Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21519 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21519 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 giugno 2023 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia del Tribunale di Pescara del 20 settembre 2022 con cui COGNOME NOME, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 3.000,00 di ammenda, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere condotto un’autovettura privo della patente di guida, in quanto mai conseguita, con recidiva nel biennio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, eccependo quattro motivi di censura, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo ha dedotto violazione di legge per errata qualificazione del fatto, assumendo che la fattispecie ascrittagli non potrebbe assumere alcun rilievo penale, considerato che, pur essendovi stata la contestazione nei suoi confronti – nel biennio antecedente al fatto per cui si procede – di altri illec amministrativi per guida senza patente, tali ultimi, comunque, non sarebbero stati accertati in via definitiva da parte della competente autorità amministrativa, come invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per l’integrazione del contestato reato. Avrebbe, in particolare, errato la Corte di merito nel ritenere provata la suddetta definitività dell’accertamento dal solo fatto che il COGNOME non avesse proposto alcun ricorso avverso i verbali di contestazione delle violazioni commesse.
Con la seconda doglianza il ricorrente ha eccepito carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche, assumendo che, pur a fronte della ricorrenza delle condizioni necessarie per il relativo riconoscimento, la Corte territoriale avrebbe omesso di rappresentare le ragioni del disposto provvedimento di rigetto.
Con la terza censura è stata richiesta la declaratoria di nullità delle sentenze di primo e secondo grado, per essere stata pronunciata sentenza di condanna nei suoi confronti con riguardo ad un capo d’imputazione difforme da quello presente nel decreto penale da lui originariamente opposto, sia per ciò che riguarda l’indicazione della relativa data di integrazione (9 gennaio 2020, invece che 21 gennaio 2021) che per ciò che attiene alla specifica determinazione del fatto reato (per avere guidato senza patente una Wolkswagen Golf, invece che una Lancia Y).
Con l’ultimo motivo il COGNOME ha lamentato carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena e alla omessa concessione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
Avrebbe, in particolare, errato la Corte di appello nell’escludere il riconoscimento di tale ultimo beneficio sulla scorta della sola genericità della richiesta formulata, atteso che, comunque, nel caso di specie ricorrerebbero gli obiettivi presupposti per l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 131-bis co pen.
A dire del ricorrente, infine, i giudici di merito avrebbero anche omesso ogni motivazione in ordine ai criteri osservati nella determinazione della pena concretamente applicatagli.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore ha depositato successiva memoria di replica, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla questione relativa alla richiesta applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., per l’effetto dovendo essere disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente all’indicato aspetto, con pronuncia del rigetto nel resto.
In primo luogo manifestamente fondato è il motivo introduttivo, considerato che il reato di guida senza patente, nell’ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è stato depenalizzato dall’art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 e si configura come fattispecie autonoma di reato di cui la recidiva integra un elemento costitutivo (cfr. Sez. 4 n. 42285 del 10/05/2017, Diop, Rv. 27088201).
L’art. 5 del d.lgs. n. 8 del 2016 ha espressamente disposto, infatti, con riguardo – tra l’altro – alla contravvenzione di guida senza patente prevista dall’art. 116, comma 15, cod. strada, che per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato. Tale norma è stata interpretata nel senso che, per i fatti commessi dopo la sua entrata in vigore, la recidiva è integrata tanto dal precedente giudiziario specifico quanto da una precedente violazione amministrativa, purché definitivamente accertata (cfr., in questi termini: Sez. 4,
n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405-01; Sez. 4, n. 6163 del 24/10/2017, dep. 2018, Okere, Rv. 272209-01; Sez. 4, n. 48779 del 21/09/2016, S., Rv. 268247-01).
Il “nuovo” reato di guida senza patente contempla, pertanto, una nozione di recidiva che attribuisce rilevanza anche agli episodi di guida senza patente non più aventi rilievo penale, a patto che i medesimi siano stati accertati in via definitiva dall’autorità amministrativa, essendo evidente che fino a quando la violazione amministrativa possa essere suscettibile di annullamento di essa non si possa tenere conto ai fini della configurazione del reato.
Orbene, nel caso di specie i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione degli indicati principi, avendo esplicato come, alla stregua di quanto evidenziato dalla Prefettura di Pescara, il COGNOME fosse stato autore di diverse violazioni delle norme degli artt. 15 e 17 cod. strada nel biennio antecedente al fatto oggetto del presente giudizio. Queste ultime, poi, sono risultate definitivamente accertate, essendo stato espressamente chiarito dalla Prefettura di Pescara come «avverso i suddetti verbali non risultano pervenuti ricorsi a questo Ufficio».
Del tutto priva di pregio è, poi, la censura con cui il COGNOME ha lamentato la mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche, ritenendosi adeguata e logica la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto l’insussistenza di elementi idonei a consentirne il relativo riconoscimento.
La Corte di merito, in particolare, ha ritenuto di escludere la concessione di tale beneficio in ragione della proclività dell’imputato alla commissione di reati della stessa indole, palesando un atteggiamento di totale noncuranza nei confronti del precetto penale.
Trattasi di argomentazione che ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, senza palesare vizi logici e ponendosi in coerenza con le emergenze processuali acquisite, con motivazione, pertanto, non sindacabile in questa sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
D’altro canto – in particolare dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. disposta dal d.l. 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla I. 24 luglio 2008, n. 125 – è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dare conto, come avvenuto nella situazione in esame, di avere valutato e applicato i criteri ex art. 133 cod. pen. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al
giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di tale adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da imporre un obbligo per il giudice, ove ritenga di escluderla, di doverne giustificare, sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (così, tra le tante, Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381-01). In altri termini, l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, COGNOME ed altro, Rv. 245241-01).
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto per la prima volta proposto in questa sede di legittimità. A prescindere, infatti, da ogni valutazione in merito alla fondatezza della dedotta doglianza, deve trovare applicazione, in termini troncanti, il principio, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
Manifestamente infondato è, poi, il motivo con cui il ricorrente ha lamentato carenza motivazionale in ordine ai criteri osservati nella determinazione della pena applicatagli, trattandosi di doglianza generica e aspecifica, che non si confronta con la motivazione resa nel provvedimento impugnato che, sia pur succintamente, ha evidenziato le ragioni per cui la pena applicata si conforma ai parametri indicati dall’art. 133 cod. pen.
D’altro canto, in tema di determinazione della pena, ove venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non
necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (c tra le altre, Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949-01).
5.1. Invece da accogliersi è l’ultima censura dedotta, in ordine lamentata erroneità della motivazione con cui la Corte territoriale ha decis non accogliere la richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prev dall’art. 131-bis cod. pen., stante la ricorrenza dei presupposti necessari sua eventuale applicazione.
Dalla lettura del casellario giudiziale, infatti, risulta che il COGNOME è da un solo precedente penale, il che non può rappresentare un elemento d ostacolo al riconoscimento dell’invocato beneficio.
Le Sezioni Unite hanno da tempo stabilito che, ai fini del presuppost ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivament al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello pres esame (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591-01). Anche le Sezioni semplici hanno, poi, ribadito che, in tema di non punibilità per partic tenuità del fatto . , il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abb commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabi da parte del giudice procedente (così, in particolare, Sez. 6, n. 655 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347-01).
Ne consegue, pertanto, la necessità di una rivalutazione del suddet aspetto, da effettuarsi, alla stregua dei principi indicati, dal competente di merito in sede di rinvio.
In conclusione, deve essere disposto l’annullamento della sentenz impugnata limitatamente alla questione relativa alla richiesta applicazi dell’art. 131-bis cod. pen., rinviando sul punto alla Corte di appello di Pe nel resto dovendo essere pronunciato il rigetto del ricorso.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità e art. 131-bis cod. pen. e rinvia per il giudizio alla Corte d’appello di Pe Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024