Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22980 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ERICE il 28/03/1981
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
1. NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione e falsa applicazione di legge: con un primo motivo in relazione alla nullità dell’accertamento sulla presenza di sostanze stupefacenti in assenza dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., con un terzo motivo in relazione al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui agli artt. 133 e 62 bis c.p. e con un quarto ed ultimo motivo in relazione alla pena irrogatagli, di poco superiore al minimo edittale.
Quanto al primo motivo il difensore ricorrente lamenta che il proprio assistito sia stato sottoposto all’esame delle urine senza che gli siano stati rivolti i dovuti avvisi in relazione alla facoltà di farsi assistere da un difensore.
Con il secondo motivo ci si duole di una valutazione errata dei presupposti necessari per concedere la causa di non punibilità.
Con il terzo motivo lamenta che non siano stati presi in considerazione i molti elementi che permettevano la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Con il quarto motivo si lamenta l’eccessività del trattamento sanzionatorio, ancorchè di poco superiore al minimo edittale.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (cfr. pagg. 4, 5, 6 e 7 della sentenza impugnata; sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il terzo e quarto motivo, poi, afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243);
Il quarto motivo inoltre è manifestamente infondato, in quanto deduce difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori;
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. Quanto al primo profilo, i giudici del gravame del merito, hanno dato conto dell’avvenuto accertamento per l’individuazione dell’alterazione da sostanze stupefacenti, ed in particolare che risulta chiaramente dal verbale degli accertamenti urgenti acquisito al fascicolo processuale e dalla dichiarazione del teste di P.G. COGNOME COGNOME che è stato dato al COGNOME l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia prima dell’effettuazione del test. Il Bova si è rifiutato d sottoscrivere il predetto verbale, ciò però non rilevando, in quanto è stato sottoscritto dai verbalizzanti e ha natura di atto fidefaciente. Nel verbale si dà atto che al Bova è stato dato il preventivo avviso e che questi ha dichiarato di non volersi fare assistere da alcun difensore sbarrando inoltre sul modulo la parte in cui il conducente dichiara di non volersi fare assistere dal difensore.
Non vi sono dubbi sull’avviso dato all’imputato.
Per quanto riguarda la doglianza che le tracce di stupefacenti nelle urine non sia di per sé indicativa dell’attualità dello stato di alterazione ma solo di una pregressa assunzione di sostanze vi è da notare che a riguardo il giudice abbia integrato tale dato con gli elementi sintomatici dell’alterazione descritti dai verbalizzanti (pupille dilatate, linguaggio sconnesso, stato di agitazione ecc.) che insieme rendono attuale il dato ottenuto dalle analisi delle urine.
La sentenza impugnata, pertanto, si colloca nel solco del consolidato orientamento secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti lo stato di alterazione del conducente può essere dimostrato attraverso gli accertamenti biologici in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto, senza che sia necessario espletare una analisi su campioni di altri liquidi fisiologici (così Sez. 4, n. 6995 del 9/1/2013, Notarianni, R 254402). Si deve pertanto ritenersi pienamente sufficiente, ai fini dell’accertamento della colpevolezza dell’imputato, l’avvenuto riscontro del dato probatorio dotato di base scientifica, costituito dall’accertamento compiuto sulle sole urine, in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto, senza alcuna indispensabilità del compimento di un’analisi su due diversi liquidi biologici dell’impu-
tato, fattispecie nella quale è stata ritenuta sufficiente l’analisi delle urine unita mente allo stato confusionale dell’imputato riscontrato al momento del fatto; Sez. 4, n. 20043 del 5/3/2015, Torregrossa, Rv. 263890; Sez. 4 n. 3623 del 14/1/2016, Porcelli, non massimata).
3.2. Manifestamente infondato è il motivo sul diniego della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. che i giudici del gravame del merito non hanno ritenuto applicabile in ragione del fatto che la condotta perpetrata dall’imputato risulta grave in ragione del fatto che l’imputato conduceva il mezzo in stato di alterazione e senza patente di guida, e peraltro il mezzo era sprovvisto di copertura assicurativa e non era revisionato, inoltre in macchina vi erano anche la compagna del COGNOME e il piccolissimo figlio.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tu gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., i giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
3.3. Manifestamente infondata è la doglianza in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche laddove in sentenza si dà atto che nessun elemento di positivo apprezzamento emerge, anzi si evidenzia la gravità della condotta e l’assenza di sintomi di resipiscenza.
Il provvedimento impugnato appare infatti collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagl atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
Ed invero, in caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125, che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione, va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01;).
3.4. Quanto poi alla motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato la stessa è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243) e si sottrae, perciò, alle generiche censure di legittimità proposte sul punto.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto di avere valutato a tal fine, discostandosi peraltro di poco dal minimo edittale, i numerosi precedenti penali dell’imputato, che ne fanno emergere una personalità negativa e priva di resipiscenza.
Si tratta di una motivazione logica e congrua con cui, con tutta evidenza, il difensore della ricorrente non si confronta.
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4. Il reato per cui, si procede non era prescritto all’atto dell’emanazione della sentenza impugnata, e non lo è nemmeno oggi, in quanto commesso il 6.12.2019,
e dunque ricadente sotto le previsioni della c.d. riforma Orlando che, per tutti i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (3 agosto 2017) e fino al 31 dicembre
2019, data successivamente alla quale l’intera disciplina è stata innovata dalla I.
legge 27 settembre 2021, n. 134.ha introdotto un termine di sospensione di di- ciotto mesi decorrente dalla data del deposito della motivazione della sentenza di
primo grado. Le contravvenzioni, in esame, pertanto, si sarebbero prescritte non prima del mese di giugno 2024.
Peraltro, nemmeno si sarebbe potuta porre in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello,
in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il for- marsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025