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Identificazione fotografica: quando è prova nel processo?

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per furto aggravato, basata quasi esclusivamente su una identificazione fotografica acquisita in modo irrituale. La Suprema Corte ha stabilito che i verbali di identificazione delle indagini preliminari non possono essere acquisiti d’ufficio dal giudice tramite l’art. 507 c.p.p. se sono altrimenti inutilizzabili, ribadendo i rigidi limiti all’uso di atti formati fuori dal contraddittorio dibattimentale. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Identificazione Fotografica: Limiti e Inutilizzabilità nel Processo Penale

Nel processo penale, la corretta acquisizione delle prove è un pilastro fondamentale per garantire un giudizio equo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 639/2024) ha riaffermato i rigidi paletti che governano l’utilizzo della identificazione fotografica effettuata durante le indagini preliminari. Questo provvedimento chiarisce i limiti dei poteri istruttori del giudice e l’importanza del principio del contraddittorio.

I Fatti del Caso: Dalla Rapina alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un’accusa di rapina pluriaggravata a carico di un individuo. In primo grado, l’imputato viene condannato. Successivamente, la Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza, conferma la responsabilità penale, riqualificando il reato in furto pluriaggravato. La decisione dei giudici di merito si fondava in maniera determinante sul riconoscimento fotografico dell’imputato effettuato da due testimoni durante la fase delle indagini preliminari. La difesa dell’imputato ha però contestato la legittimità di tale prova, portando il caso fino in Cassazione.

L’Uso dell’Identificazione Fotografica e i Poteri del Giudice

Il nodo cruciale della questione risiede nella modalità con cui i verbali di identificazione fotografica sono entrati nel processo. Tali atti, compiuti dalla polizia giudiziaria senza le garanzie del contraddittorio, non erano stati depositati dal Pubblico Ministero. Nonostante ciò, il Tribunale di primo grado aveva deciso di acquisirli d’ufficio, avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 507 del codice di procedura penale, per poi riesaminare i testimoni proprio su quelle identificazioni.

La difesa ha sostenuto che tale procedura fosse illegittima, in quanto il potere del giudice di assumere nuove prove non può essere utilizzato per ‘sanare’ il mancato deposito di un atto da parte dell’accusa o per introdurre nel dibattimento prove altrimenti inutilizzabili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato sotto il profilo della violazione di legge processuale. Gli Ermellini hanno chiarito principi cardine in materia di prova penale.

La Regola Generale sull’Inutilizzabilità

In primo luogo, è stato ribadito un orientamento consolidato: l’individuazione fotografica, essendo un atto di indagine, non ha valore di prova piena se non viene confermata nel corso del dibattimento, nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti. I relativi verbali, di per sé, non possono essere semplicemente letti e utilizzati per la decisione, salvo eccezioni tassativamente previste dalla legge (come, ad esempio, in caso di violenza o minaccia al testimone, ai sensi dell’art. 500 c.p.p.).

L’Acquisizione Irrituale Tramite Art. 507 c.p.p.

Il punto centrale della decisione è l’abuso dei poteri officiosi del giudice. La Cassazione ha affermato che l’art. 507 c.p.p. non può essere una scorciatoia per introdurre nel processo prove affette da inutilizzabilità. Il potere del giudice è finalizzato ad acquisire prove nuove, assolutamente necessarie ai fini del decidere, non a recuperare atti delle indagini che la legge stessa esclude dal fascicolo del dibattimento. L’acquisizione d’ufficio di un verbale di individuazione, per poi interrogare il teste sul suo contenuto, rappresenta un’elusione delle regole sul contraddittorio.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

Poiché l’affermazione di responsabilità dell’imputato si basava in modo esclusivo su questa prova irritualmente acquisita e utilizzata, la Corte di Cassazione ha concluso che la sentenza impugnata era viziata da una grave violazione di legge processuale. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà procedere a un nuovo giudizio, senza poter utilizzare i verbali di identificazione fotografica acquisiti in modo illegittimo.

Un verbale di identificazione fotografica fatto durante le indagini può essere usato come prova in dibattimento?
Di norma no. Secondo la sentenza, il verbale di identificazione fotografica svolto in fase di indagini è inutilizzabile ai fini della decisione, a meno che l’atto non sia confermato dal testimone in dibattimento o non ricorrano le specifiche eccezioni previste dalla legge, come la comprovata intimidazione del teste.

Il giudice può usare i suoi poteri officiosi (art. 507 c.p.p.) per acquisire un verbale di identificazione fotografica altrimenti inutilizzabile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i poteri istruttori d’ufficio del giudice non possono essere utilizzati per introdurre nel processo una prova affetta da inutilizzabilità. Questo potere serve per acquisire prove nuove e necessarie, non per sanare irregolarità o aggirare i divieti probatori.

Qual è la conseguenza se una condanna si basa esclusivamente su un’identificazione fotografica acquisita in modo irregolare?
Se la condanna si fonda in modo esclusivo su una prova acquisita e utilizzata in violazione delle norme processuali, come un’identificazione fotografica irritualmente introdotta nel dibattimento, la sentenza è affetta da un vizio di violazione di legge e deve essere annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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