Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14696 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 10/07/2023 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO
COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato, in sede di riesame, l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 13 marzo 2023 che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui al capo B31) della rubrica provvisoria (artt. 73 e 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990) avente ad oggetto l’acquisto tra il marzo e il luglio 2020 da NOME COGNOME
di 7 chili di cocaina per un prezzo non inferiore a 220.000 euro, destinata ad essere rivenduta.
Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in relazione alla certezza ed univocità della identificazione della persona indagata.
Il Tribunale ha confermato l’identificazione del ricorrente nella persona indicata come l’acquirente del carico di cocaina (il debitore COGNOME) nelle chat criptate intercorse tra NOME COGNOME, figlio del venditore, e un tale ignoto interlocutore.
Peraltro, tale conclusione risulta priva della necessaria gravità indiziaria, essendo necessario, come di recente affermato in sede di legittimità (sent. n 409 del 2021) che la identificazione dell’indagato sia certa anche per la emissione di misure cautelari personali.
Il Tribunale ha ritenuto di ricavare tale certezza da una intercettazione eteroaccusatoria tra persone che non conoscevano direttamente l’acquirente della partita di cocaina (il figlio di COGNOME NOME e il soggetto incaricato di recuperare il credito), priva di riscontri estrinseci.
Siamo in presenza di inferenze presuntive, generiche e indeterminate.
Nella conversazione dell’8 agosto 2020 i conversanti parlavano di un tale “COGNOME” che non era reperibile a Catania, mentre nel periodo della intercettazione il ricorrente si trovava viepiù a Catania (in quanto obbligato alla firma di p.g. in tale città).
In quella del 12 agosto i conversanti discutevano del “COGNOME di COGNOME” che non era reperibile in quanto implicato in una sparatoria avvenuta a Librino 1’8 agosto precedente. Il fatto che il ricorrente sia coinvolto giudizialmente in tale sparatoria non ha rilevanza posto che i conversanti non conoscono il debitore e possono essere caduti in errore, come dimostra la conversazione del 18 novembre 2020, in cui COGNOME – ben a conoscenza degli affari illeciti dei COGNOME – aveva dichiarato di conoscere personalmente il debitore e che lo stesso non era coinvolto nella sparatoria.
Illogica è la risposta del Tribunale sulla circostanza che NOME non fosse a conoscenza dell’arresto del ricorrente (secondo il Tribunale, era dato irrilevante), quando NOME invece era l’unico a conoscere direttamente il debitore.
In modo apparente ed illogico, il Tribunale ha dato risposta alla censura difensiva sulla mancanza di rapporti tra il ricorrente e il venditore, essendosi Tribunale rifugiato in formule di stile, inconferenti e anche contraddittorie c
stessa premessa fatta nell’ordinanza impugnata (la sottoposizione di entrambi a controllo per molti anni; in particolare NOME COGNOME era stato coinvolto in altro procedimento che riguardava traffici di stupefacenti anche in Sicilia).
In ogni caso il ricorrente non ha precedenti specifici per stupefacenti.
Va inoltre rappresentato che la difesa aveva segnalato che il debitore era presentato ora come uno buono ora come uno scemo: il Tribunale ha considerato solo il primo appellativo, per attribuire – senza altri elementi – al ricorrente il ru di soggetto attivo professionalmente ai più elevati livelli del narcotraffico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in ogni sua articolazione.
Il ricorso si limita a ribadire la tesi difensiva sostenuta davanti al Tribunale del riesame, opponendosi alle conclusioni raggiunte dall’ordinanza impugnata con argomenti di merito e volti a svilire, in chiave atomistica e parcellizzante, il quadro indiziario rappresentato dai giudici della cautela.
Va premesso che l’orientamento di legittimità richiamato dalla difesa non ha fatto altro che ribadire che per l’imposizione di una misura cautelare personale è necessaria una probatio minor di quella necessaria per una condanna, essendo sufficiente una qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato e che la identificazione del soggetto nei confronti del quale si procede deve essere “sufficientemente precisa e tranquillizzante” (Sez. 5, n. 9192 del 07/02/2007).
In altri termini, per la specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, non è richiesta la certezza processuale propria del giudizio di merito, ma pur sempre un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598).
Nel caso in esame, il ragionamento giustificativo che ha portato il Tribunale a identificare, nei termini sopra indicati, il ricorrente nell’acquirente della parti di droga risulta privo di lacune, illogicità manifeste o incongruenze.
Gli elementi convergenti sulla sua identificazione tratti dalla chat erano molteplici e individualizzanti, quali il riferimento al soggetto “COGNOME“, di nome “COGNOME“, detenuto per lungo tempo e da poco uscito di carcere, implicats nella sparatoria di Librino e per tale motivo arrestato.
Il Tribunale aveva inoltre precisato che gli interlocutori non conoscevano tale persona “di presenza” (così lo sconosciuto interlocutore incaricato di riscuotere il debito).
3.1. Per contro, non emergono le discrasie segnalate dalla difesa.
Quanto alla circostanza della reperibilità del ricorrente a Catania perché sottoposto a misura cautelare, il Tribunale ha osservato che era circostanza solo “Iabialmente” sostenuta.
In ordine alla figura del COGNOME, risulta dall’ordinanza impugnata che questi avesse cercato in passato il debitore COGNOME presso un autodemolitore e che fosse all’oscuro della sparatoria di Librino.
Ebbene, posta la questione in questi termini, la risposta fornita dal Tribunale non appare illogica, posto che non veniva ad inficiare la identificazione del ricorrente. In questa Sede, la difesa si spende in argomenti di merito non risultanti dall’ordinanza impugnata.
Parimenti non decisiva era la mancanza di contatti emersi tra NOME COGNOME e il ricorrente, risultando proprio dalla stessa indagine il ricorso dei trafficanti a cautele, quali l’uso di telefoni criptati per celare non solo i traffici anche la loro stessa identità.
Quanto poi al riferimento dei conversanti al debitore ora come “scemo” ora come uno “buono”, è il Tribunale nel riportare le chat rilevanti a rappresentare come fosse stato il giovane COGNOME, nell’incaricare l’ignoto interlocutore di trovare il debitore, a definirlo “quello scemo”, mentre di seguito lo stesso interlocutore gli aveva chiarito il calibro criminale del soggetto che stavano cercando.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il O1taí/2024.