Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13310 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13310 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SANT’ANDREA FRIUS il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 17/12/2019 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME e il rigetto del ricorso di COGNOME NOME; udito l’AVV_NOTAIO che, in difensa della parte civile RAGIONE_SOCIALE si associa alle conclusioni del Procuratore Generale per il rigetto o l’inammissibilità de ricorsi e deposita conclusioni scritte; udito l’AVV_NOTAIO che, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME, insiste per l’accoglimento del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO che, in difesa di NOME COGNOME, chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 17/12/2019, depositata il 29/12/2022, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Cagliari il 6/9/2017, preso atto dell’accordo delle parti contenente la rinuncia agli a motivi, ha riconosciuto le attenuanti generiche e ha ridotto la pena ad anni quattro di reclusione inflitta nei confronti di COGNOME NOME e, ritenuto infondato l’appello confermato la condanna nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 112 nr. 1 e 2 e 428 cod. pen., 110, 112 nr. 1 e 2 nr. 1 e 7 cod. pen. e 1141 cod. nav., 11, 112 nr. 1 e 2, 61 n. 2 e 367 cod. pen., 11 0 , 112, nr. 1 e 2, 61 nr. 2 – 5 e 7, 56 e 640 comma secondo nr. 2 bis, cod. pen.
I ricorrenti sono stati rinviati a giudizio e processati per avere dolosamente danneggiato e quindi provocato, anche in concorso con altre persone rimaste ignote o separatamente giudicate, il naufragio di una imbarcazione da diporto denominata Teide e per avere così posto in essere, dopo avere simulato le tracce del reato di furto, atti idone e diretti in modo non equivoco a indurre in errore la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e ottenere, con tali artifici e raggiri, un risarcimento ingiusto dalla RAGIONE_SOCIALE e dai RAGIONE_SOCIALE L
Le sentenze di merito fondano il giudizio di responsabilità sulle prove acquisite nel corso del giudizio attraverso l’audizione dei testimoni e l’analisi dei video delle telecame di sorveglianza, dei tabulati telefonici degli indagati e di cella e dei documenti sequestra
Nel corso del giudizio di appello l’imputato COGNOME ha rinunciato a tutti i motivi eccezione di quelli afferenti al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio e la Corte, preso atto dell’accordo raggiunto sul punto tra la difesa e la Procura generale, ha riformato la sentenza come da richiesta e, ritenuti infondati i motivi di impugnazione proposti dagli altri imputati, ha confermato condanna nei confronti di COGNOME e COGNOME.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi.
3.1. AVV_NOTAIO per NOME COGNOME.
3.1.1. In un unico motivo di ricorso la difesa, facendo riferimento alla recente pronuncia Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 – 01 ai fini dell’ammissibilità del ricorso, ha dedotto la violazione dell’art. 525, comma 2 cod. proc pen. che avrebbe determinato la nullità assoluta della sentenza di primo grado in quanto emessa dal Tribunale in una composizione diversa da quella che ha partecipato all’intero dibattimento. Nello specifico si evidenzia che all’udienza nel corso della quale è stato esaminato il teste NOME COGNOME COGNOMECOGNOME cui dichiarazioni sono citate nella sentenza di pri
grado senza che la testimonianza sia stata oggetto di rinnovazione- ha partecipato un componente del collegio che poi non era presente alla deliberazione della sentenza. Ragione questa per cui la sentenza, anche fondata su prove inutilizzabili, sarebbe nulla e tale violazione, qualificata espressamente come nullità assoluta dal codice, potrebbe essere ora dedotta anche se il ricorrente ha rinunciato al motivo di appello sul punto.
3.2. AVV_NOTAIO per NOME COGNOME.
3.2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, comma 2 cod. proc. pen. e 1, comma 1 bis L. 178 del 2021 con riferimento all’affermazione di responsabilità. Nel primo motivo la difesa rileva che la Corte territoriale, che avrebb fondato la propria conclusione sugli elementi acquisiti dalla lettura dei tabulati telefoni avrebbe omesso di applicare la normativa transitoria prevista dall’art. 1 bis L. 178 del 2021 per cui gli elementi posti a fondamento della dichiarazione di responsabilità non sarebbero sufficienti e, pertanto, gli stessi tabulati non potrebbero essere utilizzati a ca dell’imputato.
3.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, fondato esclusivamente sull’astratta gravità del reato.
3.3. Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per NOME COGNOME.
3.3.1. Nullità della sentenza e vizio di motivazione in relazione alla violazione de diritto alla prova dell’imputato in quanto il Tribunale, anche omettendo di motivare quanto alla revoca dell’ordinanza di ammissione di alcuni testi del pubblico ministero che la difesa aveva chiesto comunque di esaminare, avrebbe limitato il diritto di difesa del ricorrente. Ciò soprattutto laddove si consideri che la dichiarazione che ha reso uno dei testi di cui poi stata revocata l’ammissione, il cui esame era stato effettuato ma non rinnovato, è stata comunque utilizzata nella motivazione della sentenza impugnata.
3.3.2. Violazione di legge in relazione all’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. in quanto la sentenza è stata deliberata da un collegio diverso da quello che ha partecipato a tutte le udienze dibattimentali. Nel secondo motivo la difesa rileva che una delle udienza di primo grado, quella nel quale è stato sentito il teste COGNOME, pure indicato nella motivazio della sentenza, è stata celebrata avanti a un collegio diversamente composto e ciò senza che poi l’audizione del medesimo teste sia stata rinnovata dalla Corte nella composizione che poi ha deliberato la sentenza e che, invece, ha revocato l’ordinanza con la quale ne era stato ammesso l’esame, salvo poi citare le dichiarazioni dello stesso rese nella motivazione.
3.3.3. Violazione di legge in relazione all’inutilizzabilità dei tabulati in assenza di elementi di prova”. Nel terzo motivo la difesa evidenzia che l’affermazione di responsabilità del ricorrente si fonderebbe su prove, i tabulati e i dati di cella, che non sarebbe
utilizzabili in virtù dell’art. 1 bis L. 178 del 2021, che prevede una deroga al principio tempus regit actum.
3.3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 521 e 522 cod proc. pen. in quanto il ricorrente sarebbe stato condannato per un fatto diverso da quello contestato nel capo di imputazione. Nel quarto motivo la difesa rileva che a fronte della sopravvenuta assoluzione di NOME COGNOME il ricorrente sarebbe stato condannato per un fatto differente da quello oggetto dell’originaria contestazione in quanto il venir men dell’intermediazione di COGNOME escluderebbe che il ricorrente possa avere, suo tramite, ideato, promosso, organizzato e diretto le attività degli autori materiali del naufragio.
3.3.5. Vizio di motivazione in ordine alle specifiche doglianze oggetto dell’atto d appello nel motivo IV-8 e dei motivi aggiunti di appello nonché con riferimento al travisamento della prova in merito all’asserito collegamento con i presunti autori materiali del naufragio a seguito dell’assoluzione di COGNOME e per l’assenza di ulteriori prove.
3.3.6. Vizio di motivazione con riferimento al travisamento della prova nell’avere affermato che esiste un collegamento tra NOME e i presunti esecutori materiali del naufragio a fronte della sopravvenuta assoluzione del “trait d’union” in assenza di ulteriori prove.
3.3.7. Vizio di motivazione per avere ritenuto come sufficiente e significativa la prova indiziaria del movente in luogo della prova, anche indiziaria, della condotta. Nel settimo motivo la difesa rileva che l’affermazione di responsabilità sarebbe illogica e incoerente i quanto si fonderebbe, erroneamente, sulla sola esistenza, ritenuta peraltro in termini indiziari, di un movente. Con riferimento al ricorrente, infatti, sarebbero emersi sol elementi indiretti circa la convenienza che lo stesso avrebbe avuto e nulla, invece, risulterebbe quanto alla sua partecipazione all’azione, poiché non ci sarebbe in sostanza alcuna prova relativa alla condotta che il ricorrente avrebbe compiuto o al contributo che lo stesso avrebbe fornito per la realizzazione dell’evento. Situazione questa che, escluso che il movente possa costituire un indizio o, comunque, considerato che questo resterebbe isolato, non consentirebbe di ritenere come provata la responsabilità dell’imputato.
3.3.8. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta circostanza che il ricorrent avesse la disponibilità delle chiavi di accensione rinvenute sull’imbarcazione.
3.3.9. Violazione di legge e vizio di motivazione con specifico riferimento al significat attribuito al contratto di assicurazione stipulato che non si riferirebbe al furto dell’i imbarcazione e che, pertanto, non potrebbe essere letto quale elemento significativo dell’interesse di NOME al naufragio dell’imbarcazione al fine di ottenere il risarcimento che, inoltre, escluderebbe anche alla radice l’ipotizzabilità del reato di tentata truffa.
3.3.10. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del delitto di tentata truffa con riferimento all’idoneità degli atti, erroneamente individu nella semplice comunicazione dell’avvenuto sinistro, atto che non sarebbe sufficiente ad attivare la procedura per il risarcimento del danno.
3.3.11. Violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti contestate. Nell’undicesimo motivo la difesa rileva che:
-la circostanza di cui all’art. 112 nr. 1 cod. pen. sarebbe stata erroneamente ritenuta in quanto gli eventuali autori dei reati sarebbero al massimo quattro e non cinque (riferimento specifico a COGNOME, defunto e responsabilità non accertata);
-a fronte dell’assoluzione di COGNOME la conclusione circa la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 112 nr. 2 cod. pen. sarebbe illogica in quanto il ricorrente non avrebbe potu avere un ruolo di promozione per il tramite di un soggetto la cui responsabilità è stata esclusa;
-l’insussistenza del reato di tentata truffa, infine, imporrebbe di escludere configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 nr. 2 cod. pen.
3.3.12. Nullità della sentenza per omessa sottoscrizione del presidente al di fuori dei casi consentiti dalla legge. Nel dodicesimo e ultimo motivo la difesa eccepisce la nullità della sentenza impugnata in quanto la stessa è stata sottoscritta dal relatore sia in quanto tale che quale consigliere anziano senza che ciò, considerato che il collocamento a riposo non è qualificabile come impedimento assoluto, sia consentito dalla previsione di cui all’art. 546, comma 2, cod. proc. pen.
In data 15 dicembre 2023 è pervenuta in cancellaria una memoria con la quale gli avvocati COGNOME e COGNOME, anche facendo riferimento a recente giurisprudenza di legittimità, hanno approfondito alcuni specifici aspetti relativi alle censure esposte nei motivi: terzo relativo alla retroattività della previsione stabilita per l’utilizzabilità dei tabulati in di ulteriori elementi utili a geo-localizzare gli imputati, presunti autori materiali del quarto nel quale si evidenzia l’erroneità della sentenza per il mancato rilievo attribui all’assoluzione di COGNOME; quinto, nel quale si censura l’illogicità della motivazione che fonda sulla prova indiziaria costituita dal solo movente in assenza di elementi, anche indiretti, circa la condotta che il ricorrente avrebbe posto in essere; dodicesimo, nel qual si eccepisce la nullità della sentenza per la mancata sottoscrizione del presidente perché il pensionamento, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità per l’estensore, non costituisce impedimento assoluto e la sottoscrizione del presidente è, d’altro canto, necessaria in quanto garantisce la corrispondenza tra il ragionamento giustificativo esposto nel provvedimento e quanto deliberato dal collegio (cfr. recente Sez. 2, n. 47935 del 22/11/2023. COGNOME, n.m.).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è complessivamente infondato.
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La corretta instaurazione del rapporto processuale nei suoi confronti impone di annullare senza rinvio la sentenza impugnata in ordine ai reati di cui ai capi B), C) e D) a lui contestati in quanto questi sono estinti per prescrizione.
Le pene inflitte in continuazione per tali reati vanno pertanto escluse e la pena per il residuo reato di cui al capo A) deve essere rideterminata per NOME COGNOME in sei anni di reclusione.
I ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sono inammissibili.
La questione relativa alla nullità della sentenza perché non sottoscritta dal presidente, posta con il dodicesimo motivo di ricorso e nei motivi aggiunti proposti nell’interesse di NOME COGNOME, è preliminare e deve essere affrontata per prima.
La censura è manifestamente infondata.
3.1. L’art. 546 cod. proc. pen. prevede che la sentenza contenga la sottoscrizione del giudice e, nel caso questo sia collegiale, quella del presidente e del relatore.
L’assenza della sottoscrizione determina, ai sensi della specifica disposizione del comma 3, la nullità della sentenza-documento cui segue l’annullamento della stessa affinché si proceda a una nuova stesura della motivazione e alla sottoscrizione del nuovo atto.
L’art. 546, comma 2, cod. proc. pen., d’altro canto, prevede che in caso di “morte o altro impedimento” la sottoscrizione del presidente possa essere apposta dal consigliere anziano.
In tale ipotesi la sentenza è nulla solo qualora manchi l’indicazione che specifica che la sottoscrizione è apposta da un membro diverso del collegio in quanto il presidente è impedito.
Diversamente, come nel caso di specie, quando la causa dell’impedimento è comunque eyidenziata, non si determina alcuna nullità e la giustificazione apposta non è sindacabile nel merito.
L’apprezzamento della situazione di fatto che determina l’impedimento e all’esistenza dello stesso, infatti, è di natura discrezionale e non è previsto il sindacato sede di legittimità sul punto. Ciò in quanto non rientra nei poteri di questa Corte quello de controllo sulla funzione certificatrice del giudice anziano esercitata dopo una verifica dell ricorrenza e valutazione oggettiva dell’impedimento, integrato dalla situazione fattuale indicata (in questi termini Sez. U, n. 600 del 29/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245174 – 01; Sez. 3, n. 10093 del 23/01/2020, COGNOME, Rv. 278407 – 01; Sez. 3, n. 13942 del 03/03/2022, COGNOME, Rv. 283130 – 01; Sez. 4, n. 22719 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 267181 – 01; e nello stesso Sez. 2, n. 47935 del 22/11/2023. COGNOME, n.m. citata dalla
difesa che nella motivazione specifica che la sentenza è nulla se l’impedimento del presidente non è “giustificato espressamente”).
Nell’unico motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e nel secondo motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME le difese deducono la violazione dell’art. 525 cod. proc. pen. in quanto la sentenza di primo grado sarebbe stata pronunciata da un collegio giudicante in composizione diversa da quello che ha partecipato alla celebrazione del processo.
4.1. Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti e la doglianza, comunque, per le ragioni esposte nel punto 4.2., è manifestamente infondata.
