Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26285 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26285 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avvocato AVV_NOTAIO del foro di PALERMO che ha illustrato i motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 8 novembre 2023 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata il 24 marzo 2022 dal Tribunale della stessa città con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, commesso il 30 maggio 2019, e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni dieci di arresto ed C 800,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Per mezzo del proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello articolando due motivi.
2.1. Col primo motivo la difesa lamenta carenza di motivazione con riferimento alla sussistenza della recidiva nel biennio, necessaria affinché sia integrata la fattispecie incriminatrice in parola. Osserva che la reiterazione dell’illecito è stata contestata con riferimento a un verbale del 10 luglio 2017, ma non si è verificato che quel verbale non fosse più suscettibile di annullamento.
2.2. Col secondo motivo, il difensore del ricorrente deduce violazione di legge per essere stata applicata la pena dell’arresto congiuntamente a quella dell’ammenda. Osserva che, per effetto del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, la fattispecie prevista dal comma 15 dell’art. 116 cod. strada, nell’ipotesi punita solo con la pena pecuniaria, è divenuta illecito amministrativo. Sostiene che, di conseguenza, la fattispecie incriminatrice tutt’ora prevista nel caso di recidiva nel biennio è punita solo con pena detentiva. In tesi difensiva, la previsione secondo la quale, «nell’ipotesi di recidiva nel biennio, si applica altresì la pena dell’arres fino ad un anno», dovrebbe essere letta con esclusione dell’avverbio «altresì» che non fa più riferimento a una pena pecuniaria, ma a una sanzione amministrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, il secondo infondato.
Il primo motivo, col quale si contesta la sussistenza della recidiva nel biennio, non è stato proposto con l’atto di gravame ed è pertanto inammissibile. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «non sono deducibili con il ricorso per Cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello» (fra le
tante: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 2, n. 46765 del 09/12/2021, COGNOME, Rv. 282322).
3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Per chiarezza espositiva è opportuno prendere le mosse dalla formulazione testuale dell’art. 116, comma 15, d.lgs. n. 285 del 1992 che così dispone: «Chiunque conduce veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente di guida è punito con l’ammenda da 2.257 euro a 9.032 euro; la stessa sanzione si applica ai conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici. Nell’ipotesi di recidiva nel biennio applica altresì la pena dell’arresto fino ad un anno. Per le violazioni di cui a presente comma è competente il tribunale in composizione monocratica».
Nell’ipotesi punita con la sola pena pecuniaria la contravvenzione è stata trasformata in illecito amministrativo dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8. Dall’aboliti° criminis è stata esclusa, invece, l’ipotesi punita anche con la pena detentiva. Il comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 8/2016, infatti – ferma l depenalizzazione dei reati che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria – dispone che, in tal caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato.
Per effetto di questo intervento normativo, la fattispecie costituente reato, già prevista dal comma 15 dell’art. 116 cod. strada, è divenuta illecito amministrativo nell’ipotesi punita solo con la pena pecuniaria, ma tale depenalizzazione non ha riguardato l’ipotesi aggravata, che è integrata in caso di recidiva nel biennio (Sez. 4, n. 48779 del 21/09/2016, S., Rv. 268247; Sez. 4, n. 42285 del 10/05/2017, Diop, Rv. 270883). Di conseguenza, non è mutata la pena prevista per questo reato, al quale – oltre alla pena pecuniaria dell’ammenda da C 2.257 a C 9.032 – «si applica altresì la pena dell’arresto fino ad un anno» (Sez. 4, n. 11824 del 29/02/2024, COGNOME, non massimata).
La lettera della legge è inequivoca in tal senso perché l’ipotesi aggravata è stata trasformata in fattispecie autonoma di reato proprio in ragione del trattamento sanzionatorio previsto e, pertanto, nel d.lgs. n. 8/2016 non si rinviene alcun indice di una volontà legislativa tesa a modificare questo trattamento sanzionatorio per sostituire alla pena congiunta, detentiva e pecuniaria, la sola pena detentiva. Il rinvio al trattamento sanzionatorio previsto per l’ipotesi depenalizzata, rappresentato dall’avverbio «altresì», deve essere inteso, dunque, come un rinvio materiale volto alla indicazione della cornice edittale al cui interno la pena pecuniaria dell’ammenda deve essere determinata. Ne consegue che, in caso di recidiva nel biennio, la guida senza patente è punita, oltre che con la pena
dell’ammenda da C 2.257 a C 9.032, «altresì» con la pena dell’arresto fino ad un anno.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4 giugno 2024