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Guida sotto stupefacenti: test non basta per condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per guida sotto stupefacenti basata unicamente sull’esito positivo di un esame del sangue. La Corte ha ribadito che, per configurare il reato, non è sufficiente la prova dell’assunzione di sostanze, ma è indispensabile dimostrare, con ulteriori elementi, l’effettivo stato di alterazione psico-fisica del conducente al momento della guida. La sentenza di merito è stata cassata con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida sotto stupefacenti: il test positivo non basta per la condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1438 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di circolazione stradale: la guida sotto stupefacenti. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’esito positivo di un esame ematico, pur indicando l’assunzione di sostanze, non è di per sé sufficiente a fondare una sentenza di condanna. È necessario dimostrare l’effettivo stato di alterazione psico-fisica del conducente al momento del fatto.

I Fatti del Caso

Un automobilista, a seguito di un incidente stradale, veniva trasportato al pronto soccorso dove, su richiesta delle Forze dell’Ordine, era sottoposto a un prelievo ematico. Le analisi rivelavano la presenza di cannabinoidi, portando alla sua condanna per il reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada in primo grado.

L’imputato decideva di ricorrere direttamente in Cassazione, lamentando che la condanna fosse basata esclusivamente sul dato del test, senza che fosse stato accertato un reale stato di alterazione psico-fisica. In particolare, il medico di turno non aveva certificato tale stato e un test sulle urine aveva dato esito negativo. La difesa sosteneva che il giudice avesse erroneamente desunto la colpevolezza da un dato meramente ‘compatibile’ con l’alterazione, senza raggiungere la certezza processuale richiesta.

Il Principio di Diritto sulla Guida sotto Stupefacenti

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cogliendo l’occasione per riaffermare la sua consolidata giurisprudenza in materia. Il reato di guida sotto stupefacenti non punisce la semplice assunzione di sostanze, ma la guida in un effettivo stato di alterazione delle capacità cognitive e reattive.

Di conseguenza, la prova del reato non può limitarsi al solo accertamento tecnico che rileva la presenza di metaboliti nel sangue. Questo dato, infatti, dimostra unicamente che vi è stata un’assunzione, che potrebbe essere avvenuta anche molto tempo prima della guida, senza che al momento del controllo sussistesse alcuna alterazione.

La Prova dell’Alterazione Psico-Fisica

Per raggiungere la soglia della certezza ‘oltre ogni ragionevole dubbio’, l’accusa deve corroborare il dato scientifico con altri elementi probatori. Questi possono includere:

* Testimonianze degli agenti accertatori su comportamenti anomali del conducente (guida incerta, eloquio sconnesso, occhi lucidi, ecc.).
* Visite mediche che descrivano sintomi specifici di alterazione.
* La dinamica dell’incidente stradale, se sintomatica di una ridotta capacità di guida.

In assenza di questi elementi, il dato tecnico rimane un semplice indizio, insufficiente a fondare una pronuncia di condanna.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha censurato la decisione del Tribunale, definendola ‘apodittica’. Il giudice di merito si era limitato a dedurre lo stato di alterazione dalla ‘compatibilità’ dell’esito dell’esame ematico, seguendo un ‘giudizio probabilistico’ che non soddisfa i rigorosi standard del processo penale. La giurisprudenza, hanno ricordato gli Ermellini, ha da tempo abbandonato il criterio della ‘probabilità logica’ per abbracciare quello della ‘corroborazione dell’ipotesi accusatoria’, che esige una certezza processuale piena.

La Corte ha specificato che le variabili che incidono sul rapporto tra presenza di metaboliti nel sangue e stato di alterazione sono tali da non consentire un automatismo. Affermare la responsabilità penale senza ulteriori specificazioni e in assenza di prove scientifiche aggiuntive o elementi fattuali concreti viola il principio del ‘oltre ogni ragionevole dubbio’.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per i giudici di merito. Una condanna per guida sotto stupefacenti richiede un’istruttoria approfondita che vada oltre il semplice risultato delle analisi biologiche. Il dato tecnico, seppur necessario, deve essere sempre inserito in un quadro probatorio più ampio, capace di dimostrare in modo inequivocabile che il conducente si trovava, al momento del fatto, in uno stato di effettiva alterazione psico-fisica tale da compromettere la sicurezza della guida. Per questi motivi, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso alla Corte di Appello per un nuovo giudizio che tenga conto di questi principi.

Un esame del sangue positivo è sufficiente per una condanna per guida sotto l’effetto di stupefacenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esito positivo delle analisi sui liquidi biologici non è sufficiente da solo a dimostrare lo stato di alterazione psico-fisica. È necessario corroborare questo dato tecnico con altre prove.

Cosa deve dimostrare l’accusa per provare il reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada?
L’accusa deve provare, oltre ogni ragionevole dubbio, non solo l’assunzione della sostanza stupefacente, ma anche e soprattutto che, al momento della guida, il conducente si trovava in un effettivo stato di alterazione psico-fisica idoneo a compromettere la sua capacità di guida.

Perché il giudice di primo grado ha sbagliato nel condannare l’imputato?
Il giudice ha errato perché ha fondato la condanna desumendo in modo automatico e ‘apodittico’ lo stato di alterazione dal solo esito positivo dell’esame ematico. Ha seguito un giudizio meramente probabilistico (‘compatibilità’) invece di ricercare la certezza processuale richiesta dalla legge, che si ottiene solo corroborando la prova scientifica con altri elementi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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