Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4746 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4746 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LATINA il 17/06/1967
avverso l’ordinanza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta presentata dal Sostituto Procuratore generale della Repubblic presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 17 gennaio 2024 la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello interposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in data 27 aprile 2023, con la quale il Tribunale di Latina lo aveva condannato per il delitto bancarotta fraudolenta documentale. La Corte territoriale ha fondato la decisione sulla mancata allegazione all’atto di impugnazione della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, a mente dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (illo tempore vigente).
Avverso l’ordinanza è stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse del medesimo imputato, formulando un unico motivo (di seguito enunciato, nei limiti di cui all’art 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale sono stati denunciati la violazione del norma processuale sopra indicata, nonché degli artt. 2, 24 e 111 Cost., e il vizio d
motivazione, evidenziando come sia negli atti del primo grado di giudizio sia nella p rilasciata al difensore per la proposizione dell’appello (con esso depositata) il Sa abbia sempre dichiarato il luogo di residenza (lo stesso presso cui ha ricevuto le notif compresa quella nella ordinanza impugnata); di conseguenza si sarebbe erroneament dichiarata l’inammissibilità del gravame, in virtù di un’applicazione formalistica del processuale che ha pregiudicato il diritto dell’imputato a un giusto processo (dove invece, fondare la decisione sul medesimo piano ermeneutico che ha condotto giurisprudenza di legittimità ha escludere l’applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, cit. all’impugnazione della parte civile: cfr. Sez. 5, n. 6993 del 13/11/2023 – dep. 2024, B Rv. 285975 – 01).
Il procedimento, fissato innanzi alla Settima Sezione penale, è stato trasme questa Sezione all’esito dell’udienza del 3 luglio 2024.
Il Procuratore generale, con la propria requisitoria scritta, ha rappresentato la m infondatezza dell’impugnazione e ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
4. Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato.
Anzitutto, esso ha irritualmente denunciato, con riguardo alla quaestio iuris dedotta, un vizio di motivazione (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 05).
Ciò posto, al fine di apprezzare la conformità alla legge processuale dell’ordi impugnata, occorre argomentare alla luce dell’informazione provvisoria relativa alla deci delle Sezioni Unite del 24 ottobre 2024 (le cui motivazioni, all’atto della p deliberazione, non sono state depositate), proprio sul tema in esame, secondo cui:
«- La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
La previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espr specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazio fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del lu cui eseguire la notificazione».
Dal principio appena riportato deve trarsi che per la conformità dell’impugnazio disposto dell’art. 581, comma 1-ter, cit. (ratione temporis applicabile), in mancanza di una elezione o dichiarazione di domicilio ad hoc depositata unitamente all’atto di impugnazione, è sufficiente il richiamo («espresso e specifico»), nel medesimo atto, di una prec dichiarazione o elezione purché se ne precisi la collocazione nel fascicolo: in tale ultim è dirimente considerare che il testo dell’informazione provvisoria indica i due requ discorso con la congiunzione copulativa «e» (e non con una congiunzione disgiuntiva).
Nella specie, dall’esame degli atti (cui questa Corte ha diretto accesso alla luce del vizio denunciato: cfr. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01; Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, Fenyves, Rv. 266613 – 01), risulta che nell’atto di appello non è in alcun modo indicata la collocazione, nel fascicolo processuale, della dichiarazione di domicilio da parte dell’imputato; né può valere in tal senso la mera indicazione della sua residenza nel corpo del mandato a interporre appello, dato che «ai fini di una valida dichiarazione o elezione di domicilio non è sufficiente la semplice indicazione, in un atto processuale, della residenza o del domicilio dell’indagato (o dell’imputato), essendo necessaria una sua manifestazione di volontà in ordine alla scelta tra i luoghi indicati dall’art. 157 cod. proc. pen., c consapevolezza degli effetti di tale scelta» (Sez. 2, n. 18469 del 01/03/2022, COGNOME, Rv. 283180 – 01).
È, infine, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente. Questa Corte ha già condivisibilmente escluso un contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost. dell’art. 581, comma 1-ter, cit., poiché quest’ultimo non comporta «alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regola le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché non collid né con il principio della inviolabilità del diritto di né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione legge» (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023 – dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 01).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 19/11/2024.