Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9426 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9426 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME ( CUI 04VFHSO ) nato a EDO STATE( NIGERIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 del GIUDICE DI PACE di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio; letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, del 26 ottobre 2023, con la quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN IFATTO
1.Con la sentenza impugnata, il Giudice di pace di Bari na condannato NOME COGNOME alla pena di euro diecimila di multa, in relazione al reato di cui all’art 14 comma 5-ter d. Igs. n. 286 del 1998 perché, già destinatario del provvedimento di espulsione, emesso dal Prefetto di Napoli il 9 Aprile 2021, notificatogli in data 11 Aprile 2021, si tratteneva sul territorio dello Stato.
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso l’imputato, per il tramite del difensore di ufficio, AVV_NOTAIO, denunciando quattro vizi.
2.1.Con il primo motivo si deduce violazione di legge e nullità della sentenza in relazione agli artt. 179 e 420, comma 2, cod. proc. pen., per l’omessa notifica del decreto di citazione all’imputato.
La notifica del decreto di citazione è stata effettuata al difensore di uffici domiciliatario in assenza di prova di contatti tra il medesimo e l’imputato: di qui l’eccezione di nullità assoluta della sentenza, formulata richiamando giurisprudenza di legittimità in termini.
Si tratta di indici non sufficienti per procedere in assenza, secondo la sentenza delle Sezioni Unite, ricorrente NOME, pronuncia a mente della quale, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la mera elezione di domicilio presso il difensore di ufficio da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare che vi sia stata l’effettiv instaurazione di un rapporto professionale tra indagato e domiciliatario e che questi sia a conoscenza del procedimento o si sia sottratto volontariamente allo stesso.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la nullità dell’ordinanza emessa il 13 aprile 2023 in relazione all’art 420-bis, comma 5, cod. proc. pen. che ha dichiarato l’assenza dell’imputato.
Alla luce di quanto indicato al primo motivo, il giudice avrebbe dovuto provvedere agli adempimenti indicati dall’art 420-bis, comma 5, cod. proc. pen. prima di procedere, atteso che non vi è alcun riscontro che il domiciliatario, difensore di ufficio, sia stato delegato a ricevere l’atto.
Si richiama, all’uopo, la pronuncia di questa Corte di legittimità n. 13999 del 28 febbraio 2023.
2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio assoluto di motivazione.
La sentenza non fornisce alcuna giustificazione in ordine alla sussistenza del reato essendo stato utilizzato, per redigere la motivazione, un modello prestampato.
Il Giudice in questa sede si è limitato a richiamare la norma indicata nel capo di imputazione e l’esistenza dell’ordine del AVV_NOTAIO, indicato come emesso (peraltro erroneamente), in data 11 Aprile 2022.
Nella sentenza non viene fatta menzione delle ragioni per le quali il reato deve ritenersi consumato e di quelle per le quali il fatto è ascrivibile all’imputato.
Il vizio di motivazione della sentenza così redatta integra la mancanza assoluta di motivazione, in relazione all’ad 546 cod. proc. pen. che impone di esporre concisamente i motivi di fatto in diritto della decisione di specificare l ragioni dell’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta.
Si tratta di motivazione che, nella specie, è inesistente o meramente apparente perché, pur se graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione in quanto riporta argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice in relazione al proprio convincimento.
Si richiama la pronuncia delle Sezioni Unite n. 2451 del 27 settembre 2007 secondo la quale l’obbligo di motivazione non può ritenersi assolto con la mera ripetizione, nel testo del provvedimento, della formula legislativa.
Detto obbligo, pur potendo essere soddisfatto anche in modo sintetico, deve, comunque, dar conto degli elementi di fatto che giustificano la riconducibilità della vicenda alla norma delineata.
L’atto presupposto in oggetto è indicato in maniera imprecisa rispetto ai suoi requisiti.
Infine, si ritiene l’ordine del AVV_NOTAIO del giorno 11 aprile 2021 un provvedimento amministrativo illegittimo per violazione di legge con necessità di disapplicarlo, per sua assoluta mancanza di motivazione.
2.4. Il quarto motivo denuncia mancanza di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
In via del tutto subordinata, la difesa deduce che nella motivazione della sentenza non è esplicitato se siano state o meno riconosciute le circostanze attenuanti generiche che, invece, dalla lettura del dispositivo sembrerebbero negate. Di qui la nullità della sentenza per mancanza assoluta di motivazione.
Infine, si eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’articolo 581, comma Iter e comma 1-quater codice di procedura penale in caso di rigetto delle eccezioni preliminari.
Con riferimento alla prima norma, si eccepisce l’illegittimità della disposizione che stabilisce, a pena di inammissibilità che, con l’atto di impugnazione del difensore d’ufficio, ove non sia stata accertata la sussistenza dell’effettiva instaurazione di un rapporto processuale tra il legale e l’imputato o altri elementi idonei a far ritenere, con certezza, che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento, sia depositata la dichiarazione o elezione di
domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in relazio agli articoli 3, 24, 27, 111 Cost. e 6 CEDU con necessità di disporre la sospensione del processo.
