LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

IMEI catcher: legittimo l’uso per le intercettazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per reati gravi, tra cui associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Il punto centrale del ricorso era l’asserita illegittimità dell’uso di un IMEI catcher per individuare la sua utenza telefonica. La Corte ha stabilito che, in presenza di un’autorizzazione generale alle intercettazioni, l’impiego dell’IMEI catcher è un’operazione tecnica strumentale che non necessita di un autonomo provvedimento autorizzativo del giudice, confermando così la piena utilizzabilità delle prove raccolte.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

IMEI Catcher e Intercettazioni: la Cassazione ne Conferma la Legittimità

L’uso di tecnologie avanzate nelle indagini penali, come l’IMEI catcher, solleva importanti questioni sulla linea di confine tra necessità investigative e tutela della privacy. Con la sentenza n. 31938 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: l’impiego di questo strumento per individuare un’utenza telefonica, se inserito in un’attività di intercettazione già autorizzata, non richiede un permesso autonomo da parte del giudice. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dal ricorso di un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere per una serie di reati di notevole gravità, tra cui associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, sequestro di persona e tentata estorsione. La difesa contestava l’ordinanza del Tribunale che aveva confermato la misura cautelare, basando le proprie censure principalmente su due aspetti: l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza e, soprattutto, l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, ritenute illecite.

L’Uso dell’IMEI Catcher e le Doglianze della Difesa

Il fulcro del ricorso verteva sulla modalità con cui gli investigatori erano giunti a individuare una delle utenze mobili in uso all’indagato. Poiché le utenze intestate a lui o ai suoi familiari non davano esiti investigativi, la polizia giudiziaria aveva utilizzato un IMEI catcher nei pressi della sua abitazione. Questo dispositivo, simulando una cella telefonica, aveva permesso di captare il codice IMEI di un telefono nella sua disponibilità, consentendo così di avviare le intercettazioni su quel numero.

La difesa sosteneva che tale attività costituisse un’intrusione illegittima nella sfera di riservatezza dell’individuo, in violazione dell’art. 15 della Costituzione. Secondo il ricorrente, l’acquisizione del codice IMEI tramite IMEI catcher avrebbe richiesto un provvedimento motivato e specifico dell’autorità giudiziaria, distinto e precedente rispetto al decreto di intercettazione. In assenza di tale autorizzazione, tutte le successive captazioni sarebbero state inutilizzabili.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito la natura e la funzione dell’uso dell’IMEI catcher nel contesto di un’indagine penale, fornendo principi chiave sulla sua legittimità.

In primo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi relativi alla presunta carenza di gravi indizi di colpevolezza, poiché la difesa non li aveva specificamente articolati davanti al Tribunale del riesame, limitandosi a contestazioni generiche. Questo ribadisce l’onere per la difesa di presentare doglianze dettagliate in ogni fase del procedimento.

Il punto cruciale, tuttavia, riguarda la questione tecnologica. La Cassazione ha stabilito che, una volta emesso un decreto che autorizza le intercettazioni nei confronti di un soggetto, tutte le operazioni tecniche necessarie a individuare le utenze effettivamente in suo uso sono coperte da quella stessa autorizzazione. L’uso dell’IMEI catcher non è un atto investigativo autonomo, ma un’attività meramente tecnica e strumentale finalizzata a dare esecuzione al provvedimento del giudice.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione distinguendo tra l’atto autorizzativo (il decreto del giudice) e le modalità esecutive (le operazioni tecniche della polizia giudiziaria). Il decreto di intercettazione legittima gli inquirenti a compiere tutte le attività necessarie per individuare e ascoltare le comunicazioni del bersaglio. L’identificazione del numero di telefono tramite IMEI catcher rientra pienamente in questa categoria, essendo un’operazione preparatoria e strumentale all’intercettazione vera e propria.

Secondo la Cassazione, non è necessario un ulteriore e specifico provvedimento autorizzativo per ogni singolo strumento tecnologico impiegato. Farlo significherebbe appesantire inutilmente la procedura e ostacolare le indagini. La legittimità dell’operazione, quindi, non deriva da un permesso ad hoc per l’uso del dispositivo, ma trova il suo fondamento nel decreto di autorizzazione alle intercettazioni già esistente.

Inoltre, i giudici hanno respinto l’idea che un eventuale vizio del primo atto di indagine si trasmetta automaticamente agli atti successivi. La giurisprudenza costante esclude un effetto ‘a cascata’ della nullità o inutilizzabilità, se gli atti successivi sono stati correttamente adottati.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio in materia di indagini tecnologiche. Stabilisce che strumenti come l’IMEI catcher, sebbene invasivi, sono legittimi quando il loro uso è finalizzato a dare concreta attuazione a un ordine di intercettazione già vagliato e autorizzato da un giudice. La decisione bilancia le esigenze di un’efficace repressione dei reati con la tutela dei diritti fondamentali, ancorando la legittimità dell’azione investigativa al provvedimento giudiziario originario. Si conferma così che il controllo del giudice si concentra sull’autorizzazione a interferire nella sfera privata del cittadino, mentre la scelta delle modalità tecniche per realizzare tale interferenza è rimessa alla competenza degli organi investigativi, nei limiti di quanto strettamente necessario.

È necessario un autonomo provvedimento del giudice per usare un IMEI catcher al fine di individuare il numero di telefono di un indagato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se esiste già un decreto che autorizza le intercettazioni nei confronti di un soggetto, l’uso dell’IMEI catcher è considerato un’operazione tecnica strumentale all’individuazione dell’utenza e non necessita di un autonomo provvedimento autorizzativo, trovando la sua legittimazione nel decreto di intercettazione già emesso.

Perché i motivi di ricorso relativi alla gravità indiziaria sono stati dichiarati inammissibili?
Sono stati dichiarati inammissibili perché la difesa, durante l’udienza di riesame davanti al Tribunale, si era limitata a dedurre genericamente la mancanza di gravità indiziaria, senza formulare specifiche censure e argomentazioni critiche sugli elementi indicati nel ricorso per cassazione. Le questioni non specificamente poste in sede di riesame non possono essere validamente sollevate per la prima volta in Cassazione.

Un vizio nel decreto di intercettazione iniziale rende automaticamente inutilizzabili le prove raccolte con i decreti successivi?
No. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha costantemente escluso che il vizio di un decreto intercettivo si comunichi automaticamente a quelli successivi che siano stati correttamente adottati. Pertanto, non è inutilizzabile la prova che sarebbe stata comunque scoperta anche senza l’utilizzazione della prova viziata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati