Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20067 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20067 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA •
Sul ricorso presentato da COGNOME NOMECOGNOME nato a Polistena il 11/05/1992, avverso la sentenza del Tribunale di Palmi del 25/07/2024, lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME limitatamente all’applicabilità dell’articolo 131-bis cod. pen..
PREMESSO IN FATTO
Con sentenza del 25/07/2024, il Tribunale di Palmi condannava NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’articolo 137, comma 1, d. Igs. 152/2006, alla pena di euro 1.000 di ammenda.
Avverso tale sentenza l’imputato propone appello, convertito dalla Corte di appello di Reggio Calabria in ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta mancanza e contraddittorietà della motivazione in riferimento alla condanna per il reato di cui all’articolo 137 d. Igs. 152/2006, posto che le anal sono state effettuate in violazione dell’allegato 5 alla parte II del d. Igs. 152/2006, in quan campioni sono stati prelevati da un pozzetto interno, di cui non viene indicata l’ubicazione né se si trovi nel circuito delle acque reflue prima che confluiscano nel depuratore ovvero posto all’uscita di quest’ultimo, di cui è munito l’impianto di autolavaggio.
Inoltre, gli operanti avrebbero dovuto impartire le prescrizioni di cui all’articolo 318-bi Igs. 152/2006, per consentire la regolarizzazione dell’illecito accertato.
2.2. Con il secondo motivo,lamentano violazione dell’articolo 131-bis cod. pen., per omessa risposta in ordine alla richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto.
In data 29 marzo 2025, l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Palmi, depositava, per il ricorrente, note scritte in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la conversione della impugnazione, secondo principio di conservazione degli atti, ha quale unico effetto giuridico processuale la c.d. translatio judicii, ma non comporta affatto alcuna deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (in questo senso, v. Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, COGNOME, Rv. 213835, Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), COGNOME, Rv. 227092).
Tuttavia, questa Corte (Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277945 01) ritiene che sia inammissibile l’impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge. Né, rileva l’ultima pronuncia citata, la soluzione adottata si pone in contraddizione con l previsione contenuta nell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., atteso che l’applicazione della disposizione sopra riportata presuppone che, ad onta della denominazione ad essa attribuita dalla parte, la impugnazione abbia le caratteristiche proprio del mezzo di gravame proponibile di fronte ad un giudice di verso da quello, invece, prescelto dal ricorrente e che, pertanto, in sede
di interpretazione dell’atto sia possibile attribuire all’atto stesso una qualificazione divers quella apparente.
Laddove, invece, il mezzo di impugnazione abbia le caratteristiche, sostanziali e formali, dello strumento di rivalutazione processuale esperibile, in via astratta, di fronte al giud
prescelto, ed emerga in termini di chiarezza che esso sia stato consapevolmente utilizzato per come lo stesso appare dalla parte ricorrente, non entra in gioco la tematica relativa
all’incompetenza del giudice adito, essendo questo astrattamente competente, ma esclusivamente la questione della inammissibilità del mezzo di impugnazione effettivamente e
consapevolmente adottato dalla parte ricorrente.
In una tale fattispecie non viene, quindi, in discussione la necessità di procedere alla trasmissione degli atti al giudice competente, ma solo la valutazione della ammissibilità o meno
nel caso concreto del mezzo processuale da parte del giudice in astratto competente per quello.
Valutazione che, quanto al caso di specie, deve essere espressa nei termini della inammissibilità del ricorso, avendo il ricorrente voluto espressamente (v. pag. 2 dell’atto d
appello) esperire uno strumento di impugnazione non consentito, ritenendo che l’appello fosse
Io strumento di impugnazione previsto dalla legge per il reato in contestazione (art. 137 d. Igs.
152/2006), laddove tale norma prevede invece la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda
e la sentenza impugnata ha applicato la sola pena dell’ammenda, ciò che determina pacificamente l’inappellabilità della sentenza.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10 aprile 2025.