Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 620 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 620 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Cassano allo Jonio il 4/1/1938 avverso l’ordinanza emessa il 29 giugno 2023 dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto o, in subordine, per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza limitatamente al profilo della identificazione del ricorrente quale utilizzatore dei criptofonini; udite le richieste dei difensori, avv. NOME COGNOME e Avv. P er NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento del
ricorso e dei motivi aggiunti.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro, in funzione di Giudice del riesame cautelare, ha confermato l’ordinanza con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 74 (capo 1), 73 (capi 4 e 5) d.P.R. n. 309 del 1990 nonché del tentato delitto di importazione e detenzione di armi da fuoco clandestine, anche da guerra (capo 9).
I difensori di fiducia di NOME COGNOME avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento di tale ordinanza sulla base di cinque motivi di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Con il primo motivo deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria relativo al capo 4 dell’imputazion provvisoria. Nel motivo viene proposta una questione generale, relativa a tutti i reati per cui è stata applicata la misura custodiale, ovvero la mancanza di motivazione in merito alla riconducibilità all’Abbruzzese delle due utenze RAGIONE_SOCIALE in relazione alle quali sono state captati i messaggi reputati rilevanti ai fini del giudizio di gravit indiziaria in relazione a tutti i reati contestati. Rileva, infatti, il ricorrente che seb l’ordinanza impugnata indichi nel coindagato Forastefano l’utilizzatore dell’utenza ID64HHLW, non fornisce, poi, alcuna motivazione in merito all’impiego temporaneo di tale utenza anche da parte del ricorrente ed al periodo in cui questa si colloca. Né tantonneno l’ordinanza motiva in ordine alla riferibilità al ricorrente dell’utiliz dell’altra utenza RAGIONE_SOCIALE.
Sotto altro profilo, in relazione al solo reato di cui al capo 4) il ricorrente deduce l’illogicità della motivazione nella parte in cui ha rigettato la richiesta difensiva esclusione della sussistenza del fatto o di riqualificazione in tentativo, posto che, pur ritenendo il Tribunale sufficiente ai fini della consumazione del reato la sola conclusione dell’accordo, risulta dalla stessa ordinanza che il presunto “broker” non ha provveduto ad inviare il denaro al venditore, anzi ne ha restituito una parte ad alcuni dei presunti acquirenti, trattenendone altra in attesa di una migliore occasione, e che il trasporto non poteva essere organizzato per i serrati controlli di polizia al porto di partenza.
2.2 Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria relativo al reato di cui al capo 5 Oltre ad insistersi sulla mancanza di motivazione in ordine all’uso temporaneo da
parte del ricorrente dell’utenza RAGIONE_SOCIALE riferita al Forastefano, s>i deduce l’illogicità della motivazione relativa alla qualificazione giuridica del fatto che, in tesi difensiva dovrebbe ritenersi insussistente stante l’inefficacia drogante del quantitativo di cocaina ricevuto come “prova” che, come risulta dall’ordinanza impugnata, è stato restituito al mittente per la pessima qualità.
2.3 Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione al reato di cui al capo 9. Rileva, a tale riguardo, il ricorrente c l’ordinanza impugnata ha confermato il giudizio di gravità indiziaria sulla base dei messaggi scambiati tramite RAGIONE_SOCIALE tra l’utenza ascritta a Liakaros e l’utenza ritenuta, senza alcuna motivazione, in uso al ricorrente. Aggiunge, inoltre, quanto alla sussistenza del reato, che da tali messaggi risulta solo l’invio delle foto delle armi e la manifestazione di interesse al loro acquisto, elementi, questi, che non consentono di ravvisare né la condotta del “porre in vendita”, che richiede una trattativa seria ed affidabile, né un contributo atipico del ricorrente alla “offerta in vendita” da parte de proponente.
2.4 Con il quarto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria relativo alla partecipazione del ricorrente sodalizio dedito al narcotraffico di cui al capo 1, desunto dal solo coinvolgimento nei reati-fine.
2.5 Con il quinto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine alla produzione documentale attestante la disponibilità dei suoceri del ricorrente ad accoglierlo in regime di arresti domiciliari anche con braccialetto elettronico, elemento, questo, che in tesi difensiva, rileva ai fini delle esigenze cautelari.
Con successiva memoria sottoscritta dall’Avv. NOME COGNOME che, nelle more del procedimento, l’indagato ha nominato come difensore di fiducia unitamente all’Avv. NOME COGNOME con revoca dei precedenti difensori – sono stati dedotti quattro motivi aggiunti, di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
3.1 Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione del ricorrente al sodalizio ed al ruolo attribuitogli di promotore ed organizzatore, sottolineandosi’ in particolare, che il ricorrente è indagato per due soli reati fine commessi nell’arco di quattro mesi.
3.2 Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria concernente i reati di cui ai capi
4 e 5. GLYPH Oltre a reiterare la censura relativa alla mancanza di motivazione sull’individuazione dell’utilizzatore delle due utenze RAGIONE_SOCIALE e sulla riferibilit all’indagato dei messaggi trasmessi, si deduce il travisamento del significato di taluni messaggi o, comunque, il carattere apodittico del significato attribuito dal Tribunale. In particolare, si rileva che dalla conversazione del 29/10/20 tra NOME COGNOME e il ricorrente non emerge da alcun brano che il primo chiedeva al secondo di contattare COGNOME, detto il pazzo, al fine di definire un incontro per l’approvvigionamento di stupefacenti. Si deduce, inoltre, che da nessuna parte della conversazione del 22/10/2020, relativa all’utenza ricondotta al COGNOME, risulta che l’interlocutore parlava a nome di un sodalizio. Si contesta, inoltre, la rilevanza e la sufficienza del servizio di osservazione del 15 ottobre 2020 ai fini del giudizio di gravità indiziaria in ordine alla partecipazione del ricorrente alla consorteria.
3.3 Con il terzo motivo si deduce il vizio di mancanza della motivazione in relazione al reato di cui al capo 9.
3.4 Con il quarto motivo si deduce il vizio di illogicità della motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
CONSIDERATO Pii DIRITTO
1.11 ricorso è parzialmente fondato, limitatamente ai motivi concernenti i reati di cui ai capi 4 e 9 dell’imputazione provvisoria, in relazione ai quali va disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo, va esaminato il motivo comune a tutti i capi dell’imputazione provvisoria, sviluppato principalmente nel primo motivo di ricorso e nei motivi aggiunti.
Il motivo è inammissibile in quanto interamente versato in fatto e dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione. Rileva’ infatti, il Collegio che con l’istanza di riesame il ricorrente ha genericamente contestato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari; né ulteriori specificazioni di tali doglianze risultano dal verbale dell’udienza dinanzi al Tribunale.
A fronte di tale censura, generica e dal tenore meramente assertivo, non può essere, pertanto, ravvisato alcun vizio della motivazione sul punto della ordinanza impugnata, trattandosi di una questione non specificamente devoluta dal ricorrente.
Va, infatti, considerato che, in tema di giudizio incidentale di impugnazione avverso i provvedimenti de libertate, pur nella specificità del giudizio di riesame sul provvedimento di cautela personale, fatta manifesta dalle esplicitazioni del contesto decisorio dal nono comma dell’articolo 309 del codice di rito penale, resta fermo il
principio secondo il quale la parte impugnante ha l’onere di specificare le doglianze attinenti il merito (sul fatto, sulle fonti di prove e relativa valutazione) onde provocar il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete sulle quali la Corte di cassazione può essere chiamata ad esprimersi. Pertanto, salvo che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (cfr. Sez. 2, n. 11027 del 20/0112016, COGNOME, Rv. 266226) – ipotesi, questa, non ricorrente nel caso in esame – in mancanza di tale devoluzione, non è ammissibile sottoporre alla Corte di legittimità censure su tali punti, le quali non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto addebitabile all’omessa osservanza dell’onere devolutorio, in relazione ai limiti del giudizio di cassazione, ex articolo 606 del codice di rito penale (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505-03; Sez. 6, n. 16395 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 272982).
Le ulteriori censure dedotte nel primo motivo di ricorso in relazione al capo 4 dell’imputazione provvisoria, ulteriormente illustrate nel secondo dei motivi aggiunti, sono fondate.
Dall’ordinanza impugnata emerge che il Tribunale ha rigettato la richiesta di riqualificazione della condotta in tentativo di importazione di sostanze stupefacenti, affermando che il delitto si è perfezionato con l’accordo.
Tale affermazione, oltre a non essere accompagnata da alcuna ulteriore argomentazione illustrativa degli elementi indiziari da cui è stata desunta la conclusione dell’accordo, risulta in contrasto con alcuni aspetti della ricostruzione dell’episodio dai quali, come dedotto dal ricorrente, sembrerebbe emergere un diverso ruolo di NOMECOGNOME non quale diretto fornitore della sostanza stupefacente, ma come intermediario nel suo acquisto.
L’ordinanza appare, infatti, connotata da ambiguità nella ricostruzione di detto ruolo in quanto, mentre in alcune parti sembrerebbe riferirsi ad un accordo raggiunto per la cessione dei 50 kg di cocaina, in altra parte e, in particolare a pagina 8, sembra, invece, delineare un ruolo di intermediario di COGNOME laddove si afferma che questo «si stava occupando dell’acquisto della sostanza stupefacente all’estero». Tale ambiguità emerge anche dalle conversazioni trascritte alle pagine 10 e 11 in cui lo stesso COGNOME affermava di non avere ancora inviato i soldi in Sudamerica a causa delle difficolta di spedizione via mare della sostanza stupefacente e che avrebbe restituito i 52.500 euro inviati da NOME Rosario COGNOME e trattenuto i 210.000 euro inviati dal sodalizio Abbruzzese-Forastefano per poterne disporre immediatamente così afferma il Tribunale – laddove si fosse presentata l’occasione di dare seguito alla
spedizione del carico. In realtà, come emerge dalla successiva ricostruzione dell’episodio contestato al capo 5 dell’imputazione provvisoria (che sarà esaminato nel successivo paragrafo), il progetto di importazione della cocaina dal Sudamerica non aveva alcun seguito e a questo si sostituiva la negoziazione dei 35 kg. di cocaina – corredata, a differenza della prima, dall’invio di fotografie della sostanza stupefacente – da importare dalla Spagna.
Va, inoltre, considerato che il Tribunale, pur considerando apoditticamente concluso l’accordo in questione, senza alcuno specifico approfondimento in merito al ruolo svolto da NOME ed al contenuto di detto accordo – se relativo alla cessione della droga o al solo trasferimento del denaro necessario per il suo acquisto da terzi – ha ritenuto consumato il reato di importazione di sostanze stupefacenti sulla base dell’acritica adesione ad un principio giuridico controverso, ovvero la sufficienza, a tal fine, del solo accordo tra le parti (cfr., in tal senso, da ultimo, Sez. 4, n. 383 del 04/07/2023, COGNOME, Rv. 284960).
Va, infatti, considerato che secondo altro indirizzo ermeneutico, al quale il Collegio intende dare continuità, ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, che consiste nell’attività di immissione nel territorio nazionale di sostanze provenienti da altri Stati, non è sufficiente la mera conclusione dell’accordo tra acquirente e venditore finalizzato all’importazione dello stupefacente, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione, ma è necessaria l’assunzione da parte dell’importatore della gestione dell’attività volta all’effettiv trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283942 in cui, in motivazione, la Corte ha evidenziato che le condotte che si collocano in una fase antecedente il conseguimento, anche all’estero, della disponibilità della sostanza possono configurare un tentativo punibile di importazione solo nel caso in cui siano connotate da serietà e affidabilità e risultino univoche e idonee a determinare l’introduzione dello stupefacente nel territorio nazionale).
Il secondo motivo di ricorso, ulteriormente illustrato nel secondo dei motivi aggiunti, è manifestamente infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – correttamente applicata dall’ordinanza impugnata allorché ha reputato irrilevante la successiva restituzione del quantitativo di cocaina inviato come “assaggio” e indimostrata la tesi difensiva della sua inefficacia drogante – ai fini della consumazione del reato di cessione di sostanze stupefacenti, è sufficiente l’accordo delle parti sull’oggetto e sulle condizioni
di vendita, non essendo necessaria la materiale consegna all’acquirente della sostanza (così, da ultimo, Sez. 4, n. 14276 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284604).
Il terzo motivo di ricorso, ulteriormente illustrato nel terzo dei motivi aggiunti è fondato.
Va, innanzitutto, premesso che nella fattispecie in esame viene contestato al ricorrente il tentativo di importazione, ai sensi degli artt. 56 cod. pen. e 1 legge ottobre 1967, n. 895, di un numero indeterminato di armi da fuoco, anche da guerra e clandestine, che sarebbero state offerte in vendita dal Liakaros
Il reato in esame sanziona la condotta di chi, senza licenza dell’autorità, alternativamente, fabbrica, introduce nello Stato, pone in vendita o cede a qualsiasi titolo, fa raccolta di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, atte all’impiego ovvero di munizioni da guerra, esplosivi di ogni genere, aggressivi chimici o altri congegni micidiali.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la condotta del “porre in vendita” è integrata dallo svolgimento di trattative, purché connotate da requisiti di serietà ed affidabilità, tra soggetti interessati alla negoziazione di armi o munizioni senza licenza (così, da ultimo, Sez. 6, n. 3667 del 03/12/2021, dep. 2022, COGNOME Rv. 282782). Invero, come emerge anche dalla previsione dell’alternativa condotta di “cessione”, la norma incriminatrice non distingue tra il carattere negoziale o prenegoziale dell’attività del soggetto che “offre in vendita”, né tra effetti real obbligatori, cosicché, ai fini della configurabilità della condotta del “porre in vendita non sono necessari la diretta disponibilità, nei potenziali contraenti, delle armi e del denaro né tantomeno che alla condotta seguano effetti traslativi o la materiale consegna delle armi (Sez. 1, n. 10071 del 25/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262691).
Con riferimento, invece, alla condotta del potenziale acquirente che avvia una trattativa diretta ad acquistare, senza licenza dell’autorità, le armi sopra indicate, s è affermato che questa può essere qualificata come tentativo di raccolta di armi, a condizione che la condotta sia connotata da concreta idoneità a procurare tali beni e risulti commessa con atti non equivoci (Sez. 3, n. 9994 del 03/02/2022, COGNOME, Rv. 282924). Secondo tale condivisibile indirizzo ermeneutico, la condotta di chi tratta per acquistare armi non sembra poter integrare un contributo concorsuale “atipico” ex art. 110 cod. pen. nella condotta di “messa in vendita”, nella quale può essere sussunto il comportamento di chi tratta per vendere armi, posto che l’art. 1 legge n. 895/1967 attribuisce autonomo rilievo all’attività di «raccolta» di queste. Si è, inoltre, aggiunto che tale norma incriminatrice, accomunando e parificando sotto
il profilo sanzionatorio diverse condotte, alcune delle quali in evidente rapporto di progressione tra loro, come quelle di “messa in vendita” e di “cessione”, e collegandole tutte con le congiunzioni «o» e «ovvero», ha istituito una norma a più fattispecie, ciascuna delle quali alternativa alle altre, anche al fine di evitare un irrazionale proliferazione di titoli di responsabilità.
La condotta di “introduzione” nello Stato si pone, infine, in un rapporto di progressione meramente eventuale rispetto alle condotte sopra esaminate in quanto richiede un quid pluris rispetto al solo accordo tra le parti, consistente nel compimento delle operazioni necessarie al trasferimento delle armi dall’estero all’interno del territorio nazionale. Ai fini della sua configurabilità non è, dunque, sufficiente il so raggiungimento dell’accordo relativo alla cessione delle armi, ma occorre anche come già sopra affermato in tema di importazione di sostanze stupefacenti – la loro introduzione all’interno dei confini nazionali o, quanto meno, l’effettivo conseguimento da parte dell’acquirente-importatore, anche all’estero, della loro materiale disponibilità e del controllo delle successive operazioni di trasporto e di introduzione nello Stato.
4.1 L’ordinanza impugnata, con argomentazioni meramente assertive, distoniche rispetto ai principi sopra affermati e, peraltro, non collimanti con il contenuto dell conversazioni trascritte a pagina 18, ha affermato che da queste sono desumibili gravi indizi del compimento di «atti idonei ad importare e racccgliere nel territorio dello Stato italiano le armi anche da guerra, e anche clandestine detenute da COGNOME» e della disponibilità di armi da parte del sodalizio, particolare, questo, ininfluente ai fini della configurabilità del reato.
Come dedotto dal ricorrente, il Tribunale ha,, tuttavia, omesso di considerare che dal contenuto delle conversazioni trascritte sembrerebbe emergere il mero interesse dell’Abbruzzese all’acquisto di armi corte del tipo delle pistole “glock silenziate” di cui NOME aveva inviato le foto, e, dunque, l’incarico a quest’ultimo di reperire solo tale tipo di armi. A fronte, dunque, di una richiesta dal contenuto meramente esplorativo (si veda, ad esempio il brano in cui COGNOME scriveva a NOME «..si amico vedi tutta roba così come quella che ti a detto I amico..») e in assenza di indicazioni relative, ad esempio, allo specifico tipo di armi disponibili offerte in vendita o al lo quantitativo e prezzo, non è dato comprendere da quali elementi il Tribunale abbia desunto la serietà della trattativa e la sua concreta idoneità a procurare la disponibilità delle armi.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo del requisito della specificità e generico.
Deve, in primo luogo, ribadirsi il principio di diritto reiteratamente espresso in sede di legittimità, secondo cui, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diri che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460). Deve, pertanto, reputarsi inammissibile il motivo che si risolva nella censura di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti in quant costituisce una censura del merito della decisione tendente, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000, Garasto L, Rv. 216367) o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
5.1 Così delimitato il perimetro della cognizione di questa Corte sul giudizio di gravità indiziaria, rileva il Collegio che il ricorrente si è limitato a c:ensurare in term vaghi l’erroneità e l’incongruenza del percorso logico seguito dal Tribunale nel desumere la sua partecipazione al sodalizio dalla sola gravità del quadro indiziario relativo ai reati fine.
Premesso che il ricorrente non ha formulato alcuna censura in ordine alla sussistenza del sodalizio criminoso, ad avviso del Collegio il motivo in esame appare privo del dovuto confronto critico con l’ordinanza impugnata che, in disparte le considerazioni sopra svolte in ordine alla qualificazione delle condotte contestate ai capi 4 e 9 dell’imputazione provvisoria, con argomentazioni non manifestamente illogiche, ha desunto dal tenore delle conversazioni intercettate la sussistenza di elementi idonei a fondare il giudizio di qualificata probabilità concernente la partecipazione al sodalizio del ricorrente con il ruolo apicale descritto nel capo 1 dell’imputazione provvisoria. In particolare, le conversazioni valorizzate dal Tribunale hanno evidenziato, oltre ai rapporti tra i tre soggetti ritenuti promotori ed organizzatori dell’associazione – ovvero il ricorrente, NOME COGNOME e NOME COGNOME – e tra questi e il COGNOME, la disponibilità di cospicue risorse finanziari
da investire nei traffici illeciti (si vedano, ad esempio, le conversazioni tra COGNOME ed il ricorrente e tra il primo e COGNOME in ordine al trattenimento della somma di 210.000 inviata al primo in relazione all’episodio di cui al capo 4), l’impiego di un linguaggio criptico noto agli interlocutori, il ruolo primario del ricorrente n procacciare al sodalizio ingenti quantitativi di cocaina – definendone quantitativi e prezzo (si veda, ad esempio, la conversazione riportata a pagina 9 dell’ordinanza in merito alle discordanze sul quantitativo da acquistare rispetto al costo al chilogrammo) o vagliandone la qualità (si veda l’episodio di cui al capo 5) – da introdurre nel territorio nazionale grazie ai canali di spedizione facenti capo a Liakaros.
5.2 La genericità del motivo in esame viene sostanzialmente replicata anche nel primo motivo aggiunto in cui, al di là della illustrazione della giurisprudenza di questa Corte in merito agli elementi costitutivi dell’associazione finalizzata al traffico sostanze stupefacenti ed agli elementi differenziali tra i ruoli di promotore ed organizzatore, si ribadisce la medesima censura già svolta nel ricorso in merito alla irrilevanza del coinvolgimento del ricorrente in soli due reati fine, peraltro commessi in un arco temporale circoscritto a soli quattro mesi.
In disparte tali considerazioni, va, comunque, rilevato che il motivo aggiunto è, comunque, inammissibile in quanto, in ogni caso, inidoneo a colmare il vizio del motivo principale. Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, qui ribadita, l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art. 581, lett cod. proc. pen., costituisce di per sé motivo di inammissibilità del proposto gravame, anche se successivamente, ad integrazione e specificazione di quelli già dedotti, vengano depositati nei termini di legge i motivi nuovi ex art. 585, comma quarto, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, Rv. 260851). Si è, inoltre, aggiunto che l’inammissibilità di un motivo del ricorso principale cui si colleghi un motivo aggiunto, idoneo, in astratto, a colmarne i difetti, travolge quest’ultimo, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell’impugnazione originaria; e ciò vale anche nel caso in cui il ricorso non sia integralmente inammissibile perché contenente altri motivi immuni da vizi (Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, Rv. 278387).
L’accoglimento dei motivi di ricorso relativi ai capi 4 e 9 dell’imputazione provvisoria ha una valenza assorbente rispetto all’esame del quinto motivo di ricorso, relativo alla adeguatezza della misura custodiale applicata.
Al parziale accoglimento del ricorso consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente ai capi 4 e 9 dell’imputazione provvisoria con rinvio per
nuovo giudizio sulla gravità del quadro indiziario e sulla qualificazione delle con ascrivibili al ricorrente al Tribunale di Catanzaro ai sensi dell’art. 309, comma 7 proc. pen. Il Giudice del rinvio provvederà a colmare le lacune motivazionali so evidenziate attenendosi ai principi di diritto affermati nei paragrafi 3 e 5.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai capi 4 e 9 dell’imputazion provvisoria e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sen dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui a 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 novembre 2023