Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44720 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44720 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO nonché da COGNOME nato a SANTA MARGHERITA DI BELICE il 26/01/1952 nel procedimento a carico di costui avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del TRIBUNALE di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1 bis e seguenti, cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME ha annullato il provvedimento cautelare impugnato (ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere del 24 maggio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo) in relazione al capo 1 di incolpazione provvisoria, ha escluso in relazione ai capi 4 e 5 l’aggravante della finalità di agevolare la consorteria mafiosa (art. 416 bis.1, prim comma, cod. pen.), riconoscendo tuttavia la medesima aggravante in relazione al ricorso a modalità ‘mafiose’ e confermando nel resto il provvedimento e la misura con esso disposta.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione tanto il Pubblico Ministero che la Difesa dell’imputato.
La parte pubblica, senza formulare uno specifico motivo, ha affidato il ricorso ad una generale rilettura del materiale probatorio che, si sostiene, è stato dalla Corte territoriale mal interpretato, incorrendo perciò nei vizi di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità motivazionale.
Il ricorso proposto dalla Difesa dell’imputato è incentrato su cinque motivi, tutti basati su violazione di legge (art. 606 lett. b, cod. proc. pen.) e gli ultir anche su vizio di motivazione (art. 606 lett. e, cod. proc. pen.).
4.1 In particolare, con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli art. 628 e 416-bis.1, cod. pen., lamentando l’erronea interpretazione da parte del Tribunale degli elementi indiziari posti a base della decisione di conferma della misura cautelare ed in particolare del testo di una intercettazione di una videochiamata effettuata dal carcere dall’indagato al genero, il cui significato è stato travisato dal giudice dell’appello cautelare.
Altrettanto a dirsi a proposito delle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno escluso vi fossero imposizioni a carico dei proprietari terrieri per la cessione ‘di favore’ delle terre alla fami Campo per l’allevamento dei capi di proprietà della famiglia.
4.2 Con il secondo motivo si contesta la sussistenza tanto sul piano oggettivo come su quello soggettivo dell’estorsione contestata e della relativa aggravante speciale.
In verità, non vi fu alcuna costrizione alla ‘messa a disposizione’ dei terreni né è configurabile l’estorsione ambientale da parte di soggetti estranei alla compagine mafiosa (NOME COGNOME e COGNOME COGNOME) nei confronti di persone offese che tali non potevano essere, in quanto a perfetta conoscenza della estraneità degli interlocutori.
In aggiunta, il reato ipotizzato è reato di danno e non di pericolo cosicché la richiesta degli allevatori di aver i terreni per il pascolo piuttosto che per coltivazione è astrattamente giusta e non può essere fonte di danno per la controparte.
4.3 Con il terzo motivo di ricorso si contesta la sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite, non essendovi per alcuno degli episodi contestati la prova della contemporanea presenza dei correi al momento della condotta. Inoltre, la sentenza Sez. 1, n. 39836 del 19/04/2023, PG, Rv. 285059 – 01 ha escluso la contestabilità congiunta dell’aggravante ex art. 628 comma 3 n. 3 e di quella ex art. 416-bis.1 cod. pen., in caso di ‘minaccia silente’.
4.4 Il quarto motivo di ricorso lamenta la manifesta illogicità e l contraddittorietà della motivazione in relazione alla configurabilità di uno dei rea contestati (art. 513-bis cod. pen.) mancando la possibilità dell’illecita concorrenza, dovendosi escludere tanto la qualifica di imprenditori in capo ai soggetti indicati i capo di imputazione come persone offese, quanto l’esercizio da parte loro di una attività potenzialmente concorrenziale con la pastorizia esercitata dall’imputato e dai suoi congiunti.
4.5 Infine, violazione e falsa applicazione della legge penale viene dedotta anche con il quinto motivo di ricorso che contesta l’appropriatezza della scelta della misura massima in base al solo dato presuntivo discendente dalla fattispecie contestata pur a fronte di un imputato ultrasettantenne che avrebbe potuto beneficiare della presunzione ‘attenuata’.
4.6 Con memoria inviata per PEC, l’Avv. NOME COGNOME ha formulato un ulteriore motivo. Deducendo “errore di diritto e di fatto – violazione di legge mancanza di motivazione” (pg. 1 della memoria), si evidenzia che il provvedimento a carico del cogindagato NOME COGNOME ha escluso, tanto in relazione al capo 3 che al capo 5 dell’imputazione provvisoria, GLYPH l’evocazione di personaggi estranei alla vicenda quanto, e soprattutto, richiami GLYPH , ancorché impliciti, a soggetti mafiosi o detenuti. Se ne deve dedurre che non vi fu minaccia penalmente rilevante né imposizione alla controparte ovvero limitazione dell’altrui autonomia negoziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Iniziando l’esame dei ricorsi da quello presentato dalla parte pubblica, se ne rileva la inammissibilità in quanto fondato su un motivo non consentito (art.606, comma 3, cod. proc. pen.).
Occorre infatti evidenziare che il ricorso per Cassazione è espressamente limitato ai casi elencati nell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., che prevede specifiche ipotesi di violazione di legge, sostanziale o processuale, e specifici vizi motivazione (assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità).
Non è quindi permessa, nella prospettiva dell’analisi di legittimità, l rivalutazione complessiva, funditus, del giudizio di merito, sul fatto storico, pena la violazione delle regole ordinamentali che assegnano a questa Corte la funzione nomofilattica e non un terzo grado di giudizio.
Nel proporre l’impugnazione, il Pubblico Ministero infatti contesta le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale evidenziando carenze nella valutazione delle prove, formulando chiavi alternative di lettura dei fatti, valorizzando diversamente alcune intercettazioni e, in sostanza, lamentando la scorretta operazione ermeneutica attinente al fatto.
Tuttavia, per elevare la critica sull’analisi del fatto a livello di legittim necessario individuare quale tra i tre vizi indicati all’art. 606, comma 1, lett. e), c proc. pen. si assuma commesso, specificando se il giudice il cui provvedimento viene impugnato sia incorso in una radicale mancanza di motivazione, in una contraddizione o, come più spesso viene denunciato, in una manifesta illogicità argomentativa. Quelle ora menzionate sono categorie concettualmente ben definite nella giurisprudenza di questa Corte, di talché esse non possono essere evocate né in maniera confusa né in maniera promiscua, modalità di per sé indicative di scarsa chiarezza nella redazione del ricorso e, in ogni caso, di un ricorso vol:ato sostanzialmente al giudizio di merito (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, non massinnata sul punto). In altre parole, nel formulare il motivo del ricorso per Cassazione, è necessario il riferimento puntuale a determinati passaggi del compendio motivazionale con enucleazione, per ciascuno di essi, del vizio che si ritiene commesso, evitando riletture dell’intera vicenda e la formulazione di ipotesi ricostruttive alternative, basate sul diverso peso da attribuirsi alle testimonianze (ex multis, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965 – 01) o, come nel caso di specie, al significato -che rischia di trascendere nel sociologico- del contesto sociale. Ne consegue che non sono censurabili in questo ambito, se non entro i detti limiti, tanto la valutazione del giudice di merito circa eventuali contrasti testimonia o tra fonti di prova, quanto la sua scelta tra divergenti versioni e interpretazioni d ÌY fatti (cfr., Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, rPv. 271623). E comunque, con riferimento al vizio motivazionale più frequentemente evocato, quello della illogicità, occorre tenere a mente che essa, per esser censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., deve essere manifesta, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, tanto grave è la violazione della logica comune, senza possibilità, per la Corte di cassazione, di verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riferimento ‘l ricorso del Pubblico Ministero, l’indicazione generica e cumulativa dei vizi motivazionali e la mancata formulazione di una puntuale critica di legittimità, rendono il motivo non consentito, condannando l’impugnazione c:he su di esso si fonda all’inammissibilità.
Passando all’esame del ricorso dell’imputato, analoghi rilievi vanno formulati in relazione al primo ed al secondo motivo, che, seppure incentrati sulla violazione e la falsa applicazione di legge, mirano a disarticolare la ricostruzione del fatto i relazione alle ipotesi estorsive. Tuttavia, lungi dal delineare un effettivo vizio legittimità, le doglianze articolate finiscono per contestare il giudizio responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merit
che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie in relazione ai capi di incolpazione provvisoria sopravvissuti, sono stati concordi nel ritenere tali elementi pienamente e integralmente riscontrati all’esito della ricostruzione della concreta vicenda processuale. È utile in proposito ribadire che, ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) cod proc. pen., il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione dell riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito – nella fattisp astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si deduce l’erroneità dell’opera “sussunzione” del fatto (non suscettibile di essere rimessa in discussione in sede di legittimità) rispetto alla fattispecie astratta; nel secondo caso, invece, la censura risolve nella contestazione della possibilità di enucleare, dalle prove acquisite, una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che è, invece, operazione prettamente riservata al giudice di merito. Anche in questo caso ci si trova perciò dinnanzi ad una critica generica, incentrata sulla rivalutazione del compendio fattuale, di cui si lamenta la carenza ricostruttiva e concettuale, formulando non consentite ipotesi alternative.
Il terzo motivo è inammissibile poiché dedotto per la prima volta avanti a questa Corte.
Trova applicazione allora la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di riesame, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio questioni che non sarebbe stato possibile dedurre nel grado precedente. Essa trova la ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione del provvedimento di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non investito dal controllo del secondo giudice, perché non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, COGNOME, Rv. 256631).
Poiché quella prospettata nel terzo motivo non è una questione rilevabile d’ufficio né una questione che non potesse essere rilevata avanti il tribunale, la formulazione del motivo in questa sede per la prima volta non è ammissibile.
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso meritano accoglimento con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio al Tribunale di Palermo, competente ex art. 309, comma 7, cod. proc. pen., per nuovo giudizio.
4.1 In relazione al tema affrontato nel primo di essi, concernente la effettiva sussistenza di una situazione concorrenziale tra gli allevatori indagati e gli imprenditori agricoli vittime del reato, negata in radice nel ricorso, occorr innanzitutto rimarcare che la fattispecie in questione (art. 513-bis cod. pen.) presuppone la concorrenza fra i soggetti operanti nel mercato e l’alterazione della stessa da parte di soggetti inseriti nella ‘catena commerciale’ o in uno specifico ‘mercato’ (Sez. 5, n. 40803 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283758 – 01),mentre di estorsione c.d. contrattuale si potrà parlare quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale con l’agente o con altri soggetti in violazione dell propria autonomia negoziale, essendogli impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo da lui ritenuto più opportuno (Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278998 – 01; Sez. 5, n. 9429 del 13/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269364 – 01; Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 258168 – 01; Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, COGNOME, Rv. 252283 – 01).
L’appartenenza degli imprenditori coinvolti a due differenti mercati (quello dell’allevamento, da un lato, e, dall’altro, quello della produzione agricola, o dell rendita da locazione, a seconda di come si voglia intendere l’attività imprenditoriale dei proprietari delle terre oggetto della contesa) e quindi l’impossibilità configurare un rapporto di concorrenza, eventuale oggetto di perturbamento ad opera delle condotte prevaricatrici degli indagati, è l’aspetto che innerva la difesa c.) w1r442 del Campo COGNOME deduirre la erroneità della ricostruzione accusatoria.
Tale profilo non pare aver trovato risposta corretta nella decisione del Tribunale di Palermo che affronta la questione a pg. 23 osservando che “la condotta minacciosa in contestazione, seppure direttamente rivolta nei confronti di un referente della proprietaria terriera NOMECOGNOME era diretta a danneggiare l’imprenditore concorrente NOME COGNOME anch’egli interessato, al pari degli indagati, all’affitto di un terreno della donna” (COGNOME), al fine di impiantarvi u coltivazione di meloni.
Il ragionamento offerto dal Tribunale, tuttavia, pare confondere il terreno ‘usurpato’ con il mercato, la cui protezione è l’oggetto della norma, in una sorta di anacoluto concettuale che integra la manifesta illogicità, richiesta dalla norma (art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.) e dedotta dalla difesa.
Infatti, per usare le stesse espressioni ricorrenti nell’ordinanza, e sopra riportate, la condotta minacciosa dei ricorrenti era certamente diretta a coartare la volontà della COGNOME (la proprietaria, costretta, secondo la prospettazione accusatoria, ad un contratto non voluto, concluso con una controparte non desiderata) ma -a dispetto di quanto ritenuto nell’ordinanza- non era diretta a danneggiare COGNOME che ha subito un danno (collaterale) come conseguenza, ma non come fine, dell’estorsione perpetrata ai danni della proprietaria del terreno. Su
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questo aspetto, è necessaria una nuova riflessione che verifichi se ed in quale misura la diversa natura delle attività svolte dai diversi operatori economici coinvolt nella vicenda sia compatibile con la sussistenza di un mercato unico, quale precondizione per la commissione di atti di concorrenza con violenza o minaccia. È infatti la stessa sentenza a Sezioni Unite Guadagni, pur citata (con l’indicazione di un numero errato, peraltro) a pg. 22 dell’ordinanza (Sez. U, n. 13178 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278735 – 01), a chiarire che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 513 bis cod. pen., è necessario il compimento di atti di concorrenza che, posti in essere nell’esercizio di un’attività commerciale industriale o comunque produttiva, siano connotati da violenza o minaccia e idonei a contrastare od ostacolare la libertà di autodeterminazione dell’impresa concorrente.
L’ordinanza va pertanto annullata per le suddette ragioni, rinviandosi al Tribunale di Palermo per una nuova valutazione sul punto.
4.2 L’annullamento in relazione al capo 5 dell’imputazione provvisoria richiede, di conseguenza, all’esito del nuovo giudizio sulla sussistenza del quadro dei gravi indizi, altresì la rivalutazione dell’adeguatezza e della proporzionalità della misur cautelare, che può mutare al mutare della gravità dell’imputazione.
Infine, sul motivo nuovo evocato con la memoria inviata in limine.
Esso è in parte inammissibile per manifesta infondatezza, laddove si riferisce ad un capo di imputazione provvisoria (capo 3) che non vede coinvolto il ricorrente, mentre è assorbito nel resto, che attiene al capo 5, essendo già stata annullata l’ordinanza in parte qua.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata in relazione al capo e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen., per nuovo giudizio anche in punto di adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME e del pari inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. poc. pen..
Così deciso il 31 ottobre 2024 Il Co sigliere relatore COGNOME
Il Presidente