Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11380 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11380 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Avezzano il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 27/06/2023 della Corte di appello di L’RAGIONE_SOCIALE;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica presentata, in data 23/02/2024, dai difensori dell’imputato, AVV_NOTAIO ed NOME AVV_NOTAIO, con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 27/06/2023, la Corte di appello di L’RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza con cui, il precedente 08/11/2022, il Tribunale di Avezzano aveva affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME NOME ordine alla contravvenzione di guida in stato di alterazione psicofisica per l’assunzione di sostanze stupefacenti e, per l’effetto, l’aveva condanna tp alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno articolato tre motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d) ed e), cod. proc. pen., la mancata assunzione di una prova decisiva, nonché il vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità.
Sostengono, in specie, che la decisione della Corte territoriale risulterebbe viziata dalla mancata valutazione del certificato, allegato ,all’atto di appello rilasciato il 17/11/2018 dall’RAGIONE_SOCIALE, attestante l’assenza, a quella data, di residui di sostanze stupefacenti nel sangue e nelle urine dell’imputato e presenterebbe pertanto, nella parte assertiva della correttezza delle analisi tossicologiche effettuate, un apparato motivazionale illogico e contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo si dolgono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per mancata considerazione dei precetti giurisprudenziali.
Assumono in proposito che con la decisione oggetto d’impugnativa sarebbe stata irragionevolmente affermata la penale responsabilità dell’imputato in ordine alla contravvenzione in contestazione, contrastando la pronunzia, relativa a vicenda in cui il controllo era stato effettuato nei confronti del conducente di una vettura che, al momento, non stava circolando, con la consolidata giurisprudenza di legittimità, che richiede, ai fini della configurabilità del reat che l’agente abbia guidato in stato di alterazione causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti.
2.3. Con il terzo motivo lamentano infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione per carenza in punto di esercizio del potere dosimetrico con riguardo sia alla quantificazione della pena che alla determinazione della durata della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.
Osservano, in particolare, che la pena sarebbe stata irragionevolmente determinata mercé il ricorso al criterio del cumulo materiale e senza tener conto dell’incensuratezza dell’imputato, mentre la durata della sanzione amministrativa sarebbe stata immotivatamente fissata in misura superiore alla media edittale.
I medesimi difensori hanno depositato poi, in data 23/02/2024, una memoria di replica alle conclusioni scritte rassegnate dal pubblico ministero, insistendo per l’accoglimento del ricorso presentato.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dall legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 7 del d.l. n. del 2021, convertito dalla legge n. 126 del 2021 e, ancora, dall’art. 16 del d.l. n. 228 del 2021, convertito dalla legge n. 15 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, nonché il vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità, assumendo che la decisione della Corte territoriale risulterebbe viziata dalla mancata valutazione del certificato, allegat all’atto di appello, rilasciato il 17/11/2018 dall’RAGIONE_SOCIALE, attestante l’assenza, a quella data, di residui di sostanze stupefacenti nel sangue e nelle urine dell’imputato e presenterebbe pertanto, nella parte assertiva della correttezza delle analisi tossicologiche effettuate, un apparato motivazionale illogico e contraddittorio.
Ritiene in proposito il Collegio che la decisione oggetto d’impugnativa, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non sia viziata dalla mancata assunzione di una prova decisiva, avendo da tempo chiarito la Suprema Corte che «La mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo d’impugnazione ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione ai sensi dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente articolato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla part attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali d integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione» (così, da ultimo, Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285722-01, nonché, in precedenza, Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, dep. 31/01/.2017, COGNOME e altro, Rv. 269270-01, Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013, P.G. in proc. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 254974-01, Sez. 2, n. 841 del 18/12/2012, dep. 09/01/2013, Barbero, Rv. 254052-01, Sez. 3, n. 24259 del 27/05/2010, C., Rv. 247290-01, Sez. 1, n. 16772 del 15/04/2010, Z., Rv. 246932-01 e Sez. 6, n. 33105 dell’08/07/2003, P.G. in proc. Pacor, Rv. 226534-01).
Tanto chiarito, si osserva, inoltre, che difetta, nel caso di specie, anche il dedotto vizio motivazionale, risultando del tutto generica, in ragione di quanto testé evidenziato in ordine all’ipotizzata omessa assunzione di prova decisiva, la censura di contraddittorietà e illogicità mossa all’apparato argomentativo su cui fonda, in parte qua, la decisione impugnata.
Privo di pregio è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di vizio di motivazione per mancata considerazione di precetti giurisprudenziali, sostenendo che la Corte territoriale, nell’affermare la penale responsabilità dell’imputato in ordine alla contravvenzione in contestazione, avrebbe emesso una decisione in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, che richiede, ai fini della configurabilità dell’illecito, che l’agente abbia guidat stato di alterazione dovuto dall’assunzione di droga.
Rileva al riguardo il Collegio che la decisione oggetto d’impugnativa, laddove ha ritenuto configurabile il reato in contestazione a fronte di una vicenda concreta in cui l’imputato non stava circolando al momento del controllo, si è conformata appieno all’insegnamento della Suprema Corte, che, con precipuo riguardo alla contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, ma con enunciato di certo riferibile anche all’analoga contravvenzione di guida in stato di alterazione dovuto all’uso di sostanze stupefacenti, ha avuto modo di chiarire che «Ai fini della configurabilità della contravvenzione…, non rileva che il veicolo sia fermo al momento dell’effettuazione del “test” di controllo sul conducente, atteso che la “fermata” costituisce fase della circolazione» (così, da ultimo, Sez. 4, n. 4931 del 23/01/2024, COGNOME, Rv. 285750-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 21057 del 25/01/2018, COGNOME, Rv. 272742-01, Sez. 4, n. 45514 del 07/03/2013, COGNOME, Rv. 257695-01 e Sez. 4, n.37631 del 25/09/2007, Savoia, Rv. 237882-01).
Manifestamente infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per carenza in punto di esercizio del potere dosimetrico sia con riguardo alla quantificazione della pena che in relazione alla determinazione della durata della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.
Rileva in proposito il Collegio che la doglianza dedotta con il motivo in oggetto è caratterizzata da un’evidente genericità nella parte in cui è contestata, per un’ipotetica violazione di legge e un supposto vizio motivazionale, l’eseguita quantificazione della pena, non essendosi indicate in alcun modo, se non con la prospettata condizione di incensuratezza dell’imputato, peraltro smentita dalla decisione impugnata, le ragioni che avrebbero dovuto giustificare un diverso e, in tesi, più corretto esercizio della dosimetria sanzionatoria.
L’agitata censura appare, invece, inammissibile nella parte in cui le criticità indicate sono fatte valere con riguardo alla disposta fissazione della durata della sanzione accessoria, in quanto della stessa non fu richiesta una rideterminazione in melius con l’atto di appello, circostanza che preclude la deducibilità della questione in questa sede, dovendosi fare applicazione del consolidato principio secondo cui «Non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello» (così, ex multis, Sez. 2, n. 29707 dell’08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01 e Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME NOME, Rv. 255577-01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/02/2024