Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35559 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35559  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2025 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di BOLZANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Trento (Sezione distaccata di Bolzano), in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato la responsabilità di NOME per i reati aggravati di furto in abitazione (capo e) e di furto di biciclette.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su due motivi deducenti violazioni di legge e vizi cumulativi di motivazione (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
La Corte territoriale avrebbe errato nel confermare la responsabilità dell’imputato per il furto in abitazione in ragione solo dell’impronta digitale, accertata come a lui riconducibile, rinvenuta sulla finestra (posta sotto una grata) oggetto dell’effrazione eseguita per la consumazione del furto. In tesi difensiva, «il ricorrente avrebbe potuto trovare la grata alzata e la finestra aperta e guardare all’interno dell’abitazione». Sempre per il ricorrente, i giudici di merito avrebbero correttamente potuto ritenere responsabile il prevenuto del reato se fosse stata rinvenuta un’impronta digitale a lui riconducibile su mobili siti all’interno dell’abitazione. Sarebbe altresì illogica la motivazione sottesa all’esclusione delle attenuanti generiche. La Corte territoriale, peraltro senza considerare gli elementi evidenziati dalla difesa, avrebbe fondato la decisione sui plurimi reati commessi dall’imputato e oggetto di sentenze passate in giudicato pur essendo stata esclusa la recidiva per l’essere stati commessi i detti reati successivamente a quelli sub iudice.
Il ricorso è inammissibile in quanto, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 4 e s. della sentenza impugnata), le censure, anche laddove prospettate come rivolte alla specifica motivazione di secondo grado, sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 5 e ss.). Trattasi dunque di censure da considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti, e Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
A quanto innanzi, di per sé fondante l’inammissibilità dell’impugnazione, il motivo che si appunta sulla ritenuta responsabilità per il furto in abitazione è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, ex plurimis, oltre alla citata sentenza «COGNOME»; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME Fazio, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione).
Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alle valutazioni del giudice di merito nel ragionamento inferenziale circa la commissione del furto. Trattasi invece di apparato motivazionale incensurabile in sede di legittimità, perché coerente e non manifestamente illogico laddove valorizza il rinvenimento dell’impronta digitale riconducibile all’imputato proprio sulla finestra oggetto dell’effrazione, realizzata per la commissione del reato, e in assenza di giustificazione alternativa della detta presenza. Peraltro, nell’argomentare nei termini di cui innanzi i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione di principio di diritto governante la materia, con il quale il ricorrente sostanzialmente non confronta il suo dire con censura che, pertanto, si manifesta anche infondata. Il risultato delle indagini dattiloscopiche, difatti, offre piena garanzia di attendibilità e può costituire fonte di prova senza elementi sussidiari di conferma anche nel caso in cui sia relativo all’impronta di un solo dito, purché evidenzi almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione, in quanto fornisce la certezza che la persona con riguardo alla quale detta verifica è effettuata si è trovata sul luogo in cui è stato
commesso il reato; ne consegue che, come avvenuto nella specie, il risultato legittimamente è utilizzato dal giudice ai fini del giudizio di colpevolezza, in assenza di giustificazioni o prova contraria su detta presenza (ex plurimis, Sez. 5, n. 54493 del 28/09/2018, NOME, Rv. 274167 – 01).
Il motivo sindacante la ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche, invece, oltre a essere reiterativo, non si confronta con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione sull’inammissibilità, anche in termini d’inammissibilità del motivo che non si confronta con la sentenza impugnata, si veda la giurisprudenza di legittimità già citata nel precedente paragrafo 4).
La Corte territoriale, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, ha escluso la sussistenza delle attenuanti generiche proprio prendendo in considerazione le deduzioni difensive inerenti alla condotta dell’imputato non solo antecedente ai reati sub iudice (commessi nel 2016), caratterizzata dall’essersi posto contro la legge penale, ma anche successiva, per aver egli commesso reati molti dei quali risalenti al 2017. Ciò, peraltro, rende manifesta l’infondatezza della censura deducente la manifesta illogicità della motivazione sul punto. I giudici di merito hanno difatti correttamente escluso la recidiva, per essere stati commessi i reati sub iudice prima dell’irrevocabilità delle condanne per altri reati, e altrettanto correttamente valutato, al diverso fine del diniego delle circostanze attenuanti generiche, la condotta del reo quale soggetto postosi più volte contro la legge penale, sia antecedentemente che successivamente ai reati di cui ai capi e) e d).
 All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così de iso “I 30 settembre 2025