Attesa la non manifesta infondatezza del motivo, si solleva eccezione di legittimità costituzionale anche della seconda norma citata, nella parte in cui stabilisce, a pena di inammissibilità, che, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore d’ufficio ove non sia stata accertata la sussistenza dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale o di elementi tali da far desumere l’effettiva conoscenza del procedimento, è depositato specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, con riferimento alle medesime norme costituzionali indicate
Data l’irreperibilità dell’imputato nel caso di specie, in quanto trattasi soggetto privo di fissa dimora, nell’impossibilità di contattarlo e tenuto conto che non si è mai instaurato col difensore di ufficio alcun rapporto professionale, non è possibile depositare, unitamente al ricorso, la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione come imposto dall’art. 581 comma 1-ter, cod. proc. pen. e neppure lo specifico mandato ad impugnare a mente dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, NOME COGNOME, ha chiesto con conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e successive modificazioni, richiamato dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel testo introdotto dall’art. 17, d.l. 22 giugno 2023, n. 75 convertito, con modifiche, dalla legge del 10 agosto 2023, n. 112, l’annullamento del provvedimento impugnato ritenendo non applicabili al giudizio di legittimità le disposizioni di cui agli artt. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. e art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. e considerando fondato il primo motivo di ricorso.
La difesa, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire con p.e.c. del 26 ottobre 2023, conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo e il secondo motivo di ricorso, essendo tra loro strettamente connessi, vanno congiuntamente esaminati.
Essi, nei limiti innanzi illustrati, sono fondati e tale valutazione rives carattere assorbente rispetto alle altre questioni (peraltro formalmente inammissibili) devolute con i residui motivi di impugnazione.
2. In ordine all’ammissibilità del ricorso, va rilevato che la prevalente giurisprudenza di legittimità che si sta formando in relazione all’interpretazione del contenuto dell’art. 581 comma 1-ter e 1-quater cod. proc. pen., come introdotti dal d. Igs. n. 150 del 2022, si è espressa nel senso che, senz’altro, quest’ultima previsione si applica anche al processo di legittimità.
L’art. 33, comma 1, lett. d), del d .Igs. n. 150 del 2022, ha inserito nell’art. 581 cod. proc. pen., i commi 1-ter e 1-quater a norma dei quali: a) «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini del notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-ter); b) «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione d decreto di citazione a giudizio» (comma 1-quater).
Tali disposizioni – le quali, a norma dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, si applicano alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore dello stesso decreto (30 dicembre 2022) – sono state adottate in attuazione dei principi e criteri direttivi: a) il comma 1-ter, di cui all’art. 1, comma 13, lett. a), della legge di delegazione 27 settembre 2021, n. 134 («fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizi impugnazione»; b) il comma 1-quater, di cui all’art. 1, comma 7, lett. h), della stessa legge n. 134 del 2021 («prevedere che il difensore dell’imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che, con lo specifico mandato a impugnare, l’imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio d impug nazione»).
Il comma 1-quater, dunque, riguarda esclusivamente l’imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza.
Esso stabilisce che, con l’atto d’impugnazione del difensore (di fiducia e di ufficio, quindi), sia depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato (con espressa indicazione che l’elezione di domicilio deve essere successiva alla sentenza impugnata).
Per quanto riguarda il comma 1-quater della norma, si registrano diverse pronunce di legittimità che hanno affermato che sono applicabili al ricorso per
cassazione proposto dall’imputato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza, entrambi gli specifici oneri formali sanciti dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per tale indirizzo interpretativo, infatti, la norma rientra tra le disposizio generali relative alle impugnazioni, valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione: essa, dunque, non può essere intesa nel senso di consentire l’impugnazione di legittimità nell’interesse dell’imputato assente secondo un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello ed è funzionale a garantire a quest’ultimo l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione (Sez. 5, n. 39166 del 4/07/2023, N., Rv. 285305; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324 – 02; Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, Rv. 285444 – 01; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Rv. 285342 – 01).
Nello stesso senso si è espressa la pronuncia della sezione Seconda penale di questa Corte (n. 40824 del 13/09/2023, Rv. 285256) che, in motivazione, quanto alla questione di legittimità costituzionale del comma 1quater dell’art. 581 cod. proc. pen., ha affermato che tale disposizione è astrattamente applicabile anche al ricorso per cassazione, perché risponde all’evidente ratio ispirata a esigenze sia di garanzia dell’imputato sia di razionale e utile impiego delle risorse giudiziarie – di assicurare che la celebrazione delle impugnazioni abbia luogo solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza, da parte dell’imputato, della sentenza pronunciata in sua assenza, nonché della volontà dello stesso imputato di impugnarla.
Non va, poi, trascurato che alcune pronunce recenti reputano applicabile al ricorso per cassazione soltanto uno degli specifici oneri formali previsti dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e cioè quello relativo al necessario mandato difensivo, non ritenendo che la dichiarazione o l’elezione di domicilio siano atti funzionali all’instaurazione del giudizio di legittimità il quale,, per la introduzione, non prevede la notifica del decreto di citazione.
In ogni caso, a fronte di tale orientamento maggioritario, si registrano pronunce secondo le quali le disposizioni in esame non hanno carattere generale, valevole per tutte le impugnazioni, ritenendo, invece, per i casi specifici esaminati, che queste, comunque, non si applicano alle impugnazioni di ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali (artt. 309 – 311, 324 325 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. 284996 01; Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, Rv. 284645 – 01) o in materia di esecuzione (Sez. 1, n. 43523 del 28/06/2023, Rv. 285396 – 01), non riguardando gli oneri formali previsti dall’art. 581, commi 1-te.r e 1-quater, cod.
proc. pen., come novellati dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. del 2022, n. 150 il ricorso proposto avverso provvedimenti diversi da sentenze ed emessi in materia cautelare o nel giudizio di esecuzione.
Con particolare riferimento alla portata generale delle disposizioni in parola, da considerare valevoli, quindi, per tutte le impugnazioni, in motivazione la pronuncia di Sez. 1, n. 43523 del 28/06/2023, Rv. cit., ha dato al quesito risposta negativa, in tal senso indicando, in primo luogo, il riferimento, contenuto in entrambi i commi di interesse, alla strumentalità tanto della dichiarazione o elezione di domicilio quanto del mandato ad impugnare rispetto alla «notificazione del decreto di citazione a giudizio», adempimento pacificamente estraneo al giudizio di cassazione, nel quale la fissazione di udienza è, ordinariamente, comunicata al procuratore generale ed ai difensori, e non anche alle parti personalmente, mediante un mero avviso.
Al riguardo, in secondo luogo, si è correttamente notato come, in materia di impugnazione, i precetti normativi siano da considerare di stretta interpretazione, ciò che preclude, secondo quanto già statuito dalla giurisprudenza di legittimità in relazione a casi affini (cfr., in particolare, Sez. n. 22140 del 03/05/2023, COGNOME, e Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, COGNOME, entrambe non massimate) l’estensione di regole dettate, a pena di inammissibilità, in vista della notificazione del decreto di citazione a giudizio contesti procedurali che non contemplano tale adempimento.
2.1.La giurisprudenza di questa Corte si è soffermata anche sulla legittimità costituzionale dei nuovi oneri imposti dalla riforma (tra le altre, Se 5, n. 42414 del 17/10/2023, non massimata che ha ritenuto la questione irrilevante, non avendo la difesa chiarito cosa avrebbe impedito o ostacolato il contatto con l’assistito, ai fini del conferimento del mandato specifico; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324 – 01).
Si è osservato, tra l’altro, che il sistema delle impugnazioni introdotto dal d.lgs. 150 del 2022, ha operato una scelta tutt’altro che irragionevole, attuando un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell’imputato di cui agli artt. 24, comma 2, 27, comma 2, 111, comma 1 e 2, 117 comma 1 Cost. e l’esigenza fondata sul rispetto del principio di ragionevole durata del proc:esso.
Le Sezioni Unite di questa Corte, a proposito dell’eliminazione della facoltà dell’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, hanno affermato che il legislatore ha delineato un modello di esercizio del diritto di difesa (e conseguentemente anche del diritto alla impugnazione) differenziato, a seconda delle varie fasi e tipologie di processo (Sez. U’ n. 8914 del 2017), precisando che l’effettività del diritto di difesa non richiede necessariamente che le medesime modalità di esercizio e le correlative facoltà siano uniformemente assicurate in ogni stato e grado del giudizio, perché tale diritto può conformarsi secondo
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schemi normativi diversi, a seconda delle caratteristiche proprie della fase di giudizio nella quale deve essere esercitato.
Ne discende anche che al legislatore va riconosciuta discrezionalità nel graduare diversamente le forme e le modalità mediante le quali la difesa tecnica e personale viene garantita all’imputato (Sez. U, n. 8914 del 2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010; Sez. 6, n. n. 7472/2017, Rv. 269739; Sez. 2, n, 35651/2018, COGNOME, n.m., in tema di ricorso personale).
Alle medesime conclusioni si è giunti anche per l’esegesi relativa alla sfera di applicabilità dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. tenuto conto dello scopo perseguito dal legislatore, cioè quello di consentire la proposizione di impugnazioni consapevoli da parte dell’imputato, nell’ottica di semplificare (anche) l’attività della Corte di cassazione e garantire la corretta amministrazione della giustizia senza che dai più stringenti requisiti posti dalla norma, a pena di inammissibilità, derivi un pregiudizio per lo stesso imputato dato che, qualora questi sia stato dichiarato assente, in difetto dei relativ presupposti e fornisca la prova di non avere avuto effettiva conoscenza del processo o di non ‘esservi potuto intervenire senza sua c:olpa, potrà essere rimesso in termini per impugnare e, comunque, ricorrere alla rescissione del giudicato.
2.2. In ogni caso, il Collegio osserva che per tutte le pronunce commentate nella presente sede, è indicata come necessaria, per ritenere l’operatività del descritto onere formale, introdotto dall’art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen., la sussistenza di una sentenza oggetto di ricorso (emessa dopo il 30 dicembre 2022: ai sensi dell’art. 89, comma 3, d. Igs. n. 150 del 2022, «le disposizioni degli articoli … 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto …», ossia in data successiva al 30 dicembre 2022, cfr. art. 99-bis del decreto stesso) e l’esistenza di una situazione processuale in cui vi sia stata la declaratoria di assenza, secondo le nuove disposizioni vigenti ex d. Igs. n. 150 del 2022.
Anche le pronunce richiamate, Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, Rv. 284645 e Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, Rv. 284996, fondano l’espresso indirizzo proprio sulla mancanza di operatività della citata norma in tema di mandato difensivo perché non si procede in assenza e non si ritiene trattarsi di disposizione che opera, in via generale, per tutte le impugnazioni.
2.3. Ai fini di valutare la rilevanza, per il caso al vaglio, della questione legittimità costituzionale proposta in relazione all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. e, soprattutto, l’ammissibilità del ricorso per cassazione sotto il profil della – pacifica – mancata allegazione di mandato difensivo all’impugnazione, il Collegio osserva che, anche secondo il maggioritario indirizzo interpretativo
sopra riportato, secondo il quale è condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione il rilascio di mandato difensivo ad hoc, presupposto indefettibile è che si sia proceduto nell’assenza dell’imputato e, per tutte le pronunce richiamate, necessita che oggetto di impugnazione sia una sentenza.
2.3.1. Orbene, nello specifico caso al vaglio, in base alla prospettazione difensiva che impugna, con il secondo motivo di ricorso, l’ordinanza dichiarativa dell’assenza, sia pure unitamente alla sentenza, si deve rilevare che il momento per far valere detta nullità dell’ordinanza è quello dell’impugnazione, attraverso il ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha concluso il giudizio dinanzi al Giudice di pace (nel senso della nullità assoluta della notifica del decreto di citazione, ove non si abbia certezza della conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato ovvero della volontà del medesimo di sottrarsi a tale conoscenza, con conseguente illegittimità della dichiarazione di assenza che abbia desunto la conoscenza del processo, in particolare, dall’intervenuta elezione di domicilio, Sez. 3, n. 48376 del 9/11/2022, Rv. 284062 – 01).
È pacifico, infatti, che l’ordinanza emessa nel corso del dibattimento è impugnabile solo unitamente alla sentenza che chiude il giudizio, ai sensi dell’art. 586, comma 1, cod. proc. pen., ed è soltanto allora che la motivazione del provvedimento incidentale acquista rilevanza ai fini del gravame (Sez. 1, ord. n. 29562 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 273347 – 01; Sez. 1, n. 11100 del 07/02/2006, COGNOME, Rv. 233535 – 01, ove si è precisato che la motivazione dell’ordinanza è requisito formale e non sostanziale, posto che la parte dispositiva è quella che realizza il contenuto decisorio).
Né, peraltro, dato il contenuto dell’ordinanza in questione (declaratoria di assenza dell’imputato) e, soprattutto, visto il riconoscimento da parte dell’ordinamento di un potere impugnatorio specifico, benché differito, sarebbe possibile impugnare immediatamente il provvedimento come abnorme (Sez. 5, n. 49291 del 15/11/2023, COGNOME, Rv. 285541 – 01; Sez. 5, n. 27971 del 25/05/2018, COGNOME, Rv. 273546 – 01).
Dunque, reputare inammissibile per mancanza di specifico mandato, detto motivo di impugnazione porrebbe in discussione l’orientamento, sopra richiamato e largamente condiviso, secondo il quale la norma in esame (art. 581, comma 1quater cod. proc. pen.) è considerata di stretta interpretazione ed è limitata ai casi in cui la parte non impugna un’ordinanza ma una sentenza (Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. cit.; Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, Rv. cit.; Sez. 1, n. 43523 del 28/06/2023, Rv. cit.).
A maggior ragione, rileva il Collegio, in un caso, come quello in esame, in cui l’ordinanza in parola non è suscettibile di autonomo, diretto rimedio, ma può ( . 7 essere impugnata solo in un momento differito e, cioè, unitamente alla sentenza.
Da ciò consegue che, siccome la regola dell’impugnabilità differita delle ordinanze predibattimentali e dibattimentali persegue finalità di economia processuale e di concentrazione del giudizio, la disposizione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. va coordinata con il principio espresso dall’art. 586 cod. proc. pen. in forza del quale l’impugnazione delle ordinanze de quibus deve essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l’impugnazione contro la sentenza, tant’è che il gravame è comunque ammissibile anche se la sentenza sia impugnata soltanto per connessione con l’ordinanza.
Ciò significa che, in presenza di una connessione sostanziale che si ha quando, come nel caso in esame, l’ordinanza incide sul dispositivo della sentenza, la parte difesa ha diritto ad impugnare l’ordinanza, anche se tale facoltà può esercitare impugnando anche la sentenza.
Allora, l’art. 586 cod. proc. pen. è norma speciale, ratione materiae, rispetto alla disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater, stesso codice e, come tale, non richiede l’osservanza di formalità prescritte solo per l’impugnazione della sentenza e non anche dell’ordinanza che sia soggetta a impugnazione differita.
Diversamente argomentando, la parte difesa sarebbe privata di una facoltà che la legge espressamente le conferisce e se tale facoltà, per questioni diverse dalla dichiarazione di assenza, può essere coniugata con il deposito di specifico mandato ad impugnare, invece nel caso dell’assenza è la natura stessa dell’impugnazione (dell’ordinanza) che impedisce, come nel caso in esame, di assolvere all’onere del deposito e soltanto la delibazione sulla legittimità della dichiarazione di assenza può soddisfare i requisiti richiesti dalla legge processuale, senza ricadute negative sul diritto di difesa (art. 24 Cost.).
2.3.2. Osserva, inoltre, il Collegio come, in ordine al requisito dell’assenza dell’imputato, sia noto che, secondo principi di carattere generale, l’esame del merito della regiudicanda nella fase del giudizio di impugnazione presuppone, necessariamente, la regolare instaurazione (e prosecuzione) di un rapporto giuridico processuale mediante la proposizione di un valido atto, con la conseguenza che l’esame del merito delle questioni sollevate con l’atto d’impugnazione è precluso quando vi sia alla base dell’impugnazione, una situazione di carattere pregiudiziale e assorbente che ne determini l’inammissibilità nei casi previsti dall’art. 591, comma 1, cod. proc. pen. (impugnazione proposta da soggetto non legittimato o che non abbia interesse alla rimozione dell’atto impugnato; non impugnabilità del provvedimento; violazione delle disposizioni di cui agli artt. 581, 582, 583 e 585 cod. proc. pen.; rinuncia all’impugnazione).
Tuttavia, nel caso al vaglio, pregiudizialità ed esame del merito della regiudicanda del ricorso per cassazione corrispondono posto che, per valutare
l’ammissibilità dell’impugnazione – avente ad oggetto, in via principale, l’ordinanza dichiarativa dell’assenza (secondo motivo) e, poi, quella derivata della sentenza (primo motivo) – si deve verificare, necessariamente, l’esistenza o meno dello specifico mandato difensivo e la sussistenza della situazione processuale di assenza, tenuto conto che, comunque, l’indirizzo che reputa applicabile, in via generale, la previsione dell’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen. al giudizio di legittimità rileva che deve trattarsi di imputato nei confronti del quale si è proceduto in assenza secondo le norme di cui al d. Igs. n. 150 del 2022.
Orbene, le censure prospettate con GLYPH primi due motivi di ricorso sono idonee a incidere, anche alla stregua del solco tracciato dall’indicato indirizzo maggioritario della giurisprudenza di legittimità, sull’ammissibilità dell’impugnazione e, dunque, si impone a questa Corte la verifica delle condizioni di ammissibilità del ricorso per cassazione eventualmente dipendenti da statuizioni che, ictu ocuii, non potevano essere adottate.
Invero, nessuno dubita che il diritto dell’imputato alla presenza nel suo processo sia canone fondamentale del due process.
L’art. 14, comma 3, lett. d) del Patto internazionale relativo ai diritti civ e politici gli attribuisce in via espressa tale diritto. Anche dall’art. 6 CEDU dall’art. 111 Cost. è ricavabile analoga garanzia, in quanto alla presenza dell’imputato è connaturata la possibilità stessa di difendersi personalmente, di interrogare o far interrogare i testimoni e di farsi assistere da un interprete se non comprende o non parla la lingua del processo.
Altrettanto consolidati nella giurisprudenza europea sono i predetti corollari, soprattutto dopo l’entrata in vigore della direttiva 2016/343/UE relativa alla materia de qua e alcuni interventi della Corte di giustizia dell’Unione Europea (Corte UE, Sez. 4, 19/05/2022, C 569/20).
La dottrina, in linea con gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato come la presenza dell’imputato non realizza solo il suo diritto ad essere ascoltato, se lo ritiene, prima della decisione del giudice, ma è garanzia dell’effettivo ed efficace realizzarsi del metodo dialettico.
Il che non significa che non ci può essere un processo senza imputato, ma solo che l’assenza di quest’ultimo è da considerarsi legittima, in prospettiva europea, a seguito di una rinuncia a presenziare, espressa o tacita, ma comunque inequivoca, assistita da un minimo di garanzie corrispondenti alla sua gravità e non contraria ad alcun interesse pubblico significativo.
Come si esprime l’art. 8 § 2 lett. a) e b) della direttiva 2016/343/UE, in tema di condizioni per la legittima celebrazione del processo in assenza, questo può svolgersi a due condizioni: che l’indagato o l’imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata
comparizione (lett. a), oppure che l’indagato e l’imputato informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’indagato o imputato oppure dallo Stato (lett. b).
La Corte di Lussemburgo (Corte UE, SE:2. IV, 19/05/2022, C 569/20, cit.), nell’esprimersi su tale disciplina, ha fatto proprie le conclusioni già raggiunte dalla Corte di Strasburgo: dunque, da un lato, vi è la necessità, in via pregiudiziale, della conoscenza effettiva attraverso la vocatio in iudicium della res iudicanda nella sua duplice componente materiale e giuridica, nonché della data e del luogo dell’udienza con il sistema delle notificazioni.
Dall’altro, sussiste l’obbligo, per l’Autorità giudiziaria, di dimostrare, al là di ogni ragionevole dubbio, laddove l’imputato non si presenti, che abbia inteso rinunciare in modo inequivoco al giudizio, anche per facta concludentia che non sia rimasto all’oscuro di esso.
E si assimila a tale rinuncia tacita a partecipare il comportamento dell’imputato che, sulla base di indizi precisi ed oggettivi, pur essendo stato ufficialmente informato di essere stato accusato di un reato e, sapendo, quindi, che un processo si sarebbe svolto nei suoi confronti, agisca deliberatamente in modo da evitare di ricevere ufficialmente le informazioni relative alla data e al luogo del processo.
Occorre, in altri termini, valutare la diligenza dell’autorità pubblica d informare l’interessato ad un processo e la diligenza di cui quest’ultimo abbia dato prova al fine di ricevere tali informazioni.
Il Collegio non ignora che la Corte Edu individua un solo caso in cui, pur non realizzandosi queste condizioni, il processo penale in assenza è da considerarsi legittimo, cioè quello in cui l’imputato possa ottenere che la giurisdizione statuisca, nuovamente, dopo averlo sentito, sulla fondatezza dell’accusa a fronte di una procedura svoltasi a sua insaputa.
Come si esprime la Direttiva 2017/34:3 nell’art. 9, l’indagato e l’imputato assente inconsapevole ha diritto a un nuovo processo, ,a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l’esame di nuove prove e possa condurre alla riforma della decisione originaria.
Tuttavia, come sarà più chiaro in seguito, la rescissione del giudicato, pur necessaria per la compatibilità convenzionale ed europea della disciplina dell’assenza, costituisce, in quanto impugnazione straordinaria, una extrema ratio (il decorso del tempo può pregiudicare il diritto alla prova a discarico), che può non collidere con rimedi ripristinatori preventivi compatibili con la disciplina processuale di riferimento.
A questo proposito, si osserva che lo stesso d. Igs. n. 150 del 2022 ha introdotto alcune peculiarità legate alla disciplina di fase per il rimedi
ripristinatorio al giudizio di appello, ai sensi dell’art. 604, comma 5-bis, 5-ter, 5quater cod. proc. pen.
Il comma 5-bis disciplina il caso dell’erronea dichiarazione di assenza dell’imputato nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art 420-bis, comma 1, 2, 3 cod. proc. pen.: il giudice di appello, anche di ufficio, dichiara la nullità e dispo la trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità.
La regressione è esclusa per la sanatoria della nullità, se non è stata eccepita nell’atto di appello e fermo restando, al pari di quanto disposto dall’art. 489, comma 2, cod. proc. pen. se risulta che l’imputato era a conoscenza della pendenza del processo ed era nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata.
Si conferma l’onere a carico dell’imputato di leale partecipazione al processo e di attivarsi non appena venuto a conoscenza della pendenza del processo, per far valere il suo diritto, evitando così una lungaggine procedimentale.
Il comma 5-ter dell’art. 604 del codice di rito, omologo dell’art. 489 comma 2-bis cod. proc. pen. prevede il rimedio restitutorio ferma restando la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, nel caso di assenza dichiarata correttamente, laddove l’imputato provi il caso fortuito, la forza maggiore o altro legittimo impedimento, l’impossibilità di comparire in tempo utile e di non essere riuscito ad una comunicazione tempestiva senza colpa (lett. a); ovvero nei casi di assenza ex art. 420-bis, comma 2, 3 cod. proc. pen., di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo, di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto (lett. b).
In entrambe le situazioni si prevede l’annullamento della sentenza impugnata, con la regressione alla fase che consenta l’esercizio della facoltà da cui si è decaduti (art. 604, comma 5-quater cod. proc. pen.).
Nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, l’art. 623 cod. proc. pen., come novellato dal d. Igs. n. 150 del 2022, riproduce una norma simmetrica all’art. 604 cit. che aggiunge, infatti, tra le ipotesi di annullamento con rinvio lett. b-bis.
Se l’annullamento riguarda una sentenza di condanna, a fronte di erronea dichiarazione di assenza, si dispone il rinvio al giudice del grado nella fase in cui si è verificata la nullità.
Laddove l’annullamento riguardi una sentenza di condanna, a fronte di una corretta dichiarazione di assenza dell’imputato che provi il legittimo impedimento o la mancata conoscenza effettiva, si prevede il rinvio al giudice del
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grado della fase in cui può essere esercitata la facoltà da cui l’imputato è decaduto.
Anche in questo caso, si prevede quale fattore ostativo che risulti che l’imputato era a conoscenza della pendenza del processo e delle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia diella sentenza impugnata.’
2.4.3. Tanto premesso, la Corte, nell’ambito del necessario accertamento dei descritti presupposti di ammissibilità dell’impugnazione oggetto del caso in esame, ritiene che vada verificata l’eccepita illegittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza dell’imputato, verifica dalla quale discende, per quanto sin qui esposto, il giudizio sia sull’ammissibilità del ricorso introdotto in assenz di specifico mandato difensivo all’impugnazione dinanzi a questa Corte, sia quello sulla rilevanza dell’eccezione di illegittimità costituzionale proposta.
Orbene, appare evidente dagli atti allegati, in ossequio all’autosufficienza del ricorso, che la declaratoria di assenza, nel caso al vaglio, risulta basata sulla dichiarazione di domicilio presso il difensore di ufficio, nomina non seguita da alcun approfondimento da parte dell’Autorità giudiziaria procedente circa l’esistenza, alla data della verifica della regolare costituzione delle parti davan al giudice, dell’effettivo rapporto con il difensore nominato.
L’esame doveroso degli atti, per la qualità delle eccezioni prospettate (Sez. U, 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. U, n. 21 del 19/07/2012, COGNOMERAGIONE_SOCIALE, Rv. 253213, in motivazione) consente di rilevare, ictu ()culi, quanto alla dichiarazione di assenza impugnata nella presente sede, che:
il difensore presente all’udienza di discussione dinanzi al Giudice di pace è l’AVV_NOTAIO, indicato come difensore nominato ex art. 97 comma 4 cod. proc. pen.;
il difensore di ufficio risulta nominato, in sede di identificazione il gennaio 2022, come domicìliatario, a fronte di un processo che si svolge a carico dell’odierno ricorrente in data 13 aprile 2023;
il difensore di ufficio nominato, AVV_NOTAIO, è assente e l’AVV_NOTAIO (odierno ricorrente) è difensore nominato ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. (nel senso della legittimazione del difensore nominato ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. al ricorso per cassazione, Sez. 5, n. 10697 del 16/12/2021, Torelli, Rv. 282938 – 01).
Orbene, il Collegio rileva che è noto che, in ossequio ai principi dettati dalla sentenza del 28 novembre 2019 (Sez. U, ricorrente NOME COGNOME NOME, Rv. 279420), la sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell’indagato, non è di per sé presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen., dovendo il giudice, in ogni caso, verificar anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargl
ritenere, con certezza, che quest’ultimo abbia conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto, volontariamente, alla conoscenza del procedimento stesso (principio espresso con riferimento ad una fattispecie rientrante nella disciplina previgente all’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen.).
Nel caso di specie, invece, nell’immediatezza del controllo da cui è scaturito il procedimento a carico dell’imputato, è stata operata nomina del difensore di ufficio, presso il quale sono state effettuate le notifiche dei successivi at processuali, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen.
Ciò ha comportato che non vi sia prova dell’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato dichiarato assente né è possibile dedurre, dalla motivazione censurata, con certezza che egli si sia, volontariamente, sottratto a detta conoscenza.
Necessaria, invece, per ogni valutazione sul punto, è la verifica preliminare, come indicato dalle Sezioni Unite nella citata pronuncia, dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il difensore domiciliatario e l’indagato, da svolgere da parte dell’Autorità giudiziaria, utilizzando anche elementi ulteriori rispetto alla semplice formale elezione di domicilio.
Il verbale di elezione di domicilio presso il difensore di ufficio è del 2022 dunque formulato in epoca successiva alla riforma dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. Tuttavia, alcuna ulteriore ma preliminare indagine risulta, dalla motivazione dell’ordinanza censurata, circa l’effettività del rapporto tra imputato e suo difensore.
Tanto, a fronte di un processo che, rispetto al primo atto di identificazione dell’indagato, è iniziato davanti al Giudice soltanto un anno dopo. Del resto, si deve rilevare che la presunzione relativa all’ipotesi di avvenuta elezione di domicilio può essere indicativa, ma non esaustiva rispetto alla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato dichiarato assente, nel caso in cui detta elezione di domicilio sia relativa a un difensore d’ufficio, anche dopo l’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 162, comma 4-bis cod. proc. pen. poiché è sempre necessario, ai fini della dichiarazione di assenza, che sussista l’accertamento della sussistenza di un effettivo rapporto professionale tra il difensore e l’imputato (Sez. U, ricorrente COGNOME).
2.3.4. Va osservato che detta interpretazione appare conforme ai canoni costituzionali di cui agli artt. 3, 13, 24, 27, 111 Cost.
Invero, l’impugnazione rappresenta una delle componenti essenziali del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.: non a caso la disposizione costituzionale oggetto tutela l’attività defensionale con l’esplicito riferimento ai diversi gradi del procedimento, nella piena consapevolezza dell’assoluta centralità assunta dai meccanismi di impugnazione nell’ambito del sistema processuale finalizzato a
prevenire il rischio di un’ingiusta condanna con conseguente indebita limitazione della libertà personale.
Sotto altro aspetto, nel riconoscere il valore della presunzione di non colpevolezza, l’art. 27 Cost. evoca, in senso contrario, il presupposto della definitività dell’eventuale condanna, con richiamo al possibile ribaltamento nei gradi successivi della sentenza che dovesse essere pronunciata in primo grado nei confronti dell’imputato.
La Corte costituzionale, poi, di recente, ha sottolineato che il potere di impugnazione dell’imputato si correla al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.) che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso (sent. n. 26 del 2007), ricordando che, a livello sovranazionale, l’art. 14, § 5 del Patto internazionale sui diritti civili e poli ratificato e reso esecutivo con la legge n. 881 del 25 ottobre 1977, nonché l’art. 2 del prot. n. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali adottata a Strasburgo il 22 novembre 1984, garantiscono il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, di seconda istanza, proprio a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato (cfr. Corte Cost. n. 34 del 2020).
Non va, poi, trascurato che l’art. 111 Cost. informa anche il regime delle impugnazioni, con l’obiettivo di pervenire, all’esito dei diversi gradi di giudizio, una decisione “corretta” e tesa a valorizzare le opposte facoltà di contestazione della decisione di primo grado, nel rispetto del diritto di difesa, ex art. 24 Cost Dunque, accedendo a diversa interpretazione, all’esito di una declaratoria di assenza ictu ocu/i non legittima, il difensore dell’imputato assente e, proprio per tale ragione, non facilmente raggiungibile, dovrebbe attendere, per far valere tale palese illegittimità, che investe proprio la descritta dichiarazione di assenza – dunque uno dei presupposti necessari per l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. – la definitività della condanna e, comunque, introducendo altri rimedi processuali (artt. 629-bis cod. proc. pen., 175 cod. proc. pen.), con conseguente frustrazione (anche) dell’esigenza deflattiva che, pacificamente, si attribuisce alla Riforma che ha introdotto la norma in esame.
Detto epilogo decisorio trova adeguato ancoraggio anche – e autonomamente – nel principio costituzionale della ragionevole durata del processo il quale – al di là della programmatica prospettiva dell’introduzione di istituti acceleratori – resta indiscusso canone di indirizzo errneneutico, nonché, dalla considerazione del principio ulteriore, che del primo rappresenta indefettibile esplicazione, dell’efficienza ed economia processuale (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, in motivazione). Nemmeno, poi, va trascurato il principio interpretativo della cd. «ragione più liquida» che consente di definire il giudizio sulla base dell’esame esclusivo di una questione assorbente, idonea, di
per sé sola, a sorreggere la decisione e tale da non richiedere alcuna valutazione sulle questioni concernenti il merito della regiudicanda.
Detto principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, nella giurisdizione civile (Sez. U civ., sent. n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490; Sez. U civ., sent. n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633504; Sez. U civ., ord. n. 23542 del 18/11/2015, Rv. 637243), merita di trovare applicazione anche in ambito penale (Sez. 1, n. 17850 del 12/01/2017, Castriota, Rv. 270297 – 01).
2.3.5. Peraltro, il richiamo all’istituto della rescissione del giudicato, pu alla stregua della legittimazione dell’istituto nell’ambito del diritto eu comunitario, non è esaustivo.
È noto che l’istituto non si limita, come previsto dall’art. 175 cod. proc. pen., a restituire nel termine per impugnare la sentenza emessa nel processo in cui l’imputato sia rimasto assente, ma gli garantisce la celebrazione di un nuovo giudizio, se la sua mancata partecipaZione non sia stata volontaria.
Nella lettura offertane dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 32848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259990, nonché con la sentenza delle Sez. U n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01, la rescissione del giudicato si pone, dunque, quale mezzo di impugnazione straordinario e quale strumento di chiusura del sistema, dato che con essa è perseguito l’obiettivo del travolgimento del giudicato e dell’instaurazione ab initio del processo, quando si accerti la violazione dei diritti partecipativi dell’imputato.
Tuttavia, la descritta impostazione finisce per non tenere conto della circostanza che si tratta di rimedio restitutorio soltanto straordinario (cfr. Sez. 2 n. 47327 del 3/11/2023, Makhatar, Rv. 285444) che, effettivamente, porrebbe il condannato nelle opzioni processuali (tranne quelle ormai del tutto consumate per effetto del decorso del tempo) che non è stato in grado di esercitare, ma soltanto dopo la necessaria (inutile) formazione del titolo esecutivo e/o l’eventuale avvio, a suo carico, dell’esecuzione.
Tanto, senza considerare che il nostro impianto costituzionale fonda sulla centralità dei mezzi di impugnazione, nell’ambito di un sistema processuale finalizzato, nel suo complesso, a prevenire n rischio, anche solo eventuale, di un’indebita limitazione della libertà personale.
Si osserva, poi, che, nel quadro interpretativo delineato dal Collegio, vi è perfetta correlazione tra il diritto all’impugnazione della condanna di primo grado e la difesa tecnica garantita all’imputato dall’ad 24 Cost., correlazione enunciata e mantenuta, anche alla stregua della riforma di cui al d. Igs. n. 150 del 2022, dall’art. 571, comma 3, cod. proc. pen.
Secondo detta norma, infatti, conserva la legittimazione a proporre impugnazione il difensore dell’imputato al momento del deposito del
provvedimento, secondo una continuità assoluta dell’assistenza tecnico-giuridica, ovvero quello nominato a tal fine, fermo restando che l’imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all’impugnazione proposta al suo difensore.
A fronte di tale previsione generale, viene in rilievo la specifica disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., limitata, quanto alla forma dell’impugnazione, al difensore (all’attualità, di fiducia o di ufficio) del s imputato assente e sempre che questa abbia ad oggetto una sentenza.
Detta norma va, dunque, interpretata (,con conseguente irrilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen.), nel quadro anche della normativa sovranazionale e costituzionale sin qui delineato, nel senso che va ritenuta pregiudiziale la (chiesta) verifica della legittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza per ragioni che appaiono ictu oculi fondate, rispetto alla pronuncia sull’ammissibilità dell’impugnazione con ricorso per cassazione della medesima ordinanza, ex art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., unitamente alla sentenza, ove gravata in mancanza di specifico mandato, anche per motivi diversi dalla sussistenza di una legittima dichiarazione di assenza.
Ne consegue che, avverso una sentenza emessa dal giudice di pace, impugnabile per cassazione, è ammissibile il ricorso presentato dal difensore di ufficio o dal difensore nominato ex dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., senza il deposito di specifico mandato a impugnare rilasciato dall’imputato per il quale si sia proceduto in assenza, qualora, unitamente alla sentenza, emessa dopo il 30 dicembre 2022, sia impugnata anche l’ordinanza dichiarativa dell’assenza stessa, deducendo che non risultano soddisfatte ictu oculi le condizioni per procedere legittimamente in tal senso.
2.3.5.È appena il caso di osservare che, secondo la prospettazione che vedrebbe sufficientemente garantito il condannato attraverso il rimedio della rescissione del giudicato di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., l’interpretazione sin qui proposta non sarebbe irrazionale nemmeno a fronte del caso di eventuale impugnazione, da parte del difensore privo di mandato, limitatamente all’ordinanza dichiarativa dell’assenza, ove questa impugnazione venga rigettata.
L’apposito rimedio assicurato dall’art. 629-bis cod. proc. pen., infatti, sarebbe precluso per il condannato, per le sole questioni dedotte ed effettivamente decise (con il rigetto), non anche per le questioni meramente deducibili, ovvero per le questioni proponibili ma non dedotte o non valutate, nemmeno implicitamente, nella precedente decisione definitiva, secondo lo schema del giudicato processuale cd. debole.
2.4. Infine, si deve osservare che, nel caso al vaglio, va riscontrata l’irrilevanza dell’eccepita illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter
cod. proc. pen. posto che, l’applicazione del citato requisito, nell’atto di impugnazione, dell’elezione di domicilio dell’imputato non può reputarsi relativo al giudizio di legittimità, a cagione dell’espresso riferimento al decreto di citazione a giudizio, indicato nell’art. 601 cod. proc. pen., ma non nei successivi artt. 610 e 611, che richiamano soltanto l’avviso di fissazicne dell’udienza al difensore e la cui disciplina non prevede la notificazione di un decreto di citazione a giudizio dell’imputato e delle altre parti private.
Gli atti preliminari al giudizio di cassazione (art. 610, commi 1 e 3 cod. proc. pen.) prevedono, infatti, soltanto l’avviso ai difensori della data dell’udienza in cui è fissata la trattazione del ricorso.
Nessun avviso è dato all’imputato se non nel caso in cui il medesimo sia assistito da difensore d’ufficio abilitato, che ha presentato il ricorso per cassazione.
Alla luce di tali considerazioni e della lettera della legge (che, come detto, richiama il decreto di citazione, atto assente nel giudizio promosso dinanzi alla Corte di legittimità) non può reputarsi la previsione di cui all’art. 581, comma iter cod. proc. pen. applicabile al giudizio di legittimità pur facendo, tale disposizione, riferimento all’atto di impugnazione.
La norma, peraltro, poiché la disposizione prevede che l’impugnazione sia inammissibile se l’onere è inadempiuto, non può che essere di stretta interpretazione, dato che il superamento del dato testuale creerebbe un ostacolo ad accedere al giudizio di legittimità non previsto dalla legge, con conseguente lesione del diritto di difesa (in tal senso: Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, COGNOME, cit.; Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, COGNOME, non mass.).
3.0rbene, difettando, nel corpo della motivazione dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza (e della sentenza), l’indicazione da parte del giudice procedente della verifica di cui al § 2.3.4., necessaria ai fini di valutare l’operatività, rispe all’impugnazione in esame, della previsione di cui all’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen. quanto all’onere della difesa di munirsi di specifico mandato, l’ordinanza impugnata unitamente alla sentenza vanno annullate.
Deriva da quanto sin qui esposto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio, al Giudice di pace di Bari, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, decisione in cui resta assorbita ogni altra doglianza difensiva.
A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 14 novembre 2023, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Bari, in diversa persona fisica.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente