LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Identità digitale: furto PIN è reato aggravato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per frode informatica e altri reati a carico di due soggetti, chiarendo che l’uso illecito di un PIN sottratto costituisce l’aggravante del furto di identità digitale. La Corte ha rigettato i ricorsi, specificando che la nozione di ‘identità digitale’ non è limitata ai sistemi pubblici (es. SPID), ma si estende a qualsiasi credenziale univoca, come un PIN bancario, utilizzata per accedere a sistemi informatici privati. La sentenza ha inoltre confermato la correttezza del trattamento sanzionatorio e la reiezione delle altre censure mosse dai ricorrenti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Identità Digitale e Frode Informatica: L’Uso di un PIN Rubato è Reato Aggravato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8958 del 2024, ha affrontato il tema dell’identità digitale nel contesto delle frodi informatiche, stabilendo principi chiari sull’uso illecito dei codici PIN. La pronuncia chiarisce che l’utilizzo di credenziali bancarie rubate, come il PIN, integra la circostanza aggravante del furto di identità digitale, ampliando la tutela giuridica ben oltre i sistemi di identificazione della Pubblica Amministrazione. Analizziamo nel dettaglio la decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una serie di condotte illecite commesse in forma organizzata. Gli imputati erano stati condannati in primo e secondo grado per diversi reati, tra cui ricettazione, frode informatica e sostituzione di persona. L’attività criminale consisteva nel possedere carte bancomat di provenienza illecita e nel loro successivo utilizzo indebito. Per portare a termine il piano, i criminali ottenevano i codici PIN direttamente dalle vittime, ingannandole con mezzi truffaldini, ad esempio fingendosi funzionari di banca.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’identità digitale

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni. Uno dei motivi principali riguardava la qualificazione giuridica dei fatti e, in particolare, la contestazione di una specifica circostanza aggravante per i reati di frode informatica.

Secondo la difesa, l’aggravante dell’indebito utilizzo dell’identità digitale (prevista dall’art. 640-ter, terzo comma, del codice penale) non sarebbe stata applicabile al caso di specie. La tesi difensiva sosteneva che la nozione di ‘identità digitale’ dovesse essere limitata alle procedure di validazione ufficiali adottate dalla Pubblica Amministrazione (come SPID o CIE), escludendo quindi le credenziali di accesso a sistemi privati come l’home banking o l’uso di un PIN.

Altre censure riguardavano il trattamento sanzionatorio, la quantificazione del danno a favore della parte civile (un istituto di credito) e la confisca di alcuni beni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di uno degli imputati e dichiarato inammissibile quello dell’altro, confermando integralmente la sentenza di condanna della Corte d’Appello. La parte più significativa della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto la tesi difensiva sull’aggravante relativa all’identità digitale.

Le Motivazioni: Cos’è l’Identità Digitale?

La Suprema Corte ha fornito una interpretazione estensiva e moderna del concetto di identità digitale. I giudici hanno stabilito che tale nozione non può essere limitata ai soli sistemi pubblici e certificati. Al contrario, essa trova applicazione anche nell’utilizzo di credenziali di accesso a sistemi informatici gestiti da privati.

La Corte ha spiegato che l’identità digitale è comunemente intesa come ‘l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un sistema informatico a un particolare utilizzatore’. Ciò che rileva è che i dati di accesso (come un nome utente, una password o, appunto, un PIN) individuino in modo esclusivo e univoco una determinata persona.

Il PIN (Personal Identification Number) è l’acronimo inglese per ‘Numero di Identificazione Personale’. Si tratta di una sequenza unica di numeri destinata a essere utilizzata solo dal titolare. Di fatto, sostituisce le generalità della persona nel mondo digitale per l’accesso a un determinato servizio. Utilizzare illecitamente il PIN di un’altra persona per accedere al suo conto corrente e prelevare denaro significa, quindi, commettere un furto di identità digitale.

Questa interpretazione, secondo la Corte, è in linea con la ratio legis, ovvero la volontà del legislatore di rafforzare la fiducia dei cittadini nell’utilizzo dei servizi online e di porre un argine al crescente fenomeno delle frodi realizzate tramite furto di identità.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte ha ritenuto infondate le censure sul trattamento sanzionatorio, giudicandolo proporzionato alla gravità dei fatti, e ha confermato la legittimità della quantificazione del danno e della confisca dei beni utilizzati per commettere i reati.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante punto di riferimento nella lotta al crimine informatico. Estendendo la nozione di identità digitale anche ai PIN e ad altre credenziali private, la Cassazione rafforza la tutela penale contro le frodi. La decisione chiarisce che qualsiasi dato che identifica univocamente una persona in un sistema informatico, se utilizzato illecitamente, costituisce un furto di identità con le conseguenti aggravanti di pena. Questo principio non solo adegua il diritto all’evoluzione tecnologica, ma offre anche una maggiore protezione ai cittadini e alle imprese che operano nel mondo digitale.

Utilizzare un PIN rubato per prelevare da un bancomat costituisce un furto di identità digitale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’aver utilizzato, carpendolo illecitamente, il codice PIN di altri soggetti per accedere al loro conto corrente integra la circostanza aggravante dell’indebito utilizzo dell’identità digitale prevista per il reato di frode informatica.

La nozione di ‘identità digitale’ si applica solo ai sistemi della Pubblica Amministrazione come lo SPID?
No. La Corte ha chiarito che il concetto di ‘identità digitale’ non presuppone una procedura di validazione adottata dalla Pubblica Amministrazione, ma trova applicazione anche nel caso di utilizzo di credenziali di accesso a sistemi informatici gestiti da privati, come i servizi di home banking o i sistemi di prelievo tramite PIN.

Il reato di sostituzione di persona viene assorbito da quello di ricettazione delle carte di credito?
No. Secondo la sentenza, non vi è assorbimento. La partecipazione consapevole dell’imputato alle condotte fraudolente per ottenere i codici PIN dalle vittime costituisce un comportamento illecito distinto e autonomo rispetto alla successiva ricezione delle carte provento di furto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati