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Illegalità della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale contro una sentenza di patteggiamento. Sebbene il giudice di merito avesse erroneamente bilanciato le circostanze, la Corte ha stabilito che ciò rendeva la pena solo “illegittima” ma non integrava una vera e propria “illegalità della pena”, poiché la sanzione finale rientrava nei limiti edittali previsti dalla legge. Di conseguenza, mancava uno dei presupposti tassativi per impugnare la sentenza di patteggiamento.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Illegalità della pena nel Patteggiamento: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: i confini dell’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. La decisione ruota attorno alla distinzione fondamentale tra una pena meramente “illegittima” e una che configura una vera e propria illegalità della pena. Questa differenza, come vedremo, è determinante per stabilire l’ammissibilità di un ricorso, specialmente quando l’accordo tra le parti è già stato ratificato dal giudice.

I Fatti del Caso: Un Patteggiamento Contestato

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Udine. L’imputato, accusato di rapina aggravata e porto abusivo di coltello, aveva concordato una pena di tre anni di reclusione e 1.200 euro di multa. Il giudice, nel ratificare l’accordo, aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno come prevalenti sulla recidiva reiterata e specifica contestata all’imputato.

Il Ricorso del Procuratore Generale e l’illegalità della pena

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo una violazione di legge. Nello specifico, ha contestato l’erroneo giudizio di bilanciamento delle circostanze. Secondo il ricorrente, l’articolo 69, comma quarto, del codice penale, vieta espressamente di considerare le attenuanti come prevalenti sulla recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma. Al massimo, il giudice avrebbe potuto dichiararle equivalenti. Di conseguenza, la riduzione di pena operata dal giudice era illegittima e configurava una potenziale illegalità della pena.

La Disciplina del Ricorso contro il Patteggiamento

È fondamentale ricordare che, a seguito della riforma legislativa, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, ha ristretto notevolmente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e, appunto, all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Questa limitazione mira a garantire stabilità agli accordi raggiunti tra le parti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: Pena “Illegittima” non è “Illegale”

La Suprema Corte, pur riconoscendo la correttezza della doglianza del Procuratore Generale circa l’errore nel bilanciamento delle circostanze, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su un principio di diritto consolidato dalle Sezioni Unite (sentenza Sacchettino, n. 877/2023), che traccia una netta linea di demarcazione tra “pena illegittima” e “pena illegale”.

Pena Illegale: Si ha solo quando la sanzione eccede i limiti edittali generali (minimi e massimi) previsti dalla legge per quel reato, sia per genere che per specie.
Pena Illegittima: Si verifica quando la pena, pur rimanendo all’interno dei limiti edittali, è il risultato di un percorso argomentativo errato, come una violazione delle regole sul bilanciamento delle circostanze.

Nel caso di specie, la Corte ha osservato che, nonostante l’errore commesso dal giudice di merito, la pena finale di tre anni e quattro mesi (calcolata prima delle riduzioni del rito) non era inferiore al minimo edittale previsto per la rapina attenuata. La pena, quindi, rientrava pienamente nella forbice legale. L’errore nell’iter di calcolo l’ha resa meramente “illegittima”, ma non “illegale” ai fini dell’ammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis c.p.p.

Le Conclusioni: Quando un Errore di Diritto non Invalida la Pena

La sentenza riafferma un principio di fondamentale importanza pratica: non ogni violazione di legge nel calcolo della pena patteggiata ne consente l’impugnazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è necessario che l’errore si traduca in una sanzione che esce dai binari della legalità edittale. Questa interpretazione restrittiva mira a preservare la natura negoziale del patteggiamento, evitando che possa essere messo in discussione per vizi procedurali che non incidono sulla legalità sostanziale della pena concordata tra le parti e avallata dal giudice.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per un errore nel calcolo della pena?
Solo in casi limitati. Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., uno dei motivi è l’illegalità della pena. La sentenza chiarisce che un semplice errore nel bilanciamento delle circostanze, che non porti la pena al di fuori dei limiti edittali, la rende “illegittima” ma non “illegale”, e quindi non è un motivo valido per l’impugnazione.

Qual è la differenza tra pena “illegale” e pena “illegittima” secondo la Cassazione?
La pena “illegale” è quella che eccede i limiti minimi o massimi stabiliti dalla legge per un determinato reato. La pena “illegittima”, invece, pur rimanendo all’interno di tali limiti, è stata determinata attraverso un procedimento viziato da un errore di diritto, come un erroneo bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti.

In questo caso specifico, perché l’errore del giudice non ha portato all’annullamento della sentenza?
Perché, nonostante il giudice abbia erroneamente ritenuto prevalenti le attenuanti sulla recidiva reiterata (in violazione dell’art. 69, comma 4, c.p.), la pena finale applicata rientrava comunque nel range consentito dalla legge per il reato contestato, non risultando inferiore al minimo edittale. Pertanto, la pena era solo “illegittima” e non “illegale”, rendendo il ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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