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Guida senza patente recidiva: arresto e ammenda

Un automobilista condannato per guida senza patente recidiva ha contestato la pena cumulata di arresto e ammenda, sostenendo che la depenalizzazione del 2016 avesse modificato la sanzione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la recidiva nel biennio costituisce una fattispecie autonoma di reato, non toccata dalla depenalizzazione, e che pertanto la pena resta quella congiunta di arresto e ammenda, come previsto dal Codice della Strada.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida Senza Patente Recidiva: La Cassazione Conferma la Doppia Sanzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26285/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del Codice della Strada: la guida senza patente recidiva. La questione centrale riguarda la corretta interpretazione della pena da applicare a chi commette questa violazione per la seconda volta in due anni, specialmente dopo la depenalizzazione del 2016. La Corte ha chiarito che, in questi casi, la sanzione rimane duplice: arresto e ammenda.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un automobilista, ritenuto responsabile del reato di guida senza patente commesso il 30 maggio 2019. Poiché si trattava di una violazione ripetuta nell’arco di un biennio, sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Palermo avevano inflitto una pena di dieci giorni di arresto e 800 euro di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. L’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando due specifiche questioni.

I Motivi del Ricorso: Due Questioni Chiave

La difesa ha articolato l’impugnazione su due distinti fronti, uno procedurale e uno di diritto sostanziale.

La Contestazione della Recidiva

In primo luogo, il ricorrente lamentava una carenza di motivazione riguardo alla sussistenza stessa della recidiva. Secondo la difesa, la condanna si basava su un verbale precedente del 2017, senza che fosse stato accertato in modo definitivo che tale verbale non fosse più suscettibile di annullamento.

L’Interpretazione della Sanzione Dopo la Depenalizzazione

Il secondo e più rilevante motivo riguardava la violazione di legge nell’applicazione della pena. La difesa sosteneva che, a seguito del D.Lgs. n. 8/2016, la fattispecie base di guida senza patente è stata trasformata in illecito amministrativo. Di conseguenza, la versione aggravata dalla recidiva, pur rimanendo reato, dovrebbe essere punita con la sola pena dell’arresto. L’avverbio “altresì” presente nella norma (“si applica altresì la pena dell’arresto”) non farebbe più riferimento a una sanzione pecuniaria penale (l’ammenda), ma alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista per la violazione base.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Guida Senza Patente Recidiva

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarando il primo motivo inammissibile e il secondo infondato.

Il Motivo Procedurale: una Difesa Tardiva

La Cassazione ha subito liquidato la prima doglianza come inammissibile. Il motivo relativo alla mancata prova della definitività del precedente verbale non era mai stato sollevato nell’atto di appello. Secondo un consolidato principio giurisprudenziale, non è possibile presentare in Cassazione questioni che non siano state prima sottoposte al vaglio del giudice d’appello. Ciò serve a evitare che la Corte di legittimità si pronunci su punti per cui manca una motivazione del giudice precedente, proprio perché non gli era stato chiesto di farlo.

Il Motivo di Diritto: la Natura del Reato Aggravato

Sul punto centrale della pena, la Corte ha offerto una spiegazione chiara e inequivocabile. Il D.Lgs. n. 8/2016 ha sì depenalizzato la guida senza patente, ma ha esplicitamente escluso da tale intervento le ipotesi aggravate punite con pena detentiva. L’ipotesi di guida senza patente recidiva rientra proprio in questa eccezione. La Corte ha ribadito che questa fattispecie non è una semplice aggravante, ma è stata trasformata in una fattispecie autonoma di reato.

La legge, pertanto, è rimasta immutata per questo specifico reato. La norma prevede che, in caso di recidiva, “si applica altresì la pena dell’arresto fino ad un anno”. Secondo i giudici, l’avverbio “altresì” va inteso come un rinvio materiale alla cornice edittale prevista per la violazione base, che include un’ammenda da 2.257 a 9.032 euro. In altre parole, il legislatore del 2016 non ha voluto modificare il trattamento sanzionatorio per i recidivi, ma solo isolare questa condotta come reato autonomo. Ne consegue che la pena corretta è quella congiunta: l’ammenda (sanzione pecuniaria) e l’arresto (sanzione detentiva).

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: la guida senza patente recidiva è e rimane un reato a tutti gli effetti, non scalfito dalla depenalizzazione del 2016. La volontà del legislatore è chiara nel voler punire con particolare severità chi persevera in questa condotta pericolosa. La pena, quindi, non è alternativa ma cumulativa, sommando la sanzione pecuniaria a quella detentiva. La pronuncia offre anche un’importante lezione processuale: le eccezioni e i motivi di contestazione devono essere sollevati nei tempi e nei modi corretti, altrimenti si rischia di non poterli più far valere dinanzi alla Corte di Cassazione.

Guidare senza patente è sempre un reato?
No. A seguito della depenalizzazione introdotta dal D.Lgs. n. 8/2016, la guida senza patente costituisce, in via generale, un illecito amministrativo. Diventa reato solo nell’ipotesi specifica di recidiva nel biennio, ovvero se la stessa violazione viene commessa una seconda volta entro due anni.

Qual è la pena per la guida senza patente in caso di recidiva nel biennio?
La pena è congiunta e non alternativa. La sentenza chiarisce che si applica sia la sanzione pecuniaria dell’ammenda, in una misura compresa tra 2.257 e 9.032 euro, sia la sanzione detentiva dell’arresto fino a un anno.

È possibile contestare un fatto per la prima volta in Cassazione se non è stato fatto in Appello?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo alla prova della recidiva proprio perché la questione non era stata sollevata nell’atto di appello. Ciò conferma il principio secondo cui i motivi di impugnazione devono essere presentati gradualmente nei vari gradi di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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