4.1.2. La sentenza nei confronti del ricorrente è stata pronunciata dalla Corte territoriale sull’accordo delle parti.
Tale accordo, come delineato con la formulazione dell’art. 599 bis cod. proc. pen. prevede che le parti concordino in tutto o in parte l’accoglimento dei motivi di appello rinunciando, contestualmente, agli altri e diversi motivi presentati.
A seguito di tale espressa rinuncia si determina una preclusione processuale che, ai sensi dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., determina l’inammissibilità del ricorso eventualmente proposto per motivi diversi da quelli relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102 – 01).
A seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, infatti, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599 bis cod. proc. pen., non è tenuto a pronunciarsi in ordine al proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né in merito alla sussistenza o meno di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell’effetto devol proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata alle sole richieste non oggetto di rinuncia (Sez. U, 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 – 01Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522 – 01; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME e altro, Rv. 272853 – 01).
4.1.2. Una diversa conclusione, d’altro canto, non può essere tratta, come prospettato nell’atto di ricorso, dalla recente sentenza delle Sezioni Unite n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 – 01.
La citata pronuncia, infatti, si riferisce alla specifica situazione che si determina caso in cui il termine di prescrizione sia maturato interamente in data anteriore a quella i cui è stata emessa la sentenza di appello.
Il presupposto della decisione, pertanto, non è costituito dalla deducibilità o meno della questione ovvero della preclusione processuale determinata dalla rinuncia ai motivi di appello quanto dall’impossibilità di equiparare la rinuncia ai motivi di impugnazione all rinuncia alla prescrizione che, in assenza di una espressa dichiarazione in tal senso, ove già maturata, comporta un effetto sostanziale, l’estinzione del reato, che il giudice è tenut comunque a dichiarare e che, in caso di mancata pronuncia sul punto può costituire, per ciò solo, valido motivo di ricorso (Sezioni Unite n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 – 01; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819 – 01).
4.2. La doglianza proposta da NOME COGNOME è manifestamente infondata.
4.2.1. La previsione di cui all’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. in ordine alla nullità derivante dalla violazione del principio di immutabilità e, conseguentemente, la questione in tema di rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del giudice sono state di recente affrontate dalle Sezioni Unite nelle sentenze COGNOME (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 01) e risolte anche facendo riferimento ai principi già enucleati nella precedente sentenza COGNOME (Sez. U, n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212395 – 01).
4.2.2. Nella più recente pronuncia questa Corte ha ribadito che la norma stabilisce che alla deliberazione della sentenza (che deve aver luogo subito dopo la chiusura del dibattimento) «concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento» evidenziando espressamente che tale formulazione è da intendersi nel senso che l’intero “dibattimento” deve svolgersi dinanzi al giudice nella composizione che provvederà alla deliberazione conclusiva.
Nella lettura delle Sezioni Unite con il termine “dibattimento” deve intendersi tutta l’attività che intercorre dalla dichiarazione di apertura sino alla formale dichiarazione chiusura e, pertanto, le prove eventualmente acquisite da un giudice in diversa composizione devono essere nuovamente acquisite.
In una corretta prospettiva interpretativa, d’altro canto, si deve ritenere che non sia necessario rinnovare anche. i provvedimenti emessi in precedenza dal giudice diversamente composto (come l’ordinanza che ha ammesso le prove) in quanto questi, se non espressamente revocati o modificati, conservano efficacia.
Secondo le Sezioni Unite, infatti, la garanzia dell’immutabilità del giudice non attribuisce alle parti il diritto di vedere inutilmente reiterati, pedissequamente e sen alcun beneficio processuale, le attività già svolte e provvedimenti già emessi, con immotivata dilazione dei tempi di definizione del processo cui la parte può in astratto avere di fatto un interesse che, tuttavia, l’ordinamento non legittima e non tutela, bensì quell
sostanziale di poter nuovamente esercitare, a seguito del mutamento della composizione del giudice, le facoltà previste dalle predette disposizioni, ad esempio chiedendo di presentare nuove richieste di prova, che andranno ordinariamente valutate (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 01).
4.2.3. In tale situazione, quindi, l’ordinanza ammissiva delle prove resa ex art. 495 cod. proc. pen. dal giudice precedente conserva efficacia anche se può essere modificata o revocata espressamente dal giudice nella composizione sopravvenuta.
A seguito del mutamento della composizione del giudice, infatti, le parti possono esercitare nuovamente le facoltà loro attribuite dagli artt. 468 e 493 cod. proc. pen. ovvero presentare nuove richieste di prova al giudice chiamato a pronunciare la sentenza (così già Sez. U, n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212395 – 01).
Anche in questo caso, d’altro canto, in assenza di una qualsivoglia specifica disciplina, il procedimento di ammissione della prova è stabilito dal combinato disposto degli artt. 468 e 493 cod. proc. pen. e le regole riguardanti l’ammissione delle stesse non mutano per effetto della disposta rinnovazione del dibattimento per cui si deve ripetere la sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 492 cod. proc. pen.), dalle richieste di ammissione delle prove (art. 493 cod. proc. pen.), dai provvedimenti relativi all’ammissione (art. 495 cod. proc. pen.) e dall’assunzione delle prove secondo le regole stabilite negli artt. 496 ss. cod. proc. pen. (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 01).
4.2.4. In questa prospettiva, per l’audizione dei testimoni e per la rinnovazione dell’esame di quelli già sentiti dal giudice diversamente composto, si deve fare riferimento a quanto indicato nella lista testi originariamente depositata ex art. 468 cod. proc. pen. e quando la parte vi abbia proceduto, a quella presentata successivamente.
Ne consegue che la facoltà di chiedere la rinnovazione degli esami testimoniali può essere esercitata soltanto da chi ha indicato il soggetto da riesaminare nella lista ritualmente depositata e che la parte che non abbia indicato il nominativo del dichiarante il cui esame deve essere rinnovato e le circostanze sulle quali questo deve vertere non ha diritto all’ammissione, ma può soltanto sollecitare il giudice, all’esito dell’istru dibattimentale, a disporre la nuova assunzione delle prove già precedentemente assunte dal collegio diversamente composto ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. (tutte, o anche una soltanto), sempre che ricorrano le condizioni di assoluta necessità ai fini dell’accertamento della verità richieste da quest’ultima disposizione (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 01; Sez. 5, n. 39764 del 29/05/2017, COGNOME, Rv. 271848 – 01; Sez. 1, n. 13338 del 04/03/2015, COGNOME, Rv. 263095 – 01; Sez. 6, n. 23025 del 09/02/2004, COGNOME, Rv. 229915 – 01).
4.2.5. In ordine alle richieste delle parti, come detto, le regole riguardan l’ammissione delle prove non mutano per effetto della disposta rinnovazione del
dibattimento e al giudice è attribuito il potere-dovere di valutare, ai sensi degli arti 495, comma 1, e 190, comma 1, cod. proc. pen., l’eventuale manifesta superfluità della reiterazione degli esami in precedenza svolti dinanzi al giudice diversamente composto che, conseguentemente, possono legittimamente non essere ammessi senza che tale decisione sottintenda l’implicita rinunzia alla valutazione delle risultanze del precedent esame in quanto ciò che, in ipotesi, si riterrebbe superflua è la ripetizione pedissequa dell’esame, non l’esame stesso (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 01)
I verbali di dichiarazioni rese dai testimoni in dibattimento dinanzi a giudice i composizione successivamente mutata, d’altro canto, fanno legittimamente parte del fascicolo del dibattimento (dove non “confluiscono”, bensì “permangono”) e di questi è consentita ai sensi dell’art. 511, comma 2, cod. proc. pen. la lettura (e la conseguente utilizzazione ai fini della decisione) anche in difetto del consenso delle parti, sul pun ininfluente, se, per qualsiasi ragione, «l’esame non abbia luogo», cioè se la prova è divenuta medio tempore irripetibile, se le parti non hanno richiesto la rinnovazione dell’esame, ovvero il giudice, valutando detta rinnovazione (richiesta della parte legittimata ex art. 468 cod. proc. pen.) manifestamente superflua, abbia deciso di non ammetterla (sempre Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 01 che espressamente evidenzia che il consenso della parte non è necessario, cfr. pagine 24 e 25).
