Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3757 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3757 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/12/2024
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, a seguito di annullamento con rinvio della Seconda Sezione penale di questa Corte della sentenza della Corte di appello di Roma dell’il ottobre 2012 che aveva assolto NOME COGNOME dal reato di rapina aggravata (artt. 110, 628, commi 1 e 3, nn. 1 e 3 cod. pen.), commessa il 10 giugno 2005 ai danni di un supermercato e che, in relazione ad altro reato di rapina commesso il 24 maggio 2005, aveva applicato le circostanze attenuanti generiche, ha ritenuto accertata la responsabilità dell’imputato e ha rideterminato la pena
inflittagli, con l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, unificato il reato in continuazione con quello commesso il 24 maggio 2005, alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 1.200, di multa.
Con i motivi di ricorso, sintetizzati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. co proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, NOME COGNOME chiede l’annullamento della sentenza impugnata e denuncia:
2.1. contraddittorietà della motivazione che ha ritenuto accertata la individuazione dell’imputato sulla base delle dichiarazioni rese dalla cassiera del supermercato, NOME COGNOME che, sentita in sede di rinnovazione disposta ai sensi dell’art. 603, cod. proc. pen., aveva riferito di non ricordare i fatti, di essere in grado di ricordare alcunché in merito e di non essere in grado di identificare l’autore della rapina.
Anche con riferimento alla deposizione del maresciallo NOME COGNOME, emerge la contraddizione tra la motivazione della sentenza impugnata e la natura presuntiva della identificazione del COGNOME che è frutto di una mera deduzione e, cioè, che all’epoca dei fatti questi fosse stato complice in altre rapine commesse da NOME COGNOME univocamente individuato perché le telecamere di sicurezza ne riprendevano le fattezze essendosi tolto il passamontagna. Le conclusioni della Corte di appello di Roma non sono fondate sulla individuazione o riconoscimento diretto del COGNOME ma su meri dati di compatibilità del suo portamento con quello dell’autore della rapina (il secondo rapinatore), descritto dalla COGNOME. Né la Corte di appello si era pronunciata su un aspetto ritenuto rilevante dalla Corte di Cassazione ai fini dell’annullamento della sentenza di assoluzione e, cioè, che il ricorso alla prova scientifica (l’analisi dei rilievi antropometrici) non aveva risolto dubbi sulla identificazione dell’imputato;
2.2. GLYPH violazione di legge e carenza di motivazione sull’eccessività della pena inflitta a titolo di aumento per la continuazione tra reati, sulle ragioni di tal misura in concreto adottata e sul giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, privo di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato.
Deve premettersi, in fatto, che l’imputato – unitamente a NOME COGNOME irrevocabilmente condannato- era stato accusato della commissione di due rapine
in danno della stessa sede del supermercato “RAGIONE_SOCIALE“, sito nella INDIRIZZO Roma, rapine commesse, rispettivamente, il 24 maggio e il 10 giugno 2005.
NOME COGNOME condannato in primo grado per entrambe le rapine, era stato assolto, ai sensi dell’art. 530 cpv. cod. pen., dalla rapina commessa il 10 giugno 2005.
Su appello del Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, la Seconda Sezione di questa Corte, con sentenza dell’8 aprile 2014, aveva annullato la sentenza sia per l’assoluzione dalla rapina commessa il 10 giugno 2010 che per l’applicazione, in relazione al fatto del 24 maggio 2005, delle circostanze attenuanti generiche e aveva rinviato per nuovo giudizio dinanzi alla Corte di appello di Roma.
Questa la motivazione, nella parte di interesse, relativa alla identificazione dell’imputato:
“…Risulta del tutto privo di motivazione il proscioglimento dell’imputato dalla rapina di cui al capo 13), a fronte delle univoche e convergenti dichiarazioni rese tanto dalla cassiera dell’esercizio commerciale rapinato nelle due circostanze da parte degli stessi soggetti, che dal maresciallo COGNOME il quale ha parimenti confermato che i rapinatori erano gli stessi nelle due occasioni e che ha chiarito, dopo aver visionato i filmati dei due episodi, di aver constatato la presenza in entrambe le occasioni del NOMECOGNOME che ben conosceva per ragioni di ufficio. La perizia, poi, che ha confermato che l’imputato era l’autore di una delle due rapine, non soltanto non smentisce, ma addirittura assevera in modo univoco le acquisizioni testimoniali di cui si è detto, inspiegabilmente trascurate dai giudici dell’appello”.
La Corte di appello di Roma, con la sentenza oggi impugnata, ha confermato la condanna anche per la rapina del 10 giugno 2005 e ha applicato le circostanze attenuanti generiche con mero giudizio di equivalenza alle aggravanti (avere agito, in più persone riunite, travisate e armate).
2.1 motivi di ricorso proposti non sono fondati.
La Corte di appello, pur dando atto delle difficoltà della teste NOME COGNOME – la cassiera del supermercato, presente a entrambe le rapine- , a distanza di diciannove anni dai fatti, di ricordare alcunché ha, nondimeno, rilevato che la teste aveva confermato le dichiarazioni rese nel giudizio di primo grado e particolari rilevanti ai fini della identificazione del rapinatore, che si esprimeva con “accento romano” e che aveva una particolare andatura, poiché camminava con le spalle ricurve in avanti.
Anche il maresciallo NOME COGNOME che ben conosceva l’imputato perché sottoposto a obbligo di presentazione presso la caserma ove prestava servizio,
aveva confermato le precedenti dichiarazioni, in merito alla identificazione del COGNOME, precisando che la visione di filmati aveva consentito di convalidare le dichiarazioni della teste su un particolare rilevante per la particolarità della postura e dell’andatura (con le spalle ricurve in avanti) del COGNOME.
Le valutazioni della Corte di appello, ancorché estremamente sintetiche, devono innestarsi sulle acquisizioni processuali che avevano ricostruito l’esito della individuazione del ricorrente da parte del COGNOME, fondata sulle fattezze fisiche del COGNOME ben noto al teste, ma soprattutto, su un dato già ritenuto rilevante nella sentenza di annullamento con rinvio e, cioè, che secondo le dichiarazioni della COGNOME i rapinatori, autori della rapina del 10 giugno 2005, erano le stesse persone che avevano eseguito la rapina del precedente 24 maggio, fatto, questo, per il quale era intervenuta, al momento della sentenza oggi impugnata, la condanna irrevocabile a carico del RAGIONE_SOCIALE a seguito della dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso dichiarato dalla Seconda Sezione penale con la sentenza dell’8 aprile 2014.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di un dato assoluta rilevanza che il ricorso oblitera concentrando l’attenzione sul mancato ricordo della COGNOME che, tuttavia, ha confermato, in sede di rinnovazione, le dichiarazioni che aveva reso in primo grado ribadendo che in quella sede “aveva detto la verità” e che, comunque, aveva confermato, i particolari (l’andatura e l’accento) di uno dei rapinatori poi identificato dal maresciallo NOME COGNOME, attraverso la visione dei filmati, nell’odierno ricorrente.
La lettura delle risultanze di prova compiuta dalla Corte di appello di Roma non appare inficiata da manifesta illogicità o dalla denunciata contraddittorietà della motivazione: i giudici di appello danno conto, fornendone una ragionevole giustificazione, delle ragioni del mancato ricordo dei fatti della teste che, tuttavia, aveva ribadito la ricostruzione dei fatti e descritto le fattezze del rapinatore, da l riconosciuto come autore della rapina del 24 maggio fin dalla deposizione resa in primo grado, aspetto, questo, coerentemente individuato dalla Corte di appello di Roma, in presenza di giudicato, come dato di prova non più seriamente contestabile e affatto contraddetto dalle modalità delle indagini.
La identificazione da parte del verbalizzante, non era avvenuta sulla base delle caratteristiche del volto (che era travisato), ma di altre caratteristiche fisich correttamente ritenute attendibili, in ragione dell’autore della identificazione, poiché il verbalizzante conosceva da anni l’imputato, e affidabili, perché relative a caratteristiche molto particolari dell’imputato quali la postura e l’andatura.
Generico, per indeterminatezza, risulta il rilievo difensivo sulla circostanza che i filmati della seconda rapina non avessero restituito, in sede di perizia, un dato certo sulla identificazione del COGNOME, contrariamente alle risultanze della perizia
svolta sul primo episodio. Le argomentazioni difensive, a tal riguardo, sono apodittiche non essendo sufficiente, il rinvio ai motivi di appello e alle difese svolte, a conferire contenuto alla censura che, comunque, deve confrontarsi con il contenuto positivo delle prove a carico.
3.Sono manifestamente infondati i motivi di ricorso sul trattamento punitivo.
La Corte di appello, individuata la pena base per il reato di rapina del 24 maggio 2005 in anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa, ha aumentato la pena, per la continuazione, di mesi dieci di reclusione ed euro 200 di multa.
La Corte di appello ha individuato la pena più grave in quella irrogata per la rapina del 24 maggio 2005 (“perché la prima commessa”); ha operato il giudizio di bilanciamento, con equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, sulle plurime aggravanti il giudizio di bilanciamento, reiterando quello già espresso nella sentenza annullata e valorizzando il tempo trascorso dai fatti e ha praticato un aumento per la continuazione in misura decisamente contenuta rispetto alla pena prevista per il reato di rapina.
Osserva il Collegio che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, come nel caso in esame, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Quanto alla misura dell’aumento di pena per la continuazione tra reati, premesso che risultano rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non s è operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene, l’onere motivazionale appare implicitamente assolto, in presenza di reati omogenei e della impossibilità di affermare l’esattezza di una pena secondo criteri matematici, attraverso un contenuto aumento rispetto alla pena base e alla violazione più grave individuata dai giudici del merito in quella inflitta per il reato già giudicato.
4.Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 dicembre 2024
La Consigliera relatrice
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