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Impugnazione imputato assente: Cassazione e Cartabia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7957/2024, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per tentata rapina aggravata. Il ricorrente contestava la costituzionalità delle nuove norme introdotte dalla Riforma Cartabia sull’impugnazione dell’imputato assente, che richiedono un mandato specifico post-sentenza e l’elezione di domicilio. La Corte ha ritenuto le norme pienamente legittime, in quanto mirano a garantire che l’impugnazione sia una scelta consapevole dell’imputato, bilanciando il diritto di difesa con l’efficienza del processo.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione dell’imputato assente: la Cassazione convalida la Riforma Cartabia

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7957 del 2024 affronta un tema cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: le nuove condizioni per l’impugnazione dell’imputato assente. Questa decisione chiarisce la legittimità costituzionale delle norme che impongono al difensore di munirsi di un mandato specifico, rilasciato dopo la sentenza, per poter presentare appello. La Corte ha stabilito che tali requisiti non ledono il diritto di difesa, ma mirano a garantire che l’impugnazione sia frutto di una scelta consapevole dell’interessato.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna in primo e secondo grado di un individuo per il reato di tentata rapina aggravata. L’imputato, giudicato in assenza, ha proposto ricorso per cassazione tramite il suo difensore, sollevando una questione di legittimità costituzionale. La difesa sosteneva che le nuove disposizioni del codice di procedura penale (artt. 581, co. 1-ter e 1-quater), introdotte dalla Riforma Cartabia, fossero in contrasto con i principi costituzionali del diritto di difesa, di uguaglianza e del giusto processo (artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.).

La questione dell’impugnazione dell’imputato assente

Il cuore del ricorso verteva sulle nuove formalità richieste a pena di inammissibilità per l’impugnazione presentata dal difensore di un imputato assente. La riforma prevede che l’atto di impugnazione debba contenere:
1. La dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato.
2. Un mandato specifico a impugnare, rilasciato dall’imputato al difensore successivamente alla pronuncia della sentenza.

Secondo il ricorrente, queste previsioni creerebbero una ingiustificata limitazione al diritto di impugnazione, intrinsecamente connesso al diritto di difesa, e una disparità di trattamento rispetto all’imputato presente e alle altre parti processuali come il Pubblico Ministero.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarando la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. I giudici hanno confermato la piena validità e ragionevolezza delle nuove disposizioni, ritenendole un corretto bilanciamento tra la tutela del diritto di difesa e l’esigenza di efficienza e ragionevole durata del processo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato le sue motivazioni su diversi punti cardine. In primo luogo, ha sottolineato che l’intento del legislatore con la Riforma Cartabia è quello di assicurare che l’impugnazione derivi da una “opzione ponderata e personale della parte”. Si vuole evitare che l’appello diventi un automatismo difensivo, attivato dal legale senza un reale e attuale contatto con l’assistito, che potrebbe trovarsi giudicato in via definitiva senza esserne pienamente consapevole.

La Suprema Corte ha chiarito che questa scelta legislativa non è irragionevole. Anzi, realizza un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell’imputato e l’esigenza, anch’essa costituzionalmente tutelata, di una più celere ed efficiente organizzazione della giustizia. L’obiettivo è prevenire la proliferazione di impugnazioni meramente dilatorie o non volute dall’interessato.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi della disparità di trattamento. La differenziazione tra imputato presente e imputato assente è giustificata dalla diversa posizione processuale: chi sceglie consapevolmente di non partecipare al processo si pone in una condizione che legittima una diversa disciplina delle modalità di esercizio del diritto di impugnazione. Il legislatore ha inoltre previsto delle tutele compensative, come l’aumento di quindici giorni del termine per impugnare per il difensore dell’imputato assente e l’ampliamento del rimedio della restituzione nel termine.

Conclusioni

La sentenza n. 7957/2024 consolida l’impianto della Riforma Cartabia in tema di impugnazioni. Essa invia un messaggio chiaro ai difensori: per presentare un’efficace impugnazione per l’imputato assente, è indispensabile un contatto diretto e documentato con il proprio assistito dopo la sentenza. Il mandato specifico post-sentenza non è una mera formalità, ma un requisito sostanziale che attesta la volontà attuale e consapevole dell’imputato di proseguire nel percorso giudiziario. Questa pronuncia rafforza il principio della partecipazione cosciente al processo, anche nella fase delle impugnazioni, allineando la procedura penale a un modello più responsabile ed efficiente.

Le nuove regole della Riforma Cartabia per l’impugnazione dell’imputato assente sono costituzionali?
Sì, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, affermando che le nuove norme rappresentano una scelta legislativa non irragionevole che bilancia il diritto di difesa con l’efficienza del processo.

Perché la legge ora richiede un mandato specifico rilasciato dopo la sentenza per l’impugnazione di un imputato assente?
Per garantire che l’impugnazione sia il risultato di una scelta ponderata e personale dell’imputato. L’obiettivo è evitare la proposizione di impugnazioni automatiche da parte del difensore, svincolate da un’effettiva e attuale volontà dell’interessato, prevenendo così giudizi di cui l’imputato potrebbe essere inconsapevole.

La Riforma Cartabia limita il diritto di difesa dell’imputato assente?
No. Secondo la Corte, la riforma non limita il diritto di difesa, ma ne modula l’esercizio in modo ragionevole. Il legislatore ha previsto tutele compensative, come l’ampliamento di quindici giorni dei termini per impugnare e l’estensione del rimedio della restituzione nel termine, per garantire un giusto equilibrio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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