LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Guida senza patente: la prova della recidiva biennale

La Cassazione chiarisce la prova per il reato di guida senza patente in caso di recidiva biennale. L’inammissibilità del ricorso si fonda sul principio che basta un minimo di prova della precedente violazione, unito alla mancata contestazione da parte dell’imputato, per configurare il reato. La Corte conferma la condanna a due mesi di arresto e 2.300 euro di ammenda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida senza Patente: Quando Diventa Reato? La Cassazione sulla Prova della Recidiva

La guida senza patente è una violazione che può avere conseguenze molto diverse a seconda delle circostanze. A seguito della depenalizzazione, la prima infrazione è considerata un illecito amministrativo. Tuttavia, se la stessa violazione viene commessa una seconda volta nell’arco di due anni (la cosiddetta “recidiva nel biennio”), la condotta assume rilevanza penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: come si prova la definitività della prima violazione per poter configurare il reato? Analizziamo la decisione per capire i principi affermati dai giudici.

Il Caso in Esame: Dalla Multa alla Condanna Penale

Un automobilista veniva fermato alla guida di un’autovettura nell’ottobre 2020 senza aver mai conseguito la patente. Il problema sorgeva dal fatto che lo stesso soggetto era già stato sanzionato per la medesima infrazione nel giugno 2019. Di conseguenza, veniva avviato un procedimento penale per il reato di guida senza patente aggravato dalla recidiva nel biennio, come previsto dall’art. 116 del Codice della Strada.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello confermavano la responsabilità penale dell’imputato, condannandolo a due mesi di arresto e 2.300 euro di ammenda. La difesa, tuttavia, non si arrendeva e proponeva ricorso in Cassazione.

La Questione della Prova della Recidiva e la Tesi Difensiva

Il punto centrale del ricorso verteva su un cavillo procedurale di fondamentale importanza: la prova della recidiva. Secondo il difensore, l’accusa non aveva adeguatamente dimostrato che il primo verbale di contestazione del 2019 fosse diventato definitivo. La definitività di un verbale si ha quando non è più impugnabile (perché sono decorsi i termini per il ricorso) o quando l’eventuale ricorso è stato respinto.

La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente invertito l’onere probatorio, pretendendo che fosse l’imputato a dimostrare di aver fatto ricorso contro la prima multa, mentre sarebbe compito dell’accusa provare, senza ombra di dubbio, che tale multa era ormai definitiva e non più contestabile. Senza questa prova, secondo la tesi difensiva, mancherebbe un elemento costitutivo del reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente la tesi difensiva e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai prevalente. I giudici supremi hanno chiarito che, per dimostrare la recidiva nel biennio nella guida senza patente, non è necessaria una prova documentale formale della definitività dell’accertamento precedente.

È sufficiente, invece, un “minimo di prova” fornito dall’accusa. Questo può consistere:

* Nell’allegazione del primo verbale di contestazione.
* Nella testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria che ha effettuato il primo accertamento.
* Nella dimostrazione dell’invio per l’iscrizione a ruolo della sanzione non pagata.

Una volta che l’accusa ha fornito questi elementi, la palla passa all’imputato. Spetta a lui, a quel punto, fornire elementi contrari per dimostrare che la prima sanzione non era affatto definitiva. Ad esempio, avrebbe dovuto produrre una copia del ricorso presentato o di una richiesta di oblazione. In assenza di qualsiasi allegazione contraria da parte dell’interessato, la prova fornita dall’accusa è considerata sufficiente per ritenere accertata la definitività della violazione pregressa e, di conseguenza, per configurare il reato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione offre un importante chiarimento pratico: chi viene sanzionato per guida senza patente una prima volta non può semplicemente ignorare il verbale sperando che, in caso di una seconda violazione, l’accusa non riesca a provare la recidiva. Il principio del “minimo di prova” semplifica notevolmente il compito della pubblica accusa. Per gli automobilisti, il messaggio è chiaro: la seconda infrazione nel biennio porta quasi certamente a un processo penale, con conseguenze ben più gravi di una sanzione amministrativa. È fondamentale, quindi, non sottovalutare la prima contestazione e, se si ritiene di averne diritto, utilizzare gli strumenti di impugnazione previsti dalla legge nei tempi corretti.

Per configurare il reato di guida senza patente per la seconda volta in due anni, l’accusa deve produrre un certificato che attesti la definitività della prima multa?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessario un documento formale. È sufficiente un “minimo di prova”, come il verbale della prima contestazione, unito alla mancata allegazione di prove contrarie (come un ricorso) da parte dell’imputato.

Su chi ricade l’onere di provare che la prima violazione non è definitiva?
Sebbene l’onere della prova della definitività spetti formalmente all’accusa, la Corte stabilisce che una volta forniti elementi probatori di base, spetta all’imputato dimostrare di aver contestato la prima sanzione. In assenza di tale prova contraria, la prima violazione si presume definitiva.

Cosa succede se si viene condannati per guida senza patente con recidiva nel biennio?
La condotta non è più un semplice illecito amministrativo ma un reato. Nel caso di specie, la condanna è stata di due mesi di arresto e 2.300 euro di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali e un’ulteriore somma per l’inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati