Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2758 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2758 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Cassano allo Ionio avverso l’ordinanza in data 04/07/2023 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rinvio della trattazione o uditi i difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 04/07/2023 il Tribunale di Catanzaro ha confermato in sede di riesame quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 02/05/2023, con cui è stata applicata nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di associazione dedita al narcotraffico, di cui
al capo 1), per i reati di acquisto di sostanze stupefacenti, di cui ai capi 2), 3), 4 5), 7) e 8), per il reato di tentata importazione di armi anche da guerra, di cui al capo 9), per il delitto previsto dall’art. 497-bis cod. pen., di cui al capo 10).
Ha ritenuto il Tribunale che il compendio indiziario, costituito da dialoghi oggetto di intercettazione, servizi di osservazione e controllo, materiale fotografico, documenti, perquisizioni e sequestri, nonché chat, intercorse tra gli indagati a mezzo di criptofonini, sequestrate da autorità franco-olandesi e acquisite mediante appositi 0.E.I., fosse idoneo a suffragare un giudizio di gravità del quadro indiziario a carico di COGNOME, con riferimento a tutti i reati oggetto di incolpazione, fra l’altro in ragione delle costanti interlocuzioni con altri sogget apicali come COGNOME NOME e con rifornitori o intermediari stranieri, da ritenersi riferibili proprio al ricorrente, seppure riconducibili all’uso di criptofon
2. Ha proposto ricorso COGNOME tramite il proprio difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce mancanza di motivazione e vizio di motivazione, alla luce dei motivi di riesame e della memoria difensiva, con riguardo all’identificazione di COGNOME quale utilizzatore del criptofonino CODICE_FISCALE, nonché vizio di motivazione in relazione alla richiesta del P.m., all’ordinanza genetica e a tutti gli atti investigativi trasmessi, nonché in relazione ai motivi di riesame e alla memoria difensiva.
Dopo aver richiamato elementi costituenti la piattaforma indiziaria a carico del ricorrente anche per ciò che riguarda la sua identificazione come utilizzatore del telefonino criptato utilizzato per la commissione dei vari reati, enuncia gli argomenti sviluppati in sede di riesame, sulla base di una ragionata analisi degli elementi disponibili, rivenienti anche dalle conversazioni intercorse con i telefonini criptati, per contestare la correttezza di quell’identificazione, ai fini de valutazione delle trattative, intercorse tra il 10 agosto e il 4 settembre 2020, volte all’acquisto di stupefacenti di cui ai capi 2) e 3).
A fronte di ciò l’ordinanza impugnata era incorsa nel vizio di mancanza o apparenza, nonché di manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale aveva valorizzato la circostanza che in data 30/10/2020 il telefonino criptato aveva agganciato la stessa cella di posizionamento del telefonino personale del ricorrente, ma si trattava di argomento illogico, in quanto riferito ad una sola circostanza, per giunta successiva agli accadimenti di cui ai capi 2) e 3), dovendosi spiegare quali elementi consentissero di individuare il soggetto utilizzatore durante le relative trattative e quello che aveva utilizzato il criptofonino nel periodo rilevante ai fini del capo 4).
Inoltre, il Tribunale aveva omesso di confrontarsi con il rilievo che non risultavano atti rappresentativi dei ponti radio o celle agganciati dal criptofonino e
con l’ulteriore rilievo che avrebbe potuto comunque dirsi dimostrata solo la presenza nel perimetro di un’area geografica.
La motivazione non avrebbe inoltre potuto neanche implicitamente superare i rilievi difensivi riguardanti l’utilizzo del criptofonino durante le trattativ periodo agosto/settembre 2020, rilievi basati su un’analisi ragionata delle conversazioni, dalle quali avrebbe potuto piuttosto desumersi l’utilizzazione da parte di NOME COGNOME, dovendosi inoltre rilevare la genericità della risposta alla deduzione incentrata sul fatto che la richiesta rivolta dal soggetto identificato in NOME circa le condizioni dell’amico NOME, cioè di NOME COGNOME, recluso in Sardegna, e la risposta dell’interlocutore, avrebbero dovuto far escludere che il dialogo avesse coinvolto il ricorrente piuttosto che uno stretto parente di COGNOME.
Relativamente all’utilizzo del telefonino in coincidenza con le trattative riguardanti il reato di cui al capo 4), riporta il ricorrente le deduzioni difensi formulate in sede di riesame, incentrate sull’insufficienza dell’esordio recante l’indicazione di “P” in luogo di “F” per distinguere NOME da NOME.
In particolare fa riferimento ai rapporti di COGNOME NOME con tale COGNOME NOME, denominato il Pazzo, alla circostanza che in un dialogo del 29 e del 30 ottobre tra NOME e NOME, che si trovavano in Germania si parlava de “l’animale. .il pa..”, con richiesta di farlo venire nel luogo convenuto, ciò che era impossibile per il ricorrente, che si trovava in Italia, ad argomenti tratti dall’utili del cellulare dopo l’arresto del ricorrente, di COGNOME NOME e di COGNOME NOME nell’operazione Kossa, al fatto che nei giorni dal 5 all’8 marzo 2021 i telefonini attribuiti a NOME e al ricorrente erano utilizzati da nipoti di stesso zio o di un nonno, ciò che impediva fin dall’inizio di far riferimento al ricorrente.
Il Tribunale aveva fornito risposte elusive ed era incorso nel travisamento della prova, formulando valutazioni in contrasto con le emergenze probatorie.
Non risultava in particolare che il ricorrente e NOME COGNOME fossero stati intercettati all’interno dello stesso veicolo, ciò che il Tribunale non aveva comunque indicato, non essendo pertinente la conversazione del 26/7/2020, anteriore all’attivazione dei criptofonini.
Non risultava da nessun atto che il ricorrente fosse denominato “il pazzo”, espressione utilizzata in una conversazione che non avrebbe potuto essere riferita a COGNOME.
Inoltre il Tribunale non si era confrontato con gli argomenti riferiti all’uso de criptofonino dopo l’arresto del ricorrente nell’operazione Kossa, giacché l’utilizzatore aveva fatto riferimento al proprio fratello detenuto, circostanza tal
da confermare la riconducibilità del criptofonino a NOME COGNOME, anche alla luce dei rilievi e delle deduzioni già esposte e richiamate.
Tali argomenti valgono anche con riguardo all’attribuzione delle trattative per il reato di cui al capo 5), mentre con riguardo al capo 7) non emergeva che NOME COGNOME, ricevuto il proprio criptofonino, avesse spento l’altro per farlo recapitare al proprietario, individuato in COGNOME, essendo inoltre inconferente l’argomento riguardante l’integrazione della partita di droga di cui al capo 3), dovendo valere in questo caso gli elementi già dedotti.
Analoghi rilievi avrebbero dovuto utilizzarsi con riguardo all’attribuzione dei dialoghi concernenti il capo 8), mentre in relazione alla trattativa riguardante le armi di cui al capo 9) il Tribunale aveva valorizzato il riferimento dell’interlocutore alla nascita del terzo figlio e al padre detenuto, ciò che non trovava conferma in alcun atto probatorio.
Nessun elemento valeva inoltre a confermare la riferibilità al ricorrente del reato di cui all’art. 497-bis cod. pen., contestato al capo 10).
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 e agli artt. 56 e 115 cod. pen. con riguardo al capo 4).
Ricostruiti gli elementi su cui fa leva l’ipotesi accusatoria, incentrata sul versamento di somme da parte del gruppo comprendente il ricorrente al fornitore NOME, in vista della spedizione di droga presumibilmente da paese sudamericano, somme che NOME non aveva poi inviato in ragione di difficoltà legate ad ispezioni presso il porto interessato, il ricorrente segnala che nella descrizione del fatto era stato fatto riferimento all’acquisto e all’importazione e alla detenzione del quantitativo, ma sostanzialmente avrebbe dovuto aversi riguardo ad una condotta di importazione.
In tale prospettiva non avrebbe potuto parlarsi di reato consumato, occorrendo almeno l’inizio delle operazioni volte all’introduzione della droga nel territorio nazionale, ma neppure di tentativo punibile, essendo a tal fine necessario trattative connotate da univocità e idoneità e potendosi ravvisare una trattativa affidante in condotte che esprimono una seria volontà di concludere l’accordo.
Avrebbe dovuto dunque darsi conto di contatti tra la parte acquirente e la parte venditrice, volti al definitivo incontro delle volontà, a fronte di condott reciprocamente informative o di predisposizione dei mezzi necessari all’acquisto, nel presupposto che le parti avessero confidato sulla possibilità di concludere il contratto.
Ma nel caso di specie non risultavano elementi tali da consentire di affermare che NOME avesse interloquito su tutti i profili necessari con i presunti venditori, vera controparte dell’affare, poi non giunto a conclusione, pur a fronte di una seria trattativa.
Non erano stati individuati i venditori, non erano emersi contatti con costoro, non avrebbe potuto rilevare la foto riproducente la simulazione dello stivaggio nella vettura.
Erano stati dunque compiuti atti preparatori, non potendosi escludere una condotta nnillantatoria di NOME, a fronte di una parallela trattativa di quest’ultimo con tale COGNOME, essendosi inoltre registrato il rifiuto di COGNOME NOME di recarsi in territorio sudamericano per avviare la trattativa inerente all’importazione.
Posto che NOME avrebbe dovuto effettuare l’importazione per conto del gruppo, nel caso di specie non era stata raggiunta la prova che fosse stata varcata la soglia del tentativo punibile, in assenza di trattative con i sudamericani, essendo provato solo il trasferimento di denaro a NOME.
Con motivi aggiunti i difensori del ricorrente deducono violazione di legge in relazione agli artt. 191, 254-bis cod. proc. pen., 132 d.lgs. 196 del 2003, 3 e 43 d.lgs. 108 del 2017, 7,8, 47 CDFUE, 266 segg. cod. proc. pen.
Si richiama per intero la sentenza di questa Corte, Sez. 6, n. 44154 del 26/10/2023, rilevandosi che in essa è stato sottolineato che l’acquisizione all’estero di dati e documenti informatici deve essere autorizzata da un giudice.
Si segnala la genericità delle informazioni contenute negli atti inerenti all’esecuzione dell’O.I.E. per l’acquisizione della messaggistica scambiata sul criptofonino, non essendo consentito inquadrare il mezzo di ricerca della prova utilizzato, e neppure formulare all’autorità giudiziaria RAGIONE_SOCIALE, la richiesta d rilascio di copia di uno specifico atto di indagine inerente all’attività di acquisizion di messaggistica.
Inoltre nel processo verbale redatto dalla Polizia RAGIONE_SOCIALE di Nanterre risulta che chi ha detenuto il telefonino lo ha utilizzato usando gli pseudonimi di NOME, IOS III, PIK, peraltro in assenza di sequestro del telefonino.
Tale dato costituisce indizio di sottoposizione del criptofonino ad attività investigativa in territorio RAGIONE_SOCIALE in particolare ad intercettazioni e captazione, non si sa autorizzate da chi, anche alla luce del testo degli atti emanati dall’Autorità RAGIONE_SOCIALE, in esecuzione dell’O.I.E, e alla luce di quanto esposto nella richiesta di misura cautelare e nelle ordinanze del G.i.p. e del Tribunale, così da rendere, salvo chiarimenti da parte dell’A.G. italiana e RAGIONE_SOCIALE, le modalità di acquisizione della messaggistica in contrasto con i divieti probatori sanzionati a pena di inutilizzabilità (si richiama un ampio passo della citata sentenza 44154 nella parte in cui alla luce di un’articolata analisi giunge ad affermare l’inapplicabilità dell’art. 234-bis cod. proc. pen. e alla luce degli arresti della Corte costituzionale e della Corte di
Giustizia dell’Unione europea segnala la necessità di un provvedimento emesso da un giudice per l’acquisizione di dati che hanno natura di corrispondenza).
Quanto alla prova di resistenza, si sottolinea che l’intero quadro probatorio è correlato alle risultanze della messaggistica acquisita, relativa al criptofonino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Dovendo iniziare l’analisi dal motivo aggiunto, deve rilevarsene l’inammissibilità.
La questione incentrata sull’inutilizzabilità dei dati acquisiti a mezzo di ordine europeo di indagine non era stata proposta nel giudizio di riesame, ma ha formato oggetto di doglianza solo con il menzionato motivo aggiunto.
In tale prospettiva gravava sulla parte interessata un onere rafforzato di completa esposizione del tema, anche con indicazione e produzione degli atti rilevanti, in modo da consentire alla Corte di cassazione di disporre di una nitida rappresentazione delle evidenze processuali e dei dati fattuali (sul punto Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244328; per applicazioni del principio Sez. 5, n. 23015 del 19/04/2023, COGNOME, Rv. 284519; Sez. 6, n. 37074 del 01/10/2020, Passannonti, Rv. 280551).
Ma nel caso di specie la deduzione risulta generica, in quanto correlata essenzialmente al contenuto di una sentenza della Corte di cassazione, ma senza specifica indicazione e allegazione degli atti riferiti all’ordine europeo di indagine e al contenuto degli stessi, risultando prodotti solo alcuni atti emessi dall’A.G. RAGIONE_SOCIALE in esecuzione dell’O.I.E., inidonei a far ritenere che fosse stata richiesta un’attività integrativa di indagine invece della mera trasmissione di dati probatori già autonomamente acquisiti da quell’A.G., come è dato desumere dall’epoca delle chat acquisite, anteriori alle iniziative degli organi inquirenti italiani, dovendos inoltre rimarcare come costituisca ormai dato notorio che le originarie acquisizioni siano state il risultato di altrettanti provvedimenti adottati in Francia da un giudice.
Deve aggiungersi che, a prescindere dalla deduzione di eventuali vizi dell’attività acquisitiva dinanzi all’ARAGIONE_SOCIALE e dalla riferibilità o meno dei da trasmessi, a seguito di ordine europeo di indagine, alla sfera di operatività dell’art. 234-bis cod. proc. pen., grava comunque sulla parte l’onere di dar conto di specifici profili in forza dei quali possa ritenersi che gli atti emessi dall’RAGIONE_SOCIALE siano inidonei a sorreggere l’utilizzazione delle chat in Italia, in ragione di un contrasto con principi fondamentali dell’ordinamento, ciò che, in concreto, non è avvenuto, se non sulla base di affermazioni generiche e non documentate.
Venendo agli originari motivi di ricorso, su cui i difensori hanno posto prioritariamente l’accento, se ne rileva la fondatezza.
Quanto al primo motivo, è stato segnalato che il Tribunale ha eluso le plurime deduzioni difensive, esposte nella memoria depositata in sede di riesame, volte a contrastare l’identificazione nel ricorrente del soggetto che utilizzava un determinato telefonino criptato per effettuare ordini di sostanze stupefacenti o comunque per commettere le altre attività illecite oggetto di contestazione.
3.1. Premesso che non è necessario l’esame di ciascun argomento, a fronte di un’analisi che dia conto delle criticità e le superi sulla base di rilievi concluden e non manifestamente illogici, idonei a sorreggere la ricostruzione proposta, deve per contro rimarcarsi che la radicale mancanza di confronto con le doglianze prospettate o comunque l’elusione di gran parte di esse, si risolve in un vizio di mancanza o apparenza della motivazione, rilevante in sede di legittimità (sul punto le perspicue osservazioni di Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, Carbonari, Rv. 264938).
3.2. Orbene, a fronte delle plurime deduzioni difensive sollevate, volte ad accreditare la riferibilità dell’uso del telefonino criptato a soggetto diverso dal ricorrente, in particolare ad COGNOME NOME, il Tribunale ha preso in considerazione solo alcune di esse, fornendo peraltro risposte illogiche o incomplete.
In particolare, ha fatto riferimento alla circostanza che nel corso di un viaggio compiuto nella capitale il telefonino criptato aveva agganciato la medesima cella di posizionamento rilevata dal telefono non criptato in uso a COGNOME: si tratta tuttavia di rilievo che non è stato definito sul piano temporale, rispetto all’andamento delle vicende ricostruite, e soprattutto non è stato correlato alla specifica indicazione di un dato probatorio, dal quale potesse desumersi che anche un telefonino criptato potesse agganciare una cella, lasciando di ciò traccia, e che, nel caso di specie, vi fosse stata la coincidenza prospettata.
Il Tribunale ha inoltre valorizzato la circostanza che il ricorrente fosse menzionato come «il pazzo» o «l’animale», senza tuttavia dar conto degli elementi sulla cui base tale rilievo era stato formulato, a fronte di quanto difensivamente dedotto in ordine alla circostanza che l’espressione «il pazzo» era riferibile a soggetto diverso, venuto in rilievo in una parallela indagine, fermo restando che relativamente ai colloqui del 30/10/2020 era necessario spiegare come potesse farsi riferimento al ricorrente, che si trovava in Italia.
Se sul piano logico, non può dirsi censurabile l’assunto del Tribunale secondo cui anche un soggetto a contatto con gli altri protagonisti avrebbe potuto fornire all’interlocutore una generica risposta in ordine alla situazione in cui si trovava
NOME COGNOME, ristretto in carcere, non può invece sottacersi l’omessa analisi da parte del Tribunale di tutte le deduzioni difensive volte a contestare la concreta riferibilità del telefonino criptato al ricorrente, desunte da colloqui intercorsi dopo gli arresti effettuati nell’operazione Kossa e in particolare da dialoghi, allegati a ricorso, presumibilmente intercorsi tra nipoti di uno stesso zio o di un nonno.
Si tratta di elementi che implicano una valutazione di merito, non consentita alla Corte di cassazione, ma in concreto pretermessa dal Tribunale.
Relativamente ai riferimenti alla nascita di un terzo figlio e al padre detenuto, contenuti in colloqui valorizzati in relazione al delitto in materia di armi di cui capo 9), risulta fondata la censura difensiva incentrata sul rilievo che il Tribunale ha omesso di dar conto degli elementi sulla cui base quei profili risultino pertinenti e dunque concretamente identificativi rispetto alla persona del ricorrente.
3.3. Alla resa dei conti deve dunque prendersi atto che il provvedimento impugnato non ha idoneamente risolto con motivazione immune da vizi il problema dell’identificazione del soggetto che utilizzava il telefono TARGA_VEICOLO, fermo restando che in base alla ricostruzione proposta lo stesso era comunque utilizzato da due soggetti, occorrendo una nuova analisi di merito, volta a colmare le lacune rilevate e a dar conto degli elementi in base ai quali, a fronte delle argomentazioni difensive, possa effettivamente ritenersi che fosse NOME COGNOME il soggetto coinvolto nelle operazioni in materia di stupefacenti e di armi, desumibili dalle chat acquisite.
4. Risulta parzialmente fondato anche il secondo motivo.
Correttamente il ricorrente ha segnalato che l’operazione che forma oggetto del capo 4) avrebbe dovuto ricondursi ad un’importazione di sostanze stupefacenti e non potesse qualificarsi come acquisto, ormai perfezionato.
Si condivide al riguardo il principio per cui «ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, che consiste nell’attività di immissione nel territorio nazionale di sostanze provenienti da altri Stati, non è sufficiente la mera conclusione dell’accordo tra acquirente e venditore finalizzato all’importazione dello stupefacente, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione, ma è necessaria l’assunzione da parte dell’importatore della gestione dell’attività volta all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale» (Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, Pataffio, Rv. 283942).
In tale prospettiva si rileva che il Tribunale ha dato conto della riferibilit dell’operazione ad un intermediario che si trovava in Germania, cui era stato già inviato il denaro destinato ai trafficanti sudamericani e che avrebbe dovuto seguire le fasi della spedizione della droga, da immettere nel territorio italiano.
Il Tribunale ha tuttavia segnalato come dell’esito di tale operazione nulla si fosse poi appreso, fermi restando i ritardi legati a controlli ispettivi effettua presso i porti sudamericani, dai quali la droga avrebbe dovuto rartire verso l’Europa.
In concreto, dunque deve escludersi che l’importatore avesse effettivamente assunto la gestione dell’attività volta al trasferimento dello stupefacente.
Peraltro, il Tribunale ha sottolineato come sussistessero seri contatti con i sudamericani, comprovati da fotografie ritraenti non solo il denaro, ma anche il carico di cocaina già pronto per la spedizione.
Si tratta di rilievo cui il ricorrente contrappone solo deduzioni ipotetiche e generiche, inidonee a vulnerare quella ricostruzione, di per sé sufficiente a dar conto di un tentativo punibile di importazione in ragione del carattere «affidante» delle trattative intercorse (sul punto Sez. 1, n. 6180 del 27/11/2019, COGNOME Bledar, Rv. 278484).
Anche in parte qua e nei limiti indicati, si impone dunque l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Segue il rinvio per nuovo esame al Tribunale Catanzaro, che terrà conto dei rilievi formulati.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, c.p.p. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 05/12/2023