Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35212 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35212 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso presentato da Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino nel procedimento a carico di NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA avverso la sentenza del Tribunale di Asti del 18/12/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate, ex art. 23, comma 8, del decreto-legge n. 137 del 2020, dal Procuratore generale che ha concluso invocando l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Asti; lette la memoria, la documentazione e la memoria di replica inoltrate dalla difesa dell’imputato;
Con sentenza dell’Il dicembre 2024 II Giudice per le indagini preliminai presso il Tribunale di Asti, all’esito di giudizio abbreviato, ha assolto NOME dal reato ascrittogli, di cui all’art. 7 D.L. 4/2019, per insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, il dolo richiesto.
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino ha proposto tempestivo ricorso per l’annullamento della sentenza impugnata affidato ad un unico motivo con cui lamenta ex art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen., violazione di legge- art. 5 cod.pen., in relazione agli artt. 2 e 7 D.L. 4/2019- .
Assume il Procuratore generale, sulla base della presupposta irrilevanza della avvenuta abrogazione per effetto del disposto dell’art. 1, comma 318, I. 197/2022, che la sentenza ha basato l’argomentazione assolutoria sulla supposta ignoranza della legge, senza confrontarsi con i principi cardine in materia, espressi nell’articolo 5 cod.pen., né con la natura della norma di cui si ritiene dirimente l’ignoranza. Gli articoli 2 e 7 D.L. 4/2019 sono disposizioni cc.dd. “incomplete”: l’una contiene il precetto (nel dettare i requisiti richiesti per avere titolo il benefi tra cui l’essere residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in modo continuativo), la seconda la sanzione (nella misura della reclusione da 2 a 6 anni per chi, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di quell’art. 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero emette informazioni dovute).
La disposizione, composita, ha natura penale sicchè il tribunale ha errato perché ha assolto per difetto di dolo, consentendo all’imputato di invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale, mentre avrebbe dovuto porsi nella prospettiva della disciplina dell’errore sulla legge penale e superare i criteri che consentono di ritenere l’inevitabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il principio della irrilevanza dell’errore eventualmente sussistente in merito al precetto di cui alla norma violata e relativo alla residenzialità, peraltr statisticamente ben noto ai cittadini non UE in quanto fulcro della loro regolarizzazione nel nostro paese, è stato già affermato, da questa Corte, non solo a proposito dell’analogo istituto del Patrocinio a spese dello Stato – Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015 Ud. (dep. 02/04/2015 ) Rv. 263013 – 01: «Deve essere
considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale» ai sensi dell’art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente. (Nella specie, la Corte ha affermato che l’art. 76 D.Lgs. n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso D.Lgs., non costituisce legge extrapenale)»ma, specificamente, relativamente al reddito di cittadinanza, con giurisprudenza oramai consolidata : si richiamano, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 44924 del 2023, e da ultimo, da Sez. 3, Sentenza n. 7541 del 24/01/2024 Ud. (dep. 21/02/2024 ) Rv. 285964 – 01, che, oltre che affermare l’irrilevanza della abrogazione a far data dall’01/01/2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, argomenta in particolare, «uesta Corte ha già avuto modo di chiarire che “non è ravvisabile l’ipotesi di cui all’art. 47, comma 3, cod. pen., poichè le norme contenute nel D.L. n.4 del 2019, nello stabilire i requisiti di accesso al reddito di cittadinanza integrano il precetto penale contenuto nell’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, essendo in esso incorporate, posto che la norma penale punisce chi effettua false indicazioni dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizza all’ottenimento del reddito di cittadinanza. Ne deriva che l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza del diritto ad ottenere il reddito, pur non essendo in possesso dei suddetti requisiti, si risolve in ignoranza o in errore sulla legge penale. Né è sostenibile che si versi in un’ipotesi di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, poiché la normativa in tema di concessione del reddito di cittadinanza non presenta certamente connotati di cripticità tali da potersi ricondurre all’ottica dell’oscurità del precetto. Non è nemmeno riscontrabile, in materia, una situazione di caos interpretativo o di assoluta estraneità del contenuto precettivo delle norme alla sensibilità del cittadino” (cfr. Sez. 3, n. 44924 del 2023, non massimata)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Intende il Collegio -osservando, comunque, che, avuto riguardo alla data di ingresso nel territorio italiano e a quella del commesso reato (per come riportate nella imputazione) non incide sulla fattispecie in esame la recente pronuncia della Corte costituzionale, sentenza n. 31 del 2025, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2019, n.
26, nella parte in cui prevedeva che il beneficiario del reddito di cittadinanza dovesse essere residente in Italia «per almeno 10 anni», anziché prevedere «per almeno 5 anni»- ribadire, condividendolo in toto, siffatto principio.
La sentenza deve, dunque, essere annullata, non potendosi condividere l’assunto della mancanza di dolo in capo all’imputato per la supposta ignoranza della legge, che, in quanto penale, è inescusabile.
Segue il rinvio al Tribunale di Asti, in diversa persona fisica, per nuovo esame sul punto, nella prospettiva della disciplina dell’errore sulla legge penale, onde verificare se è consentito, o meno, ritenerne l’inevitabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Asti, in diversa persona fisica.
Così deciso in Roma il 20 giugno 2025
La Cons. GLYPH