Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11891 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11891 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina del 17 ottobre 2022, con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi otto di arresto ed euro tremila di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 187, commi 1 e 1-bis, C.d.S.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 187 comma 1-bis C.d.S..
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 131 bis cod. pen..
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche.
3. Il ricorso è inammissibile.
Quanto al secondo motivo di ricorso, da trattare anticipatamente per ragioni di ordine logico, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede un valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisiva, ai fini della valutazione de grado di offensività della condotta, la circostanza che l’imputato si fosse posto alla guida dopo aver assunto in quantità elevate sostanze stupefacenti (come emerso dagli accertamenti medici) ed un farmaco antidepressivo, così potendo rappresentare un pericolo per la pubblica incolumità, per cui solo per ragioni fortuite nessuno era rimasto coinvolto nell’incidente occorsogli.
1c
/ eli 4. Con riferimento al primo motivo di ricorso, i giudici di merito hanno correttamente ricostruito la dinamica del fatto, evidenziando come, a c:ausa dello stato di
alterazione, l’imputato avesse perso il controllo del mezzo, provocando un incidente, e ritenendo inverosimile la tesi difensiva (avere avvertito il malore e aver fermato il ciclomotore prima di cadere a terra, privo di sensi).
La Corte di merito, quindi, ha applicato il condivisibile principio espresso dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, per la configurabilità della circostanza aggravante di aver causato un incidente, è sufficiente che si verifichi l’urto del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che sia necessaria la constatazione di danni a persone o cose, di talché basta qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Sez. 4, n. 36777 del 02/07/2015, COGNOME, Rv. 264419).
Il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge, in riferimento ai principi di valutazione della prova, non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulando un travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e il riesame nel merito della vicenda processuale. Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia – come nel caso in esame – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio.
5. Per quanto attiene al terzo ed ultimo rnotivo di ricorso, va osservato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il r chiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altr disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti genei -iche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello
che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in mal:eria, la Corte di appello, con motivazione lineare e coerente, non ha concesso le circostanze attenuanti generiche alla luce della gravità della condotta, potenzialmente idonea a causare notevoli danni a terzi ed alla pubblica incolumità.
Il ricorrente si limita a formulare censure in fatto non deducibili nella presente sede di legittimità.
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.