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Guida sotto stupefacenti: basta l’esame del sangue?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida sotto stupefacenti. La Corte ha stabilito che i risultati dell’esame del sangue, indicanti un’elevata concentrazione di principio attivo, costituiscono prova sufficiente dello stato di alterazione al momento della guida, anche in assenza di altri sintomi evidenti. La sentenza sottolinea la differenza probatoria tra l’esame ematico, che attesta un’assunzione recente, e l’esame delle urine, meno indicativo.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida Sotto Stupefacenti: L’Esame del Sangue è Prova Regina? La Cassazione Fa Chiarezza

La questione della prova nel reato di guida sotto stupefacenti è da sempre un tema delicato e complesso. È sufficiente un esame del sangue positivo a fondare una condanna, o sono necessari anche altri elementi, come i classici sintomi di alterazione psicofisica? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3383 del 2024, offre un chiarimento decisivo, confermando la centralità e l’affidabilità delle analisi ematiche.

I Fatti del Caso: Un Incidente Notturno e i Test Biologici

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida in stato di alterazione dovuto all’assunzione di cannabinoidi, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale in orario notturno. La sua auto si era ribaltata dopo aver urtato un guard-rail. A seguito del sinistro, il conducente era stato sottoposto ad accertamenti sanitari che avevano rilevato la presenza di principi attivi di cannabinoidi sia nelle urine che, soprattutto, nel sangue, con una concentrazione quasi tre volte superiore al limite di legge (5,7 ng/ml contro un cut-off di 2 ng/ml).

Il Ricorso in Cassazione: La Tesi Difensiva

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un difetto di motivazione e un’errata applicazione della legge. Secondo il ricorrente, la condanna si basava esclusivamente sui risultati degli esami biologici, senza essere supportata da elementi sintomatici che provassero un’effettiva alterazione al momento della guida. Anzi, la difesa evidenziava come i medici del pronto soccorso, a seguito di un esame obiettivo, avessero escluso la presenza di sintomi caratteristici dell’alterazione, suggerendo che l’assunzione potesse essere pregressa e non attuale.

La Prova nella Guida Sotto Stupefacenti: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e infondato. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la cui motivazione è stata giudicata logica, coerente e priva di contraddizioni.

La Distinzione Cruciale tra Esame del Sangue e delle Urine

Il punto centrale della decisione risiede nella valorizzazione dell’esame ematico. La Corte ribadisce una distinzione fondamentale: mentre l’analisi delle urine rileva la presenza di metaboliti, indicando un consumo anche non recente e non consentendo di risalire con certezza al momento dell’assunzione, l’analisi del sangue è diversa. La presenza di principio attivo nel sangue, specie in concentrazioni elevate, è un indicatore forte e attendibile di un’assunzione recente e, soprattutto, degli effetti della sostanza ancora in corso al momento del prelievo. L’esame del sangue, si legge in sentenza, ha una “valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti”.

L’Irrilevanza dell’Assenza di Sintomi Evidenti

La Cassazione ha chiarito che, di fronte a un dato scientifico così eloquente come un’alta concentrazione di THC nel sangue, la presenza di ulteriori indici sintomatici (occhi rossi, eloquio sconnesso, ecc.) non è necessaria per provare il reato. Il dato ematico, interpretato da un sanitario che ne ha confermato la compatibilità con uno stato di alterazione, è di per sé sufficiente a dimostrare la responsabilità penale. A questo, nel caso di specie, si aggiungeva anche la dinamica stessa del sinistro stradale, ritenuta un’ulteriore conferma della ridotta lucidità del conducente.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato come un sanitario, valutando gli esiti degli esami ematochimici e la concentrazione elevata del principio attivo, avesse certificato la compatibilità tra tale condizione e la condotta di guida. Questa valutazione è stata ritenuta coerente e fondata su un accertamento biologico idoneo a indicare la concentrazione dello stupefacente nel sangue al momento del fatto. L’alta concentrazione di THC giustificava pienamente la conclusione del sanitario. Pertanto, la condanna non era basata su una mera presunzione, ma su un dato scientifico oggettivo che, a differenza dell’esame delle urine, attestava l’attualità dell’alterazione psicofisica.

Le Conclusioni

La sentenza n. 3383/2024 rafforza un principio cruciale in materia di guida sotto stupefacenti: l’esame del sangue è una prova determinante e, se positivo con valori significativi, sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. Per gli automobilisti, ciò significa che l’assenza di sintomi palesi di alterazione non costituisce una valida difesa se le analisi del sangue dimostrano il contrario. Questa decisione sottolinea la volontà della giurisprudenza di affidarsi a dati scientifici oggettivi per contrastare un comportamento di guida estremamente pericoloso per la sicurezza stradale.

Per condannare per guida sotto stupefacenti è necessario che ci siano sintomi evidenti di alterazione?
No. Secondo la sentenza, i risultati dell’esame del sangue che mostrano un’elevata concentrazione di principio attivo sono sufficienti a provare lo stato di alterazione, anche in assenza di altri indici sintomatici evidenti.

Che differenza c’è tra l’esame del sangue e quello delle urine per accertare la guida sotto stupefacenti?
L’esame del sangue (ematico) ha un’alta valenza probatoria perché rileva la presenza del principio attivo e ne misura la concentrazione, indicando un’assunzione recente e gli effetti in corso al momento della guida. L’esame delle urine, invece, rileva principalmente i metaboliti, che possono permanere per giorni, e non consente di stabilire con certezza se l’alterazione fosse attuale al momento del fatto.

Il risultato di un esame del sangue che mostra una concentrazione di THC superiore ai limiti è sufficiente per una condanna?
Sì. La sentenza afferma che i valori ematici, se significativamente superiori ai limiti di legge (nel caso di specie, quasi tre volte superiori), giustificano la valutazione di compatibilità con la condizione di alterazione e sono idonei a fondare una sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 187 C.d.S.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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