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Impugnazione effetti civili: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso in cui un’imputata, assolta in primo grado per minaccia e per un reato dequalificato a disturbo alle persone (dichiarato non punibile per tenuità del fatto), aveva impugnato la sentenza. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputata, in quanto basato su una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. Ha invece accolto l’impugnazione per effetti civili della parte civile, annullando la sentenza e rinviando al giudice civile per due motivi: la motivazione sull’assoluzione per minaccia era contraddittoria e il giudice di merito aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento danni nonostante il proscioglimento per tenuità del fatto.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Assoluzione Penale e Risarcimento: L’Impugnazione per i soli Effetti Civili

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17212 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla possibilità di ottenere un risarcimento del danno anche a fronte di un’assoluzione in sede penale. Il caso analizzato mette in luce la distinzione tra l’impugnazione dell’imputato e quella della persona offesa, evidenziando come l’impugnazione per effetti civili rappresenti uno strumento cruciale per la tutela della vittima del reato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di primo grado del Tribunale di Patti, che aveva assolto un’imputata da due diverse accuse. La prima, originariamente contestata come getto pericoloso di cose, era stata riqualificata in disturbo alle persone e dichiarata non punibile per la particolare tenuità del fatto. La seconda accusa, relativa al reato di minaccia, si era conclusa con un’assoluzione piena perché il fatto non sussiste.

Contro questa decisione avevano proposto appello sia l’imputata assolta, che mirava a un’assoluzione ancora più ampia, sia la parte civile, che lamentava l’errata qualificazione giuridica, la contraddittorietà della motivazione sull’assoluzione per minaccia e la mancata decisione sulla sua richiesta di risarcimento danni.

La Corte d’Appello, rilevando l’inappellabilità della sentenza secondo le nuove norme, aveva trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione, che li ha quindi esaminati come ricorsi diretti.

L’Impugnazione per Effetti Civili e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha adottato due decisioni diametralmente opposte per i due ricorsi.

Il Ricorso dell’Imputata: Inammissibile

Il ricorso presentato dall’imputata è stato dichiarato inammissibile. I suoi motivi si basavano sulla presunta inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e di sua figlia, proponendo una ricostruzione alternativa dei fatti (una fuoriuscita accidentale di liquido da una lavatrice). La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove e i fatti già esaminati dal giudice di primo grado. Tali doglianze sono state quindi ritenute estranee al sindacato di legittimità.

Il Ricorso della Parte Civile: Accolto

Al contrario, l’impugnazione per effetti civili proposta dalla vittima è stata ritenuta fondata. La Corte ha individuato due vizi fondamentali nella sentenza di primo grado:

1. Motivazione Carente e Contraddittoria: L’assoluzione dal reato di minaccia era basata su una valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni della vittima, senza però considerare elementi decisivi, come la richiesta di intervento delle forze dell’ordine fatta dalla figlia della persona offesa subito dopo l’aggressione verbale. Questa omissione ha reso la motivazione incompleta e illogica.
2. Omessa Pronuncia sulla Domanda Risarcitoria: Il giudice di primo grado, dopo aver dichiarato la non punibilità per particolare tenuità del fatto, non si è pronunciato sulla domanda di risarcimento del danno. La Cassazione ha richiamato una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 173 del 2022), che ha dichiarato illegittimo l’art. 538 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice penale decida sulle richieste civili anche in caso di proscioglimento per tenuità del fatto.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di principi procedurali chiari. In primo luogo, ha applicato il principio di conservazione del mezzo di impugnazione (art. 568 c.p.p.), per cui un’impugnazione presentata con un mezzo errato (appello anziché ricorso per Cassazione) viene comunque esaminata dal giudice competente, purché esista la volontà di impugnare (voluntas impugnationis).

Nel merito, la distinzione tra i due ricorsi è netta. Mentre quello dell’imputato mirava a una riconsiderazione dei fatti, quello della parte civile denunciava vizi di legittimità: l’illogicità manifesta della motivazione e la violazione di legge per l’omessa pronuncia sulla domanda civile. La Corte ha sottolineato che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., presuppone l’esistenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole. Sebbene il legislatore scelga di non punirlo penalmente, ciò non elimina la sua illiceità civile e il conseguente diritto della vittima a ottenere un risarcimento per il danno subito. L’omissione del Tribunale su questo punto ha costituito una chiara violazione di legge, che ha reso necessario l’annullamento della sentenza.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente agli effetti civili. Ha rinviato il caso a un nuovo giudizio, che si terrà davanti al giudice civile competente in grado di appello. Quest’ultimo dovrà riesaminare i fatti per decidere esclusivamente sulla domanda di risarcimento del danno proposta dalla parte civile. Contemporaneamente, ha condannato l’imputata, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza: l’esito del processo penale non preclude necessariamente la tutela risarcitoria della vittima, la quale può far valere le proprie ragioni attraverso un’efficace impugnazione per effetti civili.

È possibile impugnare una sentenza di proscioglimento penale?
Sì, ma con finalità diverse. L’imputato può impugnarla solo per vizi di legge e non per una nuova valutazione dei fatti. La parte civile può impugnarla ai soli fini civili, ovvero per ottenere il risarcimento del danno, lamentando errori di diritto o vizi di motivazione che hanno inciso sulla sua pretesa risarcitoria.

Cosa succede alla richiesta di risarcimento danni se il reato è dichiarato di ‘particolare tenuità’?
Il giudice penale è comunque tenuto a decidere sulla domanda di risarcimento del danno. Come chiarito dalla Corte Costituzionale, il proscioglimento per particolare tenuità del fatto non cancella l’illecito e non esclude il diritto della vittima a essere risarcita. L’omessa pronuncia su questo punto è un errore che può essere censurato con l’impugnazione.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile mentre quello della parte civile è stato accolto?
Il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa nel giudizio di legittimità. Il ricorso della parte civile, invece, è stato accolto perché denunciava vizi specifici della sentenza: una motivazione contraddittoria e la violazione della legge per la mancata decisione sulla domanda di risarcimento, che sono questioni di diritto esaminabili dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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