte di appello, con ordinanza adottata ai sensi dellÕart. 568, u.c., cod. proc. pen., ha trasmesso gli atti alla Corte di cassazione.
1.Il ricorso è inammissibile.
2.Sono noti gli arresti di Sez. U, n. 45371 del 31 ottobre 2001, COGNOME, Rv. 220221 e della coeva Sez. U, n. 45372 del 31/10/2001, COGNOME, n.m. secondo i quali ÇallorchŽ un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilitˆ del provvedimento, nonchŽ l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice
competenteÈ (da ultimo, nello stesso senso, Sez. 5, n. 42578 del 27/09/2024, Prencipe, Rv. 287234 – 02). Alla Corte di cassazione, quale giudice competente, in questo caso, a conoscere dellÕimpugnazione, è riservata ogni valutazione sullÕammissibilitˆ dellÕimpugnazione stessa, alla luce dei motivi per i quali il ricorso per Cassazione è tassativamente consentito (cfr. sul punto, in motivazione, le sentenze testŽ citate).
2.1.Secondo un diverso indirizzo, più recentemente ribadito da Sez. 4, n. 1441 del 21/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285634 – 01, l’impugnazione proposta con un mezzo di gravame diverso da quello prescritto è inammissibile quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge (nello stesso senso, Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277945 – 01; Sez. 5, n. 55830 del 08/10/2018, NOME, Rv. 274624 – 01; Sez. 2, n. 41510 del 26/06/2018, Colorisi, Rv. 274246 – 01; Sez. 3, n. 21640 del 18/12/2017, Rv. 273149; Sez. 2, n. 47051 del 25/09/2013, Rv. 257481; Sez. 6, n. 7182 del 02/02/2011, Rv. 249452). Tale indirizzo affonda le proprie radici nel principio affermato da Sez. U, n. 16 del 26/11/1997, dep. 1998, Nexhi, Rv. 209336, secondo cui, invece, Çil precetto di cui al quinto comma dell’art. 568 cod. proc. pen., secondo cui l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta, deve essere inteso nel senso che solo l’erronea attribuzione del “nomen juris” non pu˜ pregiudicare l’ammissibilitˆ di quel mezzo di impugnazione di cui l’interessato, ad onta dell’inesatta “etichetta”, abbia effettivamente inteso avvalersi: ci˜ significa che il giudice ha il potere-dovere di provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando rispetto alla formale apparenza la volontˆ della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico. Ma proprio perchŽ la disposizione indicata è finalizzata alla salvezza e non alla modifica della volontˆ reale dell’interessato, al giudice non è consentito sostituire il mezzo d’impugnazione effettivamente voluto e propriamente denominato ma inammissibilmente proposto dalla parte, con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamente ammissibile: in tale ipotesi, infatti, non pu˜ parlarsi di inesatta qualificazione giuridica del gravame, come tale suscettibile di rettifica “ope iudicis”, ma di una infondata pretesa da sanzionare con lÕinammissibilitˆÈ.
