Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5318 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5318 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a San Cesario di Lecce il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce del 14/06/2023
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentito il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Lecce, adito ex art. 310 cod. proc. pen., con ordinanza del 14 giugno 2023 (motivazione depositata il successivo 18 luglio), ha accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza “genetica” del Gip del Tribunale di Lecce emessa in data 21 aprile 2023 con la quale è stata rigettata la richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME NOME per le contestazioni di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 –
aggravata dalla “mafiosità” – e per due distinti addebiti ex artt. 81 cod. pen. e 73 d.P.R. cit.
In particolare, il primo Giudice cautelare respingeva la richiesta del PM “sull’unico motivo relativo alla ritenuta incertezza sulla identificazione nella persona dell’indagato del soggetto indicato nelle chat criptate come “Catozzo” ovvero nel “v” indicato nelle chat criptate”. Il Tribunale dell’appello cautelare ha invece ritenuto che – sulla base degli elementi di indagine raccolti – emergesse la necessaria piattaforma indiziaria per pervenire, in modo certo, a tale identificazione.
Avverso detta ordinanza COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce tre motivi – declinati quali vizi di motivazione del provvedimento impugnato – e relativi, rispettivamente: a) all’individuazione dell’indagato quale il soggetto denominato – nelle chat criptate -nei modi sopra indicati – (in quanto, il Tribunale del riesame, a differenza del Gip, non ha rilevato che detta identificazione, posta dal PM a fondamento della richiesta della misura cautelare, si basa su elementi equivoci e non concludenti,. quanto meno in riferimento all’addebito associativo); b) alla ritenuta attuale sussistenza della presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, nonostante gli elementi contrari indicati dalla difesa: corretta esecuzione della misura degli arresti domiciliari; serio percorso di recupero intrapreso a partire dalla fine del 2021 – in concomitanza con la nascita del primo figlio – regolare attività lavorativa svolta, in forza dei quali il Magistrato di sorveglianza aveva concesso per ben tre semestri la liberazione anticipata; c) in rela2:ione alla ritenuta attribuibilità dell’aggravante ex art. 416 bis.1. cod. pen., rispetto al rea associativo di cui all’art. 74 TU Stup., nonostante la riconosciuta, da parte delle Sezioni Unite, natura “soggettiva” della stessa; profilo in ordine al quale l’ordinanza impugnata non ha in alcun modo motivato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente, in ordine ai limiti che incontra il giudizio di legittimità i tema di misure cautelari personali va ribadito che, come anche di recente è stato precisato (Sez. 4, n. 37739 del 15/09/2021, COGNOME, n.m.), «quando è denunciato, con ricorso per cassazione il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziarlo a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012). Restano fuori dal vaglio del giudice di legittimità, dunque, le censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 25217801; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME Rv. 269884; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628)».
2.1. Va ancora precisato che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non è richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, ma è necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Necchi, Rv. 284982). Confronto critico che nel caso di specie il Giudice dell’appello cautelare ha operato pervenendo ad una valutazione che non risulta sindacabile in questa sede di legittimità.
Il primo Giudice (pag. 1075 della ordinanza “genetica”) ha respinto la richiesta custodiale sulla base della ritenuta non identificabilità del COGNOME NOME nel soggetto, coinvolto nell’associazione dedita al traffico degli stupefacenti e che aveva effettuato due acquisti di stupefacente del tipo cocaina, che dalle chat veniva indicato come “V” ovvero “NOME COGNOME” o ancora “COGNOME“. Pur ammettendosi che gli elementi emersi dagli altri colloqui intercettati “danno conto certamente di acquisti di stupefacente da parte di “COGNOME“, identificato dalla P.G. in COGNOME NOME, per quantitativi cospicui, sol che si pensi all’esplicito riferimento al denaro dovuto da COGNOME – secondo l’ipotesi accusatoria – in pagamento dello stupefacente acquistato dall’organizzazione” il Gip ha però reputato “che non possa ritenersi certa l’identificazione di “COGNOME” nell’indagato COGNOME NOME“.
Il Tribunale del riesame motiva – in modo approfondito e non illogico – sul perché, invece, detto soggetto debba individuarsi proprio nel COGNOME. In particolare, a pag. 3 ss. dell’ordinanza impugnata viene dato conto che sulla base delle attività di indagine – analiticamente descritte – è risulta dimostrata – a live di gravità indiziaria – l’identificazione del Gianc:ane come il “COGNOME” che prendeva parte alle conversazioni aventi ad oggetto il traffico degli stupefacenti. E ciò sia
sulla base delle conversazioni intercettate sulle utenze “non criptate” intercorse tra diversi partecipi all’associazione (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME oltre allo stesso COGNOME), sia sulla base delle “chat transitate sulla piattaforma criptata SKY ECC, acquisite tramite O.I.E. dall’Autorità Giudiziaria francese, dalle quali emerge che il COGNOME veniva indicato dai sodali con il soprannome di “COGNOME” ovvero con i diminutivi corrispondenti alle iniziali del nome di battesimo “Vi”o “v”. Al riguardo viene anche data una spiegazione – non illogica – in ordine alla questione, dedotta dal ricorrente in riferimento all’orario di talune conversazioni in chat, in merito alla quale si precisa (pag. 4) che per la piattaforma “SKY ECC” l’orario delle conversazioni viene riportato con riferimento all’UTC (universal time coordinated) e che nella nota del R.O.S. di Lecce del 4 maggio 2023, a correzione del refuso contenuto in precedente informativa del medesimo Organo investigativo del 13 settembre 2022, si precisa che “la conversione dell’orario “UTC” in quello italiano si effettua aggiungendo due ore a quello UTC nell’ora legale italiana e un’ora nell’orario solare italiano”, sicchè risultano superate le incertezze su cui si era fondato il provvedimento del Gip.
4.1. Non illogica è anche la motivazione del Tribunale dell’appello cautelare in merito alla intraneità del COGNOME al sodalizio dedito al traffico di stupefacenti e all’attribuibilità al predetto indagato dei due episodi di acquisto della cocaina. A proposito, l’ordinanza impugnata (pag. 6) evidenzia che “l’appartenenza del COGNOME al sodalizio dedito al narcotraffico gestito da COGNOME NOME è comprovato da plurimi elementi di inconfutabile pregnanza e significatività”, indicandosi una serie di chat dalle quali emerge l’indagai:o come soggetto “delegato a consegnare a COGNOME NOME i proventi dell’attività di spaccio, da destinare a titolo di sostentamento a “NOME“, convivente di COGNOME NOME tratto in arresto il 24.06.2020, COGNOME NOME precisava che il COGNOME gli aveva da poco consegnato 10.000 euro e che il giorno seguente avrebbe consegnato anche il denaro per la moglie del COGNOME” (chat del 14.08.2020), seguita da altra del 17.08.2020, nella quale il COGNOME NOME informava NOME di avere in effetti ricevuto da NOME il denaro destinato alla NOME. Elementi in base ai quali il Tribunale del riesame deduce congruamente che “Pertanto, il COGNOME veniva delegato anche per l’esecuzione di compiti funzionali alla vita del sodalizio come la consegna delle somme destinate al mantenimento dei sodali detenuti”. Da altre chat emerge ancora (pag. 6 s.) che NOME dipendesse direttamente dal capo del sodalizio COGNOME NOME che gli affidava incarichi di rilevante responsabilità e rischio (consegna della droga ai pusher) e (pag. 16 s.) che “a seguito del decesso di COGNOME NOME, COGNOME NOME aveva affidato temporaneamente a COGNOME NOME il compito di gestire
il traffico di stupefacenti nella zona di Arnesano (chat del 16.12.2020 “Adesso mi faccio dare una mano da NOME“. Come detto identificato nel COGNOME)”.
4.2. L’ordinanza impugnata dà ancora atto che è emerso come lo stupefacente acquistato dal gruppo venisse suddiviso per la successiva distribuzione tra i sodali, tra i quali il COGNOME (indicato come “COGNOME” o “vi”). In particolare, il 6 agosto 2020, l’indagato riceveva da COGNOME NOME – su espresso incarico del capo del sodalizio COGNOME NOME – 70 grammi di cocaina da cedere a COGNOME NOME verso la somma complessiva di 2.800 euro (addebito di cui al capo B19); nei giorni 8, 10, 14 e 19 agosto 2020 avvengono ulteriori distribuzioni di droga (sempre ad opera di COGNOME NOME su ordine del NOME) nell’ambito della quale NOME riceve, al fine di venderli, complessivamente ben 1.200 grammi di cocaina (capo B27). Da tali evidenze indiziarie l’ordinanza impugnata (pag. 15) deduce non illogicamente “come oltre a svolgere ruoli meramente esecutivi delle direttive del NOME, al NOME venisse affidato il compito di spacciare cocaina. Le riportate chat consentono anche di valutare la particolare capacità del NOME di immettere droga nel mercato, attesi i rilevanti quantitativi prelevati nel giro d pochi giorni”, precisando ancora che “dalle chat del 20 agosto 2020 emergeva poi la circostanza che NOME fosse preposto dal gruppo alla verifica della qualità dello stupefacente tanto che COGNOME NOME invitava NOME NOME farlo provare anche a NOME NOME NOMECOGNOME)”. Ulteriori elementi dimostrativi della piena intraneità dell’indagato alla associazione finalizzata al narcotraffico di cocaina vengono indicati (pag. 15 s.) nella circostanza del rinvenimento presso l’abitazione del COGNOME NOME (altro sodale in posizione apicale, tratto in arresto) di un foglio manoscritto nel quale erano riportati dati riferibili alle somme di denaro che i diversi partecipi dovevano consegnare in quanto provento della vendita di cocaina, tra i quali l’indicazione “VITO FAL 1200” (ossia NOME NOME che doveva conferire 1.200 euro) nonché in numerosi ulteriori contatti telefonici tra i sodali, nei quali emerge il riferimento all’indagato, e in servizi di osservazione da parte degli Organi investigativi (tra i quali alcuni che documentano in più occasioni l’arrivo di COGNOME, talora in compagnia di altri soggetti, presso l’abitazione di COGNOME NOME dalla quale l’indagato esce dopo pochi minuti). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per quanto concerne le esigenze cautelari l’ordinanza impugnata motiva adeguatamente in ordine alla perdurante attualità delle medesime, superando anche i profili contrari dedotti dal ricorrente.
5.1. In particolare, l’ordinanza impugnata – che concerne addebito cautelare per i quali è applicabile il particolare regime di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – risulta rispettosa del principio, maggiormente garantista (non univoco ma al quale questa Sezione si è in varie occasioni riportata), secondo cui «In tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è
prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato, il giudice ha l’obbligo di motivar puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui, trattandosi di reati associativi o di delitto aggravato dall’art. 7 de legge n. 203 del 1991 (ora art. 416-bis I cod. pen.), non risulti la dissociazione dell’indagato dal sodalizio criminale» (Sez. 6, n. 19683 del 04/05/2021, COGNOME, Rv. 281273 – 02). Infatti, il Thibunale del riesame ha evidenziato come “Sul piano dell’attualità, la stabile inserzione nel sodalizio risulta documentata sino al marzo del 2021, allorchè COGNOME illustrava a COGNOME i compiti affidati a COGNOME, preposto al rischioso compito di 1:rasportare di volta in volta la droga ai pusher” e che “la propensione al traffico di droga costituisca ormai un habitus sedimentato per il COGNOME, dal certific:ato penale in atti emerge che egli veniva condannato per detenzione di droga pesante, reato commesso il 7.05.2021″ (venendo così correttamente “attualizzata” l’esigenza cautelare). Ancora, il Tribunale dell’appello cautelare chiarisce le ragioni per le quali la custodia in carcere è l’unica misura idonea a salvaguardare l’esigenza di evitare la reiterazione della condotta criminosa, evidenziando (pag. 18 e 19) oltre alla “acclarata propensione all’attività legata al narcotraffico nonché l’inserzione in contesti criminali organizzati”, la circostanza – oggettivamente significativa “che il COGNOME in più occasioni si sia recato, per comunicazioni rilevanti nell’interesse del sodalizio, presso il domicilio del COGNOME pur consapevole che questi si trova ivi ristretto ai domiciliari, evidenzia la sua indifferenza verso statuizioni dell’Autorità ed impone un giudizio di assoluta inaffidabilità dell’indagato”. A fronte di detti elementi, non rilevanti risultano “le valutazio giudiziali, valorizzate dalla difesa, effettuate in favore del COGNOME in altri procedimenti giudiziari ovvero dal Magistrato di sorveglianza” ovvero la circostanza che altro indagato risulta ammesso agli arresti domiciliari atteso che come indica l’ordinanza impugnata – la misura meno afflittiva è stata disposta “in ragione del lasso temporale trascorso dai fatti a lui addebitati (2019) e in ragione della sostanziale assenza di precedenti penali rilevanti, laddove ben più grave è la posizione del COGNOME, che peraltro ha operato per conto del sodalizio almeno sino marzo del 2021 ed ha riportato condanna, come detto, per detenzione di droga pesante nel maggio 2021″. Motivazione, sotto entrambi i profili, non illogica e quindi insindacabile in sede di legittimità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6. Infine, in ordine al motivo di ricorso relativo alla eccepita insussistenza dell’aggravante della “mafiosità” contestata all’addebito provvisorio ex art. 74 TU Stup. (“avere commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso
di cui al capo A) dell’imputazione perché i proventi dell’attività illecita confluivan nelle casse del clan RAGIONE_SOCIALE“), rileva la Corte che si tratta di deduzione inammissibile.
6.1. A prescindere dalla dubbia specificità del motivo che si limita a censurare il deficit motivazionale sul punto dell’ordinanza impugnata, senza contestare nel merito la decisione del Tribunale del riesame, va in questa sede richiamato il principio – già affermato da questa Sezione secondo cui l’interesse a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente detta circostanza aggravante presuppone c:he dall’eventuale esclusione della stessa conseguano immediati riflessi sull'”an” o sul “quomodo” della misura (Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018 – dep. 2019, Fucito, Rv. 275028 01). Presupposto, questo, nella specie non rinvenibile atteso che il regime cautelare ex art. 275 comma 3 cod. proc. perì. è il medesimo sia per la fattispecie di cui all’art. 74-TU Stup. che per i reati aggravati dall’art. 416 bis.1. cod. pen., tal che dall’eventuale esclusione dell’aggravante suindicata non potrebbe conseguire per il ricorrente alcun effetto favorevole nella fase cautelare.
Per le suesposte ragioni, il ricorso va rigettato con conseguente condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen. e 94, comma 1-ter, disp att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen. e 94, comma 1-ter, disp att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28 novembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
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