Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7957 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7957 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
NOME nato in Brasile il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 20/4/2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art comma 8, D.L. n.137/2020, convertito nella L. 18/12/2020 n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dall’art. 16 del D.L. 30/12/2021, n.228, convertito nella L. 25/02/2022 15);
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME, letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/4/2023 la Corte d’appello di Milano ha confermato quella di primo grado emessa dal Tribunale di Milano il 28/3/2022, con la quale NOME è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in ordine al delitto di tentata rapina aggravata.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione l’imputato denunciando, con il primo motivo, sotto diversi profili, l’illegittimità costituzionale degli artt. 581, co.1ter e 581 co.1quater cod. proc. pen., nonché dell’art. 89, co.3, D.Igs. 150/2022 nella parte in cui dispone che il nuovo regime si applica avendo riguardo alla data della sentenza impugnata ( se successiva al 30/12/2022), per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost.
Le norme del codice di rito introdotte dalla Riforma Cartabia, prevedono infatti, in relazione a sentenze emesse successivamente all’entrata in vigore del D.Igs. 150/2022, che l’impugnazione debba contenere a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio e, nel caso di imputato assente che l’impugnazione sia presentata da difensore munito di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza nonché che contenga anche l’elezione o dichiarazione di domicilio ai fini della notifica del decreto citazione. Tali previsioni, ad avviso del ricorrente, sarebbero incostituzionali per introducono preclusioni al potere di impugnazione il quale essendo intrinsecamente correlato al diritto di difesa, non può subire limitazioni.
In particolare la norma di cui all’art. 581, co.1-quater cod. proc. pen., che stabilisce la forma di impugnazione in relazione al’imputato assente, non si concilierebbe con l’ampia legittimazione ad impugnare disciplinata dall’art. 571 cod. proc. pen.
Inoltre, la necessità di uno specifico mandato ad impugnare si pone in contrasto con il principio della parità fra le parti ai fini del’impugnazione, non ravvisandosi alcuna ragionev giustificazione in ordine alla limitazione del potere impugnatorio dell’imputato, rispetto a qu del Pubblico Ministero e della parte civile.
Nel ricorso si afferma inoltre che il sistema delineato dal D.Igs. 150/2022, introduce un irragionevole disparità di trattamento tra imputato assente per il quale si impone la necessi di uno specifico mandato ad impugnare e imputato presente, posto che è proprio con riferimento all’assente che si giustifica il potere autonomo di impugnazione del difensore ( sostegno il ricorrente cita la sentenza della Corte cost. 317/2009).
L’irragionevolezza riguarderebbe anche la specifica previsione relativa alla necessità di dichiarare o eleggere il domicilio, inserita nel mandato successivo alla sentenza, poiché s tratterebbe, secondo la difesa, di una norma superflua avendo l’imputato appellante, nel corso del processo, già avuto modo di eleggere o dichiarare il proprio domicilio, con l’avvertimento d dover comunicare eventuali mutamenti sicchè la previsione finisce per appesantire il procedimento, visto che in mancanza di tale dichiarazione o elezione, si sarebbe potuto procedere mediante notifica al difensore, domiciliatario ex lege .
Evidenzia, in ultimo, il difensore come la palese lesione del diritto di difesa abbia provoca l’estensione applicativa dell’istituto restitutorio di cui all’art. 175, co. 2, cod. proc quale, tuttavia, non impedisce che, a fronte del passaggio in giudicato della sentenza e del conseguente inizio dell’esecuzione della pena, l’imputato sia inciso nella libertà personale.
I successivi motivi sollevano, specificamente, vizi di legittimità.
Il ricorrente denuncia la carenza di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilit per il delitto di rapina tentata, per il delitto di danneggiamento nonché in relazione commisurazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è basato su motivi in parte infondati, in parte generici e va rigettato.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 581, co.1ter, 581, co.1-quater cod. proc. pen. e 89, co.3, D.Igs. 150/2022 posta dal difensore con il primo articolato motiv deve anzitutto osservarsi che di recente, questa Corte ha ritenuto applicabile la disciplina di all’art. 581,co.1 -quater cod. proc. pen., al giudizio di cassazione propendendo per la piena compatibilità della sua ratio con il meccanismo degli avvisi dovuti alle parti al fine di garantirne la conoscenza e, entro certi limiti e per lo più attraverso il patrocinio defensional partecipazione al giudizio di legittimità, a prescindere dal dato testuale della previsione, ch menzione della “citazione a giudizio”, formalmente propria della regolamentazione del processo di merito (Sez.5, 39166 del 2023, del 4/7/2023, Rv. 285305; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Rv. 285342) .
A tale indirizzo intende aderire il collegio evidenziando come l’intenzione del legislatore prevedere uno specifico mandato ad impugnare, deve ritenersi senz’altro applicabile al giudizio di cassazione non solo in ragione della collocazione sistematica della norma “Forme dell’impugnazione”, nell’ambito del libro IX dedicato in generale alla disciplina de impugnazioni, ma anche in considerazione della ratio sottesa alla Riforma che è quella di selezionare le impugnazioni, anche per il giudizio di cassazione, avendo comunque attenzione alla salvaguardia dei diritti delle parti e delle garanzie del giusto processo ( in tal se muove la radicale rivisitazione del processo in absentia).
Venendo al caso in esame rileva il collegio come esso sia esemplificativo dell’eventualità che la Riforma ha inteso evitare quella cioè di vedere instaurato un giudizio di impugnazione su impulso del difensore, a prescindere dalla volontà dell’interessato il quale senza un previ contatto con il difensore, si trovi giudicato, in via definitiva, inconsapevolmente.
Né può ritenersi che tale interpretazione vulneri i principi costituzionali e convenzionali in t di giusto processo, come prospettato nel ricorso.
La questione di legittimità costituzionale del sistema impugnatorio delineato dalla Riforma Cartabia, è stata già vagliata da questa Corte con sentenza della Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324 che ha ritenuto “manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dagli ar d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pen inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenz dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezion domicilio, ai fini della notificazione dell’atto di citazione, e lo specifico mandato ad impug rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione del restituzione nel termine”.
Anche il collegio ritiene che la questione sia manifestamente infondata.
Va infatti osservato che attraverso la riforma del sistema impugnatorio il legislatore ha opera una scelta tutt’altro che irragionevole ed anzi ha inteso realizzare un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell’imputato di cui agli artt. 24, co 2, 27, co. 2, 111, co. 1 e c alinea e 117, co. 1, Cost., e l’esigenza, fondata precipuamente sul rispetto del principio ragionevole durata del processo, che rinviene tutela nell’art. 111, co. 2 secondo alinea Cost., d una più celere ed efficiente organizzazione dello sviluppo del procedimento penale e degli strumenti dell’attività giurisdizionale propriamente detta, anche nella prospettiva di allontan il pericolo della patologìa dell’abuso del diritto.
Le Sezioni Unite di questa Corte a proposito della eliminazione della facoltà dell’imputato d proporre personalmente ricorso per cassazione, hanno affermato che il legislatore ha delineato un modello di esercizio del diritto di difesa (e conseguentemente anche del diritto al impugnazione) differenziato, a seconda della varie fasi e tipologie di processo ( S.U 8914/2017; Sez. 2, 16/7/2013, Stara , Rv. 257072) precisando che” l’effettività del diritto difesa non richiede necessariamente che le medesime modalità di esercizio e le correlative facoltà siano uniformemente assicurate in ogni stato e grado del giudizio, perchè tale dirit può conformarsi secondo schemi normativi diversi a seconda delle caratteristiche proprie della fase di giudizio nella quale deve essere esercitato. Ne discende che anche al legislatore deve essere assicurata ampia discrezionalità nel graduare diversamente le forme e le modalità mediante le quali la difesa tecnica e personale viene garantita all’imputato” (Sez.U. n 8914/2017). Richiamando la giurisprudenza della Corte cost. (sent. n. 188/1980 e n. 395/2000) e della Corte EDU relativa, in particolare all’art. 6 della Carta EDU, (sen 27/4/2006, COGNOME c/ Italia; Corte EDU 21/9/1993, COGNOME c/ Austria e Corte EDU 24/5/1991, Quaranta c/ Svizzera), è stata espressamente rimarcata la conformità alla Carta fondamentale e alla Carta EDU, della vigente disciplina processuale penale, nella parte in cui non permette la proposizione del ricorso per cassazione, personalmente da parte dell’imputato (cfr. anche Sez. 6, n. n. 7472/2017, Rv. 269739; Sez. 2, n, 35651/2018, Rv, Antonucci , n.m.).
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Ed alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche per l’esegesi relativa alla sfera di applicabilità dell’art. 581, co.1-quater cod.proc.pen., se solo si pone mente allo scopo perseguito dal legislatore che è quello di consentire la proposizione di impugnazioni consapevoli da parte del’imputato nell’ottica di semplificare ( anche) l’attività della Cor cassazione e garantire la corretta amministrazione della giustizia senza che dai più stringent requisiti posti dalla norma a pena di inammissibilità, derivi un pregiudizio per lo ste imputato dato che, qualora sia stato dichiarato assente in difetto dei relativi presuppos fornisca la prova di non avere avuto effettiva conoscenza del processo, o di non esservi potuto intervenire senza sua colpa, potrà essere rimesso in termini per impugnare.
4. A fronte di tale complesso sistema, deve ritenersi che sia stato assicurato il pieno e corret equilibrio tra l'”inviolabilità” del diritto di difesa, di natura certamente primaria nel ordinamentale – ma che non può espandersi oltre ogni confine di “buon senso” – e la misura della durata “ragionevole” del processo connaturata anche a vincolanti canoni di efficienza e risparmio delle risorse e di cui è espressione il principio di economia degli atti processual altre parole, il legislatore della riforma ha inteso conciliare, normandola, l’etica tra principi fondamentali, nell’ottica di evitare la proliferazione di giudizi d’impugnaz variamente dispendiosi – attivati per iniziativa del difensore, svincolata dall’avallo esplici diretto interessato – che potrebbero rivelarsi, anche dopo la formale irrevocabilità de pronuncia, del tutto inutili perché, qualora sfavorevoli all’imputato, potenzialmente obliter dall’indiscriminato riconoscimento, attraverso gli istituti processuali appena citati, di un dell’imputato, che non abbia personalmente partecipato al processo, alla rinnovazione e duplicazione di tutti o parte dei gradi di giudizio.
Si tratta in altri termini di una scelta di politica legislativa che ha tenuto conto dell’abb del principio di unicità dell’impugnazione, sancito dalla sentenza n. 317 del 2009 della Cort Costituzionale la quale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 175 co cod.proc.pen., nella formulazione a quel tempo vigente, ha ritenuto che il diritto di difesa contraddittorio dell’imputato contumace “inconsapevole” – e dunque il suo diritto all rimessione in termini per impugnare la sentenza contumaciale – non potesse essere compresso da un atto autonomamente compiuto dal difensore, che non avesse ricevuto un mandato “ad hoc”.
5. Quanto alla asserita violazione del principio di parità tra le parti, va ricordato che la costituzionale con sentenza n. 34 del 26 febbraio 2020 si è pronunciata nel senso della manifesta infondatezza dei motivi proposti laddove, nel proporre il gravame, il Procuratore generale aveva eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 593 cod. proc. pen., c sostituito dall’art. 2, co. 1, lett.a), del d.lgs. n. 11 del 2018, nella parte in cui preve pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di condanna «solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato» ricordando come l’affermazione per cui «nel processo penale, il principio di parità tra accusa e difesa n
comporta necessariamente l’identità tra i poteri processuali del pubblico ministero e quel dell’imputato: potendo una disparità di trattamento «risultare giustificata, nei limiti ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia da funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia» (sentenze n. 320, n. 26 del 2007 e, nello stesso senso, n. 298 del 2008; ordinanze n. 46 del 2004, n. 165 del 2003, n. 347 del 2002 e n. 421 del 2001; quanto alla giurisprudenza anteriore alla legge cost. n. 2 del 1999, nello stesso senso indicato, sentenze n. 98 del 1994, n. 432 del 1992 e n. .363 del 1991; ordinanze n. 426 del 1998, n. 324 del 1994 e n. 305 del 1992)». E nella stessa si ribadisce che il processo penale è caratterizzato da una asimmetria «strutturale» tra i due antagonisti principali, cosicché le differenze che connotan le rispettive posizioni impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e pos indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell’iter processuale, un’assoluta simmetria di poteri e facoltà.
Soprattutto, in tale pronuncia, i giudici delle leggi hanno anche ribadito che la garanzia doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (e plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001), anche se a livello sovranazionale, l’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, a New York il DATA_NASCITA, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione RAGIONE_SOCIALE la salvaguardia dei diritti dell’uomo e d libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, prevedono il diritto a far riesaminare la decisione da u giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato e sebbene la riconducibilità del potere d’impugnazione al diritto di difesa sancito dall’art.24 Cost. renda meno disponibile tale potere a interventi limitativi.
Ma -come si diceva- le norme tacciate d’incostituzionalità non prevedono affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì perseguono il legittimo scopo di far sì ch le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione si espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo.
Altrettanto condivisibile, ragionevole e logica appare la ratio legis di operare una diversa scelta tra l’imputato presente nel processo e quello che ha deciso di non parteciparvi, se non attraverso la sua difesa tecnica.
Il ricorrente lamenta che vi sarebbe comunque un aggravio di tempo che potrebbe stridere con i tempi a disposizione per poter proporre l’impugnazione, ma proprio ad evitare ciò e a garantire la compatibilità costituzionale della nuova disciplina, il legislatore ha contempl tutele compensative rispetto alla nuova previsione, quali l’ampliamento di quindici giorni de
termine per impugnare per l’imputato assente e l’estensione del rimedio della restituzione in termini per impugnare. Il nuovo comma 1-bis dell’art. 585 cod. proc. pen., che disciplina termini per l’impugnazione, prevede, infatti, che i termini, previsti a pena di decadenza, p proporre impugnazione di cui al comma 1 (15, 30 e 45 giorni a seconda dei casi) sono aumentati di quindici giorni (30, 45 e 60 giorni) per l’impugnazione del difensore dell’imputat giudicato in assenza. E il nuovo comma 2.1 dell’art. 175 cod. proc. pen. prevede, poi, che l’imputato giudicato in assenza sia restituito, a richiesta, nel termine per propo impugnazione, qualora dia prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa.
Il ricorrente sembra confondere la condizione dell’imputato assente con quella dell’irreperibile.
La norma riguarda l’imputato assente ovvero quello che, a conoscenza del processo a suo carico, sceglie, qualunque sia la ragione, di essere assente e di farsi rappresentare da difensore (art. 420-bis, co. 4 cod. proc. pen.).
La sua scelta deve essere volontaria e consapevole e il giudice è tenuto ad accertarlo (art. 420-bis, co. 1 e 2). Il difensore, pertanto, non dovrebbe incontrare alcuna difficoltà a fa rilasciare, dopo la sentenza di primo grado, il mandato specifico ad appellare.
Del resto, già il comma 3 dell’art. 571, soppresso dall’art. 46 della I. 16 dicembre 1999, 479, stabiliva che, contro una sentenza contumaciale, il difensore potesse proporre impugnazione solo se munito di specifico mandato, anche se tale mandato poteva essere rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste.
In ogni caso, il difensore, qualora abbia motivo di ritenere che non riuscirà a farsi rilascia mandato specifico in tempo utile, potrà suggerire all’imputato, anche prima dell’emissione della sentenza, di nominare un procuratore speciale, come previsto dall’art. 571, co. 1, cod. proc. pen., che abbia il potere di proporre l’impugnazione.
È chiaro, comunque, che la disposizione in esame non pensa all’imputato che, dopo il primo impatto con le forze di polizia (la designazione di un difensore d’ufficio e quant’altro la l prevede), sparisca senza lasciare traccia alcuna di sé. Costui, infatti, non potrà mai esser legittimamente dichiarato assente. Il percorso processuale che lo riguarda è diverso e confluirà, di regola, nella sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza delta pendenza del processo di cui all’art. 420-quater.
7. Né si ravvisano ipotesi di frizione con i principi costituzionali a riguardo della prev normativa di diritto transitorio di cui all’art. 89 comma 3 del d.lgs. 150 del 2022, ch stabilito l’applicazione di tali disposizioni alla sole impugnazioni promosse contro le senten pronunciate dopo l’entrata in vigore del medesimo decreto, coerente – anzi – con il più ampio dispiego dei diritti e delle prerogative della difesa, tenuto conto, altresì, dell’allungamen 15 giorni) del termine per proporre l’impugnazione a favore del difensore dell’imputato giudicato in assenza, ai sensi del comma 1 bis dell’art. 585 c.p.p., e della cristallizzazione, fine, di un momento processuale oggettivo e sottratto a qualsiasi perplessità interpretativa.
Con riferimento, poi, al motivo con il quale si contesta la correttezza della motivazione post a base della dichiarazione di responsabilità, rileva il collegio che esso è generico perch fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quello già dedotto in appell e puntualmente disatteso dalla corte di merito, che con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda pag. 3 della senten impugnata). Va ribadito che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettur degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusi riservata al giudice di merito (per tutte: Sez.U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944)
Parimenti generico è il 3` )rnotivo relativo alla derubricazione del reato ai sensi dell’art. 635 cod. pen.
Aft. Ne viene, in definitiva, l’infondatezza del ricorso con condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali.
p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12.12.2023