Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4157 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4157 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TEANO il 16/04/1993
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME del foro di Caserta, che ha chiesto l’accoglimento dl ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 aprile 2024, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui il 12 maggio 2022 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di guida senza patente, condannandolo alla pena di mesi 1 di arresto ed C 2.300,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il giorno 31 gennaio 2020, NOME COGNOME si poneva alla guida di un’autovettura modello Mini One in Teano (CE), senza aver conseguito la patente.
L’imputato aveva commesso analoga violazione il 27 dicembre 2018, come dimostrato dalla testimonianza dell’ispettore COGNOME e dalla documentazione acquisita.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo il ricorrente deduce violazione della legge processuale, poiché la Corte territoriale confermava la decisione appellata senza prendere in alcuna considerazione l’eccezione – formulata con le proprie conclusioni – relativa al tardivo invio della requisitoria della parte pubblica.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in quanto condannato per un comportamento occasionale, e senza alcuna prova della recidiva nel biennio, poiché della precedente contestazione non era venuto a conoscenza.
Dal comportamento processuale, dalla condotta collaborativa e dall’analisi delle ragioni della condotta i giudici di merito avrebbero dovuto trarre elementi per mitigare la risposta sanzionatorio e per riconoscere la particolare tenuità del fatto.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora la comunicazione delle conclusioni del Procuratore generale venga comunque eseguita prima della scadenza del termine assegnato alla difesa per la presentazione delle proprie conclusioni, l’intempestività della comunicazione non integra di per sé una violazione del diritto di difesa, e non determina dunque alcuna nullità, spettando alla parte l’onere di specificare il concreto pregiudizio derivatone alle ragioni della difesa (Sez. 4, n. 31141 del 23/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 49964 del 14/11/2023, Corridore, Rv. 285645-01; Sez. 4, n. 31521 del 01/06/2023, Maiorino, non mass.; Sez. 2, n. 33455 del 20/4/2023, COGNOME, Rv. 285186-01; Sez. 5, n. 37259 del 16/6/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 28225 del 1/06/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 11562 del 22/02/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 40562 del 05/10/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 34914 del 07/09/2021, COGNOME, Rv. 281941).
E’ necessario specificare, quindi, il concreto pregiudizio derivatone alle ragioni della difesa, come – a titolo esemplificativo – la necessità di approfondimenti per la laboriosità delle imputazioni o per la complessità delle tesi avversarie; ancora, la tardività del deposito potrà rilevare ove risulti che le conclusioni non siano consistite in una generica richiesta di conferma della sentenza impugnata, bensì abbiano assunto un contenuto ulteriore e tale da condizionare l’esito del giudizio di appello.
Il ricorrente non può quindi limitarsi a lamentare un generico pregiudizio, derivante dal tardivo deposito delle conclusioni del Procuratore generale, dovendo in ogni caso dedursi la sussistenza di un’effettiva incidenza di tali conclusioni rispetto all’esito del giudizio. In difetto di una specifica attitudine delle conclusioni (nella specie non argomentate e consistenti nella richiesta di confermare la decisione appellata) a confrontarsi con i motivi d’appello, il sia pur tardivo deposito delle richieste della parte pubblica non determini alcuna lesione del diritto di difesa e, conseguentemente, viene meno la configurabilità stessa dell’invocata nullità di ordine generale (in questi termini, Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664 – 01).
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
I riferimenti contenuti ai motivi a delinquere (p. 2 ricorso) appaiono del tutto generici, oltre che irrilevanti al fine di ritenere o meno consumato il reato, e dunque di ritenere integrata la violazione di legge confusamente indicata in ricorso.
Del tutto generico, inoltre, il riferimento, contenuto in ricorso, ai limiti cognitivi che avrebbero indotto in errore il COGNOME; neppure è dato comprendere su quale elemento sia in ipotesi caduta la falsa rappresentazione, posto che
l’unica indicazione contenuta in ricorso riguarda l’esistenza di un guasto al ciclomotore e la conseguente decisione di porsi alla guida dell’autovettura.
Quanto alla recidiva nel biennio, risulta correttamente contestata nella imputazione, quale elemento costitutivo del reato.
Né, diversamente da quanto afferma il ricorrente, è necessario riportare nella imputazione “data e prova del definitivo accertamento” (p. 2).
Il Collegio intende inoltre ribadire il consolidato orientamento secondo il quale nel reato di cui all’art. 116, comma 15, cod. strada, la recidiva è integrata tanto dal precedente giudiziario specifico, quanto da una precedente violazione amministrativa, purché definitivamente accertata (Sez. 4, n. 26795 del 30/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405 – 01; Sez. 4, n. 48779 del 21/09/2016, S., Rv. 268247-01).
Nella specie, il ricorrente si è limitato ad affermare di non essere venuto a conoscenza della pregressa contestazione: nel far ciò, quindi, ha semplicemente riproposto la doglianza già motivatamente disattesa dalla Corte territoriale, che ha desunto tanto la definitività dell’accertamento, quanto la consapevolezza del ricorrente, dall’esito della prova orale e dalla documentazione prodotta, tra cui il verbale di contestazione (p. 3 sentenza).
Anche con riguardo alla particolare tenuità del fatto, il ricorrente non si confronta con la specifica motivazione offerta dai giudici di merito (p. 3 sentenza ricorsa).
Ma, ancor più a monte, non si confronta con l’orientamento di questa Corte secondo il quale la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non è applicabile alla contravvenzione di guida senza patente, difettando in essa il prescritto requisito della non abitualità del comportamento, posto che la condotta assume rilevanza penale, ai sensi dell’art. 116, comma 15, cod. strada, nel solo caso di recidiva nel biennio (Sez. 4, n. 566 del 13/12/2024, dep. 2025, Gerace; Sez. 4, n. 28657 del 05/07/2024, Goleanu, Rv. 286812 01).
Sussiste invero incompatibilità ontologica fra la fattispecie in esame e la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.; quest’ultima, infatti, non può trovare applicazione quando il reato ha ad oggetto, già nella sua struttura, la reiterazione della condotta (in tal senso, Sez. 4, n. 17841 del 12/03/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 48515 del 05/10/2023, COGNOME, non mass.).
Sicché, a prescindere dal percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale (che fa leva su indicatori di gravità del fatto), la decisione deve comunque ritenersi, per le ragioni appena indicate, conforme al dettato normativo.
Infine, anche il motivo sul trattamento sanzionatorio è inammissibile.
Il motivo, con il quale il ricorrente lamenta anche la violazione dell’art. 133 cod. pen. (invocando genericamente l’attenuazione della pena inflitta: p. 3), non è consentito in sede di legittimità, in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; conf., Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142 – 01).
D’altra parte, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Ciò posto il Collegio, nel ribadire il principio di diritto secondo cui l’obbligo di una motivazione rafforzata in tema di trattamento sanzionatorio sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01), osserva come i giudici di merito hanno ritenuto l’insussistenza di elementi valutabili al fine di mitigare una pena già prossima al minimo edittale, così confrontandosi espressamente con le argomentazioni del COGNOME (p. 3 sentenza appello), ritenendole, con motivazione esente da vizi, non idonee a rivedere il trattamento sanzionatorio.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2024
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