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Guida senza patente con sorveglianza speciale: ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per guida senza patente con sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che il ricorso non presentava vizi di legittimità, ma mirava a un riesame del merito dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. La condanna a nove mesi di arresto, il pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende sono stati quindi confermati.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida senza patente con sorveglianza speciale: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affrontato un caso di guida senza patente con sorveglianza speciale, confermando la decisione dei giudici di merito e dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato. Questa pronuncia ribadisce i confini del giudizio di legittimità, chiarendo che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo a nove mesi di arresto, inflitta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Il reato contestato era la violazione dell’art. 73 del D.Lgs. 6 settembre 2011 (Codice Antimafia), che punisce chi, essendo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, guida un autoveicolo senza patente o dopo che questa gli sia stata revocata.

Nello specifico, era stato accertato che l’imputato, il 17 ottobre 2017, si trovava alla guida di un’autovettura pur essendo privo del titolo di guida. La sua patente era stata infatti revocata a seguito di un decreto del Tribunale emesso il 29 ottobre 2015, che gli aveva applicato la misura della sorveglianza speciale per la durata di due anni. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando presunte carenze motivazionali nella sentenza d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che le doglianze sollevate dal ricorrente non denunciavano reali vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda. Questo tipo di istanza è precluso in sede di Cassazione, il cui compito è limitato a controllare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito delle prove.

La Corte ha sottolineato come la decisione dei giudici d’appello fosse ben motivata, logica e fondata sulle risultanze processuali. Il compendio probatorio, e in particolare la testimonianza raccolta in primo grado, aveva orientato univocamente il giudizio in senso sfavorevole all’imputato, senza lasciare dubbi sulla sua colpevolezza.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del sistema processuale penale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio in cui si riesaminano le prove.

I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse generico e mirasse a ottenere un riesame dei fatti già ampiamente vagliati dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione coerente e priva di vizi logici, confermando che l’imputato era alla guida del veicolo in violazione delle prescrizioni imposte dalla misura di prevenzione. L’inammissibilità, pertanto, è stata la conseguenza diretta della natura del ricorso, che non rispettava i requisiti richiesti dall’ordinamento per accedere al giudizio di legittimità. A seguito di tale declaratoria, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre un importante spunto di riflessione sui limiti del ricorso per Cassazione. La decisione riafferma che le censure relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado). La Suprema Corte interviene solo in presenza di errori di diritto o di vizi manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, come nel caso di specie, il ricorso che si limita a sollecitare una diversa lettura delle prove è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi per Cassazione che si concentrino su questioni di stretta legittimità, evitando di riproporre questioni fattuali già decise nei precedenti gradi di giudizio.

Per quale reato è stato condannato l’imputato?
L’imputato è stato condannato per il reato previsto dall’art. 73 del d.lgs. 6 settembre 2011, per aver guidato un’autovettura pur essendo privo di patente, in quanto revocata a seguito dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure mosse dall’imputato non vertevano su vizi di legittimità della sentenza, ma richiedevano un riesame del merito della vicenda processuale, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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