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Illecita concorrenza: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44720/2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare, chiarendo i presupposti del reato di illecita concorrenza. La Corte ha stabilito che, per configurare tale reato, è necessaria una reale concorrenza tra soggetti operanti nello stesso mercato. Una condotta minacciosa verso un proprietario terriero per ottenere un terreno, che danneggia un altro imprenditore interessato allo stesso bene ma operante in un settore diverso (agricoltura contro allevamento), non integra automaticamente il reato, poiché il fine diretto non è danneggiare il concorrente ma coartare la volontà del proprietario. La decisione sottolinea la distinzione tra danno collaterale a un terzo e l’effettiva alterazione della concorrenza in uno specifico mercato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Illecita Concorrenza: La Cassazione Annulla un’Ordinanza e Definisce i Confini del Reato

Con la recente sentenza n. 44720/2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso complesso che tocca i delicati confini del reato di illecita concorrenza (art. 513-bis c.p.). La decisione offre chiarimenti fondamentali sulla necessità di una reale competizione economica tra le parti affinché il reato possa configurarsi, distinguendo nettamente tra l’alterazione del mercato e il danno collaterale a un terzo. Questa analisi è cruciale per comprendere come la giurisprudenza interpreti le dinamiche economiche all’interno del diritto penale.

Il Fatto: Conflitto tra Allevatori e Agricoltori

Il caso nasce da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un individuo, accusato, tra le altre cose, di aver costretto una proprietaria terriera a cedergli l’uso di alcuni terreni per il pascolo del bestiame. Questa azione avrebbe impedito a un altro imprenditore, un agricoltore interessato agli stessi terreni per la coltivazione di meloni, di concludere un contratto di affitto.

Il Tribunale, in sede di riesame, aveva confermato la misura cautelare per questo capo d’imputazione, ritenendo che la condotta minacciosa degli indagati (allevatori) fosse diretta a danneggiare l’imprenditore concorrente (agricoltore). Contro questa decisione, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo, tra i vari motivi, l’insussistenza del reato di illecita concorrenza per mancanza di un presupposto fondamentale: l’appartenenza dei soggetti allo stesso mercato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa su questo punto specifico, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso dell’imputato e l’intero ricorso del Pubblico Ministero, in quanto miravano a una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Cassazione.

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del reato previsto dall’art. 513-bis c.p. La Corte ha stabilito che il Tribunale ha commesso un errore logico confondendo l’oggetto della contesa (il terreno) con il mercato di riferimento, la cui protezione è lo scopo della norma.

Le Motivazioni della Sentenza: Distinguere Mercato e Oggetto del Contendere

La Cassazione ha chiarito che il reato di illecita concorrenza presuppone due elementi essenziali:
1. L’esistenza di un rapporto di concorrenza tra i soggetti coinvolti, che devono operare all’interno della stessa ‘catena commerciale’ o ‘mercato’.
2. Il compimento di atti di violenza o minaccia finalizzati ad alterare questo equilibrio concorrenziale.

Nel caso di specie, gli indagati (allevatori) e la persona offesa dal reato di concorrenza (l’agricoltore) operavano in mercati palesemente diversi: quello dell’allevamento e quello della produzione agricola. Secondo la Corte, la condotta minacciosa era diretta a coartare la volontà della proprietaria terriera per ottenere un contratto vantaggioso, non a danneggiare direttamente l’agricoltore. Il danno subito da quest’ultimo è stato una conseguenza, un effetto collaterale, ma non il fine primario dell’azione criminale.

Il Tribunale, nel suo ragionamento, aveva erroneamente equiparato il ‘terreno usurpato’ al ‘mercato’. La Cassazione ha corretto questa impostazione, affermando che la protezione offerta dalla norma è rivolta al mercato e alla libertà di autodeterminazione dell’impresa concorrente, non genericamente a chiunque subisca un danno da un’azione illecita. Mancando la finalità di alterare la competizione in un mercato unico, viene meno uno degli elementi costitutivi del reato di illecita concorrenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza n. 44720/2024 ha importanti implicazioni pratiche. Ribadisce che per contestare l’illecita concorrenza non è sufficiente dimostrare una condotta violenta o minacciosa che avvantaggi un imprenditore a scapito di un altro. È indispensabile provare che entrambi operino nel medesimo contesto di mercato e che l’azione sia specificamente volta a ledere la libertà di concorrenza.

Questo principio di diritto impone agli inquirenti e ai giudici di merito un’analisi economica più rigorosa, che vada oltre la mera constatazione di un conflitto tra interessi economici. La Corte ha quindi rinviato gli atti al Tribunale, che dovrà ora rivalutare la sussistenza del grave quadro indiziario alla luce di questa corretta interpretazione, verificando se le diverse attività economiche coinvolte possano in qualche modo essere ricondotte a un mercato unico. Di conseguenza, dovrà anche riconsiderare l’adeguatezza della misura cautelare applicata.

Quando si configura il reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza?
Secondo la Corte, il reato si configura quando vengono compiuti atti di concorrenza connotati da violenza o minaccia nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o produttiva. È necessario che i soggetti coinvolti operino nello stesso mercato e che l’azione sia diretta ad alterare la libera concorrenza, non semplicemente a danneggiare un terzo come effetto collaterale.

Quali sono i limiti del ricorso per Cassazione in materia penale?
Il ricorso per Cassazione è limitato al controllo di legittimità. Non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti o delle prove (giudizio di merito), ma solo per contestare violazioni di legge o vizi della motivazione (come assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità del ragionamento del giudice).

Perché il danno a un concorrente non è sempre sufficiente per integrare l’illecita concorrenza?
Perché la norma sull’illecita concorrenza (art. 513-bis c.p.) non protegge da qualsiasi danno economico, ma specificamente dalla distorsione del mercato attraverso la violenza o la minaccia. Se l’azione minacciosa è rivolta a un soggetto (es. il proprietario di un bene) per ottenere un vantaggio, il danno subito da un terzo interessato allo stesso bene è considerato un effetto ‘collaterale’ e non il fine diretto dell’azione, che è invece requisito del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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