Guida senza Patente: da Sanzione Amministrativa a Reato Penale
La guida senza patente è una violazione che può avere conseguenze molto diverse a seconda delle circostanze. Se la prima volta si risolve con una sanzione amministrativa, la seconda infrazione commessa entro due anni trasforma l’illecito in un vero e proprio reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: continuare a guidare senza aver mai smesso non costituisce un’unica violazione, ma configura la recidiva che fa scattare la sanzione penale. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un automobilista veniva condannato dalla Corte d’Appello di Palermo per il reato previsto dall’articolo 116, comma 15, del Codice della Strada. Il motivo? Era stato sorpreso a guidare un veicolo senza aver mai conseguito la patente di guida nell’aprile del 2020. Questo fatto assumeva rilevanza penale perché lo stesso soggetto era già stato sanzionato in via amministrativa per la medesima violazione nell’aprile del 2019. Si era quindi verificata la cosiddetta “recidiva nel biennio”, che comporta la trasformazione dell’illecito da amministrativo a penale.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:
1. Unicità della condotta: Secondo la difesa, non si sarebbe dovuto configurare il reato perché l’imputato, non avendo mai conseguito la patente, non aveva mai smesso di guidare. La sua condotta, pertanto, sarebbe stata un’unica, ininterrotta violazione, parte di un medesimo “disegno criminoso”, e non due distinti episodi. Di conseguenza, mancherebbe l’elemento costitutivo della recidiva nel biennio.
2. Trattamento sanzionatorio: In subordine, l’imputato chiedeva una riduzione della pena, sostenendo che il giudice d’appello avrebbe dovuto concedere le attenuanti generiche e sostituire la pena detentiva con i lavori di pubblica utilità, data la natura non grave dei suoi precedenti penali.
La Decisione della Corte sulla guida senza patente
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente le argomentazioni difensive. Vediamo nel dettaglio perché.
La Pervicacia non Esclude il Reato
Il punto centrale della decisione riguarda la tesi dell’unica violazione. La Corte ha definito questa censura “manifestamente infondata”. I giudici hanno chiarito che la persistenza nella condotta illecita, ovvero il fatto che l’imputato abbia continuato a guidare senza patente tra il primo e il secondo accertamento, non solo non esclude il reato, ma ne rafforza la sussistenza. L’elemento costitutivo del reato è proprio la “recidiva nel biennio”, ovvero l’essere colti una seconda volta a commettere lo stesso illecito entro due anni. La pervicacia nel violare la legge, secondo la Corte, non può essere usata come scusante.
I Limiti del Giudizio di Legittimità
Per quanto riguarda le richieste sulla riduzione della pena, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le valutazioni di fatto compiute dai giudici dei gradi precedenti, come la concessione delle attenuanti generiche o la valutazione sulla possibilità di applicare pene alternative.
I giudici di merito avevano negato tali benefici sulla base dei “plurimi precedenti penali” dell’imputato e di una prognosi negativa sulla sua futura osservanza delle prescrizioni. Questa valutazione, essendo basata sui fatti e adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di Cassazione.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione netta tra illecito amministrativo e reato nel contesto della guida senza patente. La legge configura una progressione sanzionatoria: la prima violazione è punita con una multa, ma la seconda nel biennio è considerata un reato per la maggiore pericolosità sociale dimostrata dal trasgressore. Sostenere che una condotta ininterrotta escluda la recidiva è un controsenso logico e giuridico. Ogni volta che il soggetto si mette alla guida senza patente commette un illecito, e il secondo accertamento formale entro due anni fa scattare la soglia penale.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che le censure relative alla pena erano di puro fatto e miravano a sostituire la valutazione del giudice di merito con quella, più favorevole, del ricorrente, un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione offre due importanti insegnamenti. Primo, la recidiva nel biennio per la guida senza patente è un meccanismo oggettivo: il secondo accertamento entro due anni è sufficiente a trasformare l’illecito in reato, e la continuità della condotta illegale non funge da scusante. Secondo, il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge e non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito.
Quando la guida senza patente diventa un reato penale?
La guida senza patente si trasforma da illecito amministrativo a reato quando il soggetto, già sanzionato per questa violazione, la commette nuovamente entro un periodo di due anni (cosiddetta “recidiva nel biennio”).
Continuare a guidare senza patente dopo una prima multa è considerata un’unica violazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la persistenza nella condotta illecita non configura un’unica violazione. Il reato si consuma con il secondo accertamento formale della guida senza patente entro i due anni, indipendentemente dal fatto che il soggetto non abbia mai smesso di guidare.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di ridurre la pena o concedere attenuanti?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare le valutazioni di fatto, come la concessione di attenuanti o la scelta della pena, che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la loro motivazione non sia manifestamente illogica o viziata da errori di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35537 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35537 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/03/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285 (cod. strada), in forza dell’accertata c.d. «recidiva nel biennio». È stato in particolare accertato che l’imputato, già definitivamente sanzionato in via amministrativa per aver guidato un veicolo senza aver conseguito la corrispondente patente di guida il 12 aprile 2019, è stato colto nuovamente alla guida di un veicolo senza aver conseguito la relativa patente il primo aprile 2020.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato sulle censure di seguito enunciate nei limiti necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). In tesi difensiva avrebbero errato i giudici di merito nel ritenere sussistente il contestato reato in quanto il prevenuto, dopo la sanzione amministrativa per guida senza patente, non avrebbe mai smesso di guidare senza patente (perché mai conseguita) in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, «privo di dolosa consapevolezza», fino all’accertamento eseguito a distanza di quasi un anno. Ne conseguirebbe l’unicità della violazione e la conseguente insussistenza della fattispecie contravvenzionale in oggetto, necessitante della recidiva nel biennio. Quanto al trattamento sanzionatorio, in tesi difensiva il giudice d’appello avrebbe dovuto ridurre la pena, ritenendo sussistenti le circostanze attenuanti generiche, e poi sostituirla con i lavori di pubblica utilità, essendo il prevenuto gravato da condanne temporalmente datate e per reati non gravi commessi nel recente pas sato, con ebnseguente prognosi favorevole circa l’osservanza delle relative prescrizioni.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Manifestamente infondata è la censura che si appunta sull’accertata responsabilità, anche al netto della sua specificità laddove deducente un difetto di consapevolezza in capo al prevenuto. La doglianza, per come articolata, si fonda difatti proprio sull’avvenuta consumazione del reato contestato, del quale è elemento costitutivo la c.d. «recidiva nel biennio», a nulla valendo in senso contrario, rispetto all’accertata commissione della contravvenzione, la particolare pervicacia del prevenuto nel porsi contro il codice della strada per aver egli guidato senza patente non solo in occasione dei due accertamenti ma anche durante tutto il periodo tra essi intercorrente (come evidenziato dalla stessa difesa).
3.2. Le restanti doglianze sono inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducenti censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità perché in fatto. Esse sono difatti volte a sostituire a quelle del giudicante le valutazioni del ricorrente circa la sussistenza delle attenuanti generiche, invece escluse in considerazione anche della condotta di vita anteatta di soggetto con plurimi precedenti penali, e in ordine alla prognosi negativa dell’osservanza delle prescrizioni di cui alla pena sostitutiva. Trattasi di giudizio prognostico fondato anche sulla consumazione di reati dopo plurime concessioni del beneficio della sospensione condizionale della pena e dopo l’intervenuta conversione di una pena pecuniaria per insolvibilità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedanb ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragion dell’evidenziata causa d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 30 ttembre 2025 soti , COGNOME Il Con , zio -re COGNOME t
Il Presidente