Impugnazione Confisca: Errore Procedurale e Riqualificazione della Cassazione
Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale della procedura penale: la corretta via per l’impugnazione confisca disposta in fase esecutiva. L’ordinanza in esame chiarisce che, prima di rivolgersi alla Suprema Corte, è necessario un passaggio intermedio fondamentale: l’opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna definitiva per reati fiscali (specificamente, l’omessa dichiarazione prevista dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000). Oltre alla pena detentiva, la sentenza prevedeva la confisca di beni per un valore complessivo di oltre un milione di euro.
In fase esecutiva, si è accertato che i beni già sottoposti a sequestro coprivano quasi interamente tale importo, ma lasciavano un residuo di circa 31.000 euro. Di conseguenza, il Procuratore generale presso la Corte di appello ha chiesto e ottenuto da quest’ultima l’autorizzazione a ricercare ulteriori beni nel patrimonio della condannata per raggiungere la somma totale.
Contro questa ordinanza, la difesa ha proposto ricorso diretto in Cassazione, lamentando principalmente due vizi:
1. Violazione di legge: sosteneva che la valutazione dei beni da confiscare dovesse essere effettuata con riferimento al momento del sequestro iniziale, valore che all’epoca sarebbe stato sufficiente a coprire l’intero importo.
2. Vizio di motivazione: accusava la Corte d’appello di non aver considerato i principi giurisprudenziali consolidati sulla valutazione dei beni e di aver ignorato una memoria difensiva che contestava i calcoli della Guardia di Finanza.
Le Regole sull’Impugnazione della Confisca Esecutiva
Il cuore della decisione della Cassazione non risiede nel merito delle argomentazioni difensive, ma in una questione puramente procedurale. La Suprema Corte ha rilevato che il provvedimento impugnato era stato emesso dal giudice dell’esecuzione in materia di confisca. La legge, in questi casi, prevede un percorso ben definito.
L’articolo 676, comma 1, del codice di procedura penale stabilisce che le procedure in tema di confisca seguono le forme previste dall’articolo 667, comma 4, dello stesso codice. Quest’ultima norma è chiarissima: avverso il provvedimento emesso, le parti “possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice” che lo ha pronunciato.
Questo significa che la parte che intende contestare l’ordinanza della Corte d’appello avrebbe dovuto, prima di tutto, presentare un’istanza di opposizione alla stessa Corte d’appello. Solo dopo la decisione su tale opposizione si sarebbe aperta la via per un’eventuale impugnazione davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso diretto è, pertanto, un errore procedurale.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte Suprema, anziché dichiarare inammissibile il ricorso, ha scelto di applicare il principio di conservazione degli atti giuridici, procedendo alla sua riqualificazione. Ha stabilito che l’atto, sebbene presentato erroneamente come ricorso per cassazione, doveva essere considerato a tutti gli effetti come l’opposizione che la legge prevede.
Questa decisione si basa su un orientamento consolidato, citando una precedente sentenza (n. 8645/2023), secondo cui anche quando il giudice dell’esecuzione provvede con le forme più complesse dell’articolo 666 c.p.p., la parte ha sempre e solo la facoltà di proporre opposizione. Il legislatore ha voluto creare una fase di “doppio controllo” davanti allo stesso giudice, che prima decide e poi, su istanza di parte, riesamina la propria decisione alla luce delle contestazioni sollevate. Saltare questo passaggio significa violare la struttura del procedimento.
Di conseguenza, la Cassazione ha convertito il ricorso in opposizione e ha ordinato la trasmissione di tutti gli atti alla Corte di appello di Roma, affinché procedesse a celebrare la fase di opposizione che era stata indebitamente saltata.
Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale sull’importanza del rigore procedurale. Scegliere il corretto strumento di impugnazione non è un mero formalismo, ma un requisito essenziale per la validità dell’azione legale. La decisione di riqualificare il ricorso, anziché dichiararlo inammissibile, dimostra un approccio volto a garantire la sostanza del diritto di difesa, ma ribadisce al contempo che le regole processuali devono essere rispettate. Per gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: prima di adire la Corte di legittimità, è indispensabile verificare se la legge preveda rimedi interni e preliminari, come l’opposizione al giudice dell’esecuzione, la cui omissione può compromettere l’efficacia dell’intera strategia difensiva.
È possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza sulla confisca emessa in fase di esecuzione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il rimedio corretto in prima istanza è l’opposizione da proporre davanti allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, come previsto dall’art. 667, comma 4, del codice di procedura penale.
Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione invece di un’opposizione?
Il ricorso viene ‘riqualificato’. La Corte di Cassazione, invece di dichiararlo inammissibile, lo converte nell’atto corretto (l’opposizione) e trasmette gli atti al giudice originariamente competente a decidere, in questo caso la Corte d’appello.
Qual è il fondamento normativo per questa procedura?
La procedura è regolata dagli articoli 676, comma 1, e 667, comma 4, del codice di procedura penale. Queste norme stabiliscono che avverso i provvedimenti del giudice dell’esecuzione in materia di confisca è possibile proporre opposizione davanti allo stesso giudice che li ha emessi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6788 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 6788 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato ad Amatrice (Rt) il 28 settembre 1942;
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avverso la ordinanza n. 514/2024 della Corte di appello di Roma del 2 maggio 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore gene Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la riqualificazione del ricorso e la sua trasmissione, per competenza, alla Corte di appello di Roma.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con ordinanza pronunziata in data 3 aprile 2024, sollecitata dalla locale Procura Generale – la quale aveva rappresentato che, con sentenza del 2.0 ottobre 2021, divenuta irrevocabile successivo 13 ottobre 2022, NOME era stata condannata alla pena di giustizia in quanto ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000 e che la predetta pronunzia era stata corredata anche della disposizione inerente la COnfiSed di beni nella disponibilità della predella sino alla concorrenza del valore di euri 1.051036,31 – ha autorizzato – essendo il valore dei beni oggetto di sequestro in danno della Gentile e, pertanto, già attinti dal provvedimento di ablazione definitiva disposta con la citata sentenza pari solo ad euri 1.019.266,14 – il ricorrente Procuratore generale a ricercare nel patrimonio disponibile della Gentile ulteriori beni, per un valore pari ad euri 31.770,17, da assoggettare a confisca, sì da esaurire il valore del compendio patrimoniale da sottoporre alla misura di sicurezza disposta a carico della predetta.
Avverso tale provvedimento ha interposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore fiduciario, la Gentile, lamentando l’avvenuta violazione di legge, per Avere la corte di appello omesso di considerare che, al momento in cui fu disposto ed eseguito il sequestro preventivo sui beni nella disponibilità della attuale ricorrente il valore a suo tempo stimato di quelli unico termine di riferimento cui ci si deve rifare ai fini della valutazione dei beni da assoggettare a confisca, era tale da esaurire l’importo della somma confiscata.
Con un secondo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione della ordinanza impugnata, per non avere considerato la Corte di appello né i consolidati principi giurisprudenziali di questa Corte o’i cassazione – cui, contraddittoriamente la stessa Corte di’ merito ha sostenuto di essersi conformata – secondo i quali la valutazione dei beni da confiscare va eseguita già al momento del sequestro e non può essere differita alla successiva fase esecutiva, e per non avere esaminato il contenuto di una memoria depositata dalla difesa della stessa, tanto che nella ordinanza si legge che la Gentile non avrebbe opposto valide ragioni per confutare la valutazione dei beni già in sequestro operata dalla Guardia di Finanza ed in esito alla quale sarebbe emersa la incapienza dei valore degli stessi rispetto all’importo della somma di danaro confiscata.
Ritiene il Collegio che il ricorso presentato dalla difesa della imputata condannata, essendo esso riferito ad un provvedimento emesso in sede di esecuzione in tema di confisca di beni, debba essere convertito in ricorso in opposizione e, pertanto, trasmesso per competenza alla Corte di appello di Roma, affinché sia ivi esperita, anteriormente alla possibile impugnazione di fronte a questa Corte di legittimità, la necessaria fase della opposizione di fronte allo stesso organo che ha adottato il provvedimento censurato.
Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 676, comma 1, cod. proc. pen., disposizione che regola la competenza del giudice della esecuzione in tema di provvedimenti su confisca dei beni, il relativo procedimento si svolge secondo le forme previste dall’art. 667, comma 4, dello stesso codice; tale norma, a sua volta, prevede che avverso il provvedimento emesso in prima battuta nella materia in questione, le parti “possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice” che ha adottato il provvedimento censurato.
Come questa Corte ha più volte rilevato, persino nel caso in cui il giudice della esecuzione, investito di una questione in tema di confisca, invece che provvedere senza formalità, abbia, anche in tale prima sede, provveduto nelle forme disciplinate dall’art. 666 cod. proc. pen., cionondimeno per le parti è prevista, come d’ordinario, solo la facoltà di proporre opposizione, sicché come tale deve essere riqualificato il ricorso per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento (ex multis: Corte di cassazione, Sezione II penale, 27 febbraio 2023, n. 8645, rv 284403).
Essendo siffatto principio pienamente condiviso nella presente occasione, e non essendo risultato che la difesa della COGNOME abbia, prima di instaurare il presente giudizio di fronte a questa Corte di cassazione, esperito la fase della opposizione, riqualificato nei termini dianzi indicati il ricorso presentato dalla difesa della COGNOME, io stesso deve essere ora restituito alla Corte di appello di Roma per quanto di sua competenza.
PQM
Qualificata la impugnazione come opposizione, dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente