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Guida sotto stupefacenti: test del sangue non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26280/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di guida sotto stupefacenti. Un automobilista, precedentemente prosciolto per la particolare tenuità del fatto, aveva impugnato la decisione. La Suprema Corte ha annullato la sentenza, precisando che la sola positività ai test ematici non è sufficiente a dimostrare lo stato di alterazione psicofisica attuale richiesto dalla legge. È necessario un accertamento che comprovi l’effettiva compromissione della capacità di guida al momento del fatto.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida sotto stupefacenti: l’esame del sangue non è prova sufficiente

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale per la sicurezza stradale: la guida sotto stupefacenti. Con la recente sentenza n. 26280 del 2024, gli Ermellini hanno riaffermato un principio di diritto fondamentale: la sola positività degli esami ematici alla presenza di droghe non è sufficiente per affermare la responsabilità penale del conducente. È necessario dimostrare che, al momento della guida, il soggetto si trovasse in un effettivo stato di alterazione psicofisica.

I fatti del caso

Un automobilista veniva fermato alla guida della sua autovettura in orario notturno. Sottoposto ad accertamenti, le analisi del sangue rivelavano la presenza di metaboliti di sostanze stupefacenti. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dichiarato l’imputato non punibile per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis del codice penale. Questa formula, pur escludendo la pena, presuppone comunque l’accertamento del reato.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente desunto lo stato di alterazione attuale unicamente dall’esito degli esami del sangue, senza alcun altro elemento a supporto e rigettando la sua richiesta di una perizia medico-legale per accertare il momento esatto dell’assunzione.

La prova nella guida sotto stupefacenti

Il cuore della questione giuridica risiede nella prova richiesta per configurare il reato previsto dall’art. 187 del Codice della Strada. A differenza della guida in stato di ebbrezza, dove la legge fissa soglie alcolemiche precise, per la guida sotto stupefacenti la norma richiede un duplice accertamento:

1. La presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope nell’organismo.
2. Uno stato di alterazione psicofisica concretamente e attualmente correlato a tale assunzione al momento della guida.

I giudici di merito avevano ritenuto che la positività del prelievo ematico, a differenza di quello urinario, offrisse un “sufficiente margine di certezza” sull’attualità dell’alterazione. Tale conclusione, tuttavia, è stata censurata dalla Suprema Corte.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su un orientamento ormai consolidato. Per poter affermare la responsabilità per il reato di guida sotto stupefacenti, non è sufficiente la prova della mera assunzione della sostanza, anche se recente. È indispensabile che l’accusa dimostri che tale assunzione abbia effettivamente causato una compromissione delle capacità di guida al momento del controllo.

Secondo la Corte, l’esito delle analisi sui liquidi biologici (sangue o urine) rappresenta solo uno degli elementi della prova. Ad esso devono affiancarsi ulteriori elementi fattuali, come ad esempio la sintomatologia descritta dagli agenti accertatori (occhi lucidi, eloquio sconnesso, andatura incerta), la modalità di guida anomala o il coinvolgimento in un sinistro stradale con dinamiche indicative di una ridotta capacità di reazione. I giudici hanno trascurato di verificare la presenza di questi elementi sintomatici, fondando la loro decisione unicamente sull’esito del prelievo ematico e sul generico coinvolgimento in un sinistro, senza un’analisi approfondita del nesso causale tra l’assunzione e lo stato di alterazione.

Le conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un importante baluardo a tutela del diritto di difesa. Per condannare un automobilista per guida sotto stupefacenti, non basta un dato scientifico che attesti la presenza di droga nel sangue. È necessario un accertamento completo che, partendo dal dato clinico, si arricchisca di elementi sintomatici e comportamentali in grado di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il conducente fosse effettivamente in uno stato di alterazione tale da compromettere la sicurezza della circolazione stradale. La decisione impone ai giudici di merito una valutazione più rigorosa e completa delle prove, evitando automatismi che potrebbero portare a condanne ingiuste basate su un singolo dato di laboratorio.

Per essere condannati per guida sotto stupefacenti è sufficiente che l’esame del sangue risulti positivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola positività del test ematico non è sufficiente. È necessario che venga provato anche un effettivo e attuale stato di alterazione psicofisica al momento della guida, da desumersi anche da altri elementi sintomatici (es. comportamento del conducente, modo di guidare).

Perché è stato ammesso il ricorso contro una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto?
Il ricorso è stato ammesso perché la formula di proscioglimento per “particolare tenuità del fatto” presuppone comunque che il reato sia stato accertato nella sua sussistenza e attribuito all’imputato. Tale decisione viene iscritta nel casellario giudiziale e può impedire una futura applicazione dello stesso beneficio.

Cosa devono fare i giudici per accertare correttamente il reato di guida sotto stupefacenti?
I giudici devono effettuare una valutazione complessiva. Oltre a considerare l’esito degli esami biologici, devono accertare la presenza di uno stato di alterazione effettivo e attuale, idoneo a compromettere la capacità di guida, basandosi su elementi sintomatici, comportamentali o altre circostanze del caso concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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