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Guida senza patente: la recidiva e le conseguenze

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un conducente condannato per guida senza patente con recidiva nel biennio. La sentenza conferma che la recidiva, provata da una precedente condanna definitiva, costituisce un’autonoma fattispecie di reato e osta sia al riconoscimento della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sia alla concessione delle attenuanti generiche, a causa della dimostrata abitualità della condotta illecita.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida senza patente: la Cassazione chiarisce la recidiva

La guida senza patente può avere conseguenze ben più gravi di una semplice multa, specialmente in caso di recidiva. Con la sentenza n. 26795 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali riguardo alla configurazione del reato, all’applicazione di sconti di pena e alla valutazione della condotta dell’imputato. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Corte.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida di un ciclomotore senza la patente necessaria, con l’aggravante della recidiva nel biennio. La Corte d’Appello de L’Aquila confermava la pena di due mesi di arresto e 2000 euro di ammenda. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali:

1. Mancata prova della recidiva: La difesa sosteneva che non fosse stata accertata la definitività delle precedenti condanne.
2. Mancato riconoscimento della “particolare tenuità del fatto”: Si lamentava il mancato proscioglimento per la minima offensività della condotta, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si contestava la motivazione della Corte d’Appello, che non avrebbe tenuto conto del percorso terapeutico intrapreso dall’imputato.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

Le motivazioni della Cassazione sulla guida senza patente

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, confermando la solidità della decisione d’appello.

La prova della recidiva

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha chiarito che il reato di guida senza patente, quando commesso con recidiva nel biennio, è una fattispecie di reato autonoma e non è stata oggetto di depenalizzazione. La Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione su un precedente decreto penale di condanna per un reato analogo, divenuto irrevocabile nel dicembre 2020. Tale precedente, risultante dal casellario giudiziale, era sufficiente a integrare la recidiva. Le contestazioni del ricorrente sulla non definitività di tale condanna sono state ritenute generiche e non documentate, quindi inefficaci.

L’impossibilità di applicare la “particolare tenuità del fatto”

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che il riconoscimento della particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e spetta all’imputato fornire elementi specifici a supporto della richiesta. In questo caso, la richiesta era generica. Ma, soprattutto, la Cassazione ha sottolineato come i plurimi precedenti penali specifici a carico dell’imputato dimostrassero un “comportamento abituale”, che è una causa ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La giurisprudenza è chiara: si ha comportamento abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti della stessa indole. I precedenti risultanti dal casellario rendevano la condotta non occasionale, escludendo così ogni possibilità di proscioglimento per tenuità.

Il diniego delle attenuanti generiche

Infine, la Corte ha confermato la correttezza del diniego delle attenuanti generiche. La concessione di tali attenuanti è un potere discrezionale del giudice di merito, il quale deve motivare la sua decisione. In questo caso, la presenza di numerosi precedenti penali è stata ritenuta un elemento ostativo preponderante, sufficiente a giustificare il rigetto della richiesta. La Corte ha specificato che il fatto che l’imputato fosse stato ammesso a un percorso di affidamento in prova terapeutico non era sufficiente a scalfire la valutazione complessivamente negativa della sua personalità, data la gravità e la ripetitività delle condotte passate.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce con forza alcuni principi cardine in materia di guida senza patente. In primo luogo, la recidiva nel biennio non è una mera aggravante, ma trasforma l’illecito in un’autonoma fattispecie di reato, per la quale è sufficiente la prova di una precedente condanna definitiva per lo stesso illecito. In secondo luogo, la presenza di precedenti specifici, dimostrando l’abitualità della condotta, preclude l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Infine, la concessione delle attenuanti generiche rimane una valutazione discrezionale del giudice, che può legittimamente negarle di fronte a un quadro di pericolosità sociale e a una spiccata tendenza a delinquere, anche a fronte di successivi percorsi di recupero.

Quando la guida senza patente diventa un reato autonomo e non un semplice illecito?
La guida senza patente si configura come un reato autonomo quando viene commessa con recidiva nel biennio, ovvero quando il soggetto è già stato condannato con provvedimento definitivo per lo stesso illecito nei due anni precedenti. In assenza di recidiva, la condotta costituisce un illecito amministrativo.

Perché la recidiva impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
La recidiva, specialmente se basata su plurimi precedenti specifici, dimostra un “comportamento abituale” da parte del reo. L’articolo 131-bis del codice penale esclude esplicitamente la sua applicazione nei casi di comportamento abituale, poiché la condotta non può più essere considerata occasionale e di minima offensività.

L’ammissione a un percorso di recupero può garantire le attenuanti generiche?
No, non automaticamente. La concessione delle attenuanti generiche è una valutazione discrezionale del giudice. Come chiarito dalla sentenza, anche se l’ammissione a un percorso terapeutico è un elemento positivo, il giudice può legittimamente negare le attenuanti se ritiene preponderanti gli elementi negativi, come i numerosi precedenti penali a carico dell’imputato, che indicano una personalità incline a commettere reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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