4.3. Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata i principi indicati.
4.3.1. I termini della questione.
Dopo alcune udienze nelle quali non c’è stata alcuna attività istruttoria i dibattimento si è aperto avanti al collegio composto dai giudici COGNOME che ha ammesso le prove e proceduto all’acquisizione delle stesse sino all’udienza del 18 dicembre 2015, che si è tenuta avanti al collegio COGNOME
COGNOME
COGNOME.
Nel corso dell’udienza del 18 dicembre sono stati sentiti i testimoni NOME COGNOME e NOME COGNOME.
All’udienza successiva dell’Il marzo 2016 le parti hanno chiesto di rinnovare l’audizione dei testi del pubblico ministero sino ad allora sentiti e il processo è stato rinv all’udienza dell’8 aprile 2016 per procedere in tal senso.
L’8 aprile, preso atto della possibilità che potesse essere ricostituito il colleg originario, il processo è stato rinviato all’udienza del 17 giugno 2016.
In tale udienza, davanti al collegio COGNOME
COGNOME
COGNOME, quello originario, le difese hanno chiesto di rinnovare l’esame dei testi COGNOME e COGNOME, gli unici sentiti davant a un collegio parzialmente diverso.
L’esame del teste COGNOME è stato immediatamente effettuato mentre non è stato possibile procedere a quello del teste COGNOME, assente sia in tale circostanza, così come per le successive udienze del 30 settembre 2016 e 19 gennaio 2017.
Il 19 gennaio 2017 il pubblico ministero ha rinunciato all’esame di NOME COGNOME e il Tribunale, preso atto dell’opposizione della difesa, ha disposto la revoc dell’ammissione ritenendone manifestamene superflua l’audizione.
Nella motivazione della sentenza di primo grado il Tribunale ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME nel corso dell’esame reso in data 18 dicembre 2015.
4.3.2. Dalla progressione processuale, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, risulta evidente che la questione non si pone nei termini della nullità della sentenza ai sensi dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. quanto, piuttosto, in quelli dell’utilizzabilità o meno della testimonianza resa dal teste COGNOME.
La sentenza, infatti, è stata deliberata dal medesimo collegio che ha acquisito tutte le prove, anche mediante la rinnovazione del segmento costituito dall’udienza del 18 dicembre 2015, e non si è pertanto determinata alcuna nullità.
4.3.3. La conclusione della Corte territoriale che ha ritenuto che le dichiarazioni rese dal testimone sono utilizzabile benché questo non sia stato nuovamente esaminato dal collegio nella composizione che ha poi deliberato la sentenza è corretta.
Come evidenziato nella sentenza impugnata infatti:
l’ordinanza con la quale è stata disposta la revoca dell’ammissione del teste NOME COGNOME è legittima e non è sindacabile in questa sede:
-il testimone NOME COGNOME era indicato nella sola lista testi originariamen presentata dal pubblico ministero e le difese, dopo la modifica della composizione del collegio dell’udienza del 18 dicembre 2015, non hanno depositato (in tempo utile per l’udienza del 17 giugno 2016) una nuova lista testi indicandolo espressamente;
-il provvedimento è stato assunto sentite le parti, è motivato e non è stata eccepita alcuna nullità dello stesso in ordine alla superfluità della prova orale, pure a fro dell’acquisizione della relazione scritta, considerate) documento legittimamente acquisito e utilizzabile;
il Tribunale, in assenza di una rituale richiesta di parte, prospettabile solo se teste fosse stato inserito nella propria lista testi, non aveva alcun obbligo di procedere al rinnovazione dell’esame alla quale, pertanto, avrebbe potuto procedere solo nei limiti di cui all’art. 507 cod. proc. pen., senza che peraltro le stesse difese avessero allor evidenziato quali fossero le circostanze, ulteriori e diverse, per le quali la rinnovazio dell’esame del testimone COGNOME era assolutamente necessario.
Le dichiarazioni sono state ritualmente acquisite mediante lettura: il verbale con le trascrizioni delle dichiarazioni rese dal teste nel corso dell’esame era contenuto ne
fascicolo e le stesse, pertanto, con la formale dichiarazione di chiusura del dibattimento e di utilizzabilità degli atti, sono state ritualmente acquisite, ciò anche se la rinnovazi dell’esame non ha avuto luogo.
Il contenuto delle dichiarazioni è comunque equivalente a quello della relazione redatta dal teste COGNOME, documento ritualmente acquisito e utilizzabile.
4.4. Sotto altro e per certi aspetti dirimente profilo, infine, appare anche opportuno rilevare che la doglianza è comunque formulata in termini aspecifici.
Il ricorrente che denuncia l’inutilizzabilità di una prova, infatti, a dell’ammissibilità del ricorso, è tenuto a effettuare la c.d. prova di resistenza, deve ci illustrare l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento sulla tenuta logica della pronuncia resa, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’ide convincimento (Sez. 2, n. 11283 del 03/02/2023, Gallone, Rv. 284600 – 01; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; nello stesso senso, Sez. 5, n. 31823 dei 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 01).
Nel caso di specie tale verifica non è stata effettuata e il ricorso, pertanto, è pri della richiesta specificità.
Dalla lettura delle sentenze di merito, comunque, risulta evidente che l’eliminazione delle dichiarazioni rese dal teste, citate quasi incidentalmente nella motivazione della sentenza di primo grado e richiamate in quella impugnata, non determinerebbe la disarticolazione del ragionamento posto a giustificazione della conforme affermazione di responsabilità degli imputati.
Nel primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME la difesa deduce la nullità della sentenza e il vizio di motivazione in relazione alla violazio del diritto alla prova dell’imputato in quanto il Tribunale, anche omettendo di motivare quanto alla revoca dell’ordinanza di ammissione di alcuni testi del pubblico ministero che la difesa aveva chiesto comunque di esaminare, avrebbe limitato il diritto di difesa del ricorrente.
La doglianza è infondata.
5.1. Non risulta, tanto che nel ricorso non se ne parla, che la difesa abbia eccepito la nullità delle ordinanze con cui è stata disposta la revoca dell’ammissione di alcuni testimoni, e l’eventuale nullità sul punto, pertanto, è sanata.
5.1.1. I poteri del giudice in ordine all’ammissione delle prove sono regolati dall’art 495 cod. proc. pen. che stabilisce che il giudice provvede sentite le parti.
Ai sensi del primo comma della norma il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza in merito alla richiesta di ammissione delle prove operando una valutazione in ordine alla pertinenza, rilevanza e non manifesta superfluità delle stesse.
Il secondo comma si riferisce allo specifico caso della c.d. controprova e comporta, sempre sentite le parti, una valutazione in ordine alla decisività della stessa.
Ai sensi del quarto comma del medesimo articolo, il giudice decide sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine all’ammissibilità delle prove e ha il potere, ritenut superfluità sopravvenuta, di revocare l’ammissione di prove già ammesse ovvero, di contro, di ammettere prove in precedenza escluse (Sez. 5, n. 8422 del 14/01/2020, COGNOME, Rv. 278794).
Come previsto dalla norma tutti questi provvedimenti devono essere assunti sentite le parti.
Per tali aspetti, quindi, l’ordinanza è da ritenersi affetta da nullità qualora la ste sia stata pronunciata in assenza del previsto contraddittorio.
Qualora le parti siano state sentite, d’altro canto, l’ordinanza deve riteners validamente emessa e ogni eventuale e ulteriore questione, che si riferisce al contenuto dell’ordinanza e alla statuizione in essa contenuta, deve essere oggetto di specifica eccezione da presentarsi, ai sensi dell’art. 182 comma 2 cod. proc. pen., non appena si prende atto della motivazione del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 7455 del 13/11/2020, Patasanu, n.m. e Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Polise, Rv. 279166 con specifico riferimento al vizio di motivazione quanto alla ritenuta superfluità de teste; Sez. 5, n. 32 del 3/12/2020 dep. 2021, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D.M., Rv. 271732; Sez. 2, n. 9761 del 10/02/2015, COGNOME, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 257891, Sez. 5, n. 18351 del 17/02/2012, COGNOME, Rv. 252680)
5.2. Nel caso di specie.
I provvedimenti pronunciati dal Tribunale in ordine all’ammissione e alla revoca dell’ordinanza con la quale era stato disposto l’esame dei testi sono stati pronunciati, correttamente, in contraddittorio e sotto tale profilo non sono affetti da alcun vizio.
I testi erano stati indicati nella sola lista testi originariamente depositata pubblico ministero e il loro esame era stato ammesso dal Tribunale, sentite le parti.
L’esame di tali testi, d’altro canto, non era stato ammesso come prova c.d. contraria ai sensi dell’art. 495 comma 2 cod. proc. ma era stato correttamente oggetto dell’ordinaria valutazione in ordine all’ammissione o meno delle prove sotto un profilo di pertinenza, rilevanza e non manifesta superfluità e il Tribunale ne ha pertanto disposto l’ammissione ai sensi dell’art. 495 comma 1 cod. proc. pen.
L’ordinanza con la quale i testi erano stati ammessi, valutato successivamente che la sussistenza o meno dei fatti oggetto dei capi di imputazione poteva essere compiutamente vagliata alla luce dell’istruttoria espletata e che il prosieguo appariva superfluo, è stata revocata, sempre sentite le parti.
A fronte del provvedimento così correttamente pronunciato la difesa, nei termini previsti dall’art. 182 cod. proc. pen., esclusa una generica richiesta di procedere comunque
all’esame, non ha formulato alcuna osservazione né ha formalizzato alcuna eccezione circa il contenuto o il tenore delle statuizioni contenute nell’ordinanza che prevedeva la revoca dell’ammissione del teste.
La successiva doglianza quanto all’illegittimità della revoca, formulata sul punto solo con i motivi d’appello, pertanto, a nulla rilevando la circostanza che la difesa si fos opposta alla revoca nella precedente e diversa fase, è da ritenersi tardiva e l’eventuale vizio deve ritenersi sanato (Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Polise, Rv. 279166 – 01; Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D.M., Rv. 271732 – 01).
iii. La stessa doglianza, in ogni caso, è infondata.
La valutazione del Tribunale circa la superfluità dell’audizione dei testi, effettuat in assenza di specifiche indicazioni circa la necessità di procedere alla rinnovazione dell’esame, pure considerato che la difesa non aveva ritenuto di indicare tali testi in una propria lista (anche eventualmente depositata al solo fine di ottenere la rinnovazione dell’esame in udienza di quelli già sentiti), appare adeguata e coerente e comunque, in assenza di palesi ed evidenti illogicità, non può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità (cfr. pagine 26 e 27 della sentenza impugnata).
iv. Il rispetto della disciplina prevista per l’emissione e la revoca dei provvedimenti in materia di prove esclude che vi sia stata qualsivoglia violazione del diritto di difesa.
Nel primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e nel terzo motivo dell’impugnazione e nei motivi aggiunti proposti da NOME COGNOME, le difese deducono la violazione di legge in relazione alla ritenuta utilizzabilità dei tabulati in asse di “altri elementi di prova” evidenziando che l’affermazione di responsabilità dei ricorrent si fonderebbe su prove, i tabulati e dati telefonici di cella, che non sarebbero utilizzabil virtù del sopravvenuto art. 1 bis L. 178 del 2021, che prevede una deroga al principio tempus regit actum.
La doglianza è manifestamente infondata.
6.1. Il D.L. 132 del 2021 ha adeguato la disciplina prevista dall’art. 132 D.L. n. 196 del 2003 ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 2 marzo 2021
Per effetto della modifica l’acquisizione dei tabulati telefonici e dei dati relati traffico telefonico e telematico può essere effettuata solo per i reati tassativamente indicati, deve essere richiesta dal pubblico ministero e deve essere disposta (ovvero successivamente convalidata qualora l’organo dell’accusa l’abbia disposta in via di urgenza) dal giudice che procede.
In deroga al principio generale tempus regi actum che opera per le norme processuali il legislatore, in sede di conversione, ha inserito una specifica norma transitori per la quale i dati già acquisiti nei processi in corso possono essere utilizzati a cari
dell’imputato “unitamente ad altri elementi di prova” quale requisito di compensazione della mancanza di un provvedimento giudiziale di autorizzazione all’acquisizione stessa, necessario nella disciplina a regime (per una compiuta ricostruzione della normativa e per l’incidenza della norma transitoria cfr. Sez. 2, n. 11283 del 3/2/2023, Gallone, Rv 284600 – 01 e da ultimo Sez. 3, n. 47034 del 17/10/2023, Biello, Rv. 285419 – 01; anche Sez. 3, n. 11991 del 31/01/2022, COGNOME, Rv. 283029 – 01).
Con la locuzione “altri elementi di prova,” come evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte, si fa riferimento a elementi che non sono predeterminati nella specie e nella qualità e che, pertanto, possono essere di qualsiasi tipo e natura ed essere costituiti sia da prove storiche dirette che indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera conseguenzialità logica, a corroborare il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma (Sez. 3, n. 47034 del 17/10/2023, Biello, Rv. 285419 – 01; Sez. 5, n. 8968 del 24/2/2022, COGNOME, Rv. 282989 – 01 che riprende sul punto Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 213, Aquilina, Rv. 255145 – 01).
6.2. La disciplina transitoria così introdotta si applica a tutti processi pendent anche al giudizio di legittimità non essendo in questa fase ancora esaurito il procedimento probatorio (Sez. 2, n. 11283 del 3/2/2023, Gallone, Rv 284600 – 01).
Il giudice del controllo, pertanto, è tenuto a verificare la tenuta del ragionamento sviluppato ai fini dell’affermazione di responsabilità che non può, in tali specifiche ipote essere fondata esclusivamente sui dati esterni del traffico telefonico ma deve essere il risultato di una valutazione complessiva nella quale questi vanno considerati “unitamente” agli altri elementi esterni e ulteriori, che, come richiesto per i riscontri richiesti dichiarazione di correo e per la valutazione della prova indiziaria, non devono avere comunque ex se un’efficacia rappresentativa tale da poter condurre autonomamente alla dichiarazione di responsabilità.
6.3. Nel caso di specie, sebbene la norma transitoria non fosse ancora entrata in vigore alla data in cui è stata pronunciata la sentenza, i tabulati telefonici e i dati es del traffico telefonico, come gli elementi desumibili dalle celle impegnate dalle utenze riferibili agli imputati, sono stati correttamente utilizzati.
La sentenza impugnata, così come la pronuncia di primo grado, infatti, soddisfa pienamente la nuova regola di valutazione dell’efficacia probatoria dei tabulati telefonici in quanto l’affermazione di colpevolezza degli imputati è stata argomentata dalla Corte territoriale non ricorrendo ai soli dati esteriori del traffico telefonico ma anche facen riferimento ad altri elementi probatori, dotati di efficacia rappresentativa idonea corroborare quanto emergeva dai primi e a condurre all’affermazione di responsabilità.
6.3.1. In ordine alla posizione di NOME COGNOME il ragionamento sviluppato dai giudici di merito, nel quale pure si inserisce in termini puntuali l’analisi dei tabulati e delle agganciate la notte del 1° dicembre 2010, tiene conto e si fonda anche:
-sulle videoriprese effettuate dalle telecamere di sicurezza installate nel Porto di Capitana e nel circolo di rimessaggio L’Approdo;
-sulle testimonianze rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME circa le richieste loro effettuate di utilizzare lo scivolo per mettere in mare il gommone che era trasportato sul carrello del quale era dotata la macchina quella notte con a bordo il ricorrente;
-sul riconoscimento di COGNOME come l’accompagnatore di COGNOME effettuato da NOME COGNOME in fotografia;
-sulla persistenza dei tentativi effettuati per uscire in mare, nonostante i rifi proprio in quel tratto di costa, anche distante da Cagliari, da dove provenivano;
-sul commento che il Porto di Capitana sarebbe stato “più vicino” che avevano fatto COGNOME e COGNOME dopo che era fallito il primo tentativo di ammaraggio, intendendo riferirsi al punto in cui dovevano recuperare COGNOME.
Diversamente da quanto indicato nel ricorso, in conclusione, l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME si fonda su di una valutazione complessiva nella quale i giudici di merito hanno correttamente utilizzato i dati relativi al traffico telefonico e ciò anche riferimento alla normativa transitoria sopravvenuta.
Tale conclusione, così come la motivazione sul punto, appare adeguata e coerente in ordine a tutte le ipotesi di reato contestate al ricorrente a titolo di concorso.
6.3.2. La conclusione cui sono pervenuti entrambi i giudici di merito in ordine alla responsabilità di NOME COGNOME è il risultato di una valutazione articolata e completa nella quale i dati telefonici acquisiti, pure incidentalmente citati, non assumono diriment rilievo (cfr. pagine da 11 a 17 della sentenza impugnata e, soprattutto, le pagine da 35 a 42 nelle quali sono analiticamente analizzati e valutati gli indizi posti a fondamento de giudizio in ordine alla responsabilità del ricorrente nella commissione dei reati).
Sotto il profilo che qui interessa, comunque, gli stessi, che anche in questo caso sono stati considerati unitamente agli altri elementi acquisiti, sono utilizzabili anche a luce della disciplina transitoria.
6.4. Alle considerazioni esposte, infine, si deve aggiungere che entrambi i ricorsi sono sul punto inammissibili in quanto privi della necessaria specificità.
I ricorrenti, infatti, come pure già evidenziato in precedenza nel punto 4.4., hanno omesso di effettuare, nei confronti dei dati telefonici di cui si è denunciata l’inutilizzab la c.d. prova di resistenza in base alla quale, allorquando con il ricorso per cassazione s lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illus l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini sulla pronuncia resa, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez 11283 del 03/02/2023, Gallone, Rv. 284600 – 01; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME
COGNOME, Rv. 270303 – 01; nello stesso senso, Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 01).
7. Nel quarto motivo del ricorso nei motivi aggiunti proposti nell’interesse di NOME COGNOME la difesa deduce la violazione e il vizio motivazione in relazione articoli 521 e 522 cod. proc. pen. in quanto il ricorrente, a fronte della sopravvenuta assoluzione di NOME COGNOME, sarebbe stato condannato per un fatto diverso da quello oggetto dell’originaria contestazione poiché il venir meno dell’intermediazione di COGNOME escluderebbe che l’imputato possa avere commesso il fatto così come specificamente contestato, cioè di avere ideato, promosso, organizzato e diretto le attività degli autor materiali del naufragio attraverso il concorso con un soggetto ora assolto. Ciò soprattutto considerato che non risulterebbe in atti che NOME COGNOME abbia mai avuto contatti diretti con gli esecutori materiali del reato.
La doglianza è infondata.
7.1. Le norme che disciplinano le nuove contestazioni, la modifica e la correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, hanno lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa, e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato
Le stesse, pertanto, non devono essere interpretate in senso rigorosamente formale ma con riferimento alle finalità alle quali sono dirette e non possono perciò ritenersi viola da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui l’imputazione venga mutata nei suoi elementi essenziali così da determinare incertezza e pregiudicare il concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, n. 24932 del 10/02/2023 COGNOME, Rv. 284846 – 04).
La violazione del principio di correlazione tra l’accusa e l’accertamento contenuto in sentenza, quindi, si verifica solo quando il fatto accertato si trovi, rispetto a qu contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale tale da recare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 2, n. 30488 del 09/12/2022, dep. 2023 COGNOME, Rv. 284953 – 01; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015 – dep. 03/02/2016, Addio e altri, Rv. 265946 – 01).
Perché il mutamento sia rilevante, infatti occorre che si sia verificata una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezz sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della dife Ragione questa per cui, di conseguenza, l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, s venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto
dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010 – dep. 13/10/2010, COGNOME, Rv. 248051 – 01; Sez. 3, n. 24932 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284846 – 04; Sez. 2, n. 30488 del 09/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284953 – 01).
Con specifico riferimento all’ipotesi di una contestazione formulata nei termini del concorso, d’altro canto, la violazione del principio di correlazione si verifica nel solo ca in cui la modifica del fatto sia tale da determinare una trasformazione essenziale di quanto addebitato, quando cioè la condotta ritenuta in sentenza si pone in un rapporto di eterogeneità totale con la contestazione originaria e non quando tra le due vi sia un rapporto di continenza (così da ultimo Sez. 2, n. 30488 del 09/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284953 – 01 per cui non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l’imputato, cui sia stato contestato di essere l’autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale; nonché Sez. 2, n. 15928 del 25/03/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 4876 del 02/12/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 12207 del 17/03/2015, COGNOME, Rv. 263017-01).
7.2. Nel caso di specie a NOME COGNOME il reato di cui al capo A) era contestato perché quale “utilizzatore e titolare di fatto del contratto di leasing, ideava, promuoveva organizzava e dirigeva l’attività delle altre persone”.
Tale condotta coincide esattamente con quella ritenuta nella sentenza di primo e di secondo grado e, pertanto, non vi è stata alcuna violazione del principio di cui agli art 521 e 522 cod. proc. pen.
La Corte territoriale, infatti, come adeguatamente evidenziato nella motivazione della sentenza impugnata, ha dato adeguato e coerente conto di avere fondato l’affermazione di responsabilità del ricorrente proprio dando conto della sussistenza delle condotte contestate, cioè di essere il reale utilizzatore e titolare del contratto di leasin di avere ideato, promosso, diretto e organizzato l’attività dei concorrenti del reato.
Sul punto i riferimenti contenuti da pagina 28 a pagina 32 della sentenza impugnata sono specifici e si saldano e integrano con quanto già indicato dal giudice di primo grado, riportato da pag. 16, che pure aveva evidenziato come la condotta del ricorrente fosse collegata a quella di COGNOME, nel frattempo deceduto.
Sotto tale profilo la sopravvenuta assoluzione di NOME COGNOME -al quale il reato era contestato quale soggetto che aveva assicurato il flusso di notizie e di disposizioni tra NOME e gli altri autori del reato- non determina un mutamento essenziale del fatto originariamente contestato e, in effetti, ritenuto anche nella sentenza.
A fronte degli elementi acquisiti ed evidenziati, infatti, il segmento di condott collegato alla partecipazione di NOME al reato si pone quale elemento ulteriore e non esclusivo, tanto che l’eventuale eliminazione della condotta a questo attribuita non pone alcun problema quanto alla tenuta logica del ragionamento seguito ai fini della ritenuta responsabilità di NOME.
Né, soprattutto, può ritenersi che l’eventuale eliminazione di tale elemento accidentale abbia determinato un pregiudizio alla difesa che nel corso del processo si è confrontata con la medesima condotta poi ritenuta nella sentenza.
Nei motivi cinque, sei, sette e otto del proprio ricorso NOME COGNOME deduce il vizio di motivazione, anche con riferimento al travisamento della prova, quanto alla dichiarazione di responsabilità in ordine, in specifico, al rilievo (non)attrib all’assoluzione di NOME COGNOME, al ruolo di “trait d’union” che questo avrebbe avuto, al valore indiziario riconosciuto al movente che avrebbe avuto il ricorrente piuttosto che alla condotta che avrebbe in concreto posto in essere e, infine, quanto allo sua presunta disponibilità delle chiavi dell’imbarcazione.
Le doglianze sono infondate.
8.1. In assenza di una prova rappresentativa direttamente riferibile alla condotta contestata, la verifica della fondatezza dell’ipotesi formulata nell’imputazione si dev sviluppare attraverso un ragionamento di tipo abduttivo teso a verificare la correlazione tra il fatto principale da provare e i fatti secondari, capaci, in rapporto al loro conte informativo, di evidenziare ovvero di escludere la corrispondenza al vero dell’enunciato introdotto nell’atto di accusa (Sez. 1, n. 47378 del 7/12/2021, NOME, n.m.).
In tali situazioni il giudice deve fare riferimento al paradigma previsto dall’art. 19 comma 2, cod. proc. pen. per cui la valutazione della prova critico-indiziaria, prese le mosse dalla certezza del singolo elemento (Sez. 1, n. 18149 del 11/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266882 – 01; Sez. 5, n. 29877 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 279699 – 01), deve essere effettuata nell’ambito di una lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio che implica come operazione propedeutica che ogni elemento indiziario sia verificato singolarmente (ciascuno nella ‘propria valenza qualitativa e ne grado di precisione e gravità) e poi valorizzato, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678 – 01; Sez. 1, n. 47378 del 7/12/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 29877 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 279699 – 01).
Solo quando l’attitudine rappresentativa della prova di natura indiziaria o critica si conseguita con il richiesto rigore metodologico, infatti, si può ritenere che quest costituisca uno strumento qualificato al pari della prova diretta o storica da pote giustificare e sostanziare il principio del c.d. libero convincimento del giudice ai fini d dichiarazione di responsabilità (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230 01).
8.2. Come di recente evidenziato l’elemento de “l’interesse” può rappresentare un indizio utile ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. ove risponda ai requisiti
certezza, gravità e precisione, ma richiede, poi, la convergenza di ulteriori circostanze che, valutate prima singolarmente e poi globalmente, ne comportino la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. 5, n. 29877 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 279699 – 01; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678 – 01).
Nel caso in cui non vengono in rilievo una pluralità indeterminata di possibili “moventi” (che privano l’elemento del pre-requisito della “certezza”), ma emergano elementi significativi circa l’esistenza di un interesse preciso di un soggetto che è intrinse alla condotta e che viene reso manifesto dalla stessa struttura e declinazione dell’illecit nel caso concreto, infatti, la situazione è diversa da quella si ha quando tale elemento rientra in una generica ed equivoca individuazione di un’area di “interesse” al compimento del delitto che costituisce solo ragione di sospetto, supposizione o argomento congetturale (Sez. U. n. 45276 del 30/10/2003, in motivazione, paragrafo 7.7.2.).
In tali termini e con tali precisazioni, pertanto, si deve ribadire che «In tema adeguatezza della motivazione, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza del giudice di appello che fondi il giudizio di colpevolezza sul principio del “cui prodest”, qualo esso sia supportato da altri elementi di fatto di sicuro valore indiziante» (da ultimo Sez. 5 n. 29877 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 279699 – 01; Sez. 3, n. 15755 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279271; conf. Sez. 5, n. 12329 del 04/03/1988, COGNOME, Rv. 179918).
8.3. Nel caso di specie la Corte territoriale, la cui motivazione si salda e integra co quella del giudice di primo grado, espressamente riportata nella prima parte della sentenza, ha dato adeguato conto del ragionamento inferenziale seguito e delle ragioni per le quali, all’esito di una valutazione complessiva e attenta del compendio indiziario acquisito, ha ritenuto di confermare la dichiarazione di responsabilità dell’imputato.
Il giudice d’appello, infatti, tenendo conto di tutte le censure formulate nell’atto appello e nei motivi nuovi anche in ordine all’assoluzione di NOME COGNOME, ha fatto riferimento agli elementi -tra i quali la riferibilità al ricorrente dell’imbarcazione, l’ attivato per farla trasferire da un porto a un altro quando il contratto a lui intestato ormai risolto, l’essere il destinatario di alcune fatture relative al natante, l’avere effettuare una perizia al fine di rivendere la Teide a un prezzo migliore ovvero per aumentare la somma assicurata, il mantenimento delle chiavi (cfr. pagine 35 -38 della sentenza impugnata)- sui quali ha fondato la conclusione in termini di responsabilità.
La valutazione così effettuata appare coerente e logica e la motivazione sul punto non è pertanto sindacabile.
8.3.1. Nel complesso degli elementi indicati, d’altro canto, la sopravvenuta assoluzione di NOME COGNOME risulta irrilevante in quanto l’eliminazione di tale dato, come già in precedenza evidenziato, non pone alcun problema di tenuta del ragionamento posto a fondamento dell’affermazione di responsabilità.
Al di là delle ragioni che hanno determinato l’assoluzione di COGNOME, infatti, come espressamente indicato a pag. 40 della sentenza impugnata, non risulta esserci tra le due pronunce una incompatibilità fattuale o anche solo logica tale da disarticolare la valenza indiziaria del compendio che risulta essere stato valutato dalla Corte territoriale in termi coerenti e adeguati e le ragioni per le quali, seppure implicitamente, sono stati ritenut ininfluenti gli argomenti e le considerazioni che la difesa ha sviluppato sul punto.
Ciò anche considerato che il giudice di appello ha correttamente valorizzato la condotta posta in essere da COGNOME, soggetto coinvolto personalmente e direttamente dal ricorrente, che ha gestito i rapporti con gli esecutori materiali del reato di cui al capo A poi, si è immeditatamente attivato per avviare la richiesta di risarcimento all’assicurazione
8.3.2. L’elemento indiziario costituito dall’interesse che il ricorrente aveva al commissione del reato, inoltre, è stato correttamente valutato facendo riferimento ai principi in precedenza indicati.
I giudici di merito, infatti, a fronte dell’evidenza dell’interesse, di per sé nel ca specie dato grave, certo e preciso, hanno effettuato una valutazione unitaria di tutti gl altri, ulteriori e per certi aspetti decisivi elementi, che, unitariamente conside costituiscono il fondamento della conclusione in termini di fondatezza dell’affermazione di responsabilità.
8.3.3. La circostanza relativa alla disponibilità che il ricorrente aveva conservato delle chiavi di accensione dell’imbarcazione, infine, è stata oggetto di specifica e attent valutazione da parte dei giudici di merito.
La conclusione cui questi sono pervenuti, fondata sulle affermazioni del fratello dell’imputato, pure inserita in un’analisi unitaria di quanto emerso, appare coerente ed esente da qualsivoglia illogicità.
Nel nono motivo la difesa di NOME COGNOME deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dell’indizio relativo alla risarcibili furto dell’intera imbarcazione, elemento costitutivo anche del reato di tentata truffa, quanto tale evento non sarebbe compreso tra i “sinistri” risarcibili.
La censura è manifestamente infondata.
La lettura della polizza riportata nella sentenza impugnata appare corretta a non è sindacabile in questa sede.
Come evidenziato a pagina 39 della sentenza impugnata, infatti, la clausola 10.1.2 del contratto, che richiede la prova dell’effrazione, si riferisce ai soli “sull’imbarcazione” e non al furto dell’intera imbarcazione, quando questo avviene in acqua.
Solo tale lettura, d’altro canto, appare coerente con quanto successivamente previsto nella clausola 10.4. che limita la risarcibilità del furto alla prova dell’effwion
entrare nei locali dov’è ricoverata l’imbarcazione nel solo caso in cui questa abbia una lunghezza fuori tutto di 6 metri o meno, clausola questa non applicabile alla Teide, lunga circa 20 metri.
10. Nel decimo motivo, sotto altro profilo, la difesa di NOME COGNOME deduce la violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla tentata truffa evidenziando che avere inviato una comunicazione all’assicurazione relativa all’evento accaduto al fine di aprire la pratica relativa al sinistro non sarebbe atto idoneo a configurare il tentativo.
Anche questa censura è infondata.
Come coerentemente evidenziato dalla sentenza impugnata, infatti, l’invio della comunicazione con la segnalazione del furto dell’imbarcazione, atto prodromico e necessario ad avviare le verifiche della persona offesa e, quindi, la pratica di risarcimento, configura di per sé una condotta idonea e non equivoca a indurre in errore la RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, alla commissione del reato di truffa in danno della stessa (cfr. praticamente specifica sul punto Sez. 2, n. 41649 del 05/11/2010, COGNOME, Rv. 248829 01 per cui «anche un atto preparatorio può integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione “ex ante” e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto»
Nell’undicesimo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si deduce la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti.
Le censure sono infondate.
11.1. Nel numero delle persone che hanno concorso nella commissione del reato la Corte territoriale ha correttamente considerato anche NOME COGNOME la cui responsabilità, al di là del fatto che è deceduto, è stata incidentalmente ritenuta, così come anche quella di altri soggetti ignoti (Sez. 2, n. 35086 del 15/7/2015, COGNOME, n.m. e risalente nel tempo Sez. 2, n. 5681 del 27/02/1984, Chirico, Rv. 164875 – 01).
11.2. La Corte territoriale ha fondato la conclusione in ordine al ruolo di promotore del ricorrente sulla reale riferibilità allo stesso dell’imbarcazione, mantenuta attraverso formale intestazione al fratello NOME, e sulla circostanza che l’imputato ha di fatt gestito tutte le fasi più importanti, come quelle relative alla risoluzione del contratt leasing e all’aumento del valore assicurato.
11.3. Il ritenuto collegamento esistente tra i reati, commessi tutti allo scopo d ottenere indebitamente dall’assicurazione il controvalore pari alla somma per la quale l’imbarcazione era stata assicurata, è sufficiente a dare conto della sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. così che anche la censura sul punto è infondata.
11.4. Ragioni queste per cui la motivazione così resa sui punti indicati risulta logica e non è pertanto sindacabile in questa sede.
Nel secondo motivo proposto nell’interesse di NOME COGNOME la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La doglianza è manifestamente infondata.
La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all’imputato, ha fatto buon governo della legge penale e ha dato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’esercizio del potere discrezionale ex artt. e 133 cod. pen. della Corte di merito, e ciò anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto, quanto a quest’ultimo aspetto, alla gravità del reato, alla presenza di precedenti e all’assenza di elementi positivi. Le censure mosse a tale percorso argomentativo, assolutamente lineare, sono meramente assertive e, in parte, orientate anche a sollecitare, in questa sede, una nuova e non consentita valutazione della congruità della pena (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818).
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis cod. pen., d’altro canto, è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/201 NOME, RV. 259899 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME, RV. 248244 – 01; n. 42688 del 24/09/ 2008, COGNOME, RV 242419 -01).
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Pertanto, il dinie delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 2, n.3896 de 20/01/2016, COGNOME, RV. 265826 -01; n.3609 del 18/01/2011, COGNOME, RV. 249163 01; Sez. 6, n.41365 del 28/10/2010, COGNOME, RV. 248737 -01)
13. Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME -nel quale sono proposti motivi anche solo in parte non sono manifestamente infondati- è ammissibile e, pertanto, ha determinato la corretta istaurazione del rapporto processuale per la presente fase.
Tale circostanza -preso atto che i fatti sono avvenuti nelle date 1° e 3 dicembre 2010, ai sensi dell’art. 129 cod proc. pen. ed esclusa la possibilità di pronunciare una diversa e più favorevole sentenza- impone di dichiarare l’estinzione dei reati di cui ai capi B), C) e D) per intervenuta prescrizione (Cass S.U., n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv 217266; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, COGNOME, Rv 267518; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv 256463; Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, COGNOME, Rv 228349).
La sentenza deve essere pertanto annullata senza rinvio con riferimento a tali reati e la pena per il reato di cui al capo A), eliminate le pene applicate in continuazione per reati ora dichiarati estinti, può essere rideterminata in anni sei di reclusione ai sen dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen.
Nel resto i motivi proposti nell’interesse di NOME COGNOME vanno rigettati.
14. I ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono inammissibili per le ragioni esposte.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna di NOME COGNOME e di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricors (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila ciascuno a favore della cassa delle ammende.
15. Tutti gli imputati, infine, comunque soccombenti nell’attuale fase, devono essere condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME NOME in ordine ai reati di cui ai capi B), C) e D) perché estinti per prescrizione ed elimina le relat pene, rideterminando la pena per il residuo reato di cui al capo A) in anni sei di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso di NOMENOME Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME NOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 3.600,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 dicembre 2023.