2.2.Tale principio è stato espressamente confutato dalle citate sentenze ÒgemelleÓ COGNOMECOGNOME con ampia ed articolata motivazione della quale non ha tenuto conto Sez. 5, n. 8104 del 25/01/2007, Rv. 236521, che nel ribadire il principio affermato dalla Sez. U, Nexhi, non si è confrontata con le opposte ragioni a sostegno del suo superamento (nŽ lo hanno fatto le successive Sez. 3, n. 23651 del 21/05/2008, Rv. 240053, Sez. 5, n. 35442 del 03/07/2009, Rv. 245150, Sez. 2, n. 41510 del 26/06/2018, cit.). In altre pronunce, lÕapplicazione
della Sez. U, COGNOME, ha fatto seguito ad un esame sostanziale e non formale del mezzo di gravame la cui inammissibilitˆ è stata dichiarata per lÕinsuscettibilitˆ dello stesso ad essere qualificato alla stregua di un ricorso per cassazione. In questi casi, lÕeffettiva volontˆ dellÕimpugnante di proporre appello si è tradotta nella stesura di motivi e richieste del tutto estranei al petitum tipico del ricorso per cassazione, con conseguente inconvertibilitˆ dellÕappello (Sez. 6, n. 7182 del 02/02/2011, cit.; Sez. 5, n. 55830 del 08/10/2018, Rv. 274624). In altri casi, invece, il principio è stato applicato in casi nei quali il provvedimento impugnato avrebbe potuto essere appellato, con conseguente restituzione degli atti al giudice dellÕimpugnazione effettivamente competente e ci˜ sul rilievo che lÕinterpretazione della volontˆ del ricorrente escludeva lÕintenzione di proporre ricorso per saltum (Sez. 2, n. 47051 del 25/09/2013, cit.). Peculiare il caso scrutinato da Sez. 3, n. 21640 del 18/12/2017, che nellÕesaminare lÕordinanza del tribunale dellÕappello cautelare che aveva dichiarato inammissibile lÕimpugnazione proposta avverso un provvedimento emesso dal medesimo tribunale in funzione di giudice dellÕesecuzione, ne ha sancito la correttezza osservando che Çsarebbe stato onere del ricorrente chiarire gli elementi che avrebbero dovuto far ritenere al Tribunale – adito appunto in sede cautelare – che con l’atto dichiarato inammissibile i ricorrenti non avessero voluto effettivamente, ancorchŽ erroneamente, adire precisamente, ancorchŽ in modo sbagliato, il giudice competente, in sede di appello, relativamente ai provvedimenti resi nella fase cautelare del giudizioÈ aggiungendo che La assenza di elementi in tal senso nonchŽ di argomentazioni atte ad evidenziare che da parte dei ricorrenti non vi era stata la reale intenzione di continuare ad agire attraverso gli strumenti del processo cautelare, giustifica (É) la valutazione, operata col provvedimento ora impugnato, di inammissibilitˆ dei ricorsi anche per ci˜ che concerne la impugnazione del provvedimento emesso in data 30 maggio 2017 dal Tribunale di Taranto in funzione di Giudice della esecuzioneÈ. Spiega al riguardo la sentenza che il principio sulla convertibilitˆ del mezzo di impugnazione erroneamente prescelto (affermato dalle sentenze COGNOMECOGNOME) Çdeve essere coniugato con l’indicazione sempre da questa Corte più volte dettata – indicazione che si badi bene non costituisce l’espressione di un orientamento opposto al precedente, in quanto, semmai, ne specifica e delimita, senza contraddirli, i margini di operativitˆ – secondo la quale è inammissibile l’impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte impugnante abbia effettivamente voluto esperire ed esattamente definito, secondo la sua volontˆ, il mezzo di gravame non consentito dalla leggeÈ.
2.3.Al di lˆ, dunque, della peculiaritˆ del caso da ultimo scrutinato, non si pu˜ affermare che il principio espresso dalle citate SSUU NOME–COGNOME (che il Collegio condivide ed intende ribadire) sia stato realmente messo in discussione
al punto da dover sollecitare un nuovo intervento del massimo consesso di questa Corte.
2.4.Del resto, lÕapplicazione meccanicistica ed automatica del principio affermato dalla Sez. U, Nexhi, comporterebbe, in caso di appello di sentenza inappellabile, alla sistematica disapplicazione del quinto comma dellÕart. 568 cod. proc. pen. con conseguenze aberranti ed inaccettabili. Si pensi, per fare degli esempi, allÕappello con il quale si censuri la pura e semplice errata applicazione di una norma di legge sostanziale, ovvero la violazione di una norma processuale sanzionata a pena di nullitˆ assoluta ed insanabile o si reiteri lÕeccezione di nullitˆ di un atto processuale respinta in primo grado, o ancora si indichino (e magari si alleghino) le prove delle quali si deduce lÕinesistenza ovvero lÕomessa valutazione (cd. travisamento della prova). Ci˜ non significa che lÕintenzione dellÕappellante non debba essere indagata a condizione, per˜, che lÕindagine non si arresti al dato formale del nomen iuris impresso allÕatto ma si estenda al suo contenuto, s’ che è possibile far leva sullÕeffettiva volontˆ di proporre appello quando il mezzo di gravame si collochi del tutto, per petitum e causa petendi, dai casi per i quali è consentito il ricorso per cassazione.
3.Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile perchŽ presentato per motivi non consentiti dalla legge nella fase di legittimitˆ.
