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Impiego di stranieri irregolari: ricorso inammissibile

Un imprenditore condannato per l’impiego di stranieri irregolari con solo permesso turistico ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le motivazioni una mera ripetizione dei motivi d’appello e confermando la valutazione delle prove del giudice di merito.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impiego di stranieri irregolari: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema dell’impiego di stranieri irregolari, confermando la condanna di un imprenditore e dichiarando inammissibile il suo ricorso. Questa decisione ribadisce importanti principi procedurali, in particolare sui limiti del sindacato di legittimità e sui requisiti di specificità dei motivi di ricorso.

I fatti del caso

Un imprenditore era stato condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno e due mesi di reclusione e 165.000 euro di multa. L’accusa era quella di aver impiegato, in più occasioni e in diversi locali, numerose lavoratrici straniere munite unicamente di un permesso di soggiorno per motivi turistici, quindi non valido per svolgere attività lavorativa. La condanna si basava principalmente sulle prove raccolte da ufficiali di polizia giudiziaria, i quali avevano osservato direttamente il comportamento delle lavoratrici, palesemente intente a svolgere mansioni lavorative e non a comportarsi come semplici clienti.

I motivi del ricorso per impiego di stranieri irregolari

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello:

1. Vizio di motivazione: Si contestava la valutazione delle prove, ritenuta carente e basata su testimonianze generiche, trascurando elementi a favore della difesa.
2. Mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto: Si deduceva la nullità della sentenza per non aver applicato l’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di minima offensività.
3. Carenza di motivazione sulla pena: Si criticava la mancata concessione delle attenuanti generiche e la determinazione del trattamento sanzionatorio.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso integralmente inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni

La Corte ha analizzato distintamente i motivi del ricorso, giudicandoli infondati o inammissibili.

Per quanto riguarda il merito dell’accusa, i giudici di legittimità hanno stabilito che il ricorso era una mera riproposizione dei motivi d’appello, senza un reale confronto critico con le argomentazioni della Corte territoriale. L’imputato, infatti, non denunciava una manifesta illogicità della motivazione, ma chiedeva una diversa interpretazione delle prove, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice della legittimità e non del fatto. La sentenza d’appello, secondo la Corte, aveva correttamente e logicamente valorizzato gli elementi a carico, come l’osservazione diretta del comportamento delle lavoratrici, ritenendo irrilevante la mancata scoperta di contratti di lavoro formali, data la natura illecita dell’assunzione.

Anche gli altri motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati. L’esclusione dell’art. 131-bis c.p. era stata logicamente motivata dalla Corte d’Appello con la ripetitività della condotta, avvenuta in due locali diversi. Analogamente, il diniego delle attenuanti generiche era stato ampiamente giustificato sulla base della condotta non collaborativa dell’imputato, dei suoi precedenti penali e dell’assenza di elementi positivi da valutare.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. I motivi devono essere specifici e devono attaccare la logicità e la correttezza giuridica della motivazione della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. In secondo luogo, la decisione evidenzia come una motivazione adeguata da parte del giudice di merito, anche se sintetica, sia sufficiente a giustificare decisioni discrezionali come la determinazione della pena o la concessione delle attenuanti, rendendo arduo un successivo sindacato in sede di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere i motivi già presentati in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove, compito che non rientra nella sua giurisdizione.

Per quale motivo non è stata concessa l’assoluzione per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’assoluzione per particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché il reato era stato commesso in modo ripetuto in due locali diversi, una circostanza che la Corte ha ritenuto incompatibile con la ‘non particolare tenuità’.

Come ha giustificato la Corte il diniego delle attenuanti generiche e la misura della pena?
Il diniego delle attenuanti generiche è stato motivato sulla base della condotta non collaborativa dell’imputato, dei suoi precedenti penali e dell’assenza di elementi positivi. La pena, seppur non minima, è stata considerata adeguata in relazione alla gravità dei fatti e alla personalità negativa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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