Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30657 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2023 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29 settembre 2023, la Corte d’appello di Roma, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Roma dell’Il maggio 2021, appellata da NOME COGNOME, riduceva la pena ad anni 8 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, confermando nel resto l’appellata sentenza che lo aveva condanNOME per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti nonché per i reati-fine di detenzione e trasporto al fine di importazione di un ingente quantitativo di cocaina proveniente dal Perù, contestati come
commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nelle imputazioni.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo sei motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio motivazionale sotto il profilo del travisamento probatorio quanto all’affermazione della responsabilità penale del ricorrente in merito al delitto associativo contestato al capo a) della rubrica.
In sintesi, si duole la difesa del ricorrente in quanto l’apparato motivazionale della sentenza, con riferimento al reato associativo, sarebbe apodittico e fortemente illogico, contraddittorio e congetturale, a tal punto che la motivazione della sentenza dovrebbe considerarsi come meramente apparente. A tal proposito, vengono segmentati alcuni periodi della sentenza impugnata rispetto ai quali il ricorso svolge tutta una serie di censure. In particolare, si contesta la sentenza nella parte in cui sostiene che la prova del reato associativo sarebbe stata desunta dalle dichiarazioni dei collaboranti, laddove invece i collaboranti non avrebbero riferito alcunché in ordine alla sussistenza della struttura di tipo associativo, palesandosi la illogicità e la natura congetturale della deduzione della corte d’appello, poiché le dichiarazioni dei collaboranti atterrebbero tuttalpiù alla sussistenza dei reati-fine, incorrendo peraltro in un evidente errore metodologico poiché dal dato certo, costituito dalle dichiarazioni riguardanti la sussistenza dei reati-fine, si ricaverebbe il dato incerto relativo alla sussistenza del reato mezzo. Si contestano poi gli argomenti individuati come facta concludentia dimostrativi del reato associativo. La censura investe, anzitutto, l’affermazione secondo cui l’esistenza della struttura associativa emergerebbe dai quantitativi di droga verosimilmente trattati, dato questo considerato neutro, in quanto l’esistenza del sodalizio dovrebbe prescindere dalla commissione dei reati-fine, aggiungendosi come il dato costituito dai quantitativi di droga trattati riguarderebbe l’esistenza del solo reato-fine, in quanto il dato quantitativo potrebbe incidere sul reato-mezzo solo con riferimento alla configurabilità o meno dell’ipotesi lieve di cui all’articolo 74, comma sesto, testo unico stupefacenti. Non potrebbe poi ritenersi che la struttura organizzativa sia di tipo associativo solo per la circostanza che l’importazione di ingenti quantità di stupefacente dall’estero richieda una struttura organizzativa, dal momento che l’organizzazione presiede qualsivoglia agire umano, sia esso illecito o lecito. In ogni caso, il riferimento ai quantitativi di droga verosimilmente trattati sarebbe un argomento congetturale, non essendovi alcuna prova certa in ordine alla sussistenza di altre ipotetiche importazioni. Si censura, ancora, il riferimento nella sentenza impugnata alla predisposizione di utenze telefoniche dedicate, Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
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che sarebbe apodittico e congetturale se riferito alle presunte importazioni antecedenti i fatti in questione. Analogamente sarebbe censurabile la sentenza laddove afferma che la predisposizione di tali utenze dimostrerebbe come non fosse stato lasciato al caso alcun dettaglio e come l’attività illecita fosse oggetto di meticolosa pianificazione, in quanto ciò sarebbe un mero tuziorismo argomentativo. Analogamente, il riferimento al presunto sostegno economico assicurato ai familiari dei sodali arrestati, che evidenzierebbe l’esistenza della compagine associativa, sarebbe frutto di un travisamento probatorio in quanto le conversazioni telefoniche dimostrerebbero come non vi sia stato alcun sostegno economico. Sarebbe poi del tutto illogico l’aver affermato che la compagine organizzativa fosse stata costituita appositamente per coprire le illecite importazioni, non riuscendosi a comprendere che motivo vi fosse di dotarsi di una struttura giuridica particolarmente idonea a fornire copertura al traffico di droga se, sino a quel momento, le precedenti importazioni erano andate a buon fine. Per quanto, poi, riguarda la presunta partecipazione del ricorrente alla compagine associativa, si censurano alcuni passaggi della sentenza impugnata che si caratterizzerebbero per illogicità e contraddittorietà argomentativa, non avendo adeguatamente risposto peraltro alle doglianze esposte nell’atto di appello. L’appartenere a un gruppo in maniera stabile e duratura non potrebbe essere espresso in termini probabilistici; ancora l’aver valorizzato una conversazione telefonica con il COGNOME in cui si utilizza il verbo pensare, impedirebbe di concludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il ricorrente avesse piena conoscenza RAGIONE_SOCIALE operazioni illecite e che vi avesse partecipato in maniera consapevole. Si censura poi la presunta intraneità del ricorrente nel sodalizio in questione per essersi questi prestato a rivestire il ruolo di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, ciò che cozzerebbe con il ruolo di mero partecipe riconosciuto dalla Corte d’appello in maniera a dir poco contraddittoria. Anche l’argomento secondo cui il ricorrente avrebbe costituito l’associazione unitamente al COGNOME e al COGNOME, così dimostrando la sua intraneità un carattere di stabilità, sarebbe illogico, atteso che la premessa, ossia che la società fosse stata costituita per mascherare traffici illeciti, non risulta certa, ma sarebbe ancora da dimostrare, con la conseguenza che da una premessa incerta non si può ricavare una conseguenza certa. Ancora, si censura il passaggio argomentativo laddove la Corte d’appello afferma che l’essere identificato dai sodali arrestati dai familiari come punto di riferimento per il sostegno economico durante la detenzione costituirebbe un’ulteriore conferma della sua intraneità alla compagine associativa, sostenendosi che, quanto sopra, sarebbe il frutto del travisamento del contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche in atti. Anzi, si osserva, la circostanza che il ricorrente si trovasse in rapporto di associazione con due dei soggetti arrestati in Cile si presterebbe ad una duplice lettura e cioè, da un lato, potrebbe dimostrare che l’azienda fosse uno schermo preordiNOME all’esecuzione dell’illecita operazione, dall’altro, però, potrebbe costituire la plausibile dimostrazione che Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
il ricorrente sia stato in tutta l’operazione la figura strumentalizzata dai soci e dagli alt soggetti in collegamento tra loro e che il suo contributo sia stato del tutto inconsapevole.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento probatorio quanto all’affermazione della responsabilità penale del ricorrente circa il delitto sub b) della rubrica.
In sintesi, dopo aver criticato la sentenza di annullamento della quarta sezione penale di questa Corte, si osserva come, sulla base RAGIONE_SOCIALE linee guida fissate alla Suprema Corte, i giudici d’appello avrebbero ritenuto che il fatto che l’imputato non sia stato chiamato in correità ben potrebbe essere spiegato con l’intento di preservare una sicura fonte di sostegno a cui rivolgersi per ottenere aiuti economici. Il silenzio dei collaboratori potrebbe avere invece una spiegazione alternativa e, quindi, dipendere sia dall’ipotetico intento dei dichiaranti di salvaguardare un canale d’aiuto, oppure, secondo la prospettazione difensiva, dalla circostanza che il ricorrente effettivamente non c’entrasse nulla o ancora dalla incapacità degli inquirenti nel rivolgere le domande giuste. La conclusione cui giungono i giudici d’appello sarebbe manifestamente illogica dal momento che i dichiaranti, proprio per avere la certezza di preservare quell’importantissimo canale di aiuti, avrebbero dovuto scagionare il prevenuto il cui nome non sarebbe potuto non uscire nel corso dell’indagine in quanto vi erano dei documenti di viaggio a sua firma. Richiamato a tal proposito il corrispondente passaggio argomentativo della sentenza di appello oggetto di annullamento da parte della RAGIONE_SOCIALEzione, si osserva come la censurata conclusione obbligata sarebbe il risultato non di deduzioni apodittiche, ma di una logica conseguenza RAGIONE_SOCIALE conclusioni raggiunte dal primo giudice, quello stesso primo giudice la cui sentenza di condanna era stata confermata nel provvedimento attualmente impugNOME. Si fa ancora riferimento alle conversazioni tra uno degli arrestati, il COGNOME, e la compagna di quest’ultimo e tra la stessa e il ricorrente, giungendo alla conclusione che si tratta di comportamenti incomprensibili per chi sia del tutto estraneo al traffico illecito posto in essere dai suoi dipendenti infedeli. Si tratterebbe di una incomprensibilità che farebbe leva su un metro di valutazione meramente soggettivo appartenente all’estensore del provvedimento, ma che non avrebbe nulla a che vedere con le risultanze processuali non avendo fatto i conti i giudici d’appello con i documenti presenti in atti, certamente riconducibili alla persona del ricorrente. Si contesta, ancora, la sentenza impugnata laddove si ritiene non attendibile l’incredulità manifestata dall’imputato al telefono con il COGNOME circa il fatto che i serbatoi RAGIONE_SOCIALE moto d’acqua fossero stati riempiti di stupefacente, essendosi lui stesso occupato di svuotarne il contenuto di carburante per la spedizione, sostenendosi come fosse altamente probabile che egli abbia dissimulato incredulità e stupore al telefono ad uso e consumo degli operanti. Si tratterebbe anche in questo caso di un’argomentazione illogica che finisce per coinvolgere Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
l’interpretazione di tutte le conversazioni telefoniche in atti, atteso che, dal momento che l’imputato saprebbe di essere intercettato e quindi dissimulerebbe, allora i giudici d’appello avrebbero dovuto anche dire, con riferimento alle altre conversazioni telefoniche in atti, quando il ricorrente fosse stato sincero o, meglio, avrebbe dovuto dire perché in altre conversazioni telefoniche egli fosse stato ritenuto sincero oppure perché non ci si è proprio posti il problema della sincerità e della genuinità del medesimo, dal momento che era un soggetto potenzialmente ricattabile. Ancora, si censura il passaggio argomentativo laddove la sentenza conviene con il procuratore generale nell’affermare come non possa liquidarsi come un mero viaggio di piacere quello fatto dal COGNOME solo pochi giorni prima della spedizione, circostanza questa sicuramente sospetta, che però andrebbe letta insieme all’assenza di contatti durante quel viaggio tra il ricorrente e uno degli artefici dell’operazione illecita, ossia il COGNOME. Ancora, si contesta la sentenza impugnata laddove ritiene non rilevante il mancato coinvolgimento del ricorrente nelle precedenti spedizioni, tuttavia lo si farebbe ricorrendo ad un argomento meramente apodittico e congetturale, ossia richiamando una conversazione telefonica con il COGNOME nella quale si farebbe riferimento a moto che erano partite l’altra volta, ma sorvolando sul fatto che in quella telefonata il prevenuto si era espresso in termini ipotetici. Ancora, apodittica e congetturale sarebbe la deduzione secondo cui non vi sarebbe stata alcuna ragione da parte dei correi di coinvolgere nell’illecito traffico un soggetto inconsapevole esponendosi al rischio di essere scoperti, quando per l’anno 2017 le spedizioni erano avvenute senza intoppi. Si tratterebbe di motivazione censurabile in quanto ignora che quel coinvolgimento era doveroso dal momento che il ricorrente presiedeva la società titolare degli acquascooter in questione aggiungendosi, inoltre, che il fatto che per l’anno 2017 le spedizioni fossero avvenute senza intoppi avrebbe introdotto un elemento di criticità ulteriore dell’impostazione accusatoria, dal momento che appariva illogico, oltre che incomprensibile, cambiare le carte in tavola attraverso la consapevole partecipazione del prevenuto mediante la di lui società. Infine, si contesta ancora il passaggio argomentativo in cui la Corte d’appello richiama l’appunto nell’agenda sequestrata al COGNOME al momento dell’arresto, senza tuttavia confrontarsi con le osservazioni contenute nell’atto d’appello, in cui si evidenziava che le somme asseritamente riferibili al ricorrente sarebbero a dir poco irrisorie se paragonate agli introiti che sarebbero potuti derivare dall’importazione di quel quantitativo di sostanze stupefacenti. Si tratterebbe di un elemento indiziario che non si presterebbe ad una lettura univoca e sarebbe fonte di dubbi che dovrebbero sicuramente prevalere. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio motivazionale anche sotto il profilo del travisamento probatorio quanto alla qualificazione giuridica del fatto sub b).
In sintesi, si censura la sentenza impugnata poiché il tema della qualificazione giuridica del reato di cui al capo b) sarebbe stato liquidato mediante il solo richiamo di una massima giurisprudenziale di legittimità, che la difesa peraltro contesta in quanto contrastante con gli istituti del diritto penale e con i requisiti necessari per l consumazione del reato. Si osserva come, in relazione a tale profilo, l’indagine preliminare sarebbe stata del tutto carente, essendosi accontentati i giudici del dato obiettivo del sequestro in Cile della cocaina, senza tuttavia che nulla fosse stato accertato circa la provenienza della sostanza, il prezzo di acquisto, le modalità e l’origine della provvista economica con la quale sarebbe stata acquistata. Definire, dunque, il ricorrente come acquirente dello stupefacente da quando quest’ultimo era entrato nella disponibilità materiale di coloro che erano stati arrestati in Cile, sarebbe stata una forzatura argomentativa meramente congetturale, non spendibile sul piano probatorio. Conclusivamente, il momento consumativo avrebbe dovuto individuarsi nell’avvenuta importazione della sostanza stupefacente nel territorio italiano, che, non essendosi verificata a causa dell’arresto dei coimputati, con conseguente sequestro dello stupefacente, avrebbe dovuto pertanto ricondursi alla forma del tentativo.
2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento probatorio, quanto alla ritenuta sussistenza RAGIONE_SOCIALE aggravanti dell’ingente quantitativo e della transnazionalità.
In sintesi, si sostiene che le argomentazioni spese nella sentenza impugnata sarebbero apodittiche, quanto alla circostanza aggravante dell’ingente quantitativo, e sarebbero invece del tutto congetturali, quanto alla circostanza aggravante della transnazionalità. Con riferimento a quest’ultima, i giudici si sarebbero limitati a rilevare come sia sufficiente che le attività illecite siano realizzate in diversi stati e che all’ester possa trovarsi anche uno soltanto dei componenti del gruppo, senza tuttavia nulla aggiungere circa la prova della sussistenza anche all’estero di un gruppo criminale organizzato. In ogni caso, la norma in questione, nel fare riferimento a un gruppo organizzato e non ad un’associazione per delinquere, pretenderebbe qualcosa in più rispetto alla sussistenza di un mero sodalizio, la cui prova sarebbe, nel caso di specie, carente. Con riferimento alla ulteriore circostanza aggravante, il giudice d’appello si sarebbe limitato a richiamare la giurisprudenza di legittimità dominante, sulla quale peraltro la difesa mostra di non convenire.
2.5. Deduce, con il quinto motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento probatorio, quanto al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata in ordine al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche perché la stessa sarebbe contraddittoria dal momento che, nel
richiamare l’oggettiva gravità dei fatti, non si confronterebbe con il riconoscimento del ruolo in capo al ricorrente di mero partecipe del sodalizio, oltre che con la concessa mitigazione della pena ritenuta molto severa. Per altro verso, le argomentazioni sarebbero illogiche richiamandosi la Corte d’appello a due precedenti penali non solo datati, ma anche specifici.
2.6. Deduce, con il sesto motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento probatorio, quanto all’aumento operato a titolo di continuazione e quanto all’aumento operato con riferimento all’aggravante di cui all’art. 80, TU Stup.
In sintesi, si sostiene che l’aumento di pena operato dalla Corte d’appello in relazione all’articolo 80 del testo unico stupefacenti sarebbe del tutto immotivato oltre che illogico ed inoltre, l’aumento operato a titolo di continuazione sarebbe sproporzioNOME ed illogico e non terrebbe nella dovuta considerazione quanto ritenuto nell’atto d’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato in presenza a seguito di richiesta di discussione orale, accolta con provvedimento del Presidente titolare di questa Sezione del 23.04.2024, è inammissibile.
Il primo ed il secondo motivo, attesa l’intima connessione dei profili di doglianza con gli stessi svolti, meritano congiunta trattazione e sono da ritenersi ambedue inammissibili perché generici per aspecificità.
2.1. A ben vedere, infatti, attraverso gli stessi, la difesa articola una serie di censure fattuali che, lungi dall’individuare un concreto vizio motivazionale che inficia la sentenza impugnata, si propongono di fornire a questa Corte una diversa chiave di lettura degli atti processuali, attraverso il ricorso al vizio di travisamento probatorio che, tuttavia, tradisce, nell’articolazione dei motivi, l’evidente dissenso della difesa del ricorrente rispetto alla ricostruzione fattuale e agli esiti valutativi cui è pervenuta la Corte territoria che, lo si ricordi per completezza, si è trovata a dover giudicare in sede di rinvio muovendosi in base ad un “mandato” ben preciso che questa Corte, attraverso la sentenza di annullamento della Quarta sezione penale, le aveva conferito.
2.2. Ne discende, pertanto, che tutte le censure svolte sia con riferimento alla esistenza del sodalizio criminoso (capo a) nonché in relazione alla sussistenza del reato fine di cui al capo b) della rubrica, si risolvono nel tentativo di trascinare questa Corte sul terreno del fatto, chiedendo alla stessa non di valutare la asserita illogicità o mancanza motivazionale, anche sotto il profilo del travisamento della prova, quanto, piuttosto, di sostituirsi al giudice di merito, rivalutando gli elementi di prova su cui si è fondato i
giudizio di responsabilità penale, così esponendo inesorabilmente ambedue i motivi di ricorso al giudizio di inammissibilità.
2.3. La stessa struttura dell’impugnazione, articolata su sei motivi sostanzialmente coincidenti contenutisticamente con le doglianze già sviluppate davanti al giudice di appello, rendono evidente l’assenza di qualsiasi elemento di novità critica dell’impugnazione in sede di legittimità, così rendendo ancor più chiara la aspecificità dell’impugnazione, essendosi infatti più volte affermato che in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù RAGIONE_SOCIALE quali i motivi di appel non sono stati accolti (tra le tante: Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 01).
2.4. In questo senso, la tecnica illustrativa del motivo, che, al fine di evidenziare un presunto vizio motivazionale della sentenza, opera una segmentazione della motivazione, svolgendo poi censure “per passaggi argomentativi”, rende del tutto inammissibile il ricorso, disattendendo un principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il difetto di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, sicché, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (In applicazione del principio, la Corte ha respinto il ricorso per vizi di motivazione che, in un processo indiziario, si fondava su una critica parcellizzata di singoli segmenti della ricostruzione senza tener conto della lettura complessiva e unitaria dei dati indizianti operata in sentenza: tra le tante, da ultimo: Sez. 1, n. 20030 del 18/01/2024, COGNOME, inedita).
Venendo, più specificamente, ai profili contestati, anzitutto, vanno qui richiamati gli elementi sulla cui base i giudici territoriali hanno ritenuto configurabile i delitto associativo.
3.1. L’esistenza di una struttura organizzata e stabilmente dedita al traffico di stupefacenti dal Sudamerica all’Italia emerge in primis dalle dichiarazioni dei collaboranti COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME, i quali hanno riferito che quella bloccata in Cile non era certo la prima spedizione internazionale di droga, ma che il gruppo aveva già realizzato – con il medesimo schema operativo – diverse altre importazioni di droga, come del resto emerge anche dalla documentazione in atti, inerente alle pregresse spedizioni di moto d’acqua in Cile (sul punto, si noti, la difesa
contestando l’apporto dichiarativo del collaboranti evoca un vizio di travisamento probatorio, senza tuttavia nemmeno curarsi di indicare il riferimento documentale RAGIONE_SOCIALE fonti dichiarative, in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso, il qual trova applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11: da ultimo, Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419 – 01).
D’altronde, aggiunge poi la Corte d’appello, quello dell’esportazione temporanea dall’Italia verso il Cile, e successiva reimportazione in Italia RAGIONE_SOCIALE moto d’acqua riempite di droga, era un meccanismo ripetutamente utilizzato dal gruppo, proprio perché permetteva – sotto la copertura dell’esportazione temporanea di attrezzature per competizioni sportive – di evitare più approfondite attività ispettive da parte della polizia di frontiera.
3.2. L’esistenza della struttura associativa, puntualizzano poi i giudici territoriali con motivazione non manifestamente illogica, emerge altresì dai quantitativi di droga verosimilmente trattati (solo nell’ultima spedizione circa 120 kg.) sintomatici di una organizzazione solida, in grado di finanziare, gestire e pianificare acquisti rilevanti di sostanza stupefacente; il fatto stesso di poter contare stabilmente su soggetti dimoranti in Cile per la logistica ed il trasporto dello stupefacente, come il NOME COGNOME, evidenzia l’esistenza di un gruppo efficiente e organizzato.
3.3. L’ulteriore elemento dimostrativo dell’esistenza della compagine associativa, addotto del tutto logicamente dalla sentenza, è anche la predisposizione di utenze telefoniche dedicate per la singola spedizione, come emerge dalla fotografia estratta dalla memoria del telefono cellulare del COGNOME, raffigurante quattro cellulari dello stesso tipo e colore che sulla cover riportavano un numero telefonico ed un nominativo abbiNOME (NOME, NOME, NOME e NOME), elemento dimostrativo del fatto che non fosse lasciato al caso alcun dettaglio, e come l’attività illecita fosse oggetto di meticolosa pianificazione.
3.4. Lo stesso sostegno economico assicurato ai familiari dei sodali arrestati elemento anch’esso oggetto di censura puramente contestativa da parte della difesa -, evidenzia correttamente per i giudici di appello, una volta di più, l’esistenza di un gruppo organizzato che cerca di sopperire anche alle situazioni di crisi e che non abbandona al proprio destino i suoi membri in difficoltà.
La Corte d’appello, poi, si sofferma sugli elementi confermativi della sussistenza del delitto aggravato sub B), la cui prova viene logicamente considerata in re ipsa a fronte del rinvenimento della sostanza stupefacente occultata nelle moto d’acqua, e sotto questo profilo non revocata in dubbio neppure dalla difesa, che si è limitata a contestare la sussistenza dell’aggravante ex art. 80 d.p.r. n. 309/90, osservando che il Giudice non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALE dimensioni del mercato cui era destiNOME lo stupefacente
importato, citando in proposito l’orientamento giurisprudenziale espresso da S.U. n. 17/00, Primavera.
4.1. Correttamente i giudici territoriali hanno evidenziato che l’orientamento citato dalla difesa è tuttavia da tempo superato (poiché connotato da eccessiva discrezionalità quanto al concetto di “mercato di riferimento”), essendosi ormai affermata nella giurisprudenza di legittimità una nozione di ingente quantità ancorata essenzialmente al dato aritmetico: l’aggravante in questione non è di norma ravvisabile laddove la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determiNOME per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata (il riferimento, in sentenza, è corretto e relativo a S.U. n. 36258/12; conf. S.U. n. 14722/20).
4.2. Alla luce di quanto suesposto, non può certo tacciarsi di illogicità l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui è del tutto evidente che la quantità in sequestro, pari a 120 kg. di cocaina con purezza dell’80%, supera abbondantemente di 2000 volte il c.d. valore soglia (750 mg di principio attivo) ed integra senz’altro l’aggravante in parola.
4.3. Con riferimento, poi, al ruolo assunto dal ricorrente in relazione alla realizzazione del reato oggetto di volontà comune di cui al capo b), la Corte territoriale si diffonde (pagg. 14 ss.) nell’evidenziare gli elementi di prova acquisiti.
Si legge in particolare in sentenza come gli elementi probatori emergenti dagli atti evidenziano che l’imputato era il Presidente dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, costituita il 12.1.18 insieme al COGNOME ed al COGNOME, due dei soggetti arrestati in flagranza in Cile e, pochi giorni prima di tale arresto, aveva effettuato un viaggio in Cile unitamente al COGNOME, al COGNOME e alla COGNOME, anch’essa poi arrestata in Cile. A Santiago i quattro si erano ricongiunti con COGNOME NOME (anch’egli arrestato), alloggiando presso lo stesso albergo prenotato proprio dal COGNOME il quale, da solo, aveva fatto ritorno in Italia pochi giorni prima della data prevista per la spedizione del carico. 1 documenti del COGNOME sono stati trovati in possesso degli arrestati e il suo nominativo, con accanto la cifra di 25.000, era riportato in un’agendina sequestrata al COGNOME, insieme ai nominativi degli altri soggetti tratti in arresto, accanto ai quali erano pure riportate RAGIONE_SOCIALE cifre. intercettazioni disposte sull’utenza del COGNOME dopo l’arresto dei coimputati in Cile, evidenziano che il predetto era al corrente dell’arresto stesso (evidentemente comunicatogli dal COGNOME della RAGIONE_SOCIALE in tempo reale, come si intuisce dai ben sei contatti telefonici emergenti dai tabulati tra la sua utenza e quella del COGNOME nella giornata del 2.3.18); che era molto preoccupato per le conseguenze che gliene potevano derivare; che temeva di essere intercettato; che si era rivolto ad un legale per avere consigli su come agire; che con il COGNOME e con lo stesso COGNOME concertava strategie difensive utilizzando linguaggi in codice; che si era adoperato per sostenere
economicamente i familiari degli arrestati, i quali ad un certo punto avevano iniziato a pretendere da lui aiuto economico.
4.4. Tali elementi, esaminati singolarmente e poi valutati congiuntamente depongono – secondo il ragionamento della Corte d’appello, scevro da illogicità manifeste – per il sicuro coinvolgimento dell’imputato nei fatti per cui si procede. I giudici territoria peraltro, si preoccupano anche di confutare le osservazioni difensive, ritendo – ancora una volta con motivazione non manifestamente illogica – che esse non valgano a scalfire la fondatezza dell’ipotesi accusatoria. Il fatto che l’imputato non sia stato chiamato in correità dal COGNOME e dal COGNOME può ben essere spiegato, si legge in sentenza (come suggerito dal P.G. nel ricorso per cassazione), con l’intento di preservare una sicura fonte di sostegno cui rivolgersi per ottenere aiuti economici nel corso della detenzione: non a caso saranno proprio il COGNOME ed il COGNOME i più insistenti nell’avanzare pretese economiche nei confronti del COGNOME, pretese fatte valere anche a mezzo RAGIONE_SOCIALE proprie compagne. Viene richiamata a tal fine la conversazione del 28.5.18, avvenuta a distanza di tre mesi dagli arresti in Cile, in cui il COGNOME, ancora ivi detenuto, parlando con la compagna si riferisce al COGNOME in termini particolarmente spregiativi, non dissimulando il proprio rancore per il sodale rimasto in libertà, intimando alla donna di contattare “….. quel pezzo di…..da un internet point devi chiamare il NOME e gli dici «che cazzo di fine avete fatto che sono tre mesi sono».. .fammi quella cortesia, tanto stai in giro, fermati a chiamare quel pezzo di merda e senti un attimo quello che ti dice, gli dici «oh, ma che cazzo di fine avete fatto, sono tre mesi, io mi sto puzzando di fame.. .la famiglia mia si sta puzzando di fame, ma che fine avete fatto?» questo gli devi dire” (conv. n. 38 del 28.5.18, RIT 3089/18 del 8.3.18, p.p. n. P_IVA).
Vengono altresì richiamate in sentenza alcune conversazioni successive, tra la donna ed il COGNOME, e tra la stessa ed il compagno detenuto: la Corte territoriale ritiene, logicamente, a tal fine impossibile non rilevare il tono di sfida della COGNOME al telefono con il COGNOME (“sono io. .penso che forse dalla voce mi riconosci…comunque sono passati tre mesi e stanno aspettando”), ed il tono impaurito di lui (“non devi chiamare me come ti ho già detto, la prossima volta che viene una persona devi parlare con lui perché io non so niente…ok? Ti ringrazio, te lo farò sapere io… .ciao grazie…”), tono definito tremante dalla stessa COGNOME nella successiva telefonata con il compagno (“mi sa che è incominciato tutto a tremare perché mi fa «ma chi sei» e io gli faccio «beh penso che dalla voce mi potresti anche riconoscere»”). Si tratta di comportamenti, logicamente ritenuti dalla Corte d’appello incomprensibili per chi – come sostiene la difesa – sia del tutto estraneo all’illecito traffico posto in essere dai suoi dipendenti infedeli.
Così com’è incomprensibile viene considerato dalla Corte territoriale il comportamento tenuto con la moglie del COGNOME, di cui alle intercettazioni riportate. In particolare, l’essersi adoperato per far avere del denaro alla moglie di colui che lo aveva coinvolto a sua insaputa in un grave reato, utilizzando l’associazione da lui creata a fini
illeciti, cozza irrimediabilmente con l’atteggiamento che ci si aspetterebbe da qualsiasi onesto imprenditore il cui nome e la cui impresa siano trascinati in un’operazione illecita come quella in oggetto.
A ciò si aggiunga – puntualizza la sentenza impugnata – il linguaggio criptico, anch’esso non giustificabile in un’ottica di estraneità all’illecito, utilizzato dall’imputato telefono con la donna, quando le assicura di avere chiamato l’idraulico per ripararle il rubinetto, che quindi quello che doveva fare l’aveva fatto, e che a quel punto si doveva solo attendere con fiducia, cosi all’evidenza riferendosi ad un ulteriore livello operativo del gruppo, rimasto non del tutto identificato, ma poi prontamente intervenuto a sostenere la COGNOME, come emerge dalle telefonate successive tra la donna ed il marito, in cui i due alludono (sebbene in codice), alle somme di denaro ricevute.
Ancora, viene ritenuta logicamente inattendibile l’incredulità manifestata dall’imputato al telefono con il COGNOME nella conversazione del’8.3.18 circa il fatto che i serbatoi RAGIONE_SOCIALE moto d’acqua fossero stati riempiti di sostanza stupefacente, essendosi lui stesso occupato di svuotare il contenuto di carburante per la spedizione: come già sopra rilevato, il COGNOME era al corrente dell’arresto dei coimputati fin dal precedente 2.3.18 (all’uopo informato dallo stesso COGNOME, a sua volta informato in tempo reale dalla polizia cilena in quanto vettore RAGIONE_SOCIALE moto d’acqua: dai tabulati emergono ben sei contatti telefonici tra COGNOME e COGNOME il giorno dell’arresto), e sospettava di essere intercettato, sicché è altamente probabile che abbia dissimulato incredulità e stupore al telefono, ad uso e consumo degli operanti all’ascolto.
Ancora, la sentenza concorda, altrettanto logicamente, con quanto esposto dal P.G. nel senso che non può liquidarsi come un mero viaggio di piacere quello fatto dal COGNOME solo pochi giorni prima della spedizione, viaggio compiuto in compagnia di quattro dei coimputati (COGNOME, COGNOME, i due COGNOME) e nello stesso paese di provenienza della droga: trattasi chiaramente di un viaggio preparatorio, tant’è che il COGNOME è ripartito per l’Italia il 21.2.18, onde prepararsi all’arrivo della merce la cui spedizione era prevista per il 5.3.18; lo stesso 21.2.18 – in coincidenza con la partenza del COGNOME giungeva in Cile e si riuniva ai correi il COGNOME, che del COGNOME prendeva evidentemente il posto.
Né rileva in favore del COGNOME, si legge in sentenza, il fatto che non sia rimasto formalmente coinvolto nelle precedenti spedizioni transfrontaliere RAGIONE_SOCIALE moto d’acqua, o che la Jet Sky RAGIONE_SOCIALE sia stata costituita in epoca successiva ai fatti pregressi, e cioè nel gennaio 2018: innanzitutto l’imputato, nella telefonata con il COGNOME del 8.3.18 gli dice di essere sicuro che le moto sequestrate non fossero intestate alla società perché non aveva firmato alcun acquisto, che dunque si trattava di moto già acquistate, “penso le moto che erano partite l’altra volta”, così riferendosi ad una pregressa spedizione. In secondo luogo, non vi sarebbe stata ragione – da parte dei correi – di coinvolgere nell’illecito traffico un soggetto inconsapevole, esponendosi al rischio di essere scoperti,
quando per tutto l’anno 2017 le spedizioni erano avvenute senza intoppi e così avrebbero potuto proseguire. Non è all’evidenza possibile tacciare di illogicità “manifesta” tali passaggi argomentativi, come invece la difesa sostiene.
4.5. Ancora, del tutto immune dai vizi denunciati è l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la creazione dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, peraltro costituita con due dei soggetti arrestati in flagranza in Cile (COGNOME e COGNOME), evidenzi semplicemente che il gruppo aveva deciso di dotarsi di una struttura giuridica particolarmente idonea a fornire copertura al traffico di droga attraverso l’esportazione temporanea di acquascooters per competizioni sportive. Il fatto poi, pure segnalato dalla difesa, che tra i telefoni raffigurati nelle foto in memoria nel cellulare del COGNOME non vi fosse quello del COGNOME, non pare dirimente, atteso che non vi erano neppure quelli del COGNOME, della COGNOME e del COGNOME; invece il numero di telefono del COGNOME – NUMERO_TELEFONO – era memorizzato nella rubrica telefonica dello stesso COGNOME, del COGNOME e del COGNOME come “NOME” e, come le utenze rinvenute nella disponibilità di questi ultimi, era intestata ad un soggetto straniero inesistente. Peraltro, nel periodo dal 15 al 19 febbraio 2018 risulta che il COGNOME abbia avuto dall’Italia numerosi contatti con l’utenza dedicata NUMERO_TELEFONO in uso al COGNOME quando questi era in Cile, e ciò al verosimile scopo di scambiare informazioni e pianificare i dettagli dell’operazione.
Né può da ultimo ignorarsi, si legge in sentenza, il rinvenimento dell’appunto nell’agenda sequestrata al COGNOME in occasione dell’arresto: trattasi di una nota in cui sono riportati diversi conteggi riferiti alle spese sostenute ed ai compensi pattuiti, associati ai nominativi dei vari soggetti coinvolti, tra cui il COGNOME, indicato come Presidente o NOME, per il quale era previsto un compenso di € 25.000, e che risultava avere già ottenuto l’acconto di 1000. Di tale appunto, evidenzia la sentenza impugnata, l’imputato non ha fornito una chiara spiegazione (dalle brevi spontanee dichiarazioni rese in apertura di giudizio abbreviato di primo grado sembrerebbe a suo dire che egli fosse stato inserito nell’operazione senza che gli venisse spiegato il reale motivo della stessa); pare piuttosto alla Corte d’appello – considerazione, questa, davvero insindacabile perché del tutto logica – che tale elemento, letto e valutato all’interno del grave quadro probatorio fin qui descritto, assuma una valenza dimostrativa conclusiva circa la responsabilità del COGNOME, suggellando definitivamente la prova di colpevolezza.
4.6. Da qui, pertanto, l’affermazione dei giudici territoriali secondo cui, quanto al reato sub B), il ruolo del COGNOME è stato quello, cruciale, di spedire tramite la RAGIONE_SOCIALE le moto d’acqua (sotto l’egida dell’associazione RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE), che avrebbe poi dovuto ritirare, al rientro in Italia, cariche di droga (fatto peraltro no qualificabile come tentativo, come pure richiesto dalla difesa, bensì come reato consumato, posto che il delitto di importazione di sostanze stupefacenti si perfeziona con la conclusione dell’accordo RAGIONE_SOCIALE parti sull’oggetto e sulle condizioni di vendita della sostanza (quantità, qualità e prezzo), senza che sia necessario che ne segua la consegna
all’acquirente: il riferimento in sentenza è a Cass. IV, n. 38368/23). Tali presupposti nello specifico si sono tutti verificati.
Altrettanto certa viene poi ritenuta la partecipazione del COGNOME al reato sub A).
5.1. Si afferma in sentenza, con motivazione insuscettibile di sindacato di legittimità, che non vale ad escludere tale partecipazione il fatto che l’imputato non compaia formalmente nelle spedizioni pregresse, o che l’associazione di cui era NOME sia stata costituita solo nel gennaio 2018: nella conversazione con il COGNOME sopra riportata, l’imputato – nel fare mente locale e cercare di individuare le moto sequestrate in Cile – dice al COGNOME che potrebbe trattarsi di quelle utilizzate nella spedizione precedente, così evidenziando di essere dentro al gruppo già da tempo.
5.2. L’essersi inoltre prestato a rivestire il ruolo di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, struttura giuridica che doveva fornire copertura stabile al traffico di stupefacenti, e, anzi l’averla addirittura costituita unitamente al COGNOME e al COGNOME, dimostra la sua intraneità all’associazione per delinquere con carattere di stabilità.
5.3. Infine, l’essere identificato dai sodali arrestati e dai loro familiari come punto di riferimento per il sostegno economico durante la detenzione, così come l’essersi effettivamente adoperato in tal senso, fornisce ulteriore conferma del suo ruolo di partecipe all’associazione sub A). Tutti elementi, questi, dalla cui logica combinazione, i giudici territoriali hanno fatto coerentemente discendere la sua partecipazione al sodalizio.
Al cospetto di quanto sopra, le doglianze difensive, basate su asseriti vizi motivazionali per non aver i giudici di appello risposto adeguatamente a tutte le doglianze difensive, non colgono nel segno.
6.1. Trattasi, invero, di censure con cui si chiede in sostanza a questa Corte di procedere ad una rivalutazione degli elementi probatori acquisiti, sostituendosi alla Corte d’appello nel compito dalla stessa svolto senza incorrere in illogicità manifeste, dimenticando tuttavia la difesa che la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01). Verifica, nella specie, brillantemente superata dalla sentenza impugnata.
Anche il terzo motivo si espone al medesimo deficit di specificità già rilevato a proposito dei primi due.
7.1. Sul punto, infatti, come già anticipato, la Corte d’appello confuta la medesima argomentazione difensiva, svolta anche in relazione a tale profilo senza alcun apprezzabile elemento di novità critica da parte della difesa del ricorrente o questa sede di legittimità, osservando come il fatto non è qualificabile come tentativo, come pure richiesto dalla difesa, bensì come reato consumato, posto che il delitto di importazione di sostanze stupefacenti si perfeziona con la conclusione dell’accordo RAGIONE_SOCIALE parti sull’oggetto e sulle condizioni di vendita della sostanza (quantità, qualità e prezzo), senza che sia necessario che ne segua la consegna all’acquirente.
7.2. Nella specie, i giudici di merito richiamano l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente di questa Corte (contra, da ultimo: Sez. 6, n. 9854 del 14/02/2024, Rv. 286165 – 01, che invece ritiene necessaria ai fini della consumazione l’assunzione da parte dell’importatore della gestione dell’attività volta all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale), cui il Collegio ritiene di dover dare continuità in quanto maggiormente aderente alla ratio legis, secondo il quale il delitto di importazione di sostanze stupefacenti si perfeziona con la conclusione dell’accordo RAGIONE_SOCIALE parti sull’oggetto e sulle condizioni di vendita della sostanza (quantità, qualità e prezzo), senza che sia necessario che ne segua la consegna all’acquirente (da ultimo, Sez. 4, n. 38368 del 04/07/2023, Rv. 284960 – 01).
Ed infatti, la fattispecie di acquisto di sostanza stupefacente si consuma allorquando sia stato raggiunto, tra l’acquirente e il venditore, l’accordo sulla quantità, sulla qualità e sul prezzo della sostanza, senza che sia richiesta l’effettiva “traditio” della stessa, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione (Sez. 4, n. 6781 del 23/1/2014, COGNOME, Rv. 259284; Sez. 5, n. 54188 del 26/9/2016, COGNOME, Rv. 268749). Ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti – si è affermato in altre pronunce- è sufficiente la conclusione dell’accordo finalizzato all’importazione dello stupefacente, pertanto il tentativo può configurarsi solo nella fase antecedente all’incontro RAGIONE_SOCIALE volontà, in ragione RAGIONE_SOCIALE trattative intercorse, univoche e idonee a conseguire seriamente il reciproco consenso all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale (Sez. 3, n. 29655 del 29/01/2018, COGNOME, Rv. 273717; Sez. 4, n. 3950 del 11/10/2011 dep. 2012, COGNOME, Rv. 251736).
Del resto, osserva il Collegio, seppure sotto il diverso versante della condotta criminosa di “offerta” di sostanze stupefacenti, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo chiarito che il reato si perfeziona nel momento in cui l’agente manifesta la disponibilità a procurare ad altri droga, indipendentemente dall’accettazione del destinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un’offerta collegata ad una effettiva disponibilità, sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilità di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che “garantiscano” il cessionario (Sez. Un., n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263716). Ne discende, pertanto, l’inammissibilità del motivo proposto.
COGNOME
()/Q97
Non si sottraggono al giudizio di inammissibilità le ulteriori doglianze svolte nel quarto motivo a proposito della configurabilità RAGIONE_SOCIALE aggravanti.
