Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23870 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23870 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Palermo del 24/10/2022, rideterminato in mesi 2 di arresto la pena inflitta ad NOME COGNOME per il reato di c all’art. 73 d. Igs. 159 del 2011.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge in punto di configurabilità del ‘reato in contestazione, alla luce dei criteri di interpretazione de norma enucleati dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione.
Deduce il ricorrente che, con decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 8, è stato depenalizzato il fatto di chi si pone alla guida di un mezzo sprovvisto di patente di guida per il quale è necessario essere in possesso del titolo abilitativo. La stessa condotta di guida senza patente costituisce ancora illecito penale se commessa da soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale. La Corte Costituzionale, investita della relativa questione, ha ritenuto la perdurante legittimità costituzionale dell’art. 73 I.vo 159 del 2011, da collegarsi alla regola specifica sancita dall’art. 120 cod. strada Tale ultima norma è stato oggetto di intervento del Giudice delle Leggi che, con sentenza 99 del 2020, l’ha dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede”, anziché “può provvedere”, alla revoca della patente di guida nei soggetti sottoposti a misure di prevenzione, ritenendo irragionevole che ai medesimi dovesse ricollegarsi in via automatico la revoca della patente di guida. Con la successiva pronuncia n. 22 del 2022, la Corte Costituzionale ha ribadito il carattere non più automatico’ e vincolato della revoca della patente di guida in conseguenza dell’applicazione delle misure di prevenzione.
Sulla base dei criteri interpretativi enucleati dalla Corte Costituzionale, la Cassazione ha affermato il principio di diritto per cui «presupposto della fattispecie penale è l mancanza del titolo abilitativo alla guida, quale conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione personale» (sez. 1 n. 47713 del 27/10/2022, COGNOME, Rv. 283820-01).
Nel caso di specie, il COGNOME è stato sanzionato per essersi messo alla guida senza parente di guida perché mai conseguita, incorrendo nell’illecito amministrativo, dal momento che la mancanza del titolo abilitativo non era conseguenza della sottoposizione del COGNOME a misura di prevenzione personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
2. L’art. 73, d.lgs. n. 159 del 2011 punisce con la pena dell’arresto la guida di un autoveicolo senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, a condizione che il conducente sia stato sottoposto, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione personale. In mancanza di tale condizione, la medesima condotta è sanzionata dall’art. 116, comma 15, del Codice della Strada con una sanzione amministrativa (salvo il caso di recidiva nel biennio).
L’art. 73, d.lgs. n. 159 del 2011 è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Consulta; in particolare, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 221 del 2022, ha evidenziato che ciò che connota la condotta prevista da tale disposizione e che ha indotto il legislatore a qualificarla come reato, a differenza di quella prevista dall’art. 116 Cod strada, è appunto la circostanza che la condotta sia posta in essere da un soggetto sottoposto a misura di prevenzione in quanto attualmente ed effettivamente pericoloso per la sicurezza pubblica. La Corte costituzionale ha infatti affermato che la violazione della regola, posta dall’art. 120 Cod. strada, che vieta di guidare autoveicoli e motoveicoli senza patente al soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale, «è espressione di una valutazione discrezionale del legislatore, il quale ha ritenuto sussistere un quid pluris di pericolosità per il fatto che colui che sia sottoposto con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale possa circolare alla guida di un veicolo». L’art. 73, «nel prevedere un trattamento sanzionatorio più severo, rispetto a quello della disposizione di cui all’art. 116, comma 15, cod. strada, è finalizzata a tutelare l’ordine pubblico, potenzialmente posto in pericolo nelle ipotesi in cui sia violata la disposizione di cui all’art. 120 cod. strada, cui è ricollegata la necessi di porre limitazioni agli spostamenti, di impedire o ostacolare la perpetrazione di attività illecite e di rendere meno agevole il sottrarsi ai controlli dell’autorità nei confront soggetti pericolosi». Proprio la specifica pericolosità di chi è assoggettato a una misura di prevenzione personale, la cui verifica in concreto la stessa Corte ha valutato come indispensabile ai fini della revoca, ai sensi dell’art. 120 Cod. Strada, della patente di guida nei confronti del soggetto sottoposto a misura di prevenzione (Corte cost., sent. n. 99 del 2020), è stata ritenuta dal Giudice delle leggi l’elemento differenziale idoneo a giustificare la diversa disciplina sanzionatoria rispetto alla previsione di cui all’art. 1 comma 15, Cod. strada, ed altresì tale da ad assicurare l’offensività della fattispecie di reato in esame, escludendo la violazione dell’art. 25 Cost. (sent. n. 211 del 2022). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con ordinanza n. 214 del 2023, la RAGIONE_SOCIALE, nuovamente investita del tema, ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., dell’art 73 del d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 nella parte in cui prevede come reato, e non già come illecito amministrativo, la guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, commessa da persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale.
La Corte costituzionale, in continuità con la precedente decisione (sentenza n. 211 del 2022), ha ribadito che la fattispecie in questione si ricollega alla violazione di una regola specifica, qual è quella desumibile dall’art. 120 cod. strada, che stabilisce i requisiti per il rilascio ed il permanere del titolo abilitativo ed è necessitata dall’esigen di limitare gli spostamenti e porre un argine alla perpetrazione di attività illecite da part di “soggetti pericolosi”. Il divieto, sanzionato penalmente, di guidare autoveicoli o motoveicoli senza patente da parte di un soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale è espressione della valutazione discrezionale del legislatore che ha ravvisato nella guida senza patente da parte di tali soggetti un «quid pluris di pericolosità». E’ proprio tale pericolosità a non consentire di ritenere sovrapponibili la disposizione di cui all’art. 116, comma 15, c.d.s. e quella di cui all’art. 73 cod. antimafia e la scelt legislativa di sanzionare l’ipotesi meno grave sul piano amministrativo e di punire più severamente la medesima condotta quando questa sia posta in essere da un soggetto di cui sia stata accertata la pericolosità attuale ed effettiva è del tutto coerente in quant giustificata dalla sussistenza, nel secondo caso, di un elemento differenziale costituito, per l’ appunto, dalla condizione personale in cui si trova il soggetto agente. Non si configura, quindi, «una responsabilità penale d’autore», e la volontà legislativa di punire più severamente la medesima condotta a seconda che questa venga posta’ in essere o meno da un soggetto di accertata pericolosità sociale è calibrata al concreto e differente contenuto di offensività, per gli interessi protetti, delle due situazioni le quali presentan un diverso disvalore.
Quanto alla norma del codice della strada, con sentenza n. 99 del 2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui dispone che il Prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli I e 2 della legge 1 agosto 2010, n. 136)”.A tale conclusione la Corte Costituzionale è giunta evidenziando l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, cod. strada, che ricollega in via automatica a situazioni varie e di diversa gravità di ipotesi di pericolosità sociale l’identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest’ultim suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento, ne caso in cui l’utilizzo della patente sia funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai, sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011. I Giudici della Corte hanno evidenziato come il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un riesame della
pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.
Se l’intervento del Giudice delle Leggi ha riguardato il secondo comma dell’art. 120 cod. strada, costituzionalmente legittimo è stato invece ritenuto il primo comma.
La sentenza n. 152 del 2021 della Corte cost. ha infatti dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, co. strada affermando che “… questa Corte ha già escluso che le ragioni che hanno comportato il superamento dell’automatismo della revoca prefettizia ad opera delle richiamate sentenze siano analogamente riferibili al diniego del titolo abilitativo di cui al comma 1 dell’art. 120 cod strada.
Questa conclusione si fonda sul rilievo che «tale diniego riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata dell’interessato. Inoltre non ricorre, in questo caso, la contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo in tema di revoca della patente, tra obbligatorietà del provvedimento amministrativo e facoltatività della parallela misura adottabile dal giudice penale in relazione alla medesima fattispecie di reato. Infine, diversamente da quanto presupposto dal giudice a quo, l’effetto ostativo al conseguimento della patente, previsto dalla disposizione censurata, non incide in modo “indifferenziato” sulla posizione dei soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti. La diversa gravità del reato commesso, unitamente alla condotta del reo successiva alla condanna, assume, infatti, determinante rilievo ai fini del possibile conseguimento (anche dopo un solo anno nel caso di condanna con pena sospesa) di un provvedimento riabilitativo (ex artt. 178 e 179 del codice penale), che restituisce al condannato il diritto a richiedere la patente di guida» (sentenza n. 80 del 2019 e ordinanza n. 81 del 2020)”.
Ebbene, così inquadrate le coordinate normative ed ermeneutiche entro le quali si pone la questione sottoposta alla valutazione di questo Collegio, non può che prendersi atto che, come chiaramente desumibile dall’analisi della norma incriminatrice di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011, non incisa da alcun profilo di incostituzionali commette il suddetto reato il soggetto che, essendo sottoposto a misura di prevenzione personale, si pone alla guida di un autoveicolo senza patente di guida per non averla mai conseguita.
L’analisi letterale della norma incriminatrice non lascia adito a dubbi sulla configurazione del reato nei confronti di chi guidi senza patente senza averla mai conseguita; né sovviene in senso contrario, come opinato dalla Difesa ricorrente, la circostanza che il Giudice delle Leggi abbia ritenuto sussistente un profilo di incostituzionalità nell’art. 120 comma 2 cod. strada, nel senso sopra specificato, dal momento che tale norma attiene alla diversa ipotesi di revoca della patente di guida allorquando le condizioni soggettive di cui al comma 1 dell’art. 120 cod. strada intervengono in data successiva al suo rilascio.
Neppure, nel senso prospettato dalla Difesa, può essere richiamata la sentenza di questa Corte, sez. 1 n. 47713 del 27/10/2022, Tatàngelo, Rv. 283820-01, che, nel ripercorrere, analizzandole, le varie pronunce della Consulta sul tema, si è limitata ad affermare, in motivazione, che una lettura costituzionalmente orientata della norma incriminatrice di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011 impone di ritenere che “il rea oggetto dell’odierna contestazione sussiste esclusivamente se la revoca della patente di guida o il rigetto della richiesta di rilascio della stessa costituiscano una diret conseguenza della misura di prevenzione applicata”.
Ebbene, diverso è il caso oggi in esame, in cui l’imputato non si è visto revocare la patente (o denegare il rilascio della stessa), ma si trova nella condizione soggettiva, espressamente prevista dalla norma incriminatrice, dell’essere “senza patente” per non averla mai conseguita.
Non vi è quindi dubbio che la condotta di COGNOME, sottoposto a misura di prevenzione personale, privo della patente di guida per non averla mai conseguita (e quindi “senza patente”) è stato colto alla guida di un veicolo, integri il contestato reato.
5. Deve infine osservarsi come il contestato reato non sia prescritto.
Il reato contestato è stato commesso il 30/06/2018, e quindi al termine massimo di cinque anni, previsto per i reati contravvenzionali, vanno aggiunti i periodi di sospensione, nella misura massima di un anno e sei mesi ciascuno, a decorrere dalla sentenza di primo grado e da quella di appello, contemplati dall’art. 159 cod. pen. nella formulazione vigente all’epoca dei fatti (c.d. riforma Orlando, entrata in vigore il 3 agosto 2017), norma da intendersi come più favorevole rispetto a quella, introdotta con la L. n. 3/2019 (c.d. riforma Bonafede), che aveva sancito la sospensione della prescrizione sine die dopo la pronuncia di primo grado (cfr. sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 – 01).
Dunque, dalla sentenza di condanna di primo grado, emessa il 24/10/2022, si è avuta la sospensione del termine di prescrizione nei limiti di un anno e sei mesi; ed un’ulteriore sospensione sino ad un massimo di un anno e sei mesi ha cominciato a decorrere dopo l’emissione della sentenza d’appello, del 19/06/2023, con la conseguenza che ad oggi il termine massimo prescrizionale non risulta ancora maturato.
6 GLYPH
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5 marzo 2024