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Ignoranza età persona offesa: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per atti sessuali con una minorenne. La difesa sosteneva l’ignoranza sull’età della persona offesa e vizi procedurali. La Corte ha stabilito che, in una relazione stabile e continuativa, l’ignoranza età persona offesa non è scusabile se non in caso di errore “inevitabile”, un requisito non soddisfatto nel caso di specie. La sentenza ribadisce inoltre la validità delle notifiche presso il domicilio eletto, anche dopo la rinuncia del difensore.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ignoranza età persona offesa: La Cassazione stabilisce i limiti della scusabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20355 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e complesso: l’ignoranza età persona offesa come possibile scusante nei reati sessuali contro i minori. Il caso analizzato offre importanti spunti di riflessione sia sul piano del diritto sostanziale, in particolare sull’interpretazione dell’art. 609-sexies del codice penale, sia su quello procedurale, riguardo la validità delle notifiche all’imputato. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti rigorosi sulla non scusabilità dell’errore sull’età in contesti di relazioni stabili e continuative.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna di un uomo per reati sessuali commessi ai danni di una ragazza minorenne, affetta da disabilità cognitiva e svantaggio socio-ambientale. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado: pur confermando la responsabilità penale, aveva riqualificato il reato principale da violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) ad atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), escludendo la condotta violenta sulla base delle dichiarazioni della vittima. L’imputato aveva intrattenuto una relazione duratura con la ragazza, tanto da essere presentato alla madre come il fidanzato e da accompagnarla presso i servizi di neuropsichiatria.

I motivi del ricorso: errore procedurale e ignoranza età persona offesa

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione attraverso il suo difensore, basandolo su due motivi principali:
1. Vizio procedurale: Si lamentava la mancata notifica del mutamento del capo d’imputazione. La notifica era stata inviata al domicilio del precedente difensore, che aveva rinunciato al mandato, e la difesa sosteneva che le condizioni psichiche dell’imputato gli avessero impedito di avere effettiva conoscenza del procedimento.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la sussistenza della responsabilità penale, sostenendo che l’imputato non fosse in grado di comprendere la minore età della ragazza. La difesa adduceva a sostegno di questa tesi il comportamento della vittima (che lo aveva approcciato e seguito a casa) e le condizioni psicologiche dell’imputato, affetto da un distacco dalla realtà, come documentato da relazioni mediche.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso inammissibili, argomentando in modo dettagliato su ciascun punto.

Sulla validità della notifica

Riguardo al vizio procedurale, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’elezione di domicilio presso lo studio del difensore è un atto distinto dal mandato professionale. La rinuncia al mandato da parte dell’avvocato non comporta automaticamente la revoca dell’elezione di domicilio. Pertanto, le notifiche inviate a quell’indirizzo restano valide fino a quando l’imputato non ne indichi uno nuovo. La difesa, inoltre, non ha fornito prove concrete del fatto che lo stato di alienazione dell’imputato avesse reso materialmente impossibile il contatto, limitandosi a un’affermazione generica.

Sull’inevitabilità dell’errore sull’età

Il cuore della sentenza riguarda il secondo motivo, relativo all’ignoranza età persona offesa. La Corte ha smontato la tesi difensiva evidenziando come la natura e la durata del rapporto tra l’imputato e la vittima rendessero del tutto inverosimile un errore sull’età. La frequentazione si era protratta per mesi, l’uomo era stato presentato in famiglia come il fidanzato e aveva accompagnato la ragazza in contesti delicati come la Comunità e la neuropsichiatria. Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano una conoscenza della vita della ragazza ben oltre la semplice apparenza.

La Cassazione ha richiamato l’art. 609-sexies c.p., che ammette la scusabilità dell’ignoranza sull’età solo se questa è “inevitabile”. Tale inevitabilità, chiarisce la Corte, si configura solo quando l’agente, dopo aver proceduto con la massima diligenza ai dovuti accertamenti, sia stato indotto in errore da elementi univoci. Non sono sufficienti, a tal fine, né l’aspetto fisico sviluppato della vittima, né le sue rassicurazioni verbali. Nel caso di specie, data la profondità della relazione, era del tutto ragionevole per i giudici di merito concludere che l’imputato fosse pienamente consapevole della minore età della partner.

Le conclusioni

La sentenza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale estremamente rigoroso in materia di reati sessuali contro i minori. Viene riaffermato che la tutela dei minori è un valore preminente e che l’onere di accertare l’età di un partner spetta all’adulto, specialmente quando si instaura una relazione affettiva. L'”errore inevitabile” previsto dalla legge è una circostanza eccezionale, che non può essere invocata con leggerezza o sulla base di elementi superficiali. La decisione sottolinea come il contesto relazionale sia un fattore determinante nella valutazione: una frequentazione assidua e prolungata rende di fatto inapplicabile la scusante dell’ignoranza sull’età, ponendo a carico dell’adulto una presunzione di conoscenza difficilmente superabile.

Quando è scusabile l’ignoranza sull’età di una persona minorenne in un reato sessuale?
Secondo la sentenza, l’ignoranza sull’età della persona offesa è scusabile solo quando è “inevitabile”, ai sensi dell’art. 609-sexies c.p. Ciò richiede che l’agente abbia diligentemente effettuato tutti gli accertamenti possibili e sia stato indotto in errore da elementi univoci. In un contesto di relazione duratura e approfondita, come quello del caso di specie, tale scusante è ritenuta non applicabile.

La rinuncia al mandato da parte di un avvocato invalida le notifiche inviate al suo studio?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che l’elezione di domicilio è un atto distinto dal mandato difensivo. Se l’imputato ha eletto domicilio presso lo studio del suo avvocato, le notifiche inviate a quell’indirizzo rimangono legalmente valide anche se il difensore ha successivamente rinunciato all’incarico, a meno che l’imputato non revochi formalmente tale elezione di domicilio.

Uno stato di disagio psicologico dell’imputato può giustificare la mancata conoscenza del processo penale?
Non automaticamente. La sentenza stabilisce che una generica affermazione sullo stato di “alienazione” o “distacco dalla realtà” dell’imputato non è sufficiente. La difesa deve allegare e dimostrare specificamente le ragioni concrete per cui tale condizione psicologica avrebbe reso impossibile il contatto con i difensori e, di conseguenza, la conoscenza del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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