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Guida sotto effetto di stupefacenti: prova con sintomi

La Corte di Cassazione conferma che per la condanna per guida sotto effetto di stupefacenti non basta il solo test positivo, ma è necessario che sia corroborato da prove sintomatiche. Nel caso specifico, l’eccessiva loquacità, lo stato confusionale e gli occhi lucidi dell’automobilista sono stati ritenuti elementi sufficienti a dimostrare lo stato di alterazione psicofisica, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida Sotto Effetto di Stupefacenti: Non Basta il Test, Contano i Sintomi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di guida sotto effetto di stupefacenti: per accertare la responsabilità penale non è sufficiente la semplice positività ai test tossicologici. È necessario che l’assunzione della sostanza sia collegata a uno stato di alterazione psicofisica effettivo al momento del controllo, stato che può essere provato anche attraverso l’osservazione di specifici sintomi da parte delle forze dell’ordine.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 187 del Codice della Strada, ovvero per essersi messo alla guida in stato di alterazione dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Le analisi sui liquidi biologici avevano infatti rivelato la presenza di cocaina. L’imputato, non ritenendo sufficiente tale prova, decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando una motivazione illogica e contraddittoria da parte della Corte d’Appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità della sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno sottolineato come il ricorso fosse meramente reiterativo di doglianze già esaminate e correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata, puntuale e immune da vizi logici, in quanto fondata su un quadro probatorio completo e coerente.

Le Motivazioni: la prova della guida sotto effetto di stupefacenti

Il punto centrale della decisione risiede nella valorizzazione dei cosiddetti “dati sintomatici”. I giudici hanno chiarito che lo stato di alterazione del conducente non è stato desunto unicamente dall’esito positivo delle analisi, che attestano l’avvenuta assunzione di cocaina, ma dal complesso degli elementi osservati dagli agenti al momento del controllo.

Nello specifico, l’imputato, che aveva anche tentato di sottrarsi al controllo, manifestava una serie di comportamenti inequivocabili:

* Eccessiva loquacità
* Linguaggio pastoso e ritmo non uniforme
* Repentini cambi d’umore
* Stato confusionale
* Occhi lucidi

Questi elementi, nel loro insieme, sono stati considerati atti a corroborare l’esito degli esami biologici, fornendo la prova concreta e fattuale che l’assunzione di cocaina avesse effettivamente causato una condizione di alterazione psicofisica durante la guida. La Corte ha così seguito il suo orientamento consolidato (richiamando la sentenza n. 5890/2023), secondo cui i dati sintomatici relativi alla condizione soggettiva del conducente sono uno strumento probatorio fondamentale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un importante principio a tutela della sicurezza stradale. Dimostra che il sistema giudiziario non si affida a un singolo dato tecnico (il test), ma adotta un approccio complessivo per accertare la guida sotto effetto di stupefacenti. Per gli automobilisti, ciò significa che non è possibile difendersi sostenendo che l’assunzione sia avvenuta in un momento precedente e non influente sulla guida, se al momento del controllo il comportamento e le condizioni fisiche raccontano una storia diversa. L’osservazione diretta da parte degli agenti operanti assume un valore probatorio cruciale, che, unito ai riscontri scientifici, crea un quadro d’accusa solido e difficilmente contestabile.

Per una condanna per guida sotto l’effetto di stupefacenti è sufficiente la positività al test tossicologico?
No, la sola positività al test, che dimostra l’avvenuta assunzione, non è di per sé sufficiente. La Corte di Cassazione ha specificato che tale esito deve essere corroborato da ulteriori elementi che provino un effettivo stato di alterazione psicofisica al momento della guida.

Quali elementi possono provare lo stato di alterazione oltre al test?
La sentenza evidenzia l’importanza dei “dati sintomatici” osservati dalle forze dell’ordine. Nel caso di specie, sono stati ritenuti rilevanti l’eccessiva loquacità, il linguaggio pastoso, i repentini cambi d’umore, lo stato confusionale e gli occhi lucidi del conducente.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello?
Come dimostra questa ordinanza, un ricorso con tali caratteristiche viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesamina prove già valutate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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