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Identificazione persona offesa: la diffamazione online

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per diffamazione aggravata tramite social network, chiarendo i criteri per l’identificazione persona offesa. La Corte ha stabilito che la vittima del reato non deve essere necessariamente nominata esplicitamente, essendo sufficiente che sia riconoscibile attraverso elementi contestuali, come riferimenti a vicende lavorative o personali note a una determinata cerchia di persone. Il ricorso dell’imputata, basato su un presunto errore nell’individuazione della querelante, è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Identificazione persona offesa nella diffamazione: quando la vittima è riconoscibile

In un’era dominata dalla comunicazione digitale, la diffamazione tramite social network è un fenomeno sempre più diffuso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in questo contesto: l’identificazione persona offesa, ovvero i criteri per stabilire chi sia la vittima di un post offensivo, anche quando il suo nome non viene menzionato esplicitamente. La Corte ha ribadito che per configurare il reato è sufficiente che il destinatario delle offese sia identificabile da una cerchia di persone attraverso elementi contestuali.

I Fatti del Caso: un Post su un Social Network e l’Accusa di Diffamazione

Il caso trae origine da un post pubblicato su un noto social network da un’imputata, la quale si scagliava con toni offensivi contro una sua ex dipendente. La pubblicazione conteneva espressioni quali “meschina opportunista” e la accusava di un “tentativo di estorcere denaro con l’inganno”.

La persona offesa, che aveva lavorato presso l’azienda agricola del marito della ricorrente e che aveva intentato una causa per lesioni subite sul lavoro, si era sentita oggetto di tali affermazioni e aveva sporto querela. Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano condannato l’autrice del post per il reato di diffamazione aggravata, disponendo anche il risarcimento del danno in favore della parte civile.

Il Ricorso in Cassazione e l’errata identificazione persona offesa

L’imputata ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la manifesta contraddittorietà della motivazione in punto di legittimazione a proporre la querela. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente identificato la persona offesa. Il post, infatti, conteneva anche un riferimento alla figlia della querelante, definita “improvvisata politicante mezza tacca”, da poco nominata assessore. La difesa sosteneva quindi che la querelante non fosse la reale destinataria delle offese e, di conseguenza, non avesse il diritto di sporgere querela.

I Principi per la Corretta Identificazione della Vittima di Diffamazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia di identificazione persona offesa. Il reato di diffamazione non richiede che il soggetto passivo sia indicato nominativamente. L’individuazione può avvenire sulla base di una serie di elementi:

* La natura e la portata dell’offesa: il contenuto stesso delle frasi.
* Le circostanze narrate: i fatti a cui si fa riferimento.
* I riferimenti personali e temporali: dettagli che riconducono a una persona specifica.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, devono consentire a una cerchia di persone di individuare con ragionevole certezza l’identità del destinatario della diffamazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, in quanto volto a una nuova e non consentita valutazione dei fatti, prerogativa esclusiva dei giudici di merito. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata corretta, logica e priva di vizi.

I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse correttamente distinto le diverse parti del post. Sebbene un’espressione fosse chiaramente rivolta alla figlia della querelante, le altre offese (“meschina opportunista”, “tentativo di estorcere denaro con l’inganno”, “certa gente andava presa a calci nel sedere quando aveva chiesto di rientrare”) erano inequivocabilmente indirizzate alla madre.

L’identificabilità di quest’ultima era garantita da precisi riferimenti alla sua vicenda lavorativa: era stata dipendente dell’azienda del marito della ricorrente, si era allontanata per un malore legato all’uso di diserbanti e aveva presentato una denuncia per lesioni, presupposto della richiesta di risarcimento del danno (interpretata dall’imputata come “tentativo di estorcere denaro”). Questi fatti erano noti nell’ambito locale e lavorativo, rendendo la persona offesa facilmente riconoscibile da chi leggeva il post. Tale ricostruzione era inoltre supportata dalle dichiarazioni di due testimoni.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la querelante era pienamente legittimata a sporgere querela, rendendo l’azione penale procedibile.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: nella diffamazione online, l’assenza del nome della vittima non esclude il reato. Se il contesto del messaggio, i riferimenti a fatti specifici e le circostanze note a un determinato pubblico permettono di risalire con certezza all’identità della persona offesa, la diffamazione sussiste. Questa decisione sottolinea come la reputazione sia tutelata anche da attacchi indiretti o allusivi, e che la valutazione del giudice deve tenere conto di tutti gli elementi della comunicazione per una corretta identificazione persona offesa e per garantire la giusta tutela legale.

È necessario che la persona offesa sia nominata esplicitamente in un post per configurare il reato di diffamazione?
No, la sentenza chiarisce che l’individuazione del soggetto passivo può avvenire anche attraverso gli elementi della fattispecie concreta (circostanze narrate, riferimenti personali e temporali, ecc.) che permettano, con ragionevole certezza, di identificarlo all’interno di una cerchia di persone.

Chi può sporgere querela se un post diffamatorio contiene offese potenzialmente riferibili a più persone?
La persona che, sulla base degli elementi contenuti nel post e del contesto, risulta essere l’effettiva destinataria di specifiche offese è pienamente legittimata a sporgere querela per quelle frasi, anche se altre parti del medesimo messaggio si riferiscono ad altri soggetti.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti e le prove del processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità. Non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei gradi di merito, ma si limita a verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione e la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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