3.1.La ricorrente, infatti, sollecita il riesame, nel merito, della decisione assunta dal Tribunale mediante il non consentito esame delle prove assunte nel corso del dibattimento delle quali lÕimputata deduce il travisamento in violazione del principio di autosufficienza del ricordo.
3.2.LÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha, invero, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; nel senso che il legislatore ha attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sŽ compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimitˆ è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sŽ e per sŽ considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è “geneticamente” informata, ancorchŽ questi siano ipoteticamente sostituibili da altri, cfr. Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). é possibile estendere lÕindagine di legittimitˆ a specifici atti del processo solo in caso di travisamento della prova, vizio configurabile quando si introduce
nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
3.3.In tal caso è onere del ricorrente, in virtù del principio di Òautosufficienza del ricorsoÓ, suffragare la validitˆ del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi, dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimitˆ il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dellÕ11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302). Non è sufficiente riportare meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedere ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994, secondo cui la condizione della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimitˆ, pu˜ essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purchŽ detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilitˆ del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. c), e 591 cod. proc. pen.).
3.4.EÕ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della veritˆ dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonchŽ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilitˆ” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, COGNOME, Rv. 249035).
3.5.Il principio di autosufficienza del ricorso trova applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati
e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ove a ci˜ egli non abbia provveduto nei modi sopra indicati (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 – 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 – 01).
3.6.Nel caso in esame, come detto, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non allega i verbali delle prove travisate, chŽ anzi nemmeno indica, sicchŽ non si comprende la ragione per la quale la sua responsabilitˆ per i reati ascritti non potesse essere desunta dalla sua titolaritˆ dellÕazienda zootecnica che le attribuiva una signoria sul fatto non esclusa nemmeno dalla altrui gestione di fatto che di certo non la privava del poteredovere di controllare quanto venisse compiuto in suo nome e a quello della sua azienda. LÕaltrui gestione di fatto avrebbe semmai comportato il concorso del gestore nel reato ascritto al titolare dellÕimpresa, non lÕavrebbe di certo esclusa.
4.Il secondo motivo è manifestamente infondato.
4.1.Il Tribunale ha negato lÕapplicazione della causa di non punibilitˆ per particolare tenuitˆ del fatto in considerazione dellÕampiezza dellÕazienda, della quantitˆ tuttÕaltro che esigua dei reflui illecitamente smaltiti o utilizzati, della pluralitˆ di violazioni.
4.2.La ricorrente se ne duole ma nel far ci˜ introduce considerazioni in fatto, volte a escludere la non tenuitˆ del fatto, inammissibili in questa sede di legittimitˆ nella quale non rileva, per le considerazioni svolte nel ¤ 3 che precede, come il giudice avrebbe potuto decidere, bens’ come ha deciso in base alle prove indicate nel provvedimento e al fatto cos’ come descritto.
4.3.Va piuttosto ricordato (e ribadito) che: a) ai fini dell’applicazione della causa di non punibilitˆ per la particolare tenuitˆ del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrˆ, di per sŽ sola, rendere di particolare tenuitˆ un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entitˆ dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu, Rv. 284497 – 01); b) la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, anche quando sia meramente anticipatoria di un effetto necessitato dalla legge, non pu˜ giustificare, di per sŽ sola, l’applicabilitˆ dell’esimente agli effetti dell’art. 131-bis, comma primo, cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, potendo essere valorizzata solo come ulteriore criterio, accanto tutti quelli di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., nell’ambito del
giudizio complessivo sull’entitˆ dellÕoffesa (Sez. 3, n. 46231 del 14/11/2024, Nesca, Rv. 287336 – 01).
4.4.Il Tribunale ha fatto buon governo di tali principi che, ribadisce il Collegio, non possono essere messi in discussione in sede di legittimitˆ mediante la contestazione dei loro presupposti fattuali.
A non diversi rilievi si espone il terzo motivo proposto in termini postulatori nei confronti della Corte di cassazione cui la ricorrente attribuisce un potere di diminuire la pena irrogata in primo grado esercitando la discrezionalitˆ che lÕart. 132 cod. pen. attribuisce esclusivamente al giudice di merito (postulazione del resto coerente con il giudice destinatario della richiesta, la Corte di appello).
6.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso (che osta alla rilevabilitˆ della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 13/02/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME