Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23640 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PALERMO il 09/04/1956 avverso la sentenza del 11/06/2024 della CORTE di APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al primo motivo di ricorso; che ha insistito sul primo motivo di ricorso e chiesto l’accoglimento di tutti i udito il difensore avvocato NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME motivi di gravame.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 11 giugno 2024, confermava la pronuncia del G.i.p. del Tribunale di Palermo del 19 ottobre 2021 che aveva condannato alle pene di legge NOME COGNOME perché ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen. allo stesso contestato al capo B) della rubrica.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, avv.to NOME COGNOME deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
nullità della sentenza per violazione del combinato disposto degli artt. 179 comma 2 e 525 comma 2 cod. proc. pen. quanto alla violazione del principio di immutabilità del giudice; al proposito, si rappresentava che il Giudice che aveva assunto la deliberazione di primo grado all’udienza del 19-10-2021 (dott. COGNOME, era differente da quello dinanzi al quale si era svolto il giudizio abbreviato e le partì avevano rappresentato le proprie conclusioni (dott. COGNOME; peraltro, il giudice subentrato non aveva provveduto alla rinnovazione delle conclusioni né aveva disposto la lettura delle stesse, senza che rilievo potesse assumere l’omessa richiesta di rinnovazione espressa formulata da una delle parti, essendo stato comunque violato il principio di immediatezza tra giudice della discussione e quello della deliberazione;
violazione dell’art. 606 lett. e) cod. pro. pen., manifesta illogicità della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto contestato al capo B) in merito alla mancata consapevolezza in capo al ricorrente della provenienza delittuosa dei beni ricevuti dal Calvaruso; invero, la ricezione delle cabine elettorali da parte del COGNOME, titolare di una ditta autorizzata allo smaltimento di rifiuti ferrosi, doveva ritenersi priva di profili di colpevolezza in quanto operazione effettuata a mezzo sistemi meccanici che non permettevano l’identificazione del titolare dei beni nel Comune di Palermo così che non era stato possibile appurare la provenienza delittuosa delle stesse; inoltre, lo stesso COGNOME aveva riferito di avere rassicurato il Marino sulla provenienza lecita dei beni mostrando allo stesso anche una fattura della precedente operazione di acquisto; al proposito, si sottolineava ancora, che era stato lo stesso COGNOME ad allertare le forze di Polizia circa la presenza nello stabilimento dei soggetti, poi identificati, incaricati di ricevere il pagamento della merce; infine, era anche emerso che NOME non aveva mai né ricevuto né ispezionato la merce e lo stesso era stato chiamato a rispondere del fatto soltanto nella qualità di legale rappresentante ed amministratore della RAGIONE_SOCIALE, che aveva compiuto l’operazione senza però avere materialmente partecipato ai fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato – restando assorbito il secondo- e deve, pertanto, essere accolto.
Ed invero, dalla lettura degli atti del procedimento di primo grado che questa Corte è chiamata ad effettuare in caso di deduzioni di nullità, risulta che:
all’udienza del 23 marzo 2021 dinanzi al Giudice delle indagini preliminari del-Tribunale di Palermo d-ott. Riggio, dichiarata [‘assenza degli imputati COGNOME NOME e NOME Gaetano, il Giudice, conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, dichiarava aperta la discussione ed il Pubblico Ministero chiedeva l’affermazione di responsabilità di entrambi i predetti con condanna del NOME alla pena di anni 3 di reclusione ed C 6.000,00 di multa; a tal punto il processo veniva rinviato all’il maggio 2021 per la discussione delle difese;
all’udienza dell’Il maggio, sempre dinanzi al G.i.p. dott. COGNOME presenti entrambi i difensori, l’avv.to COGNOME per NOME COGNOME concludeva chiedendo che lo stesso fosse assolto per non avere commesso il fatto ed il Giudice rinviava per repliche all’udienza del 19 ottobre 2021;
l’udienza del 19 ottobre 2021 si svolgeva dinanzi a diverso G.i.p., il dott. NOME COGNOME con la presenza del difensore del Marino avv.to NOME COGNOME di fiducia il quale rinunciava alle repliche; a tal punto il Giudice dott. COGNOME dichiarata chiusa la discussione, pronunziava sentenza dando lettura del dispositivo alla presenza dell’avv.to COGNOME
1.1 Proposto rituale motivo di appello la corte di merito respingeva l’eccezione di nullità per violazione del principio di immutabilità del giudice richiamando un orientamento di legittimità secondo cui il principio di immutabilità del giudice non trova applicazione nel giudizio abbreviato cd semplice (cioè senza integrazione probatoria), sia perché l’art. 442 cod. proc. pen. non richiama l’art. 525 cod. proc. pen., sia perché questa disposizione si riferisce ad una deliberazione emessa all’esito di un dibattimento caratterizzato per essere la sede di formazione della prova (Sez. 2, n. 32367 del 17/07/2013, P.g. in proc. COGNOME e altri, Rv. 256559 – 01); la Corte di appello, pur dando atto che nella motivazione della predetta sentenza di legittimità si era comunque affermato che nel giudizio abbreviato è applicabile il principio di immediatezza che impone che il giudice che ha assistito alla discussione proceda alla deliberazione – che è liberamente rinunciabile dalle parti, evidenziava come all’udienza del 19 ottobre “i/ giudice subentrato aveva dato la parola alle difese le quali avevano rinunciato alle repliche senza quindi chiedere di rinnovare la discussione e le loro conclusioni”, circostanza, questa, che doveva fare ritenere infondata l’eccezione.
La conclusione cui è pervenuta la Corte di appello e secondo cui, in presenza del mutamento del giudice chiamato ad emettere la deliberazione a fronte di quello che aveva assistito alla discussione, avrebbe dovuto essere
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onere della difesa chiedere la rinnovazione della discussione sicchè in assenza della-stessa è legittima la pronuncia adottata da un giudice, peraltro in funzione monocratica, che non ha compiuto le operazioni di costituzione delle parti e non ha assistito alla discussione né del pubblico ministero né della difesa, intervenendo solo in fase di decisione, non può essere accolta; questa Corte di legittimità con diversi interventi ha sottolineato, ai fini della corretta applicazione del principio del contraddittorio e dell’esercizio del diritto di difesa, l’essenzialità che la discussione delle parti sia svolta dinanzi al giudice chiamato ad emettere la decisione, non potendo nel sistema del giusto processo fondato sul contraddittorio delle parti, ammettersi che il giudice pronunci sentenza senza avere in alcun modo assistito alle conclusioni del pubblico ministero e della difesa, senza che sia possibile individuare una differenza sostanziale tra rito ordinario e rito abbreviato, in quanto le conclusioni delle parti dinanzi al giudice chiamato ad emettere la decisione costituiscono momento essenziale anche del processo che si svolga con le forme previste dagli artt. 438 e segg. cod. proc. pen..
In particolare si è affermato come il principio dell’immutabilità del giudice previsto dall’art. 525 cod. proc. pen., trova applicazione anche nel giudizio di appello celebrato in camera di consiglio a seguito dell’impugnazione di una sentenza emessa all’esito di rito abbreviato; ed in applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza emessa da un collegio composto diversamente da quello davanti al quale alcune delle parti avevano rassegnato le proprie conclusioni (Sez. 5, n. 48510 del 21/11/2013, COGNOME, Rv. 257717 – 01); successivamente si è ribadito come il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art.525, comma 2, cod. proc. pen., si applica anche nel caso in cui l’attività dibattimentale consista nella sola discussione, senza che vi sia l’acquisizione di prove; in tale ultima fattispecie la Corte di legittimità ha dichiarato la nullità della sentenza d’appello in quanto le parti avevano discusso e concluso dinanzi ad un collegio che aveva rinviato per repliche ad altra udienza e questa era stata tenuta da un collegio in diversa composizione che aveva deciso senza procedere alla rinnovazione della discussione (Sez. 6, n. 17982 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273006 – 01). Tale pronuncia in particolare sottolinea come:” La questione attiene alla esatta individuazione dell’ambito applicativo del principio di immutabilità del giudice ed, in particolare, al se esso operi anche nel caso in cui la sola discussione si svolga davanti ad un giudice la cui composizione sia diversa da quella che poi deliberi la sentenza. Ai sensi dell’art. 525, comma 2 cod. proc. pen., alla deliberazione della sentenza concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. La regola è codificata anche nel processo civile e in quello
amministrativo; tuttavia solo il legislatore del processo penale del 1988 ha stabilito, a presidio della regola in- questione, la sanzione della nullità assoluta per l’eventuale inosservanza. Il principio di immutabilità è rispettato quando l’organo giudicante che procede alla deliberazione sia lo stesso che abbia partecipato interamente al dibattimento, svolgendo la relativa attività di formazione della prova e ascoltando le parti nelle rispettive discussioni, al cui esito, solo, il presidente del collegio, ai sensi dell’art. 526 cod. proc. pen., dichiara chiuso il dibattimento”.
Peraltro, come già sottolineato, anche la sentenza richiamata dalla Corte di appello, pur escludendo l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 525 cod. proc. pen., al giudizio abbreviato afferma comunque l’essenzialità del principio di immutabilità stabilendo espressamente che nel giudizio abbreviato è applicabile il principio di immediatezza – che impone che il giudice che ha assistito alla discussione proceda alla deliberazione (Sez. 2, n. 32367 del 17/07/2013 cit.); la suddetta pronuncia afferma espressamente in motivazione l’essenzialità della discussione quale attuazione del principio del contraddittorio sottolineandone l’inderogabilità, affermando, infatti, la:” esigenza che sia lo stesso giudice, che ha assistito alla discussione, ad assumere la responsabilità della decisione: e l’esigenza si immedesima nel principio generale, assoluto, di carattere logico, immanente al sistema per il quale, posta la necessità ed opportunità della discussione orale, di per sè, un volta svolta hic et nunc, irripetibile, debba essere lo stesso soggetto, a cui la discussione è diretta, a decidere su quello che ne costituisce l’oggetto. Ove così non fosse, dovrebbe ritenersi che la discussione abbia solo un valore di opzione, come tale eliminabile a piacere del giudice nel gioco dialettico delle parti”.
2.1 Il principio della necessità che il giudice della deliberazione sia anche quello che abbia assistito alla discussione delle parti, risultava già affermato dalla giurisprudenza di legittimità con quelle affermazioni secondo cui costituisce un’ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio dell’immutabilità del giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a due collegi diversamente composti (Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Scambia, Rv. 254004 – 01); e l’affermazione della suddetta regola è stata estesa anche ai procedimenti camerali posto che con più pronunce si è affermato che l’immutabilità del giudice, sancita dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto espressione di un principio generale, è estensibile anche alle decisioni assunte all’udienza camerale celebrata ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15702 del 01/04/2021, Rv. 281121 – 01) con conseguente nullità della decisione che aveva deliberato sulla richiesta di estradizione sul rilievo che il collegio era in composizione differente rispetto a quella davanti alla quale si era
svolta l’udienza con riserva di decisione (Sez. 2, n. 15702 del 01/04/2021 cit.), dell’ordinanza resa dal tribunale del fiesame, poiché il ve-rbale dell’udienza
camerale recava l’indicazione di un collegio diversamente composto da quello riportato nell’intestazione del dispositivo e del provvedimento successivamente
depositato (Sez. 1, n. 13599 del 22/11/2016 Cc. (dep. 20/03/2017 ) Rv.
270057 – 01), dell’ordinanza adottata a seguito di impugnazione di una misura cautelare reale per la cui definizione il tribunale aveva utilizzato atti acquisiti in
precedenza da un collegio in diversa composizione (Sez. 3, n. 43803 del
29/10/2008, Rv. 241501 – 01).
2.1 Ne deriva affermarsi che il giudice del rito abbreviato subentrato ad altri dopo la discussione, svoltasi dinanzi a diverso organo cui sia seguito un rinvio
per repliche e decisione, non può limitare la propria attività a prendere atto della rinuncia delle parti alle repliche; così facendo, invero, si legittimerebbe una
conclusione del processo in assenza di discussione mai svolta dinanzi al giudice mutato e chiamato ad emettere la deliberazione con ovvia violazione dei principi
in tema di giusto processo in contraddittorio ed integrazione della nullità assoluta ex art. 525 comma 2 cod. proc. pen., nonchè di una delle nullità previste dall’art.
178 lett. c) cod. proc. pen. avente ad oggetto l’intervento e l’assistenza dell’imputato posto che le ragioni della difesa, oltre che quelle dello stesso P.M., non sono mai state conosciute dal giudice della deliberazione. Il Giudice subentrato avrebbe pertanto dovuto rinnovare le attività di discussione delle parti pur in assenza di espressa richiesta della difesa, riportare le nuove conclusioni nel verbale di udienza e procedere, poi, alla delibazione non potendo invece limitarsi a dare atto della sola rinuncia alle repliche.
Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado e di quella di appello con restituzione degli atti al Tribunale di Palermo per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio nei confronti di NOME COGNOME la sentenza impugnata e la sentenza di primo grado e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.
Roma, 18 giugno 2025
IL PRESIDENTE