Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20208 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20208 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILAZZO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni dell’imputato, in persona del difensore AVV_NOTAIO il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza in epigrafe indicata, che confermava l’affermazione di responsabilità nei suoi confronti riconosciuta dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in ordine al reato di cui all’art. 116 d.lgs. 30/4/1992 n. 285 con condanna alla pena di mesi due di arresto e di euro 3.000 di ammenda.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità nei suoi confronti,, assumendo che la notizia di reato derivava da una annotazione proveniente da ufficiale di P.G. che, al momento dell’accertamento, non aveva proceduto ad una immediata contestazione dell’illecito amministrativo, di talchè non poteva ritenersi legittimamente formato il provvedimento amministrativo dal quale era scaturito l’esercizio dell’azione penale.
2.1 Con una seconda articolazione deduce violazione di legge vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per carenza di motivazione in relazione agli indici di meritevolezza segnalati nei motivi di appello.
2.2 Con una terza articolazione lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità della tenuità della condotta e dell’offesa ricorrendo i presupposti indicati dall’art.131 bis cod.pen.
2.4 Con un’ultima articolazione lamenta motivazione mancante con riferimento all’omessa sostituzione della pena detentiva con la corrispondente sanzione sostitutiva ai sensi dell’art.545 bis cod.pen. e 53 ss L.689/81.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati, in quanto generici, in fatto, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale sulle questioni oggetto di ricorso risulta coerente con le risultanze processuali e non risulta altresì manifestamente illogico o contraddittorio, sia con riferimento all’accertamento della nuova violazione da parte del COGNOME, sia con riferimento alle questioni concernenti il trattamento sanzioNOMErio.
3.1 Quanto al primo profilo il giudice distrettuale ha correttamente evidenziato che la notizia di reato proviene da soggetti qualificati, i quali avevano osservato l’imputato circolare alla guida di un ciclomotore pur essendo sprovvisto di titolo abilitativo alla
guida, e che le attestazioni, dagli stessi verbalizzate, costituivano prova fondante la responsabilità del prevenuto, a prescindere dalla regolarità amministrativa della constatazione dell’illecito amministrativo e della relativa contestazione, che attenevano al diverso ambito della sanzione amministrativa da irrogare e non al versante penalistico della vicenda.
Quanto poi alla obiettività giuridica del reato a seguito dell’intervento parzialmente abrogatore della disposizione contravvenzionale, va invero evidenziato che ai fini della qualificazione dell’illecito costituito dalla guidai senza patente commesso in data anteriore alla entrata in vigore del Dcr. Lgs. 8/2016, la recidiva ricorre quando sia intervenuto, nel biennio antecedente al fatto, l’avvenuto definitivo accertamento giudiziale di un precedente reato della medesima spec:ie. Come rilevato infatti nella Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 111/01/2016, la previsione di una norma di raccordo quale l’art.5 della suddetta disciplina sulla depenalizzazione, ha avuto la funzione di eliminare ogni incertezza, escludendo che possa ritenersi che la fattispecie decada per effetto del venire meno dell’elemento costitutivo, rappresentato appunto dalla recidiva in senso tecnico penalistico, ossia per l’assenza di un illecito penale accertato e ascrivibile all’autore della nuova infrazione (sez.4, n.48779 del 21/09/2016, P.M. in proc.S., Rv.268247; n.27398 del 6/04/2018, PM in proc.Dedominici; Rv.273405). Invero la suddetta disposizione non possiede solo valenza interpretativa, al fine di definire l’ambito di applicazione della fattispecie autonoma di reato, già ipotesi aggravata dell’art.116 C.d.S., quando la contravvenzione faccia seguito ad una precedente condanna per fatto della stessa specie. In realtà, per i fatti commessi successivamente alla entrata in vigore del d. Igs. 8/2016, la recidiva risulta integrata non più solo quando risulti il precedente giudiziario specifico, ma anche quando risulti una violazione amministrativa precedentemente accertata (sez.4, n.48779 del 21/09/2016, PM in proc.S., Rv. 268247), in tale modo dovendo intendersi il riferimento compiuto dall’art.5 alla “reiterazione dell’illecito depenalizzato”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2 Orbene non pare dubbio che nella specie ricorra appieno la recidiva nel biennio in ragione della precedente contestazione (14 agosto 2019), intervenuta con verbale 124006039 di analoga violazione, che risultava definitivamente accertata per mancata opposizione nei termini.
Del tutto corretto è stato il ragionamento della Corte di appello la quale, ai fini del perfezionamento della fattispecie, ha ritenuto sufficiente la ricorrenza di un precedente verbale di contestazione di violazione amministrativa ritualmente notificato e non opposto entro il termine di legge e ha ritenuto irrilevante che la nuova inosservanza, idonea al perfezionamento della fattispecie penale, abbia anche formato oggetto di un nuovo accertamento amministrativo laddove, ai sensi dell’art.116 comma 15 C.d.S., il reato risulta perfezioNOME dalla guida del veicolo
senza che il conducente abbia conseguito il titolo abilitativo alla guida, ovvero quando lo stesso sia stato revocato, e tale è il contenuto della notizia di reato e della contestazione oggetto del presente giudizio penale, unitamente alla verifica della recidiva.
Manifestamente infondati, nei termini sopra evidenziati, sono gli altri motivi di doglianza.
Il giudice distrettuale in particolare ha fornito adeguata motivazione alla decisione di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche, l’istituto della causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod.pen. e la sostituzione della pena detentiva breve evidenziando, per ciascuna delle richieste, gli elementi preclusivi in ragione dei precedenti penali del reo e di una personalità recidivante in relazione alle violazioni concernenti la circolazione stradale (con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche); al particolare disvalore della condotta tenuta nella fattispecie dal COGNOME, in ragione della ripetitività della stessa e del pericolo di pregiudizio alla sicurezza della circolazione stradale tenuto conto delle modalità dell’offesa (in relazione alla richiesta causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cood pen) e a un negativo giudizio prognostico ai fini della sostituzione della sanzione penale con pena sostitutiva, ai sensi degli art.545 bis e 53 ss L.689/81 tenuto conto che ricorrente già in passato aveva goduto di istituto premiale quale l’affidamento ai servizi sociali in relazione a pronuncia di condanna divenuta definitiva e nondimeno aveva successivamente perfezioNOME il reato di cui al presente giudizio.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Preside te