8.1. Quanto all’aggravante dell’ingente quantità, è sufficiente richiamare quanto argomentato a proposito dalla Corte d’appello, che ha infatti ricordato come la quantità in sequestro, pari a 120 kg. di cocaina con purezza dell’80°/0, supera abbondantemente di 2000 volte il c.d. valore soglia (750 mg di principio attivo) ed integra senz’altro l’aggravante in parola. La difesa, sul punto, si è limitata a non condividere tale approdo, censurando in sostanza non l’approdo cui è pervenuta la Corte d’appello, ma il principio di diritto su cui il giudizio della Corte territoriale si è fondato, più volte affermato, anch autorevolmente a Sezioni Unite, da questa Corte.
Non ravvisandosi ragioni per discostarsi da una granitica e condivisibile giurisprudenza va quindi riaffermato, così dichiarandosi inammissibile il ricorso sul punto per manifesta infondatezza, che in tema di stupefacenti, per l’individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell’ingente quantità, continuano ad essere validi, anche successivamente alla riforma operata dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile fissati dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, COGNOME (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005 – 01; Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, COGNOME e COGNOME, Rv. 253150 – 01).
8.2. Quanto, invece, all’aggravante della transnazionalità, non può che convenirsi con i giudici territoriali i quali hanno affermato (pagg. 13/14) che, ai fini dell’applicazione dell’aggravante speciale della transnazionalità di cui all’art. 61-bis cod pen., è sufficiente che le attività illecite siano realizzate in diversi Stati e che all’estero possa trovarsi anche uno soltanto dei componenti del gruppo, chiamato a svolgere un’attività essenziale per la perpetrazione degli illeciti, in quanto sono le attività criminali consumate in più di uno Stato che qualificano come transnazionale il gruppo criminale (il riferimento è a Sez. 2, n. 11957 del 27/01/2023, COGNOME, Rv. 284445 – 01, cui questa Corte ritiene di dover dare senz’altro continuità).
Nello specifico, come del tutto correttamente osserva la sentenza impugnata, il fatto che il traffico si svolgesse dal Sudamerica all’Italia e la presenza costante di referenti autoctoni dimoranti in Cile (si pensi al COGNOME) è sufficiente ad integrare la circostanza aggravante di che trattasi, e a qualificare come transnazionale l’associazione in oggetto.
Da, qui, dunque l’inammissibilità anche di tale motivo.
Il quinto motivo è parimenti inammissibile perché generico per aspecificità e manifestamente infondato.
9.1. Anzitutto, perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, la quale ha chiarito le ragioni per le quali il ricorrente non poteva ritenersi meritevole RAGIONE_SOCIALE invocate attenuanti generiche.
Osservano sul punto, del tutto correttamente, i giudici territoriali che le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (il riferimento, condiviso da questa Collegio, è a Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, PG c. COGNOME, Rv. 275640 – 01 che, peraltro, si innesta in una scia di precedenti conformi, tra cui Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, COGNOME, Rv. 248737 – 01; Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, COGNOME ed altri, Rv. 252900 – 01), non ravvisabili nel caso di specie, emergendo invece elementi di segno negativo, quali l’obbiettiva gravità dei fatti.
9.2. Peraltro, contrariamente a quanto asserito nell’atto di appello, l’imputato – si aggiunge in sentenza – non è incensurato, annoverando un precedente ex art. 388 c.p. ed uno per ricettazione. E, come è noto, l’esistenza di precedenti penali, in quanto indice di pericolosità sociale, legittima di per sé il diniego RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche (cfr., tra l tante: Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 – 01; Sez. 6, n. 7872 del 07/02/1992, Rv. 191074 – 01).
Anche il sesto ed ultimo motivo è inammissibile per le stesse ragioni già esposte a proposito dei precedenti motivi.
10.1. La Corte d’appello giustifica gli aumenti di pena operati, ritenendo conforme a giustizia la pena base di anni sei di reclusione ed C 30.000 di multa in relazione al reato sub B), disponendo un primo aumento per l’aggravante di cui all’art. 80 TU Stup., alla pena di anni nove di reclusione ed C 30.000 di multa, dunque limitando l’aumento esclusivamente per la pena detentiva e non anche per quella pecuniaria, criterio adottato anche con riferimento all’aumento operato a titolo di continuazione con il reato sub A), cosi come riqualificato dal primo Giudice ex art. 74, secondo comma, TU Stup., alla pena di anni dodici di reclusione ed C 30.000 di multa (operazione, si noti, del tutto legittima: si v., ad es., Sez. 4, n. 42144 del 14/10/2021, Rv. 282069 – 01).
10.2. Detto aumento, si osserva in sentenza, era stato già operato dal primo Giudice e ritenuto congruo sia in relazione alla pericolosità manifestata dall’associazione, sia in quanto contenente anche l’aumento per l’aggravante della transnazionalità.
10.3. Orbene, sul punto è sufficiente osservare come, essendo stata contestata l’aggravante dell’ingente quantità ex art. 80, secondo comma, TU Stup., l’aumento, determiNOME in tre anni (p.b., anni sei per il capo b), aumentata di anni 3 per l’aggravante de qua), è stato contenuto dalla Corte d’appello nel minimo edittale, ossia aumentando
della metà la pena base (“2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi”).
10.4. Quanto, invece, all’aumento a titolo di continuazione, pari ad anni 3 di reclusione, l’entità dello stesso è stata ampiamente giustificata dai giudici territoriali proprio richiamandosi al giudizio di congruità espresso dal primo giudice, sia in relazione alla pericolosità manifestata dall’associazione, sia in quanto contenente anche l’aumento per l’aggravante della transnazionalità, motivazione, questa, che non è suscettibile di sindacato da parte di questa Corte.
La decisione, dunque, mostra di fare buon governo del principio, autorevolmente affermato da questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, essendosi precisato, del resto, che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01). Circostanza, quest’ultima, da escludersi nel caso in esame.
11. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Così deciso, il 19 giugno 2024
Il Consiglier COGNOMECOGNOMENOME> stensore COGNOME
Il Presidente