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Identificazione vocale: valida anche senza perizia?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La sentenza conferma che l’identificazione vocale basata sul riconoscimento degli agenti di polizia giudiziaria è valida anche senza una perizia fonica, se non contestata con elementi concreti. Inoltre, nega la qualifica di ‘fatto di lieve entità’ basandosi su una valutazione complessiva che include modalità, profitti e continuità dell’attività, non solo sulla quantità della sostanza.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Identificazione Vocale: La Cassazione chiarisce quando è valida senza perizia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 39223 del 2024, affronta due questioni cruciali nel diritto penale legato agli stupefacenti: la validità dell’identificazione vocale tramite intercettazioni e i criteri per la qualificazione del ‘fatto di lieve entità’. La decisione offre importanti spunti sulla valutazione della prova e sulla necessità di un approccio complessivo nell’analisi dei reati.

I fatti del processo

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado a quattro anni e otto mesi di reclusione per plurimi episodi di detenzione e cessione di cocaina. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sull’identificazione: L’imputato sosteneva che la sua identificazione come uno degli interlocutori delle conversazioni intercettate fosse avvenuta in modo lacunoso, senza osservazioni dirette, sequestri a suo carico o una perizia fonico-comparativa che ne attestasse con certezza la voce.
2. Mancata riqualificazione del reato: La difesa chiedeva che il reato venisse derubricato a ‘fatto di lieve entità’ (ex art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), evidenziando l’assenza di sequestri e una presunta inesperienza dell’imputato, il cui ruolo sarebbe stato marginale.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo le prove sufficienti e respingendo la richiesta di riqualificazione. La questione è quindi giunta al vaglio della Suprema Corte.

L’analisi della Corte sull’identificazione vocale

La Cassazione ha dichiarato infondato il primo motivo di ricorso, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. L’identificazione vocale degli interlocutori di un’intercettazione non richiede necessariamente una perizia tecnica. Può basarsi validamente sulle dichiarazioni degli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini e che riconoscono le voci.

Secondo la Corte, in presenza di elementi che supportano tale attribuzione, spetta all’imputato fornire elementi oggettivi e concreti di segno contrario per contestarne la fondatezza. Una semplice messa in dubbio generica delle modalità di identificazione non è sufficiente. Nel caso di specie, gli investigatori avevano individuato l’imputato non solo dalla voce, ma anche da altri elementi emersi nel corso delle indagini, come i suoi rapporti pregressi con gli altri membri del gruppo e il fatto che fosse stato sottoposto a perquisizione e intercettazione della sua utenza mobile.

Inoltre, la scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato implica l’accettazione del processo allo stato degli atti, limitando la possibilità di introdurre nuove prove come, appunto, una perizia.

Fatto di lieve entità: una valutazione che va oltre la quantità

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha sottolineato che la qualificazione di un reato di stupefacenti come ‘fatto di lieve entità’ non dipende da un singolo fattore, come la quantità di droga, ma da una valutazione complessiva di tutti gli indici previsti dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e il dato qualitativo e quantitativo della sostanza.

Nel caso in esame, i giudici di merito avevano correttamente escluso la lieve entità sulla base di diversi elementi:
* Modalità organizzative: Le conversazioni rivelavano la necessità di adottare accorgimenti per la custodia di droga e denaro e di mantenere il controllo della ‘piazza di spaccio’.
* Continuità dell’attività: La reiterazione e la frequenza dello spaccio indicavano un’attività non occasionale.
* Entità dei guadagni: Si parlava di profitti per migliaia di euro.
* Profilo dell’imputato: Il suo inserimento nel contesto criminale non era affatto marginale o inesperto.

La Corte ha quindi concluso che, sebbene la quantità di stupefacente non fosse stata definita ‘esorbitante’, l’insieme di questi fattori dimostrava una non scarsa offensività della condotta, incompatibile con l’ipotesi lieve.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso perché le motivazioni della Corte d’Appello sono state ritenute logiche, complete e conformi ai principi di diritto. Sull’identificazione vocale, si è confermato che il riconoscimento da parte della polizia giudiziaria costituisce una prova valida, che la difesa deve contestare con prove contrarie specifiche, non con mere supposizioni. Sulla riqualificazione del reato, è stato ribadito che la valutazione del ‘fatto di lieve entità’ deve essere globale e analitica, considerando ogni aspetto della condotta illecita per determinarne la reale offensività. L’approccio dei giudici di merito è stato quindi ritenuto corretto, in quanto ha ponderato tutti gli indici normativi senza fermarsi a un’analisi parziale e astratta.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma due importanti principi. In primo luogo, nel campo delle intercettazioni, il valore probatorio del riconoscimento effettuato dagli inquirenti è solido e non necessita di conferme tecniche, a meno che non emergano dubbi concreti sollevati dalla difesa. In secondo luogo, la qualificazione di un reato di droga come ‘lieve’ non è un automatismo legato alle quantità, ma l’esito di un giudizio complesso che deve tenere conto della professionalità, dell’organizzazione e della pericolosità complessiva dell’attività di spaccio. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che la valutazione della prova in un processo penale è un’operazione articolata, dove ogni elemento viene analizzato nel suo contesto specifico.

È sempre necessaria una perizia tecnica per l’identificazione vocale in un’intercettazione?
No. Secondo la Corte, l’identificazione può validamente basarsi sul riconoscimento effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini. Spetta alla difesa fornire elementi oggettivi e concreti per contestare tale riconoscimento.

Quali elementi considera un giudice per escludere il ‘fatto di lieve entità’ nello spaccio di droga?
Il giudice deve compiere una valutazione complessiva che include non solo il dato quantitativo e qualitativo della sostanza, ma anche i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell’azione. Elementi come l’organizzazione dell’attività, la sua continuità, i guadagni conseguiti e il ruolo dell’imputato sono determinanti per valutare l’effettiva offensività della condotta.

La scelta del rito abbreviato influisce sulla possibilità di richiedere una perizia vocale?
Sì. Scegliendo il rito abbreviato, l’imputato accetta che il processo sia definito sulla base degli atti di indagine esistenti. Questa scelta limita la possibilità di richiedere l’acquisizione di nuove prove, come una perizia fonica, che non siano state raccolte durante la fase investigativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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