Guida senza patente con sorveglianza speciale: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affrontato un caso di guida senza patente con sorveglianza speciale, confermando la decisione dei giudici di merito e dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato. Questa pronuncia ribadisce i confini del giudizio di legittimità, chiarendo che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo a nove mesi di arresto, inflitta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Il reato contestato era la violazione dell’art. 73 del D.Lgs. 6 settembre 2011 (Codice Antimafia), che punisce chi, essendo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, guida un autoveicolo senza patente o dopo che questa gli sia stata revocata.
Nello specifico, era stato accertato che l’imputato, il 17 ottobre 2017, si trovava alla guida di un’autovettura pur essendo privo del titolo di guida. La sua patente era stata infatti revocata a seguito di un decreto del Tribunale emesso il 29 ottobre 2015, che gli aveva applicato la misura della sorveglianza speciale per la durata di due anni. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando presunte carenze motivazionali nella sentenza d’appello.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che le doglianze sollevate dal ricorrente non denunciavano reali vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda. Questo tipo di istanza è precluso in sede di Cassazione, il cui compito è limitato a controllare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito delle prove.
La Corte ha sottolineato come la decisione dei giudici d’appello fosse ben motivata, logica e fondata sulle risultanze processuali. Il compendio probatorio, e in particolare la testimonianza raccolta in primo grado, aveva orientato univocamente il giudizio in senso sfavorevole all’imputato, senza lasciare dubbi sulla sua colpevolezza.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del sistema processuale penale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio in cui si riesaminano le prove.
I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse generico e mirasse a ottenere un riesame dei fatti già ampiamente vagliati dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione coerente e priva di vizi logici, confermando che l’imputato era alla guida del veicolo in violazione delle prescrizioni imposte dalla misura di prevenzione. L’inammissibilità, pertanto, è stata la conseguenza diretta della natura del ricorso, che non rispettava i requisiti richiesti dall’ordinamento per accedere al giudizio di legittimità. A seguito di tale declaratoria, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Le conclusioni
L’ordinanza in commento offre un importante spunto di riflessione sui limiti del ricorso per Cassazione. La decisione riafferma che le censure relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado). La Suprema Corte interviene solo in presenza di errori di diritto o di vizi manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, come nel caso di specie, il ricorso che si limita a sollecitare una diversa lettura delle prove è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi per Cassazione che si concentrino su questioni di stretta legittimità, evitando di riproporre questioni fattuali già decise nei precedenti gradi di giudizio.
Per quale reato è stato condannato l’imputato?
L’imputato è stato condannato per il reato previsto dall’art. 73 del d.lgs. 6 settembre 2011, per aver guidato un’autovettura pur essendo privo di patente, in quanto revocata a seguito dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure mosse dall’imputato non vertevano su vizi di legittimità della sentenza, ma richiedevano un riesame del merito della vicenda processuale, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20315 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20315 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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v /
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 3 ottobre 2023, con la quale la Corte di appello di Catanzaro confermava la decisione impugnata, emessa dal Tribunale di Crotone il 22 aprile 2021, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di nove mesi di arresto per il reato di cui all’art. 73 d.lgs. 6 settembr 2011.
Ritenuto che il ricorso in esame, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Catanzaro, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali, che convergevano nei confronti di NOME COGNOME (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 01).
Ritenuto che il compendio probatorio, tenuto conto degli accertamenti investigativi svolti nell’immediatezza dei fatti, sui quali riferiva il teste NOME COGNOME nel giudizio di primo grado, risultava univocamente orientato in senso sfavorevole a NOME COGNOME, non potendosi dubitare del fatto che l’imputato, il 17 ottobre 2017, era alla guida dell’autovettura Fiat Panda targata TARGA_VEICOLO, pur essendo privo della patente di guida.
Ritenuto che la patente di guida era stata revocata a COGNOME in quanto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni, applicatagli dal Tribunale di Crotone con decreto emesso il 29 ottobre 2015.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila aro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.