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Identificazione criptofonino: onere della prova

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per narcotraffico, evidenziando gravi carenze nella motivazione riguardo all’identificazione dell’utilizzatore di un criptofonino. Il Tribunale del riesame non aveva adeguatamente risposto alle specifiche contestazioni della difesa, basando l’identificazione criptofonino su elementi ritenuti illogici e incompleti. La Suprema Corte ha rinviato il caso per un nuovo esame, sottolineando la necessità di una prova rigorosa.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Identificazione Criptofonino: Quando la Prova non Basta per la Custodia Cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2758 del 2024, affronta un tema cruciale nelle moderne investigazioni penali: l’identificazione criptofonino e la sua valenza come prova per giustificare una misura cautelare grave come la custodia in carcere. La decisione evidenzia come, a fronte di contestazioni difensive specifiche, il giudice non possa fornire risposte elusive o incomplete, pena l’annullamento del provvedimento. Questo caso offre spunti fondamentali sull’onere della prova a carico dell’accusa e sui diritti della difesa in procedimenti basati su comunicazioni crittografate.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per gravi reati, tra cui associazione dedita al narcotraffico, acquisto di stupefacenti e tentata importazione di armi. Il quadro indiziario a suo carico si fondava in larga parte sull’analisi di chat intercorse su telefoni criptati, i cosiddetti “criptofonini”, acquisite tramite un Ordine Europeo di Indagine.

La difesa, sia in sede di riesame che con il successivo ricorso in Cassazione, contestava fermamente un punto nodale: l’attribuzione di uno specifico telefono criptato (identificato dalla sigla SkyECC 64HHLW) all’indagato. Secondo i legali, gli elementi utilizzati dall’accusa per collegare il dispositivo al loro assistito erano deboli, contraddittori e insufficienti a sostenere un giudizio di gravità indiziaria.

La Valutazione sull’Identificazione Criptofonino e la Decisione della Cassazione

Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura cautelare, valorizzando alcuni elementi come la coincidenza, in una singola occasione, della cella telefonica agganciata dal criptofonino e dal telefono personale dell’indagato, e l’uso di presunti soprannomi nelle chat. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto tale approccio gravemente carente.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando l’ordinanza e rinviando gli atti per un nuovo esame. La decisione si fonda sul principio che il giudice del riesame ha l’obbligo di confrontarsi analiticamente con tutte le deduzioni difensive. Eludere le argomentazioni o fornire risposte illogiche equivale a un vizio di motivazione che inficia la validità del provvedimento.

L’Importazione di Stupefacenti: Tentativo o Atti Preparatori?

Un altro motivo di ricorso riguardava la qualificazione giuridica di un episodio di tentata importazione di droga. L’indagato era accusato di aver partecipato al versamento di denaro a un intermediario per organizzare una spedizione dal Sudamerica. La Cassazione ha chiarito che per la consumazione del reato di importazione non basta l’accordo, ma è necessaria l’assunzione della gestione dell’attività di trasferimento della sostanza. Nel caso di specie, non essendo provato che l’importatore avesse effettivamente preso in carico la gestione della spedizione, la condotta poteva al più configurare un tentativo punibile, ma non un reato consumato.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha rilevato una “radicale mancanza di confronto” da parte del Tribunale del Riesame con le doglianze della difesa. In particolare:
1. Cella Telefonica: Il rilievo sulla coincidenza della cella era stato definito temporalmente in modo vago e non supportato da dati probatori specifici che dimostrassero la capacità di un criptofonino di lasciare tale traccia.
2. Soprannomi: L’attribuzione all’indagato di soprannomi come “il pazzo” o “l’animale” non era supportata da elementi concreti, a fronte delle deduzioni difensive che li riferivano ad altri soggetti.
3. Mancata Analisi: Il Tribunale aveva completamente omesso di analizzare altre conversazioni, successive ad alcuni arresti, che secondo la difesa avrebbero dimostrato l’uso del criptofonino da parte di altre persone (ad esempio, parenti di un altro coindagato).

In sostanza, il Tribunale ha fornito risposte “illogiche o incomplete”, non riuscendo a costruire un quadro probatorio solido e coerente per l’identificazione criptofonino. Di fronte a una ricostruzione difensiva argomentata, che attribuiva l’uso del dispositivo a un altro soggetto, il giudice aveva l’onere di smontarla punto per punto con elementi di prova altrettanto specifici, cosa che non è avvenuta.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale di garanzia nel processo penale: la motivazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale deve essere completa, logica e deve dare conto di tutte le argomentazioni difensive pertinenti. L’era delle investigazioni digitali e delle comunicazioni criptate pone nuove sfide, ma non attenua l’obbligo per l’accusa di fornire prove rigorose. L’attribuzione di un’utenza criptata a un determinato soggetto non può basarsi su congetture o su singoli elementi decontestualizzati, ma richiede un compendio indiziario grave, preciso e concordante. Il caso ritorna quindi al Tribunale di Catanzaro, che dovrà riesaminare il tutto alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte.

La coincidenza di una cella telefonica in una sola occasione è sufficiente per attribuire un criptofonino a una persona?
No, secondo la Corte di Cassazione questo elemento, da solo, è un rilievo debole. Deve essere definito temporalmente in modo preciso, correlato a dati probatori specifici e valutato insieme a tutte le altre circostanze, specialmente a fronte delle contestazioni difensive.

Cosa succede se il Tribunale del Riesame non risponde a tutti gli argomenti della difesa?
Se il Tribunale elude le deduzioni difensive o fornisce risposte illogiche, incomplete o apparenti, la sua ordinanza è viziata per mancanza o apparenza di motivazione. Ciò comporta l’annullamento del provvedimento, come avvenuto in questo caso.

Quando un accordo per importare droga diventa un reato punibile?
Un semplice accordo non è sufficiente. Si configura il reato consumato di importazione solo quando l’importatore assume la gestione effettiva dell’attività volta al trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale. In assenza di ciò, se le trattative sono serie e idonee a creare un affidamento sulla conclusione dell’accordo, si può configurare il tentativo punibile di importazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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