Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32574 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32574 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MODENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2025 della Corte d’appello di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Procuratore generale
RITENUTO IN FATTO
La C orte di appello di Bologna, con l’ordinanza indicat a in epigrafe, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME, imputata del reato previsto dagli artt. 110, 624 e 625 cod. pen., avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Ravenna il 14 settembre 2020.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando tale provvedimento per erronea applicazione della legge penale, nonché per vizio di motivazione, deducendo che alla data del deposito dei motivi di appello vigeva una normativa che non prevedeva la specificità dei motivi di gravame. In particolare, la difesa evidenzia come la Corte di appello abbia ritenuto i motivi di appello depositati il 25 gennaio 2021 privi dei requisiti di cui all’art . 591, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all ‘art . 581, cod. proc. pen., sebbene tali requisiti siano stati introdotti con d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Aggiunge che, nelle more dei primi due gradi di giudizio, il reato contestato è divenuto procedibile a querela
della persona offesa e che, essendo tale querela assente, si sarebbe dovuta rilevare l’improcedibilità dell’azione penale.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso, nel caso in cui venga rilevata la mancanza di querela, per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e della sentenza di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo argomento dell’unico motivo di ricorso , essendo dirimente, viene esaminato con priorità.
Le argomentazioni difensive sollecitano il Collegio a valutare la questione dell’ammissibilità o meno di un ricorso (anche eventualmente se incentrato su unico motivo) che, presentato successivamente all’entrata in vigore della legge di modifica in senso favorevole del regime di procedibilità del reato, eccepisca la «violazione di legge sopravvenuta» avente riguardo al mutato regime di promovibilità dell’azione penale.
Nel caso in esame, infatti, l’appello è stato proposto in data 25 gennaio 2021, nelle more del giudizio di appello è entrato in vigore l’art.2, comma 1 lett. i), d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, che ha reso il reato di furto qui contestato procedibile a querela della persona offesa, e l’ordinanza di inammissibilità dell ‘appello è stata pronunciata in data 21 marzo 2025. Il provvedimento adottato dalla Corte territoriale è stato, dunque, emesso quando il regime di procedibilità, a querela di parte, del reato contestato era già in vigore senza che il giudice di appello ne abbia dato conto.
In punto di diritto, il d.lgs. n. 150/2002 ha mutato la procedibilità d’ufficio di alcune fattispecie di reato individuate dall’art. 2 del medesimo decreto, in procedibilità a querela. In seguito, il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv. dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, con il differimento dell’entrata in vigore della riforma, ha eliminato l’onere di informazione della persona offesa a carico dell’autorità giudiziaria, mutuato da analoghe novelle (legge 24 novembre 1981 n. 689 del 1981 e d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36) e già previsto dall’art. 85, comma 2, del citato d.lgs. n. 150, nella versione non entrata in vigore per effetto del differimento (art. 6 d.l. n. 162 del 2022). Di conseguenza la presentazione della querela per il reato già procedibile d’ufficio è un onere della persona offesa, che manifesta così la volontà che si proceda o si continui a procedere, ed è compito dell ‘autorità
giudiziaria esclusivamente posticipare il giudizio al decorso del termine a tale parte concesso.
Ove il termine concesso alla persona offesa sia scaduto prima che sia intervenuta la pronuncia di appello , si pone il tema dell’ammissibilità, o meno, del ricorso per cassazione che richieda l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e quindi la declaratoria di improcedibilità, imponendo a questa Corte di stabilire se la declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela ex art. 129 cod.proc.pen. resista e prevalga rispetto al giudizio sull’ammissibilità dell ‘impug nazione, ovvero se il vaglio di inammissibilità prevalga sulla declaratoria ex art. 129 cit.
Con riferimento a casi analoghi, vi sono pronunce con le quali si è affermato che «è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza, non rilevata dal giudice di merito, nel caso in cui sia stata dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), b), c) cod. proc. pen. e tale dichiarazione non sia stata in alcun modo censurata» (Sez. 5, n. 11237 del 20/01/2025, NOME COGNOME, Rv. 287744 -01; Sez. 6, n. 45763 del 13/09/2018, NOME., Rv. 274152 -01).
In tali pronunce si è, condivisibilmente, osservato che «la declaratoria di inammissibilità, avvenuta con ordinanza, non risulta in alcun modo censurata, ed accerta l’inesistenza di un regolare rapporto processuale».
Nel caso in esame, invece, da un lato il ricorso contempla un’articolata critica alla pronuncia di inammissibilità e, dall ‘altro, pone una questione, quella dell’improcedibilità, che la difesa non avrebbe potuto devolvere con l ‘atto d ‘impugnazione in quanto fondata su ius superveniens .
Le peculiarità del caso in esame, che si caratterizza per l ‘infruttuoso decorso del termine previsto dall’art. 85 d.lgs. n.150 cit. nelle more del giudizio di appello, per la pronuncia dell’ordinanza d ‘inammissibilità dell’impugnazione quando era mutato il regime di procedibilità e, d’altro canto, per la sopravvenienza di tale nuovo regime alla data in cui è stato proposto l’appello, consentono di ritenere non applicabile il principio interpretativo appena ricordato e non validamente accertata l ‘inesistenza di un regolare rapporto processuale .
Soccorre, a tal proposito, il dictum di Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266819 laddove afferma «che l’art. 129 cod. proc. pen. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore e autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l’epilogo del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che presuppone il pieno esercizio
della giurisdizione. Non riveste…una valenza prioritaria rispetto alla disciplina dell’inammissibilità, attribuendo al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione».
Tale enunciazione di principio deve essere, dunque, calata in un segmento processuale che, nel caso in esame, è caratterizzato da una pronuncia di inammissibilità dell’appello che si riferisce a motivi diversi dall’improcedibilità in quanto, alla data in cui è stata proposta l’impugnazione , il nuovo regime di procedibilità del furto a querela di parte non era in vigore. Ne consegue che l’impugnante non ha devoluto la relativa questione e, comunque, ove l’avesse devoluta, sarebbe stata manifestamente infondata con riferimento al tempo dell’impugnazione .
Il giudice di appello, pronunciatosi con esclusivo riguardo al devolutum , non ha poi rilevato la causa d’improcedibilità.
Occorre, a questo punto, sottolineare che l ‘obbligo di declaratoria dell ‘improcedibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. si sarebbe inserito in un segmento processuale in cui era sub iudice la valutazione circa l ‘instaurazione di un valido rapporto processuale e il medesimo giudice avrebbe dovuto verificare, alla luce della sopravvenuta legge più favorevole, la punibilità del reato ai sensi dell ‘art. 2, comma 4, cod. pen ., attesa la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, che costituisce al contempo condizione di procedibilità e di punibilità (Sez. 1, n. 1061 del 20/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287440 -01; Sez. 2, n. 12179 del 25/01/2023, COGNOME, Rv. 284825 -01; Sez. 4, n. 13577 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275709 -01; Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, COGNOME, Rv. 209188 -01).
6. Corollario di tale ragionamento è che il motivo di ricorso con il quale la difesa si dolga del vizio dell’ordinanza di inammissibilità pronunciata in data successiva alla sopravvenuta improcedibilità dell’azione penale sia da ritenere idoneo a radicare un valido rapporto processuale in fase di legittimità, a differenza dell’ipotesi in cui il differente regime di procedibilità sia sopravvenuto alla pronuncia della sentenza o dell’ordinanza del grado di appello. Nel caso che qui ricorre, infatti, la procedibilità a querela dell’azione penale è sopravvenuta al termine per proporre l’appello ma è, al contempo, antecedente alla definizione di quel giudizio, non potendosi configurare in tal caso una situazione di giudicato sostanziale se e in quanto con il ricorso per cassazione sia, fondatamente, dedotta la sopravvenuta improcedibilità.
Giova ancora richiamare, a sostegno delle su indicate conclusioni, Sez. U Ricci (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818 -01) in cui il massimo consesso di legittimità, a proposito della prescrizione del reato, ha enunciato un principio che si attaglia al caso in esame. Le Sezioni Unite hanno affermato, in particolare, che «l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso », con l’ulteriore specificazione per cui, invece, « è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen.».
Il rilievo che precede rende ultroneo l’esame degli altri argomenti di censura.
Conseguentemente, spetta a questa Corte pronunciare ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. il difetto della condizione di procedibilità e provvedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata e della sentenza di condanna emessa in primo grado.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’azione penale non poteva essere proseguita per mancanza di querela e conseguentemente annulla la sentenza del Tribunale di Ravenna del 14.09.2020 n.984. Così è deciso, 23/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME