Illecito Amministrativo Presupposto: Quando la Ripetizione Diventa Reato?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica: la trasformazione di una condotta, inizialmente qualificata come illecito amministrativo, in un vero e proprio reato. Il caso esaminato chiarisce come un illecito amministrativo presupposto possa diventare l’elemento scatenante per una successiva responsabilità penale, specialmente in un contesto di ripetute violazioni e di mutamenti normativi. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i confini, a volte labili, tra sanzioni amministrative e sanzioni penali.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato era stato condannato per un reato la cui configurazione dipendeva dalla preesistenza di una violazione amministrativa. In particolare, le autorità avevano accertato che il soggetto aveva già ricevuto una sanzione per una determinata condotta in una data precedente. Successivamente, egli aveva ripetuto il medesimo comportamento. Questa reiterazione, avvenuta dopo l’introduzione di una nuova norma incriminatrice, è stata considerata penalmente rilevante dalla corte territoriale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Con questa decisione, i giudici di legittimità non sono entrati nel merito della questione, ma hanno stabilito che l’appello non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato. La conseguenza diretta di tale pronuncia è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione, sebbene di natura processuale, conferma la validità del ragionamento seguito dai giudici di merito.
Le Motivazioni: L’illecito amministrativo presupposto del reato
Il cuore della motivazione risiede nel principio giuridico applicato dalla Corte territoriale e avallato dalla Cassazione. Secondo tale principio, un accertamento definitivo di un illecito amministrativo presupposto può costituire un elemento fondamentale per la configurabilità di un reato. Ciò si verifica quando la legge penale richiede, per l’integrazione del reato, una condotta precedente già sanzionata in altra sede.
Nel caso specifico, la sistematicità e la ripetizione del comportamento illecito hanno avuto un ruolo decisivo. La prima sanzione amministrativa, ormai definitiva, ha funzionato da ‘preavviso’ per il cittadino. La successiva condotta identica, posta in essere dopo che una nuova legge aveva elevato quel comportamento a reato, ha integrato pienamente la fattispecie penale. La Corte ha quindi sottolineato che non vi è alcuna violazione di legge nell’utilizzare un precedente illecito amministrativo come fondamento per una successiva contestazione di natura penale, specialmente quando la nuova norma incriminatrice lo prevede espressamente.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame lancia un messaggio chiaro: la commissione ripetuta di illeciti, anche se inizialmente solo di natura amministrativa, può avere conseguenze ben più gravi. I cittadini devono essere consapevoli che una sanzione amministrativa definitiva non è un capitolo chiuso, ma può diventare il presupposto per una futura responsabilità penale se la stessa condotta viene reiterata, soprattutto in presenza di un inasprimento normativo. Questa decisione rafforza l’idea che la coerenza e la sistematicità del comportamento illecito sono elementi che il sistema giuridico valuta con particolare severità, tracciando una linea di continuità tra la sanzione amministrativa e quella penale per garantire una maggiore effettività della norma.
Un illecito amministrativo può diventare un reato?
Sì, secondo quanto stabilito dalla Corte, un previo e definitivo accertamento di un illecito amministrativo può costituire il presupposto per la configurabilità di un reato. Ciò accade quando una nuova norma incriminatrice entra in vigore e la condotta, già sanzionata amministrativamente, viene ripetuta, integrando così la nuova fattispecie penale.
Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione non ha esaminato il merito della questione sollevata dal ricorrente perché il ricorso mancava dei requisiti di legge necessari per essere discusso. La conseguenza è la conferma della decisione impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19273 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19273 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 21/09/1961
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
v
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna pronunciata dal
Tribunale locale nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 7, co. 1
bis, d.lgs 285/1992.
2. Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse dell’Alicata affidato ad un unico motivo con il quale si deduce violazione di legge e vizio di
motivazione circa la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contestata.
3. Il ricorso è inammissibile. Le doglianze proposte si risolvono in una mera richiesta di rivalutazione del materiale probatorio già valutato dai giudici di merito
che hanno adeguatamente motivato richiamando la deposizione dei testi appartenenti alla Polizia di Stato i quali, transitando lungo la INDIRIZZO notavano un
rallentamento del traffico causato dalla presenza di un soggetto che all’altezza dell’incrocio, tramite gesti, invitava un utente della strada a parcheggiare seguendo
le sue indicazioni. L’uomo era identificato e si accertava che lo stesso risultava già sanzionato per la medesima violazione in data 20.4.2019 con ciò rimarcando la sistematicità e la ripetizione delle condotte (Sez. 7, n. 2883 del 12/12/2024 dep. 2025, non massimata). La Corte territoriale ha applicato, invero il principio secondo cui il previo accertamento definitivo di un illecito amministrativo può costituire presupposto per la configurabilità di un reato quando la condotta successivamente posta in essere, dopo l’entrata in vigore della nuova norma incriminatrice, integri la fattispecie penale.
Alla inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025