Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10351 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo erronea applicazione dell’art. 187 cod. strada e violazione di legge in relazione al ritenuto stato di alterazione psico fisica da alte razione di sostanze stupefacenti mentre si trovava alla guida.
Evidenzia il ricorrente come la motivazione della Corte territoriale appaia carente perché omette ogni approfondimento sullo stato di attualità dell’alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, limitandosi alla constatazione della sussistenza di sostanza nel sangue ma da cui non possibile desumere se vi sia stata una alterazione psico-fisica alla guida; circostanza, quest’ultima, che richiede, dunque, la presenza di riscontri esterni volti a sorreggere il quadro risultante dagli accertamenti svolti, dal momento che l’alterazione psico-fisica implica una modifica comportamentale che renda pericolosa la guida di un veicolo, diminuendo l’attenzione e la velocità di reazione dell’assuntore.
Sotto il profilo dei risultati estrinseci cristallizzati negli atti del proces primo e secondo grado -. e che a parere della difesa escludono l’anomalia dell’incidente stradale -. sussisterebbe un vizio dì motivazione nella parte in cui il giudicante valorizza l’attualità dello stato di alternazione psico-fisica sull’unico ed equi voco riscontro esterno (dinamiche dell’incidente stradale), omettendo di fornire una motivazione, coerente e lineare rispetto alla concomitante esistenza dì ulteriori riscontri che paiono smentire a tesi dell’attualità dell’abuso (es. assenza comportamenti sintomatici di uno stato di alterazione, condotta lucidità e collaborativa del conducente, disponibilità e consenso del conducente a sottoporsi agli esami tossicologici, condizioni di tempo e stato dei luoghi, valutazione delle dinamiche del sinistro in relazione condotta di guida in violazione delle regole di cautela).
Il ricorrente evidenzia che i giudici di merito, in sintesi, desumono l’attualità dell’alterazione e la conseguente responsabilità dell’imputato ancorandole al dato equivoco relativo alle modalità dell’incidente (c.d. riscontro esterno), ma non forniscono alcuna argomentazione logica rispetto agli accertamenti effettuati dagli agenti di P.G. sul conducente nell’immediatezza dei fatti, né offrono rilevanza alle deposizioni raccolte ed al contesto di tempo e di luogo in cui il fatto si è verificat (presenza di nebbia, scarsa visibilità ed orario notturno del sinistro); elementi, questi ultimi, che forniscono una diversa ed altrettanto verosimile interpretazione della causa dell’incidente e che inficiano il procedimento logico di valutazione della prova, quanto meno sotto il profilo della gravita, precisione e concordanza degli elementi di valutazione. Trattasi di un caso – secondo la prospettiva difensiva pienamente sovrapponibile ad altro già scrutiNOME dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui lo stato di alterazione non può evincersi dal fatto che si sia realizzato un incidente, che ben potrebbe essere ricondotto ad altre cause, ma deve
riguardare una situazione soggettiva dell’imputato, constatata nell’immediatezza dello stesso (Sez. 4, n. 32188/2020).
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
In data 25/1/2024 il difensore ha depositato memoria difensiva insistendo sull’ammissibilità del ricorso e per il suo accoglimento.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare, come già il giudice di primo grado, hanno evidenziato, in primis, come gli esami ematici ebbero a rilevare, subito dopo l’incidente, la presenza di cocaina con una concentrazione pari a 24 ng/ml rispetto ad un valore (cut/off) pari a 10 ng/ml. Così come l’analisi eseguita sul campione di urine è risultata positiva per cocaina e metaboliti.
Come si legge a pag. 11 del provvedimento impugNOME: «Ulteriore valutazione di compatibilità degli esiti degli esami ematici con un coevo stato di alterazione sono stati documentati dal dipartimento dell’Università RAGIONE_SOCIALE (che ebbe ad eseguire tali accertamenti sui prelievi del 2.12.20 18), leggendosi nel referto del 6.12.2018, in atti: “l ‘analisi eseguita sul campione di urine è risultata positiva per cocaina e me/aboliti. L’analisi eseguita sul campione di sangue è risultata positiva per cocaina. Vi è compatibilità con la guida sotto l’effettc”».
Già il giudice di primo grado aveva evidenziato, come più volte affermato da questa Corte di legittimità (così la richiamata Sez. 4, n. 14919 del 21/03/2019, Simi, Rv. 275650 – 01 in motivazione, oltre che le recentissime Sez. 4 n. 3383 del 23/11/2023 dep. 2024, Pulici, non mass. e Sez. 4 n. 31514 del 19/4/2023 ), che, mentre gli accertamenti su campioni piliferi e sulle urine (e la giurisprudenza che richiama il ricorrente a sostegno delle proprie tesi riguarda questi ultimi) hanno una affidabilità limitata perché rilevano tracce di sostanze stupefacenti che restano depositate in tessuti ed organi anche per un periodo di tempo prolungato, gli esami ematici hanno una affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze tossiche che, al momento dell’accertamento, per il fatto di essere in circolazione nel sangue, sono inevitabilmente destinate a raggiungere il cervello ed
il sistema nervoso e, proprio per questo, sono suscettibili di alterare lo stato cognitivo e i riflessi del soggetto (cfr. pag. 3 della sentenza di primo grado). Di talchè, con motivazione logica e congrua, veniva evidenziato come, a fronte del riscontro ematico di un valore di cocaina particolarmente elevato, maggiore del doppio del limite clinico indicato come cut ff, già si potrebbe affermare con certezza non la mera assunzione di sostanza stupefacente da parte dell’imputato prima di mettersi alla guida, ma l’esistenza di un tasso di cocaina «tale da avere concreta incidenza sulla sue capacità e funzioni» (pag. 4 della sentenza di primo grado).
L’articolata pronuncia di primo grado viene ampiamente richiamata per relationem dalla Corte territoriale a fronte di un atto di appello che i giudici milanesi evidenziano essere manifestamente infondato (ai limiti dell’inammissibilità) per omesso confronto con la motivazione di primo grado (pag. 10 della sentenza impugnata).
In proposito , va ricordato che, in tema di integrazione delle motivazioni tra le sentenze conformi di primo e di secondo grado, il giudice dell’appello può motivare per relazione se l’impugnazione si limita a riproporre questioni di fatto o di diritto già esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, mentre, qualora siano formulate censure specifiche o introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore, è affetta da vizio di motivazione la sentenza di appello che si limiti a respingere le deduzioni proposte con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici rispetto alle risultanze istruttorie (Sez. 6, n. 5224 de 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611 – 01; conf. Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012 dep. 2013, Santapaola Rv. 256435 – 01).
Entrambi i giudici di merito, tuttavia, danno anche conto che, a fronte peraltro di un guidatore esperto (anche perché svolgente attività di noleggio veicoli con conducente) in un tratto autostradale privo di intersezioni e di traffico veicolare (in pieno orario notturno) le specifiche modalità della condotta di guida (percorrendo la terza corsia di sorpasso invadeva improvvisamente la seconda corsia tamponando un’autovettura che procedeva nel suo stesso senso di marcia con una violenza tale da ribaltarsi e finire la propria corsa a 200 metri dal punto d’impatto, evidenziano una condotta di guida certamente alterata dalla cocaina (pag. 7 sentenza di primo grado e pagg. 12-13 di quella di secondo grado, ove la Corte territoriale confuta argomentatamente anche le argomentazioni del consulente di parte COGNOME).
Secondo la concorde valutazione dei giudici di merito, dunque, la condotta di guida è stata tale, dunque, da rivelare senza dubbio la coeva alterazione psicofisica del COGNOME dovuta all’assunzione di un tipo di sostanza psicotropa incidente sul
sistema nervoso, con effetto stimolante e di perdita di controllo con l’esterno, così come è stato – nelle esaminate circostanze di tempo e luogo – in occasione del fatto esitato nel sinistro stradale. Del resto, come ricorda il provvedimento impugNOME, le stesse dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’esame svolto nel giudizio di primo grado corroborano tale conclusione: non vi era alcuna oggettiva e preminente ragione di urgenza per mettere in atto una condotta di guida talmente anomala in assenza di visibilità dovuta alla nebbia (non è ragionevolmente sufficiente la mera esigenza, assenta dall’imputato, di voler tornare a casa), né sussisteva alcuna ragione di urgenza per guidare a simile velocità attraversando la nebbia ‘pigiando un po’ troppo sull’acceleratore’ (per usare le parole dell’atto di appello). Si ricorda, invero, che il veicolo Toyota ebbe a ricevere un impatto di tale violenza dalla BMW da ribaltarsi completamente e da essere sbalzata a 200 metri. Quel percorso, peraltro, a dire del COGNOME, era per lui un abituale tragitto: sicché, a maggior ragione, se fosse stato in condizioni di lucidità, avrebbe dovuto e potuto esserne padrone così come, da conducente per professione, avrebbe dovuto e potuto essere padrone dell’auto in condizioni non alterate.
4. Conclusivamente, è corretto l’argomentare della Corte lombarda laddove essa precisa che gli esiti del prelievo ematico deponevano per una recente assunzione di vari tipi di stupefacenti in quantità elevate. Del resto, pur avendo la Corte dato conto delle dichiarazioni dell’imputato nelle quali egli sosteneva di avere assunto sostanze stupefacenti nei giorni precedenti, e non in occasione del reato accertato in occasione del sinistro, non va sottaciuto che – pur restando fermo che anche in questo ambito non é dato fare ricorso a prove legali – gli accertamenti di laboratorio eseguiti a seguito di prelievo ematico presentano notoriamente una ben maggiore valenza dimostrativa dell’immanenza dello stato di alterazione (in quanto riferita alla presenza in circolo delle sostanze psicoattive) rispetto a quanto accade con le analisi delle urine (che offrono unicamente contezza della presenza di metaboliti delle sostanze stesse, ossia dell’assunzione di esse anche diverse ore prima).
All’evidenza, dunque, la valutazione congiunta degli esiti delle indagini ematiche di laboratorio e delle modalità del sinistro, come operata dalla Corte milanese, risponde appieno ai canoni interpretativi formanti oggetto dei molteplici arresti della giurisprudenza di legittimità in subiecta materia in precedenza ricordati.
Su queste basi di convergenza probatoria la Corte distrettuale è perviene, in modo del tutto logico ed esente da censure in sede di legittimità, all’affermazione della penale responsabilità del COGNOME oltre ogni ragionevole dubbio.
Va evidenziato che il reato ad oggi non è prescritto, in quanto i fatti risalgono al 2/12/2018 e pertanto ricadono sotto le previsioni della c.d. riforma Orlando che, per tutti i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (3 agosto 2017) e fino al 31 dicembre 2019, data successivamente alla quale l’intera disciplina è stata innovata dalla I. legge 27 settembre 2021, n. 134.ha introdotto un termine di sospensione di diciotto mesi decorrente dalla data del deposito della motivazione della sentenza di primo grado.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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