Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18731 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18731 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato l’01/01/1982
avverso l’ordinanza emessa il 03/03/2025 dal Tribunale del riesame di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 marzo 2025 il Tribunale del riesame di Salerno confermava l’ordinanza di custodia cautelare emessa il 20 gennaio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno nei confronti, tra gli altri, di NOME COGNOME per il reati di cui ai capi 1 (art. 416, primo, secondo, quinto e sesto comma, cod. pen.) e 31 (artt. 110, 483 cod. pen. 12, comma 5, d.lgs. 26 luglio 1998, n. 286), con cui l’indagato veniva sottoposto al regime degli arresti domiciliari.
Secondo il Tribunale del riesame di Salerno, NOME COGNOME e i coindagati facevano parte di un’organizzazione criminale, attiva sia in Italia sia all’estero, finalizzata a realizzare una pluralità di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, commessi attraverso un’articolata rete soggettiva, coordinata da NOME COGNOME con il supporto di NOME COGNOME, che si occupava di contattare i migranti – provenienti da nazioni extracomunitarie – e di procurare loro, dietro la corresponsione di cospicue somme di denaro, la documentazione necessaria a consentirgli l’ingresso illegale nel nostro Paese.
L’ingresso dei migranti, in particolare, veniva realizzato mediante la presentazione, presso lo sportello unico per l’immigrazione territorialmente competente, di istanze supportate da una documentazione falsa, finalizzata a prefigurare l’assunzione stagionale di lavoratori extracomunitari
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
nel settore agricolo e nel settore turistico, grazie alla quale veniva rilasciato il permesso di soggiorno ai cittadini stranieri.
I cittadini stranieri, infine, dopo avere ottenuto il permesso di soggiorno, rilasciato dalle prefetture territorialmente competenti, provvedevano a corrispondere agli emissari dell’organizzazione le somme pattuite, che variavano a seconda del luogo di provenienza del migrante.
La ricostruzione degli accadimenti criminosi posta a fondamento del provvedimento cautelare genetico si riteneva corroborata dalle intercettazioni attivate nel corso delle indagini preliminari, che monitoravano le condotte di alcuni componenti del sodalizio criminale in esame, riscontando l’ipotesi accusatoria. Tali captazioni, relativamente alla posizione dell’indagato NOME COGNOME venivano passate in rassegna nelle pagine 20-22 dell’ordinanza impugnata, nelle quali si dava atto dei rapporti di cointeressenza criminale esistenti tra l’indagato, NOME COGNOME e COGNOME il quale ultimo operava d’intesa con il ricorrente.
Si traeva, in questo modo, conferma del coinvolgimento consortile di NOME COGNOME e di altri consociati, per effetto del loro collegamento, personale e funzionale, con NOME COGNOME e NOME COGNOME che erano i soggetti che, secondo l’ipotesi accusatoria, coordinavano le operazioni finalizzate a consentire l’ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari.
Da tali emergenze indiziarie, dunque, emergeva che NOME COGNOME, d’intesa con NOME COGNOME, fungeva da elemento di raccordo tra gli intermediari contattati dai migranti per trasferirsi illegalmente nel nostro Paese, gli imprenditori italiani che si prestavano ad assumere fittiziamente i lavoratori stranieri e i soggetti, operanti in Italia, coinvolti nella predisposizione della documentazione falsa presentata presso gli sportelli unici per l’immigrazione territorialmente competenti. Lo stesso COGNOME, peraltro, nell’interrogatorio reso il 14 ottobre 2024, dopo il suo arresto, ammetteva le sue responsabilità e indicava NOME COGNOME unitamente a NOME COGNOME come uno dei soggetti coinvolti nella rete consortile oggetto di vaglio, precisando che i due indagati istruivano le pratiche amministrativi necessarie per consentire l’ingresso illegale dei migranti e si dividevano le somme dagli stessi corrisposte.
In questa cornice indiziaria, infine, si ritenevano sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento del regime restrittivo domiciliare patito da NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1 e 31, rilevanti ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in conseguenza dell’elevato disvalore delle ipotesi criminose contestate al ricorrente, che assumeva un rilievo sintomatico ancora piø significativo alla luce delle connotazioni transnazionali del sodalizio di riferimento e del numero dei soggetti che vi aderivano, rispetto ai quali assumeva un rilievo recessivo il lasso di tempo trascorso dall’adozione della misura restrittiva.
Sulla base di questa ricostruzione degli eventi criminosi, il Tribunale del riesame di Salerno confermava il provvedimento cautelare genetico adottato nei confronti di NOME COGNOME
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con questo motivo di ricorso, in particolare, si deduceva la violazione di legge dell’ordinanza impugnata, conseguente al fatto che la misura custodiale, disposta nei confronti di NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, era stata applicata senza tenere conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale dell’indagato, necessari per valutare la ricorrenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e l’adeguatezza del regime restrittivo domiciliare, la cui consistenza – anche alla luce del notevole lasso di tempo trascorso dai fatti di reato contestati, risalenti a due anni prima l’adozione del provvedimento genetico – avrebbe legittimato la revoca o comunque l’attenuazione del regime cautelare applicato
al ricorrente.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł infondato.
Occorre premettere che, con il ricorso in esame, si deduceva la violazione di legge dell’ordinanza impugnata, conseguente al fatto che la misura custodiale genetica disposta nei confronti di NOME COGNOME era stata applicata senza tenere conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale dell’indagato, necessari per valutare la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e l’adeguatezza del regime restrittivo, la cui consistenza, anche alla luce del notevole lasso di tempo trascorso dai fatti di reato, avrebbe legittimato la revoca o comunque l’attenuazione del regime cautelare applicato al ricorrente.
Tanto premesso, deve osservarsi che le condizioni nelle quali si concretizzavano i comportamenti criminosi contestati a NOME COGNOME ai capi 1 e 31 e la notevole ramificazione soggettiva del sodalizio nel quale il ricorrente risultava, da tempo, inserito, rendevano incontroversa la sua elevata pericolosità sociale; pericolosità sulla quale il Tribunale del riesame di Salerno si soffermava in termini ineccepibili.
Tali connotazioni criminose, a ben vedere, alla luce della rilevanza transnazionale dell’organizzazione egemonizzata da NOME COGNOME legittimavano il mantenimento del provvedimento restrittivo domiciliare applicato al ricorrente, ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., conformemente ai parametri elaborati dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, che appaiono correttamente applicati dal Tribunale del riesame di Salerno (tra le altre, Sez. 2, n. 38299 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285217 – 01; Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785 – 01; Sez. 2, n. 51843 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 258070 – 01; Sez. 4, n. 6797 del 24/01/2013, COGNOME, Rv. 254936 – 01; Sez. 5, n. 45950 del 16/11/2005, COGNOME, Rv. 233222 – 01).
NØ Ł possibile operare una reinterpretazione complessiva, favor rei, del contenuto delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, così come richiamate nelle pagine 20-22 dell’ordinanza impugnata, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa in questa sede, conformemente al principio di diritto, che occorre ulteriormente ribadire, secondo cui: «In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite» (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 1, n. 3643 del 26/05/1997, COGNOME Rv. 208254 – 01).
Non può, per altro verso, non rilevarsi che gli elementi indiziari richiamati dal Tribunale del riesame di Salerno non venivano valutati isolatamente ma in correlazione al residuo compendio probatorio, dal quale, tra l’altro, si evinceva che NOME COGNOME era strettamente collegato alla rete soggettiva gestita da NOME COGNOME nella quale svolgeva un ruolo tutt’altro che secondario.
Si aggiunga che NOME COGNOME nell’interrogatorio reso il 14 ottobre 2024, dopo il suo arresto, eseguito nel corso delle indagini preliminari, ammetteva le sue responsabilità e indicava il ricorrente,
unitamente a NOME COGNOME come uno dei soggetti coinvolti nella rete consortile descritta al capo 1, corroborando ulteriormente l’assunto accusatorio.
In questa, univoca, cornice indiziaria, il lasso di tempo trascorso rispetto ai fatti di reato contestati ai capi 1 e 31, quantificato in un biennio, assume un rilievo recessivo, anche in considerazione dei pregiudizi penali specifici del ricorrente – relativi a reati commessi nel 2015 e nel 2016 – e della circostanza, correttamente richiamata a pagina 36 dell’ordinanza impugnata, che «l’ultimo click day risale al 05.02.2025, per cui, anche sotto questo aspetto, Ł confermata l’attualità del pericolo di recidiva».
Le condotte illecite di NOME COGNOME pertanto, venivano attualizzate e si ritenevano connotate da elevata pericolosità, rendendo ineccepibile il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di Salerno sull’adeguatezza del regime degli arresti domiciliari a contenere il rischio di recidiva del ricorrente, che veniva valutato alla luce delle emergenze concrete, che non consentivano la revoca o l’attenuazione della misura restrittiva applicata al ricorrente.
Ne discende conclusivamente che, sulla base di un percorso argomentativo congruo e rispettoso delle emergenze indiziarie, il Tribunale del riesame di Salerno riteneva che non fossero stati acquisiti elementi di novità processuale da cui potere desumere che le esigenze cautelari potessero essere soddisfatte con misure differenti da quella domiciliare applicata a Jaman Suroj con il provvedimento restrittivo genetico.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME